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Autore: La neve di aprile    09/12/2012    7 recensioni
Tywin sospira, senza sapere se essere irritato o compiaciuto. Il primo natale senza Johanna lo sta prendendo alla gola, rivelandosi tutto tranne che semplice come aveva pianificato. [Fanfiction partecipante all'iniziativa del Collection of Starlight "Addobba l'albero di Natale con il COS!"]
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers
Tywin, Jaime e Cersei Lannister © G.R.R. Martin, HBO
Questa fanfiction è il tributo di una fan e non rivendica alcun diritto sull’opera citata, né persegue finalità lucrative. 
Non si ritiene infranto alcun copyright o altro diritto depositato.

L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (La neve di aprile).

 


Partecipante all'iniziativa "Addobba l'albero di Natale con il Cos!"

 

II giorno
Parola:
 cioccolata calda.
Warning: AU.
Prompt: "Il Natale ci arriverà presto alla gola" - P.G. Wodehouse.
Fandom: Games of Thrones 


 

 

Equilibrio

 
 
“Voglio la cioccolata.”
“L’hai già avuta, da bravo dammi una mano e passami quella scatola.”
 
Tywin non è un uomo paziente, non lo è mai stato.
Non è diventato il presidente di una delle multinazionali più importanti del pianeta aspettando che qualcuno decidesse di lasciargli spazio: lo spazio se l’è creato da solo, facendo ruzzolare dalla sommità dell’Olimpo degli affari chiunque non fosse furbo abbastanza da intuire come la determinazione custodita nei suoi occhi chiari fosse spietata, oltre che inflessibile.
Ma sa che per insegnarla, quella determinazione, deve piegare il suo istinto che lo vorrebbe già proteso verso gli addobbi di vetro ben incartati e con in bocca il nome della tata cui chiedere una tazza fumante che possa mettere a tacere suo figlio.
Se si occupasse da solo del grande abete che s’impone maestoso nella stanza dai soffitti ariosi probabilmente si risparmierebbe il tempo e la fatica della lotta continua con la golosità del più grande dei suoi gemelli; ma se lo facesse allora gli insegnerebbe che per arrivare da qualche parte nella vita è sufficiente pestare i piedi e piagnucolare sino a sfibrare l’avversario.
Per questo tace, inflessibile e apparentemente insensibile al labbro arricciato di Jaime che non strilla perché già sa quanto inutile sia e si gioca la carta di una tristezza così sfacciatamente inventata da promettere, per un futuro ancora lontanissimo, una faccia di bronzo capace di manipolare il mondo sottoporlo al gioco di una volontà inflessibile.
O di farlo capitolare in nome della bellezza leonina che un giorno sboccerà rigogliosa e affilata come un'arma trasformando il visetto rotondo del bimbo in un quadro nato per essere ammirato.
Per questo si concede un sorriso beffardo e tende una mano verso di lui con la stessa fermezza che gli permette di maneggiare quotidianamente i profitti da capogiro della Lannister Corporation.
Non ha bisogno di parlare, i suoi gesti non sono che l’eco fisica di una richiesta già enunciata.
 
“Passagli la scatola, così poi ci fa portare la cioccolata.”
 
Cersei è invece sottile, crudele nella leggerezza con cui suggerisce promesse che non sono mai state fatte e imbroglia dolcemente solo per evitare che i capricci sfocino in una scenata.
Ha lo sguardo scaltro della calcolatrice, i pensieri lesti dello stratega e l'arroganza di chi è nato con la consapevolezza di non dover chiedere perché in possesso del diritto di pretendere.
Nel suo vestito di velluto scarlatto, incoronata dall’oro dei lunghi capelli intrecciati, guarda al fratello con occhi sgranati e tutto l’amore che solo il sangue condiviso giustifica: è una bambola così bella da far male allo sguardo, ma nel riserbo con cui intreccia le dita in grembo e siede compita in cima al grande divano di pelle si adombra di una serietà troppo profonda per i suoi pochi anni.
Tywin non rabbrividisce al pensiero della leonessa che un diventerà un giorno, fiera della sua crudeltà e inarrivabile come solo i figli degli Dei potrebbero essere.
Semmai è impaziente di vederla, così come è curioso di scoprire quanto oltre i suoi passi saprà spingersi Jaime nel momento in cui sarà veramente libero di camminare.
 
“Se ti passo la scatola, poi ci fai portare la cioccolata.”
 
Sono i bambini più belli del mondo, e la loro bellezza è una maschera che indossano con l’inconsapevolezza ingenua delle cose ancora pure, intoccate dalla corruzione del mondo.
Sono i bambini più belli del mondo e come tutte le cose belle sono imperscrutabili e incomprensibili; forti delle meccaniche del loro rapporto simbiotico che li vede inscindibili l’uno dall’altra.
Dalla bocca di Cersei a quella di Jaime le idee cambiano forma e suono, vestono i vessili dell’una ma secondo la personalissima interpretazione dell’altro.
Laddove lei lascia intendere, lui contratta.
Tywin sospira, senza sapere se essere irritato o compiaciuto.
Il primo natale senza Johanna lo sta prendendo alla gola, rivelandosi tutto tranne che semplice come aveva pianificato: avrebbe dovuto crogiolarsi nell’illusione dorata del suo palazzo lussuoso, al fianco dei suoi perfetti figli, nell’altrettanto perfetta pantomima di un amore famigliare che non ha mai accudito abbastanza perché fosse qualcosa di più di una mera convenienza.
Non che non ami i suoi figli, o che loro non amino lui.
Ma è un amore rigido, viziato da un rigore così ferreo da aver cancellato qualsiasi traccia di tenerezza dal loro stare insieme.
Del resto era Johanna quella morbida dei due, quella da abbracciare, quella che sapeva amare con l’abbandono che Tywin non ha mai sperimentato veramente se non nei momenti di intimità che ha condiviso con lei.
Era Johanna la madre, e ora Johanna non c’è più.
Si è lasciata alle spalle l’intrigante eredità di due figli pregni di una tale perfezione da aver bisogno d’esser sdoppiati in due corpi; e un terzo che invece è frutto di tutto il male che l’universo ha indirizzato contro di lui per punirlo.
Un neonato sformato per ricordargli quanto sporche siano le sue mani, e quanto deforme il suo animo piegato dalle regole della finanza.
Un neonato nato per non essere mai amato, né compreso.
Tywin raccoglie i cocci del suo cuore e al tempo stesso lavora affinché non siano i suoi due primogeniti, i degni eredi di una stirpe di leoni, a soffrire del suo stesso dolore; l’assenza lancinante che gli si è conficcata in fondo all’anima avvelenandolo di una sofferenza così grande che ignorarla si è rivelato l’unico modo per sopravviverle.
Un compromesso, non meno nobile di quello che accetta per accontentare il bambino e ottenere da lui ciò che vuole.
 
“Va bene, Jaime.”
“Grazie papà.”
 
Cersei curva le labbra in un sorriso furbo, le sue scarpette laccate ticchettano vezzose sul pavimento lustro del salone mentre va incontro ad entrambi con l’espressione soddisfatta di chi ha appena visto un’idea diventare reale.
All’ombra dell’albero troppo imponente – il goffo tentativo di riempire troppa solitudine con troppi rami, troppi addobbi, troppe luci – è piccola e sottile come lo stelo d’un fiore che si erge, orgoglioso, dalle le macerie di una città distrutta.
Si avvicina al fratello e lo premia con un bacio sulla guancia, bisbigliandogli all’orecchio qualcosa che gli strappa una risatina acuta.
Poi, come non potesse evitare di equilibrare dei rapporti che la natura stesso ha progettato squilibrati, si aggrappa all’orlo della giacca di Tywin e tira dolcemente.
 
“Posso avere anche la panna?”

   
 
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