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Autore: Wren    26/06/2007    3 recensioni
Clow ha creato una nuova Carta e non vede l'ora di mostrarla ai suoi due Guardiani (Past Fic) [Yue/Clow, Clow/personaggio misterioso]
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio, Kero-chan -Cerberus, Yue
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Fanfic scritta per la Writing Community Daisuki (10_clamp)

#47. The fairy queen sits there.






La casa scintillava di magia ai suoi occhi, eppure la gente che ci passava davanti notava soltanto una vecchia villa abbandonata con qualche infisso cadente, che in generale non risvegliava in alcuno il minimo interesse. Persino chi si fermava a domandarsi perché nessuno l’avesse ancora fatta demolire, non se ne ricordava una volta svoltato l’angolo.
Per questo Yue pensava che gli esseri umani fossero tutti degli stupidi.
Tutti eccetto Clow, ovviamente.
“Avevi detto di avere una sorpresa per noi!” gli disse, sedendoglisi accanto sul bracciolo della sua enorme poltrona preferita.
“E’ qualcosa da mangiare?” domandò un grande felino alato infilando il suo grande muso sotto la mano del mago per rubargli una carezza sulla testa, come un qualsiasi gattino in cerca di coccole.
“No, Kerberos... altrimenti non sarebbe stata una sorpresa per entrambi, no?” rispose Clow, prima che Yue avesse il tempo di imbronciarsi, scompigliando la corta criniera arruffata della bestia magica.
Era uno degli infiniti motivi perché Clow gli piaceva così tanto: aveva sempre un occhio di riguardo per le piccole cose e i piccoli gesti che gli facevano sentire quanto il mago tenesse a lui.
“E poi hai appena finito di mangiare!” concluse Yue.
Kerberos rispose di avere ancora fame con un mormorio che si confondeva tra le fusa.
Clow ridacchiò ed infilò una mano in una delle tasche interne dell’ampio mantello che era solito indossare nonostante fossero anni che né il freddo né il caldo rappresentavano più un problema per lui. Era solo un indumento abbastanza bizzarro e stravagante da riflettere la sua personalità e ci era molto affezionato. Ne estrasse una carta, simile ad un tarocco, con un cerchio magico recante le effigi del Sole e della Luna, l’emblema personale del mago, dipinto in oro e porpora sul retro.
“Ho creato una nuova Carta!” disse Clow con orgoglio.
“Spero non sia un’altra cosa inutile come la Carta del Fiore...” commentò scettico Yue. Amava immensamente il suo creatore, ma ancora faticava a comprendere il suo attaccamento per certe futilità del mondo.
“Eppure non siamo mai riusciti ad avere un giardino così bello prima!” rispose Clow gettando uno sguardo fuori dalla finestra. “E mi sembrava che anche a te facesse piacere passare i pomeriggi sotto gli alberi in fiore...”
“Mi fa piacere passare i pomeriggi con te!” si schermì Yue, abbracciando il mago. “Non mi interessa se gli alberi sono in fiore o se sono secchi, se ci sei tu!”
Clow rise di nuovo e, con la testa appoggiata alla sua spalla, Yue sentì le note di quella risata vibrare dal petto del mago fino al proprio cuore. Una mano si appoggiò sulla sua testa, un altro gesto piccolo ma ricco di significato. Grazie, anche io ti voglio bene.
“Smettila di fare il ruffiano, Yue!” lo canzonò Kerberos, che nel mentre teneva il naso appiccicato alla Carta, osservandola e cercando di fiutare per quale sorta di magia era stata plasmata. Sul fronte era disegnato un prisma di forme e colori, come l’immagine che si vede attraverso un caleidoscopio. Lo spazio per il nome era ancora vuoto. “A cosa serve?”
“Ho intenzione di mostrarvelo!” rispose Clow con un sorriso compiaciuto. Tolse la Chiave dalla catenina che portava attorno al collo e sciolse il Sigillo che la rendeva un semplice ciondolino, lasciando che l’aria si riempì di folate e lampi di magia mentre la Chiave si trasformava nell’imponente scettro di Clow, il mago più potente del mondo. La Carta, abbandonata la mano del creatore, si librò nell’aria e, volteggiando davanti al Sole e alla Luna incastonati sulla testa dello scettro, sprigionò una luce intensa, mentre la stanza scompariva, sostituita dal colorato mosaico che figurava sulla Carta, ripetuto all’infinito.
Sotto gli occhi meravigliati delle due creature magiche, lo spazio attorno a loro mutava e si colorava fino a dipingere il paesaggio di un rigoglioso bosco nel cuore della notte. Poi un altro lampo di luce dissolse la carta e l’affresco da cui erano stati circondati divenne reale. Yue allungò la mano per toccare il tronco di un albero, e percepì sotto le dita il formicolio della trama magica che dava forma e vita alla pianta, ma anche il ruvido della corteccia, mentre i suoi occhi vedevano perfettamente le striature blu tra gli intrecci nodosi del tronco. Era l’inganno più realistico a cui avesse mai assistito.
Kerberos era intento a solleticarsi il muso contro il soffice tappeto d’erba verde nel quale affondavano i passi di Clow, che si addentrava nella boscaglia colorata.
“Andiamo?” li chiamò, voltandosi indietro sorridendo.
Yue dispiegò le sue ali, così come fece anche Kerberos, e i due si affrettarono dietro al loro maestro, guardandosi intorno pieni di stupore. Clow era davvero incredibile se riusciva a rendere la magia ancora sorprendente per due creature magiche.
Gli alberi alti ed attorcigliati, blu e neri, per loro formavano con le fronde d’argento un tetto simile a pizzo, attraverso il quale si riuscivano a vedere le stelle, molto più brillanti e colorate di quelle vere.
Mentre si addentravano nel cuore del bosco, dall’oscurità al limitare del loro campo visivo cominciò ad emergere della vita. Dapprima piccole luci rosa e azzurre si fecero avanti dondolando nell’aria, poi piccole creaturine verdi vestite di fiori e con gli occhi verdi cominciarono titubanti a saltare fuori,di nuovo dentro e poi di nuovo fuori le fosse delle radici. Lentamente attorno a loro si formò un corteo di creature dal corpo evanescente come vapore e i lunghi capelli guizzanti come l’acqua di una sorgente e di unicorni dalle criniere di fuoco dal colore cangiante. Centauri dal manto d’argento e fauni dalle corna ritorte incrociavano la loro strada, si inchinavano e si univano alla loro stramba parata. Attraversarono un campo di denti di leone, che al loro passaggio si staccarono dai loro gambi e, il pistillo verde dritto come una testa e il ventaglio piumoso e bianco disteso come un vestito da ballo, presero a danzare su e giù seguendo il loro cammino.
“Cos’è tutto questo?” domandò sottovoce Yue, nel timore di spaventare quella moltitudine variegata di creature mai viste.
“E’ una Processione di Fate, ovviamente!” rispose Clow, rispondendo con un inchino alla riverenza di un gruppetto di ballerini i cui corpi sembravano fatti di frutta e verdura.
“E dove stiamo andando?” chiese Kerberos, mentre faceva attenzione a non travolgere con nessuna delle lanterne alate che stava superando in volo.
“Andiamo a partecipare ad una Festa di Corte!” rispose ancora il mago, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Yue e Kerberos non dissero più nulla e continuarono a godersi in silenzio le coreografie del popola da fiaba mentre Clow li guidava sempre più nel profondo del labirinto d’alberi. Quasi non se resero conto, presi com’erano dagli intricati passi di danza dei loro compagni di viaggio, ma il mago, superato gli ultimi alberi, si fermò all’ingresso di una radura.
Era immensa come la sala da ballo di un palazzo reale, qua e là erano stati drappeggiati tra i rami dei veli, leggeri come fossero stati fatti di nuvole, che vennero sollevati dalla la folla festante che si riversava al centro dello spiazzo scintillante di rugiada. Delle enorme campanule che crescevano ai bordi della radura alzarono la loro corolla e dalle loro bocche cominciò a suonare una sinfonia d’orchestra sulle cui note la moltitudine di ballerini ricominciava a danzare.
“Mi sembra di conoscere questa melodia...” esclamò Yue.
“E’ il Valzer dei Fiori, una delle composizioni che preferisco.” gli spiegò Clow, muovendo una mano come se stesse dirigendo lui stesso i musicisti.
Oltre le creature meravigliose che si muovevano a tempo di musica, dall’altra parte della loro pista da ballo si scorgeva una scalinata di cristallo, sulla cui cima si trovava un trono. Due pavoni tenevano celata la figura che sedeva lassù con la maestosa ruota delle loro code.
“Chi c’è là?” domandò curioso Kerberos.
Clow già stava guardando in quella direzione, ma sia Yue che Kerberos ebbero la sensazione che il suo sguardo si spingesse ben oltre il limitare della radura.
“La Regina delle Fate.” disse soltanto, prima di farsi largo in mezzo al carosello di danzatori. I due Guardiani rimasero ad osservare curiosi il loro padrone avanzare con passo tranquillo, senza disturbare né essere disturbato dall’allegro caos che stava attraversando, fino a raggiungere la scalinata scintillante. Fece un profondo e solenne inchino prima di salire e raggiungere i due pavoni, che alla sua presenza si scostarono senza protesta alcuna.
La Regina era la donna più bella che avessero mai visto, con sguardo vivace ma profondo come l’infinito, i lunghi capelli neri, acconciati in modo da sembrare la corolla di un fiore ed ornati da gemme e fiori. Indossava un lungo abito di tulle blu notte, su cui erano imprigionate una scia di piccole stelle lucenti, ampio tanto da ricadere tutt’attorno al trono come una cascata.
Clow le porse la mano con un’altra riverenza, chiedendole se volesse ballare. Lei gli sorrise e poggiò delicatamente la propria mano candida su quelle che le era stata offerta, con gli occhi che scintillavano di divertimento e malizia.
L’intera corte di fate si fermò e si inchinò solennemente quando i due scesero le scale, scostandosi e lasciando libero il centro della radura. Clow scortò la Regina fino al posto d’onore che era stato riservato loro per poi portarsi davanti a lei e cominciare a muoversi sulle note del Valzer tenendola stretta a sé.
In tutta la loro vita, né Kerberos né Yue avevano mai saputo che il loro creatore sapesse ballare, eppure vederlo piroettare insieme alla Regina era uno spettacolo da lasciare a bocca aperta. Ogni volta che Clow conduceva la Regina in una giravolta, il mantello di lui e l’abito di lei si gonfiavano attorno a loro come se avessero avuto vita propria, e quando gli archi dell’orchestra gorgheggiarono con più brio e lui la sollevò per la vita e la fece piroettare nell’aria, la risata di lei si riversò in tutta la foresta come il tintinnio di campanelle d’argento.
Era come se la loro danza fosse la culla di tutta la magia del mondo, una visione tanto intensa da commuoverli ed esaltarli come mai prima d’allora.
Le altre fate, dopo aver assistito a due o tre giri di Valzer in composto silenzio, ripresero i loro festeggiamenti, volteggiando per tutta la radura, ma prestando sempre la massima attenzione a non disturbare la danza della loro Regina.
Yue e Kerberos però restarono dov’erano, al margine della pista da ballo, incapaci di staccare gli occhi dal loro padrone. Clow invece sembrava essersi dimenticato di loro, non aveva che occhi ed attenzioni per la sua compagna di danza.
“Non mi piace quella Regina.” sentenziò Yue, combattendo col la dolorosa morsa che gli si era chiusa sulla gola.
“Sei geloso?” gli rispose Kerberos.
“Non ho mai visto Clow con quell’espressione in viso! Non mi piace!” insistette Yue, senza negare.
“Non piace nemmeno a me...”
Yue fissò stupito Kerberos. Col carattere solare che si ritrovava, era difficile che all’altro guardiano non piacesse qualcuno.
“Forse non riesci a vederlo perché sei distratto dai sentimenti che sta mostrando, ma nascosto nel suo sorriso riesco a vederlo benissimo... E’ la nostalgia di un ricordo che gli provoca tristezza. Non mi piace che qualcuno lo faccia sentire così triste...” concluse Kerberos.
Un due tre, un due tre, giravolta, inchino e le note del brano si spensero con un’acclamazione eccitata da parte dei ballerini. Clow si inchinò per un baciamano finale alla sua compagna e lei rise ancora, con quella sua aria divertita e birichina. L’istante dopo tutto prese a svanire nel caleidoscopio geometrico del disegno della Carta e all’improvviso i tre si ritrovarono ancora in salotto.
“Allora? Come ne pensate?” domandò Clow, accogliendo tutto soddisfatto tra le mani la Carta che ritornava alla sua forma originale.
Yue per un attimo ancora non riuscì a rispondergli, aveva un’aria ferita ed arrabbiata che il mago non riusciva proprio a spiegarsi.
“E’ un’altra delle tue trovate inutili!” rispose stizzito, prima di volare via dalla stanza. Kerberos sbuffò mentre Clow si domandava cosa avesse fatto di male quella volta per scatenare le ire del suo lunatico Guardiano.
“Forse ha ragione...” sospirò il mago osservando la Carta. La abbandonò su un tavolino e fece per lasciare la stanza.
“Lascia perdere, ci penso io.” lo fermò il leone alato, seguendo il suo compagno fuori, fino in giardino.
Lo trovò accovacciato sotto uno degli alberi in fiore che avevano fatto crescere grazie alla Carta del Fiore, con il volto nascosto tra i drappi del suo abito.
“Lo odio, non lo sopporto quando fa così!”
“Quando fa così, come?”
“Quando non mi vede! Quando non si accorge di me! Quando capisco che per lui non conto quanto lui conta per me!”
“Clow ci vuole immensamente bene, lo sai meglio di me Yue.”
“Ma il suo Ti voglio bene non è lo stesso che vorrei sentire io...”
Sopra di loro i fiori dell’albero presero ad appassire e cadere dai rami, ormai completamente secchi quando toccavano il suolo. Kerberos li guardò afflitto.
“Le lacrime della luna uccidono i fiori di tristezza, lo sapevi Yue?”
“Mi sembrava di averlo già detto... I fiori mi interessano solo se sono con lui...”
Kerberos sospirò ancora, gli era toccato un compagno difficile con cui trattare, ma il suo carattere era stato plasmato in modo da compensare con quello dell’altro.
“Torniamo in casa. Non vorrai che si preoccupi, vero?”
Per un attimo pensò di aver miseramente fallito, ma Yue si alzò lentamente, asciugandosi gli occhi, che però restavano rossi e segnati.
Una volta riaccompagnato il compagno nella sua stanza, Kerberos andò ad assicurarsi che Clow non si fosse calato in qualche altro mondo immaginario e lo trovò intento a guardare fuori dalla finestra. La Carta era stata abbandonata sul tavolino accanto alla poltrona e il Guardiano notò subito la piccola differenza.
The Illusion” lesse. “Le hai trovato un nome.”
“L’Illusione... Molto appropriato, non trovi?”
Kerberos non credette nemmeno per un istante che si stesse riferendo soltanto alla carta.




Owari

Se vi state chiedendo chi sia la Regina delle Fate... conoscete xxxHolic? ^^





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