PICKIN’ UP THE PIECES
OF
MY HEART
Un sospetto, un timore.
E poi la conferma,
temuta e
aspettata.
Tante emozioni di
seguito.
Confusione.
Dolore. Rabbia.
Nessuna certezza a cui
appoggiarsi e un’unica, tremenda, consapevolezza.
Il suo cuore, o quello
che ne
era rimasto, si era frantumato sotto il peso tremendo della
verità.
Artù lo
ricordava
esattamente, il preciso momento in cui tutto questo era accaduto.
Sapeva che non sarebbe
riuscito a dimenticarlo, mai.
Ma il solo fatto di
riviverlo, anche adesso che era tutto finito, non faceva che accrescere
la sua
rabbia e il suo dolore.
Sin da quando si era
svegliato, quel giorno, aveva avuto una strana sensazione alla bocca
dello
stomaco, come una morsa strettissima che gli attanagliava le membra.
Subito, aveva dato la
colpa a
Merlino e all’intruglio che, la sera prima, gli aveva dato
per aiutarlo a
dormire, dopo una nottata insonne.
Era rimasto gran parte
del
tempo seduto nella sua poltrona, a pensare.
A pensare a quanto la
sua
vita, nonostante fosse un Principe e avesse tutto ciò che si
potesse
desiderare, sembrasse così vuota, senza di lei.
Come era potuto
accadere?
Come era stato possibile che lui, il Principe Artù, si fosse
innamorato di una
semplice serva, di Gwen?
Non sarebbero mai
potuti stare
insieme loro due, mai. Se solo suo padre l’avesse scoperto,
l’avrebbe
condannata a morte senza esitazioni, accusandola di stregoneria o di
qualsiasi
altro crimine che prevedesse la pena di morte. E lui non
l’avrebbe mai
permesso, anche a costo di soffrire enormemente, continuamente, senza
rivelare
i propri sentimenti.
Ma vederla ogni giorno
in
giro per il castello, così bella, così gentile, così perfettamente Gwen, e
sapendo di non poter fare altro che
osservarla da lontano, lo faceva soffrire ancora di più.
Poteva esserci destino
più
crudele?
La amava
così tanto da
riuscire a stento a controllarsi, ma non avrebbe mai potuto ammetterlo,
a
nessuno.
Come avrebbe potuto
dire che
pensava a lei ogni giorno? O che teneva a lei più che a
chiunque altro? Come
poteva ammettere che non sapeva cosa avrebbe fatto, se le fosse
successo
qualcosa?
Era già
abbastanza dura così,
quando lo ammetteva a sé stesso, ma dire a tutti cosa
provava sapendo che
niente sarebbe mai potuto succedere tra di loro, faceva male, troppo*.
Deciso a cercare di
non pensare
più a lei, si era preparato ed era andato da suo padre, dove
aveva sentito
Morgana comunicargli che sarebbe andata a pregare sulla tomba di suo
padre,
quella mattina.
Ed in quel momento,
inspiegabilmente, quella strana sensazione si era infittita e, cercando
di
tenerla a bada, aveva maledetto mentalmente Merlino e i suoi consigli.
Ma se Morgana si
assentava da
Camelot, per quel giorno, sicuramente anche Gwen sarebbe andata con
lei; e lui
non avrebbe potuto seguirle a causa della visita di alcuni ambasciatori
dal
regno di Beyard.
Così, anche
se a malincuore e
accompagnato da quell’inspiegabile sensazione che continuava
a perseguitarlo,
le aveva aiutate a prepararsi per il viaggio e le aveva viste
allontanarsi,
ricordando loro di fare ritorno a Camelot prima del tramonto.
La giornata era
passata
incredibilmente lenta, ma finalmente era giunta al termine.
Il tramonto
però si
avvicinava, e ancora nessuna traccia di Morgana o di Gwen.
Man mano che il tempo
passava, e che i minuti si susseguivano senza che potesse sentire il
tranquillo
galoppo dei cavalli di ritorno in città, quel brutto
presentimento, rimasto
dentro di lui per tutto il giorno, non faceva che aumentare.
E se, solo per quella
volta,
la terribile sensazione che l’aveva costantemente
accompagnato quel giorno, non
fosse stata colpa di uno dei soliti sbagli di Merlino? E se fosse
successo loro
qualcosa?
Così, con
l’angoscia nel
cuore, aveva aspettato fino a che, nel cielo, non era riuscito a
scorgere le
prime stelle, dopodiché aveva dato l’allarme,
preparandosi ad una missione di
soccorso che avrebbe condotto subito, se suo padre non gli avesse
imposto di
partire solo l’indomani.
Finalmente, dopo una
notte
insonne, la mattina era arrivata e lui insieme ad alcuni cavalieri, era
partito
alla loro ricerca. A circa due miglia dalla città, aveva
scorto i cadaveri di
alcuni uomini lungo la strada, che aveva riconosciuto appartenere alla
scorta
che aveva accompagnato le due ragazze il giorno prima.
Subito, il panico che
potesse
essere successo qualcosa a Gwen si era impossessato di lui, e i suoi
timori si
erano moltiplicati all’infinito quando, non molto tempo dopo,
avevano trovato
Morgana in mezzo alla foresta.
Era ferita e sporca,
ma
soprattutto, era sola.
Aveva detto che degli
uomini
le avevano aggredite e che lei, grazie all’aiuto di Gwen, che
era rimasta
affinché lei potesse fuggire, era riuscita a liberarsi.
Tipico del suo
carattere,
aveva pensato Artù. Sacrificarsi per gli altri. Era questa
una delle qualità
che apprezzava di più in lei, ma che questa volta non
avrebbe lodato, perché
quel gesto sarebbe potuto costarle la vita.
Quindi erano ritornati
a
Camelot, per riorganizzarsi e preparare una nuova spedizione di
soccorso, che
però era stata stroncata sul nascere da suo padre.
Il re non avrebbe
permesso
che altre vite si fossero perse per salvare quella di
un’insignificante serva,
aveva detto proprio così.
Normalmente non
avrebbe
protestato e avrebbe eseguito gli ordini di suo padre, ma la serva in
questione
era proprio lei, Gwen; e non si sarebbe arreso neanche se
l’avessero
incatenato.
Così,
quella notte stessa, di
nascosto, era partito per una missione disperata insieme al solo
Merlino, senza
che suo padre sapesse nulla e con la complicità di Morgana.
Aveva fatto
più in fretta che
aveva potuto, aveva sfidato la morte molte volte, ed aveva affrontato
molti
pericoli, ma ce l’aveva fatta, aveva trovato il posto dove
era tenuta
prigioniera.
Si era introdotto di
nascosto
nella fortezza di Hengist, superando le guardie e riuscendo ad
infiltrarsi tra
quei malviventi come fosse stato uno di loro. Seguendo la folla e il
rumore,
alla fine era giunto in una grande sala, colma di gente, al centro
della quale
aveva notato una grande gabbia di ferro, arrugginita dal tempo e
incrostata di
sangue, dove, incredulo, aveva scorto la figura di Gwen,
così fragile tra tutta
quella durezza, con le mani legate.
Il rumore che aveva
regnato
nella sala si era poi improvvisamente
interrotto, e un uomo massiccio e
abbastanza anziano aveva dato l’ordine di liberare la bestia.
Quell’uomo
doveva essere
Hengist, e quella bestia doveva essere un Wildren.
Gwen
era in grave pericolo, doveva salvarla.
Così, senza
pensarci troppo,
aveva scavalcato le inferriate ed era entrato anche lui nella gabbia,
liberando
le mani di Gwen e dell’uomo che era legato insieme a lei.
All’inizio
non aveva fatto
molto caso a lui, aveva pensato che fosse solo uno degli uomini di quel
malvivente che veniva punito per non aver eseguito i suoi ordini. Ma
poi
l’aveva guardato meglio e, incredibilmente, aveva
riconosciuto in quei tratti
il volto ben noto di un uomo che già conosceva: Lancillotto.
E cosa mai ci faceva
Lancillotto in un posto come quello, e soprattutto, in quella
situazione?
Spinto dalla
curiosità
gliel’aveva chiesto, e quello aveva risposto che era
lì per salvare Gwen, anche
lui.
Inizialmente, era
rimasto un
po’ spaesato da quella risposta. Come aveva fatto lui a
sapere che Gwen era in
pericolo? E poi, perché mai avrebbe dovuto salvarla?
Nella sua mente
già
abbastanza confusa, aveva provato a dare una risposta a quelle domande,
arrivando alla conclusione che Lancillotto probabilmente era capitato
lì per
caso, l’ aveva riconosciuta e, per puro gesto di cavalleria
nei suoi confronti,
aveva tentato di liberarla, tutto qui.
Funzionava, doveva
essere
andata proprio così.
Infondo, conosceva
bene
l’animo nobile e il coraggio di Lancillotto, lui avrebbe
sempre fatto la cosa
giusta.
Perciò,
cercando di
concentrarsi su un problema che richiedeva una soluzione più
immediata - come
quello di riuscire ad uscire sani e salvi da quel posto infernale
-aveva deciso
di far cadere l’argomento, dando una spada al suo compagno ed
iniziando a
combattere, facendo scudo a Gwen con il proprio corpo, fino a quando
non erano
riusciti a uscire dalla gabbia, cercando di raggiungere
un’uscita il più in
fretta possibile.
Così aveva
corso, portandola
con sé e lasciando che Merlino e Lancillotto distraessero i
loro nemici, fino
ad una porta, chiusa, dove poco dopo anche gli altri due li avevano
raggiunti.
Per tutto quel tempo
però,
aveva notato nell’espressione di Gwen come una nota di
tristezza e di
apprensione che, inspiegabilmente, sembrava essersi dissolta nel
momento stesso
in cui Lancillotto era ricomparso, insieme a Merlino.
Aveva pensato subito
che
fosse strano, ma senza preoccuparsene più di tanto,
impegnato com’era nel
cercare di aprire quella maledetta porta, ultimo ostacolo che li
separava dalla
libertà.
Dopo molti tentativi
però, ci
era finalmente riuscito e, voltatosi per avvertire gli altri, aveva
visto una
cosa che non si sarebbe mai aspettato.
Due mani, intime,
complici,
si stringevano amorevolmente, come per darsi forza, per rassicurarsi a
vicenda.
E, contemporaneamente, gli occhi dello stesso uomo e della stessa
donna, si
cercavano, beandosi di rispecchiarsi nello sguardo dolce
dell’altro.
Se non fosse stato
lì,
probabilmente non ci avrebbe creduto.
Ma, nonostante tutta
la scena
si stesse svolgendo proprio sotto i suoi occhi, faticava ancora a
trovare un
senso per quella situazione che non poteva, non
doveva, essere reale.
Lancillotto e la sua Gwen.
No, non poteva essere.
Era stato proprio in
quel
momento, che aveva sentito il suo cuore incrinarsi pericolosamente e
poi
frantumarsi in tanti piccoli frammenti acuminati, che gli dilaniavano
la carne.
E, contemporaneamente,
un
dolore immenso, una rabbia indescrivibile, si erano fatti largo nel suo
corpo,
minacciando di esplodere in una furia cieca che, lo sapeva, non avrebbe
risparmiato nessuno.
Ma mentre la sua mente
era
impegnata in queste dolorose riflessioni, tutti gli altri erano usciti,
mentre
lui era rimasto immobile, impietrito, con lo sguardo perso nel vuoto e
il cuore
infranto.
Per ultimo era uscito
Lancillotto, che gli aveva stretto la mano, come un vecchio amico, e
l’aveva
ringraziato per aver salvato loro la vita.
In quel momento, non
sapeva
se rimediare all’errore seduta stante e trapassarlo con la
lama affilata della
sua spada, che non era mai sembrata così invitante o
ridergli in faccia,
dimostrandogli quanto anche lui fosse contento.
Ma si era trattenuto.
Aveva
dovuto
trattenersi.
Lui era il Principe di
Camelot, dopotutto.
Così si
erano accampati,
mentre Gwen sedeva accanto a Lancillotto e lui non osava guardare il
viso di
lei, per paura di leggere in quello sguardo che così tanto
amava, gli stessi sentimenti
che aveva sperato avesse provato per lui, rivolti adesso ad un altro
uomo.
Ogni sguardo, ogni
risata che
lei rivolgeva all’altro, non faceva che rendere ancora
più insopportabile il
suo dolore, come se quelle schegge appuntite che una volta costituivano
il suo
cuore, si spingessero sempre più nella sua carne ad ogni
nuovo gesto d’affetto,
dilaniandogli l’anima.
Così, anche
quella terribile
notte era trascorsa, incredibilmente, ma nella mattinata, di
Lancillotto non
c’era più alcuna traccia.
Andato, aveva detto
Merlino,
probabilmente non sarebbe più tornato.
E, in
quell’istante, aveva
cercato per la prima volta gli occhi di Gwen, scorgendo
nient’altro che dolore,
smarrimento e confusione.
Incredibilmente, non
riusciva
neanche ad essere felice nell’apprendere quella notizia, dato
che ormai non
possedeva più neanche un cuore nel quale gioire.
L’unica cosa
che provava era
solo dolore.
Un
dolore lancinante e continuo.
Alla fine, si erano
messi
nuovamente in viaggio e, al tramonto, erano giunti finlmente a Camelot.
Erano
scesi da cavallo e, ancora senza mai guardarla in volto, aveva
ricondotto Gwen
da Morgana, che l’aspettava ansiosa sin dal momento della
loro partenza.
Così lei
era corsa ad
abbracciarla, e lui, solo per un istante, solo per quel momento, aveva
concesso
a sé stesso di guardarla un’ultima volta, prima di
scendere le scale e tornare
nelle sue stanze.
Si poteva soffrire
così
tanto?
Si poteva provare un
dolore
tanto grande per una sola persona?
Sapeva che non avrebbe
smesso
di amarla, mai, neppure per un
istante, neppure se lei gli avesse detto in faccia che il suo cuore
apparteneva
a Lancillotto.
Era certo che, ovunque
fosse
andato e qualsiasi persona avesse incontrato, l’avrebbe
sempre portata dentro
di sé, come una parte di sé stesso, la migliore.
Perché, il
dolore che provava
in questo momento, così totale, così devastante,
così incredibilmente intenso,
era paragonabile solo all’amore che provava per lei e che, ne
era sicuro,
avrebbe sempre provato, sempre.
Ma quella scena,
quella
tremenda immagine, sapeva che anche quella non l’avrebbe
abbandonato,
tormentandolo la notte durante i suoi incubi peggiori,
perché, lo sapeva,
sarebbe rimasta marchiata a fuoco nella sua memoria fino al giorno
della sua
morte.
Infondo
però, oltre ad
un’intensa rabbia, sentiva nei confronti di Lancillotto una
sorta di
comprensione, come se avesse capito il suo gesto e i sentimenti che
provava per
Gwen. E chi, infondo, avrebbe saputo resistere a tanta bellezza e a
tanta
dolcezza? Lei era il simbolo della perfezione, chiunque avrebbe potuto
innamorarsene.
E proprio nei
confronti di
lei, nonostante sapesse che sarebbe dovuto essere arrabbiato, non
riusciva a
provare altro che un incondizionato e disarmante amore.
Ma il suo cuore,
quello non
era sicuro che si sarebbe mai ristabilito del tutto, anzi sapeva che
non
avrebbe più ripreso a battere per nessun altro che non fosse
lei.
Artù allora
non sapeva però
che il suo cuore sarebbe rinato molto presto, insieme a lui stesso,
insieme ad
una nuova forza che è data dall’amore, una forza
che niente può contrastare.
Perché
proprio quel cuore,
poco tempo dopo, sarebbe stato ricomposto da una donna, la stessa che
involontariamente ne aveva causato la distruzione.
Con pazienza, amore e
costanza, lei avrebbe riunito tutti i pezzi, ricostituendolo proprio
come
l’originale e, anzi, infondendogli nuova linfa.
E, finalmente, avrebbe
ripreso il posto di padrona assoluta di quel cuore, amandolo e
prendendosene
un’infinita cura, stando attenta a non ferirlo mai
più.
Sicura che, questa volta, sarebbe stato per sempre.
Mio piccolo spazietto:
* = Spunto tratto del meraviglioso discorso di Artù proprio della puntata 2x02 ;)
Allora, come vi sembra?
Sinceramente ho amato troppo quell'episodio per non decidere di scriverci qualcosa a proposito. Non è bellissimo?
Devo dire che stavo per commuovermi fino alle lacrime guardando la faccia di Artù mentre Gwen abbraccia Morgana sulla scalinata!
Comunque, spero di essere riuscita a mantenermi fedele al personaggio e che la storia meriti anche un piccolissimo commento da parte vostra.
Grazie e un bacio,
Fairy_tale ;*