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Autore: Tersicore    08/07/2004    6 recensioni
Sabrina è una semplice ragazza che parte per una vacanza sbagliando aereo. E’ così che si trova ad essere testimone di un omicidio, con la conseguenza che tutto il suo semplice mondo verrà stravolto. In compagnia di un poliziotto Apache si troverà ad affrontare situazioni che non avrebbe mai immaginato e a dare atto ad una rocambolesca fuga per sfuggire a chi vuole eliminare uno scomodo testimone.
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

 

E tutta colpa tua! Pensava Sabrina accarezzando tra le orecchie il suo gatto nero Cagliostro. Era chiusa nello sgabuzzino delle scope, in una delle stanze delle pulizie dell’aeroporto della città di Birmingham negli Stati Uniti, da circa due ore e nessuno era ancora entrato in quella maledetta stanza. Fortunatamente la porta metallica possedeva delle fessure se no a quest’ora sarebbe già morta asfissiata. Le bruciava la gola a forza di chiamare aiuto, ma a nulla era valso il suo impegno. Nessuno l’aveva sentita e nessuno l’era venuta a liberare.

Si accucciò a sedere, rassegnata ad aspettare, ripensando a come era iniziata tutta quella storia.

Sabrina era una ragazza normale. Anche se non era bellissima, la si poteva tranquillamente definire carina. Alta un metro e sessanta con dei lunghi capelli castani, possedeva forse il tratto più notevole negli occhi. Grandi, scuri e dolci come una tazza di cioccolato fondente, risaltavano su di un viso sottile come il resto della sua figura. Non era mai stata una ragazza che si faceva notare e faceva di tutto per non attirare l’attenzione. Rimasta sola ormai da un anno, cioè da quando anche la madre era morta per una grave malattia, lavorava come impiegata in uno studio commerciale che aveva frequenti rapporti con l’estero nella sua città natale, Rimini in Italia. Si era laureata in lingue senza problemi sfruttando una sua dote innata ed aveva trovato immediatamente quel posto di lavoro. Parlava e scriveva correttamente cinque lingue escluso l’italiano. Inglese, francese, tedesco, russo e spagnolo non avevano segreti per lei. All’università i suoi docenti erano rimasti affascinati dalla sua insolita capacità. Apprendeva velocissimamente qualsiasi idioma, tanto che possedeva nozioni basilari anche su lingue che non aveva studiato.

La lunga malattia della madre e la sua timidezza le avevano impedito di avere rapporti stretti con altre persone. Le sole sue amicizie erano due sorelle con le quali era cresciuta.

Quel fine settimana si era decisa finalmente a dare una svolta alla sua vita. Approfittando di un cumulo di ferie arretrate aveva deciso di partire da sola ,con il suo gatto, per una lunga vacanza in Gran Bretagna.

Purtroppo l’influenza e la sua immancabile e infinita distrazione erano intervenute a guastarle la festa.

Aveva deciso di partire nonostante il forte raffreddore, ma una volta arrivata all’imbarco aveva immancabilmente sbagliato aereo. Invece di prendere quello per Birmingham in Inghilterra aveva preso quello per Birmingham negli Stati Uniti. Come aveva fatto? Non ne aveva la minima idea. Nessuno aveva controllato il suo biglietto e una volta a bordo con l’effetto delle aspirine si era addormentata come una pera cotta. In caso contrario le sarebbe bastata una sbirciatina dal finestrino per accorgersi dell’inghippo. L’oceano Atlantico non ci sarebbe dovuto essere sulla rotta per l’Inghilterra.

Sta di fatto che si era resa conto dell’errore solo una volta sbarcata. Con orrore aveva sentito la voce agli altoparlanti augurargli il benvenuto negli Stati Uniti. Presa dal panico e recuperato il suo gatto, unico bagaglio fra l’altro ad avere seguito la sua padrona, si era avviata verso l’ufficio informazioni per risolvere l’incresciosa situazione. Ma un ulteriore catastrofe era in agguato. Non aveva fatto in tempo a raggiungere il suddetto ufficio che il cestino con all’interno Cagliostro si era improvvisamente aperto permettendo al micio di scorazzare per l’aeroporto. Si era data all’inseguimento del felino, ma questo per nulla contento di tutto quel caos si era rifugiato nella anzidetta stanza, passando fra le gambe di un’inserviente e nascondendosi dentro lo sgabuzzino. Quando Sabrina era poi entrata per riacciuffare il fuggiasco il dato era ormai tratto. La porta dello sgabuzzino prima socchiusa si era serrata con un sinistro “Clanck” lasciando la ragazza e il suo gatto intrappolate visto che l’unica maniglia era esterna.

Si addormentò così, accarezzando Cagliostro arrotolato in grembo e tranquillo come una pasqua e pensando a come se la sarebbero risa le sue amiche quando avrebbe raccontato loro la sua avventura. Non era assolutamente nuova ai guai. Non lo faceva apposta ma questi la seguivano continuamente fin da quando era bambina.

All’improvviso delle voci concitate fecero capolino nella sua incoscienza. Non capendo subito se erano reali o solo residui del suo sogno aprì gli occhi confusa. Guardò l’orologio, erano le dieci e trenta di mattina secondo l’ora italiana, quindi lì dovevano essere circa le quattro e mezza di notte, e qualcuno stava discutendo al di là della porta. Si alzò di scatto in piedi pronta ad urlare per farsi liberare quando il suo sesto senso la fermò. Sbirciò dalle fessure e quello che vide le bloccò la voce in gola.

Un giovane con lineamenti latini ed un’espressione terrorizzata stampata sulla faccia era tenuto sotto tiro da due uomini che impugnavano due enormi pistole. C’era anche un quarto uomo. Era un tipo distinto, elegantemente vestito, di un’età indefinibile fra i cinquanta e i sessanta di origine sicuramente nordica. La sua aria di importanza e di arroganza faceva capire subito che era il capo e non mascherava certo la sua pericolosità.

Stava parlando rivolgendosi al minacciato con tono calmo e rilassato come se le pistole puntate contro il primo fossero inesistenti.

Sabrina spaventata cercò di cogliere la conversazione.

Il signore distinto stava dicendo “Vedi Jose, non sarei quello che sono se permettessi ad una nullità come te di fregarmi. Eri un ottimo corriere è vero, e mi hai fatto fare buoni affari in passato, ma l’avidità ti ha giocato. Mi dispiace se facessi finta di nulla i miei uomini non mi rispetterebbero più e tu dovresti sapere meglio di altri che il nome è tutto nel nostro ambiente”. Il tizio si infilò dei guanti bianchi e si fece consegnare una pistola da uno dei suoi due uomini mentre Jose sempre più spaventato diceva “No Signor Levin non lo faccia. Le prometto che le restituirò tutto fino all’ultimo centesimo e anzi….. continuerò a lavorare per lei con una percentuale minore….la prego”.

Jose iniziò ad indietreggiare fino ad appoggiare le spalle proprio contro la porta al di la del quale c’era Sabrina e lasciandosi scivolare a sedere girò inavvertitamente la maniglia sbloccando la porta.

La ragazza si tirò indietro inorridita sicura di essere oramai spacciata, ma nessuno si accorse di lei, così i suoi occhi continuarono ad osservare la scena all’esterno.

Il Signor Levin alzò la pistola e sparò contro quel poveretto. Non uno ma ben tre proiettili raggiunsero il corpo che stava sussultando al di là della porta.

Trattenendo il fiato ,Sabrina vide poi, uno dei due scagnozzi avvicinarsi e dare un calcio al corpo per assicurarsi che fosse veramente morto. Mentre il capo dei tre si allontanava i due afferrarono un sacco dell’immondizia ed infilato il cadavere all’interno lo depositarono chiuso in un angolo poi uscirono tranquilli dalla stanza.

Sabrina non ci poteva credere, aveva assistito ad un omicidio. E adesso cosa avrebbe fatto? Era in un paese straniero, non aveva bagagli, non aveva conoscenze, non avrebbe dovuto neanche essere lì e soprattutto nessuno sapeva che era lì. Aspettò impietrita un tempo imprecisato poi cauta si decise ad uscire.

Per terra e sulla porta le tracce di sangue erano più che visibili ed il sacco con il cadavere pareva minacciarla. Attenta a non toccare nulla uscì velocemente dalla stanza. L’aeroporto era quasi vuoto a quell’ora, poche persone scorazzavano in giro e nessuno sembrava essersi accorto del omicidio appena avvenuto. Dei tre colpevoli non c’era traccia in giro, così Sabrina si avvio cercando di mantenere la calma verso il bar. Il suo primo istinto gli diceva di darsela a gambe levate, ma aveva bisogno di ragionare sul da farsi così sedette al tavolino e una volta ordinato un panino, una Coca e una bicchiere di latte per Cagliostro iniziò pensare. Razionalmente sapeva di correre un pericolo anche se non immediato. Se i delinquenti avessero appreso della sua presenza in quello sgabuzzino l’avrebbero fatta fuori in meno di un secondo, ma visto che non si erano accorti di lei per ora era tranquilla. Alla fine arrivò ad un'unica conclusione, prima di risolvere la situazione del suo viaggio avrebbe dovuto denunciare l’omicidio.

Una volta rifocillata e fermamente decisa uscì dall’aeroporto e chieste informazioni si diresse verso la centrale di polizia.

 

  
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