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Autore: floorcoaster    28/06/2007    14 recensioni
Avrebbe saputo dire il mese, il giorno e persino l’ora in cui comprese che lei era qualcuno con cui avrebbe potuto passare il resto della sua vita.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Water and Dirt Disclaimer: Tutto di JKRowling, come sempre.

Nota della Traduttrice: Ed eccomi qui di nuovo, con un altro lavoro di Floorcoaster. Dopo Red Memory , la scelta è toccata a Water and Dirt, oneshot scritta in occasione dell'ultimo dmhgficexchange, "Brew a Love Potion for Draco and Hermione", indetto nel dicembre 2006.
Le richieste a cui Floorcoaster doveva adeguarsi erano piuttosto semplici e generiche, una parola che fa sciogliere il cuore di Hermione e no a una Hermione che piange e si dispera per Draco, e, da queste poche indicazioni, Floo è riuscita a tirar fuori quello che io considero un autentico gioiellino. Spero, con questa traduzione, di aver reso giustizia ad una one-shot davvero unica.
Se volete leggere la versione originale di questa fic, potete trovarla a questo link, Water and Dirt, oppure tra le opere di Floo archiviate sotto la sua pagina autore su ColouredGrey, floorcoaster.
Buona lettura,
Kit^^



Water and Dirt



Avrebbe saputo dire il mese, il giorno, e persino l’ora in cui comprese che lei era qualcuno con cui avrebbe potuto passare il resto della sua vita.

Era una cosa incredibile, veramente. Lui. A pensare la sua vita con – con – qualcun altro. Lui, che mai, prima di allora, aveva sprecato più di mezzo pensiero all’idea di condividere realmente la sua vita con un’altra persona.

Ma era lei, ecco tutto.

~oOo~


Stavano camminando.

Beh, lui stava camminando, e lei lo stava seguendo. Lo faceva spesso, camminare. Trovava che gli serviva per calmare i nervi, che erano sempre sull’orlo di scattare. E quando camminare non aiutava, quando non era abbastanza per dimenticare le loro frecciate e le loro provocazioni, e i loro ghigni compiaciuti quando avvertivano di averlo colpito, allora la sua camminata si trasformava in una corsa.

Quando i suoi polmoni stavano bruciando e il suo cuore scoppiando, e il suo sangue gli rintronava nelle orecchie e i suoi piedi battevano contro il suolo, allora scompariva tutto. Tutto tranne quanto lo circondava, lentamente in lontananza e in modo caotico, accanto a lui. Tutto, mentre correva lontano da quella casa e dalle loro parole. Tutto, tranne che una superficiale sensazione di star quasi volando.

Quel giorno, tuttavia, sebbene avesse bisogno di correre, stava solo camminando, perché lei lo stava seguendo.

Infine, lei si stufò di seguirlo e si affrettò a raggiungerlo ed a camminare di fianco a lui, le braccia incrociate e il respiro leggermente più ansante del normale. Non poteva farci nulla, lui camminava in fretta. Lei lo aveva seguito, e così lui non aveva avuto nessuna voglia di rallentare il passo per facilitare la sua camminata. Poteva tornarsene indietro, lei, per tutto quello che gli importava.

Con la coda dell’occhio, mentre fissava ostinatamente un punto davanti a sé, la vide lanciargli uno sfuggevole sguardo. Si rese conto che il suo sguardo accipigliato era tutto per lui. Beh – bene - pensò. – Le sta bene dopo tutto quello che hanno detto. Si aspettava veramente che non avrebbe reagito?

~oOo~


Avevano tentato di farlo esplodere da mesi, fin dal primo momento in cui era arrivato lì. La Tana. Che cavolo di nome era, tra l’altro? L’avevano colpito, pungolato e provocato. Gli avevano detto cose orribili. Su di lui, su suo padre. S’era sforzato di far scivolare le loro parole sopra di lui, come l’acqua sul dorso di un’anatra.

Ma quel giorno – quel giorno, avevano passato il segno.

Non erano mai riusciti, prima, ad ottenere una qualche risposta da lui – non una singola parola. Avevano rivolto a lui e a suo padre ogni maledetto insulto che faceva parte del loro infimo vocabolario da Grifondoro, e lui era rimasto in silenzio. Così avevano incominciato a portare nella mischia sua madre. Aveva persino visto la loro esitazione nel coinvolgerla. Si erano guardati gli uni con gli altri, come a farsi forza a vicenda, a racimolare le ultime briciole di coraggio prima di farlo. Era servito solo ad incrementare la sua ira.

In un certo senso apprezzava i loro tentativi di farlo esplodere. Gli davano l’opportunità di allenare il suo autocontrollo. Si sedeva e ascoltava fino a raggiungere quasi il punto di non ritorno, ma, invece di lanciarsi nella lotta, a quel punto si alzava senza spiaccicare parola e lasciava la casa per camminare o – se le loro provocazioni e le loro frecciate avevano colpito con particolare durezza – per correre.

La prima volta era rimasto sorpreso quando l’avevano lasciato andare, ma s’era presto immaginato che, in qualche modo, sorvegliassero tutti i suoi spostamenti.

La prima volta che accadde era passata solo una settimana da quando era arrivato. S’era inoltrato dritto nei boschi che circondavano la casa, senza prestare nessuna attenzione a dove si stesse dirigendo. Ad essere onesti, la possibilità di perdersi non gli interessava per niente. Aveva camminato con furia, lontano dall’abitazione, fino a che la rabbia non si era lenita, e, una volta che ciò era avvenuto, s’era fermato e s’era guardato attorno. Il sole autunnale colpiva gli alberi, facendo risplendere le foglie come fossero preziosi gioielli.

Non s’era aspettato un nuovo attacco da parte loro, ma era successo; e ben presto era divenuta una ricorrenza settimanale. Sapeva che il momento stava giungendo quando tutti loro convergevano su di lui, ovunque si trovasse – in salotto, in cucina, in camera sua – lo fissavano, come se pensassero che sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro, maledicendoli, o facendo di peggio. Più il tempo passava, più diventavano nervosi, e lui usava la loro paura per nutrire la sua resistenza. A volte immaginava di scoppiare davvero contro di loro, e questo lo rendeva in qualche modo felice.

Non tornava mai verso la casa a meno che la sua rabbia non fosse completamente svanita. Era importante.

Dopo la quarta volta trovò un albero perfetto per arrampicarvisi. C’era un ramo largo e tozzo a circa sei metri di altezza, vicino ad un buco cavo nel tronco. Si arrampicava fin lassù e lì si sedeva. Iniziò a dirigersi lì ogni volta che doveva calmarsi, sgattaiolando via dalla cucina con qualunque leccornia fosse riuscito trovare. Era il suo albero, ed aveva persino intagliato le sue iniziali vicino all’apertura del suo rifugio. Si era sentito un po’ sciocco; eccolo lì, diciassettenne, e ancora ad intagliare segni sul tronco di un albero. Ma era il suo albero, e lui non aveva nient’altro. Non i suoi soldi, non la sua casa, non la sua famiglia. Nemmeno più la sua bacchetta, gli avevano portato via anche quella. Così aveva reclamato l’albero.

L’inverno era passato e lui continuava a tornare al suo albero ogni volta che lo attaccavano. In nessun’altra occasione, però, per timore di essere seguito. Nei giorni in cui usciva infuriato dalla casa, nessuno osava seguirlo, avevano ancora paura di lui.

Tranne lei.

~oOo~


“Draco,” chiamò, quasi correndo per stagli dietro. “Hai passato il tuo albero.”

Lui irrigidì la mascella. “Lo so.”

“Perché non ti sei fermato?”

“Sono ancora arrabbiato.”

Lei lo conosceva, ora. Era Aprile, dopotutto. Otto mesi da quando era stato mandato alla Tana.

~oOo~


Il giorno di Natale lo lasciarono da solo. Non tentarono di innervosirlo, ma, d’altra parte, non tentarono… nulla. Lo ignorarono completamente. Era stato grato, inizialmente, di questa pace, ma poi, mentre rimaneva seduto nella sua stanza a fissare i regali ai piedi del letto, aveva sentito tutti loro al piano inferiore, a ridere ed a scherzare, ed a divertirsi ancora.

Non che lui volesse far parte di quell’insieme familiare nauseante e appiccicoso. No, per nulla.

Verso sera – non aveva lasciato la sua stanza per tutto il giorno – c’era stato un bussare alla sua porta. L’aveva fissata con odio, desiderando che chiunque ci fosse stato dall’altra parte se ne fosse andato via.

“Malfoy,” era giunta una minuta voce, ed il suo cipiglio s’era fatto più profondo. Lei.

“Va’ al diavolo,” aveva risposto, bruscamente.

Così lei aveva aperto la porta. “La cena è pronta.”

L’aveva squadrata. “Sparisci, Granger. Non vengo.”

Si era portata le mani sulle anche ed aveva reclinato la testa. “Smettila di startene qui appollaiato tutto il giorno e a piangerti addosso!”

Era shockato. Fin da quando era giunto alla Tana, lei non aveva mai pronunciato una parola scortese nei suoi confronti. Questa cosa, all’inizio, l’aveva sopreso, ma ormai aveva dato per assoldato che la situazione non sarebbe mai cambiata. Nessun tono acido nelle sue parole, nessuna alzata degli occhi al cielo, nessun commento o ritorsione sprezzante alle sue dure risposte; nulla. Dopo un paio di giorni aveva smesso del tutto di parlarle.

Tutto quello che fece fu fissarla, e lei ne prese spunto per continuare. “Non sto scherzando, Malfoy. Vieni a mangiare.”

Il suo tono saputello lo fece uscire dal suo stato di trance. “Non dirmi quello che devo fare,” strascicò. “E lasciami da solo.”

“Cosa mangerai?” pretese di sapere, incrociando le braccia davanti al petto.

“Che ti importa?” rincarò con disprezzo, poi si alzò dal proprio letto e si diresse verso la porta. Tentò di chiuderla, ma il piede di lei si frapponeva tra la porta e lo stipite.

Non mi importa, ma tu hai bisogno di mangiare,” aveva risposto con fierezza.

“Non ho voglia di mangiare, specie con voi. Scenderò dopo e prenderò gli avanzi.”

“È così che vuoi veramente che vadano le cose?”

Alzò gli occhi al soffitto. “Come se potessero andare in modo diverso. Ora, va’ via.” Aveva sbattuto con forza la porta contro il suo piede e lei aveva emesso un grido di dolore, ritraendosi. Poi lui aveva chiuso violentemente la porta, con sufficiente forza da farsi sentire da tutta la casa; letteralmente.

Con un ghigno soddisfatto, era ritornato al letto e al libro che stava leggendo. Aveva avvertito una folata d’aria all’apertura violenta della porta, e s’era voltato per trovare Hermione in piedi, lì accanto, la sua bacchetta fumante per la rabbia. Aveva marciato nella sua stanza, fino a trovarsi faccia a faccia con lui.

“Ascolta bene, Malfoy,” aveva iniziato, gli occhi fieri, sottolineando le sue parole con dei colpi contro il petto di lui. “Non potrebbe interessarmi di meno di quello che fai, ma i Weasley sono stati gentili a permetterti di rimanere qua, quindi il minimo che potresti fare è mostrare un po’ di rispetto. È la cena di Natale e vogliono che tu mangi con loro.” Lui aprì la bocca per protestare, ma lei lo precedette, continuando il suo sfogo. “E non dirmi che mi sbaglio, perché – perché tu credi che sia qui, a cercare di farti scendere? Harry e Ron e gli altri non ti diranno nulla, quindi datti una mossa e vieni a mangiare.”

Per tutta la sua tirata lui rimase fermo dov’era, rifiutandosi di mostare un qualunque segno. Anche se avrebbe tanto voluto scoppiare a ridere. Lei era più bassa di lui di almeno una spanna, e molto più piccola nel complesso, e i suoi capelli erano arruffati come al solito, ma eccola lì, a urlargli contro come se fosse alta tre metri. Avrebbe voluto poter vedere la scena dall’esterno, guardarla mentre continuava ad assestargli quei colpi sul petto.

“Se scendo, te ne starai zitta?” le chiese, tranquillo, scrutando nei suoi occhi furenti.

Lei non si era aspettata quella risposta, così gli assestò un altro colpo, più forte dei precedenti. “Sì.”

Lui sorrise e lei indietreggiò, come fosse stata colpita. “Sei… incredibile, lo sai?”

Lei gli rivolse un’occhiataccia. “Io -”

“Tu hai promesso di stare zitta.”

Lei sbuffò e marciò fuori dalla stanza. Lui la seguì, scuotendo la testa, divertito.

~oOo~


Sapeva che lui non si sarebbe fermato finché la sua rabbia non fosse sbollita.

E lui era ancora abbastanza arrabbiato. Di solito pensava ad altro per distrarre la sua mente dalle loro parole, ma quel giorno continuava a rivedere la scena nella sua testa, e a pensare a tutte le cose che avrebbe dovuto dire. E ne aveva dette comunque di cotte e di crude; erano, alla fine, riusciti nel loro intento; alla fine, erano riusciti a farlo esplodere. E poi s’erano ritratti nel timore della sua reazione.

Lei tenne il suo passo, con sua lieve sorpresa, e insieme cammirano in silenzio.

Lui odiava ammetterlo, ma era probabilmente la sua presenza che stava riuscendo a far sbollire il suo sangue ed a sciogliere la sua ira. Aveva finalmente rallentato, dopo aver camminato per quasi cinque miglia, e poi si era fermato. Mai, prima di allora, s’era spinto così lontano. Lei si era fermata accanto a lui un istante più tardi, stringendosi un fianco. Lui sogghignò, doveva aver male alla milza.

Davanti a loro si estendeva un’ampia pozza infangata. Sembrava asciutta, in superficie, ma sapeva che non poteva esserlo completamente. Era piovuto parecchio nelle ultime settimane e Draco sapeva che il terreno era ancora zuppo, specie dopo il temporale della notte precedente.

Hermione, mentre il suo respiro ritornava alla normalità, alzò lo sguardo su ed oltre la pozza fangosa. “Ti sei calmato?”

Una fresca ondata di rabbia lo avvolse. “No.”

“Continuiamo a camminare, allora?”

Dovette distogliere lo sguardo per non farle vedere il suo sorriso. Avrebbe continuato a camminare con lui finché non fosse stato a posto.

~oOo~


“Come puoi dirlo?”

“Dire cosa?”

“Che – che è la tua parola preferita che ti ricorda me.”

“Cosa ha che non va?”

“Cosa ha che non va? Non puoi essere serio!”

“Lo sono.”

“Tanto per iniziare, non è per nulla lusinghiera.”

“Ma mi piace. No, la amo. È perfetta.”

“Sei crudele.”

“Cosa? No, non lo sono.”

“Ti stai prendendo gioco di me, del mio sangue, quando sai che non c’è nulla che possa fare al riguardo.”

“Non è vero! Non ha nulla a che fare con quello, lo giuro.”

“Allora cosa? I miei capelli? I miei occhi? Se non è il mio sangue, allora cosa?”

“Ehi! Non arrabbiarti. Non intendevo nulla del genere.”

“È meglio che ci sia una buona scusa.”

“Ti ricordi di quel giorno? Quando Potter e i Weasley hanno attaccato mia madre?”

“È successo anni fa!”

“Sì, sì, rilassati. Ricordi cosa è successo poi?”

“Sì.”

“Beh, quella è stata la prima volta che l’ho capito davvero.”

“Capito cosa?”

“Che qualcosa – questo – era possibile.”

“Come hai potuto capirlo allora?”

“L’ho capito, e basta.”

~oOo~


Dopo la cena di Natale, tra lui e lei le cose cambiarono, in un certo senso. Lui tentò di capire il perché nel suo tempo solitario al suo albero, ma non c’era nessuna spiegazione sufficiente. Quello che era successo – quando lei era salita in camera sua per portarlo a cena – doveva essere stato abbastanza per far cambiare qualcosa. Per forza, perché era così che ora stavano le cose. Lei l’aveva seguito, un paio di settimane dopo Natale. Erano quasi riusciti a farlo scattare quella volta, parlando di Pansy. Certo, a lui non era mai interessata particolarmente quella ragazza, ma non c’era motivo per cui loro dovessero attaccare lei solo perché un tempo era uscita con lui. E lei era stata sua amica da più tempo di chiunque altro, così lui era quasi esploso. Ma Hermione era entrata nella stanza proprio nel momento in cui stava per aprire la sua bocca, così lui le aveva semplicemente rivolto un’occhiataccia ed era uscito.

E lei l’aveva seguito.

Aveva sorpassato il suo albero per la prima volta, quel giorno, ma non era andato molto oltre. L’aveva notato, passandogli accanto, e aveva iniziato a pensare cosa fosse quell’albero ed a cosa significasse per lui, e velocemente era tornato indietro.

Lei non se l’era aspettato e lui l’aveva vista, lì in piedi, a fianco al suo albero. Si era messo immediatamente sulla difensiva, credendo che fosse venuta lì a continuare quello che gli altri avevano iniziato, ma, mentre le si avvicinava, si accorse che si era appoggiata ad un altro albero e stava iniziando a leggere.

“Cosa vuoi?” aveva ringhiato.

Lei aveva chiuso il libro, e gli aveva rivolto la sua attenzione. “Vieni sempre qui?”

Lui non era più arrabbiato, ma non era nemmeno in una buona luna. “Che ti importa?”

Lei scrollò le spalle. “Non m’importa. Lo sai.” Ma poi fece un mezzo sorriso, e distolse lo sguardo.

Era stanco di essere da solo. Di non avere nessuno con cui parlare, con cui fare qualunque cosa, e, nonostante i suoi sforzi per fregarsene, gli importava, specialmente quando sentiva tutti gli altri ridere, felici e dimentichi di lui. Lei l’aveva seguito e ora gli stava parlando. Solo questo avrebbe potuto essere una ragione sufficiente per farlo aprire un poco a lei, per prendere qual poco di interazione che poteva, persino se fosse stata una delle solite.

Ma anche qualcos’altro era cresciuto in lui. Ne era un po’ irritato, un po’ tanto, ma non poteva farci nulla; lei gli piaceva. Pensava che fosse buffa. Era iniziato il novembre precedente, quando si era infuriata con Harry e Ron e li aveva rimessi al loro posto. Lui aveva riso dei due, allora, e lei gli aveva rivolto un sorriso, prima di allontanarsi di fretta dai suoi due amici.

Dopo Natale non poteva fare a meno che sentirsi attratto da lei. Il suo sorriso era rigenerante, e la sua risata una brezza rinfrescante.

Sospirò. “Sì, è qui che vengo.” Fece segno sopra alla sua spalla. “Questo è il mio albero.”

Lei alzò lo sguardo. “Il tuo albero?”

“Sì. Mio.”

~oOo~


“Uh, Granger? C’è un grosso ostacolo a bloccare la strada.”

Lei schioccò la lingua. “Oh, quello? È asciutto. Ci si può camminare sopra.”

Non è asciutto. È piovuto per giorni. A me sembra asciutto solo in superficie.”

“E io credo che si possa passare.”

“Ti dico di no.”

Incrociarono gli sguardi e combatterono una piccola, silenziosa battaglia. Infine Hermione si lasciò andare a uno sbuffo. “Va bene. Ci giriamo intorno?”

“L’unica cosa sensata da fare.” Si avviò lungo quello che pensava fosse il percorso più breve e Hermione lo seguì. Poteva avvertire un senso di anticipazione emanare da lei, così si gettò un’occhiata alle spalle. Gli occhi di lei brillavano e stava guardando la pozza.

“Granger,” disse, a mo’ di avvertimento.

E, come un fulmine, lei si mosse, di corsa verso la pozza fangosa. Lui scosse la testa e la guardò mentre faceva i primi passi sulla superficie. Al quarto, tuttavia, una caviglia le affondò nel fango, e l’altra gamba la seguì fino al ginocchio. Si fermò, allora, e alzò lo sguardo su di lui.

“Che c’è?” le chiese, cercando di non ridere.

Lei tentò di tirar fuori la gamba sinistra, ma così facendo la destra, che fino a quel momento era immersa solo fino alla caviglia, affondò ancor più. Non se l’era aspettato e aveva così perso l’equilibrio. D’istinto aveva portato le braccia davanti a sé, e quelle s’erano affossate fino ai gomiti.

Draco stava ora ridendo apertamente, inutile cercare di nasconderlo.

“Draco!” lo chiamò.

“Te l’avevo detto,” rispose, a corto di fiato.

“Aiutami!”

“Scordatelo! Ti sei cacciata lì dentro da sola, ti tiri fuori da sola.”

Lei tentò di estrarre un braccio, e l’altro andò ancora più a fondo. Allora tentò di estrarre entrambe le braccia, contemporaneamente, e finì seduta con il sedere nel fango, ma almeno gli arti superiori erano liberi. Lentamente si rimise in piedi e tirò fuori la gamba sinistra, facendo forza contro il fango più compatto. Riuscì a tirar fuori anche l’altra, poi si chinò in cerca di qualcosa.

“Che stai facendo, pazza?”

“Avevo dei sandali,” rispose, “Uno s’è sfilato.”

“Lascia perdere!” le disse ridendo. “Salva te stessa!”

“Adoro questi sandali!” rimbottò lei, rimestando il fango, per cercarlo.

Draco stava ridendo così forte, ora, che dovette sedersi. Delle lacrime potevano vedersi sul suo volto. Non sembrava che lei stesse avendo molta fortuna nella sua impresa. “Andiamo, Granger. Arrenditi.”

“No,” rispose, testarda.

Le risa di lui si quietarono, mentre osservava quella pietosa ricerca del sandalo. Pensò che l’avesse trovato quando lei squittì e fece un movimento improvviso. Ma l’istante successivo la vide cadere, a faccia in giù nel fango. Scoppiò nuovamente in una fragorosa risata. Lentamente lei si rialzò, in piedi nello stesso punto in cui si trovava in precedenza, e si voltò verso di lui.

Il suo viso, e tutto il suo corpo, era ricoperto di fango. Si ripulì gli occhi, il naso e la bocca, poi cominciò ad urlargli contro, mentre lui continuava a ridere di lei.

“Draco, sono seria! Aiutami, per piacere!”

Lui si calmò abbastanza per dirle, “Sei tu quella con una bacchetta, psicopatica.”

Persino attraverso la maschera di fango, lui vide il momento in cui lei comprese. Fece una smorfia verso di lui ed estrasse la sua bacchetta, si ripulì, poi asciugò il fango intorno a lei, cosicché si trasformasse in terriccio. Lentamente, infine, tornò verso di lui.

Una volta completamente pulita, si sedette di fianco a lui, stizzita.

“Grazie di tutto,” disse, sarcastica.

“No, grazie a te. La mia rabbia è completamente svanita, per merito tuo.”

“Oh, bene, meno male. Sono così contenta che le mie sfortune siano state in grado di salvarti dal tuo eremo di disperazione e che tu sia stato in grado di ridere a crepapelle mentre io sarei potuta annegare.”

Lui schioccò la lingua. “Non saresti annegata. Non essere così tragica.”

“E se non fossi riuscita ad uscire? Se avessi esaurito tutte le mie forze tentando, e… e… fossi stremata al suolo senza più energia? Sarei affogata nel fango!”

Lui la guardò, un timido sorriso sulle sue labbra. “Credi davvero che ti avrei lasciata annegare?” le chiese, pacato.

~oOo~


Era come se lei avesse capito quello che voleva dire sull’albero senza che lui avesse bisogno di spiegarglielo. Cosa che non avrebbe fatto, in ogni caso.

Lei aveva iniziato a seguirlo, alle volte, dopo gli attacchi degli altri, di solito quando pensava che fosse particolarmente irato. E in quei giorni, sapendo che lei era dietro di lui, la sua rabbia si dissipava più velocemente che non nei giorni in cui non c’era.

“Vuoi venire su?” le chiese in una fredda giornata di febbraio. Lei non gli aveva mai chiesto di poter salire con lui. Di solito si sedeva alla base del tronco, non sotto il suo ramo, ma di lato, e poi si mettevano a parlare, a volte per ore. Lui era grato per ogni interazione che poteva avere, fintanto che era con lei.

Lei alzò lo sguardo verso di lui, poi verso il suo ramo, e di nuovo verso di lui. “Er, no grazie. Niente contro il tuo albero, naturalmente.”

“Ho dei dolci, lassù,” la tentò, giocosamente. “Il miglior cioccolato di Mielandia, Caramelle Tutti i Gusti +1, Cioccorane; dimmi quello che desideri, ce l’ho. E anche Burrobirra bollente.”

“Bollente? Come?”

“Beh, lo sarà, una volta che tu l’avrai incantata per esserlo.”

“Malfoy,” disse e guardò ancora il ramo. “È così – alto.”

“Non ti lascerò cadere,” le rispose.

Lei lo guardò. “Non hai nemmeno una bacchetta.”

Sogghignò. “Credi che questo possa fermarmi?”

“Ma -”

“Sì o no. Non te lo chiederò ancora.”

“Sì,” rispose, velocemente.

“Bene. Vai tu per prima.”

Lei esitò, poi gli allungò la sua bacchetta. Lui inarcò un sopracciglio. “Nel caso,” gli disse.

Prese il pezzo di legno dalle sue mani. Non dava le sensazioni giuste, non come la sua, ma c’era da aspettarselo. Lo colpì che lei, più che fidarsi che lui non l’avrebbe lasciata cadere, si stava fidando che lui non le avrebbe fatto del male, che non l’avrebbe tradita, né sarebbe corso via. Persino con la bacchetta di qualcun altro avrebbe potuto essere pericoloso.

Lei era già arrivata a metà altezza, prima che lui iniziasse a seguirla.

Si sedettero, uno di fianco all’altra, con Hermione abbarbicata al tronco per sicurezza, per il resto della giornata; abbuffandosi di dolci e Burrobirra, e parlando.

~oOo~


Lo guardò, allora, e lui avvertì un brivido di eccitazione di fronte all’intensità nei suoi occhi. Sostenne il suo sguardo per qualche istante, poi lei distolse gli occhi. “Beh, non sembravi molto interessato ad aiutarmi,” disse, con un tono molto meno furibondo. Poi si mise a ridere. “Scommetto che ero ridicola.”

“Sì, lo eri.”

Lei fece per colpirlo leggermente su un braccio, ma lui anticipò la sua mossa e si scostò. Determinata, lei si avvicinò maggiormente e, al secondo tentativo, ebbe successo.

“Specialmente con tutto quel fango sulla faccia.”

Lo colpì ancora, stavolta con più forza.

“Vorrei aver avuto qualcosa per poter catturare l’immagine.”

“Draco!”

Lui la guardò e sorrise. “Che c’è?”

“Non c’è bisogno di rigirare il coltello.”

Gli era molto vicina, ora, e la cosa gli piaceva. Hermione lo spintonò di nuovo, e quando lui incrociò i suoi occhi, lei sorrise.

“Che c’è?” chiese.

“Vuoi parlare?”

Lui sbuffò. “Lo voglio mai?”

“Sono felice che tu non sia più arrabbiato. Non potevo credere a quanto furioso fossi.”

“Se insisti a volerne parlare, mi vedrai arrabbiato di nuovo.”

“Oh, okay. Scusa.”

Raccolse una pietra e la lanciò nella pozza di fango; atterrò con un appagante splat.

“Però,” riprese lei, voltandosi leggermente verso di lui.

“Sì, lo so.”

~oOo~


Così come dopo Natale, le cose cambiarono dopo quel giorno. Per lui, almeno. Una cosa piccola, ma anche enorme. Era la vita, e lui aveva solo diciassette anni. Quasi diciotto, ma aveva ancora tutta la vita davanti a sé, se le cose si fossero risolte in favore dell’Ordine. Poteva sentirlo, e gli piaceva. Non significava nulla, solo che era certo che lei gli piacesse. Non aveva idea di come lei si sentisse, ma pensava che magari anche lei era cambiata un poco.

Non era coinvolto nella Guerra, per niente. Si era consegnato al Ministero dopo l’accaduto sulla cima della Torre d’Astronomia, gli era stata concessa la libertà vigilata ed era stato mandato alla Tana, per motivi di sicurezza. Aveva capito che non era fatto per essere un Mangiamorte, c’era troppo della famiglia di sua madre in lui.

Non uccidere qualcuno era risultato essere il momento più importante della sua vita. Fino a quel momento si era sempre chiesto da che parte voleva davvero stare, in quella Guerra. Capiva entrambi gli schieramenti, e poteva vedere le questioni – molte delle questioni – da entrambi i punti di vista.

Quando gli era stato dato il compito di uccidere Silente, sapeva che sarebbe stato un punto di non ritorno nella sua vita, ed era ansioso di sapere come sarebbe finita. Aveva compreso subito che non sarebbe stato un compito facile, e presto aveva anche compreso che non voleva uccidere il vecchio, o qualsiasi altra persona.

Ma doveva fare qualcosa, o i suoi genitori sarebbero stati uccisi, così aveva continuato a tentare, senza farlo davvero. Non aveva avuto successo, e non era mai stato così felice e così terrorizzato per un fallimento in tutta la sua vita. Quando era andato al Ministero avevano preso anche sua madre, e l’avevano nascosta, da qualche parte.

Loro – Harry, Ron, Ginny, Fred e George – erano stati orribili con lui fin dal primo giorno in cui era arrivato. Hermione era stata diversa.

Ma anche loro l’avevano lasciato in pace dopo quel giorno, in aprile.

Non sapeva perché, e persino settimane più tardi si aspettava che lo attaccassero da un momento all’altro. In un certo senso, avrebbe voluto che lo facessero; non aveva parlato molto con Hermione da quell’ultima volta, e davvero questo non gli piaceva. Ma non credeva nemmeno che avrebbe potuto semplicemente parlare con lei.

Non con loro attorno. Draco era abbastanza sicuro che Hermione non avesse detto ai suoi amici che era in termini amichevoli con lui.

~oOo~


“È comunque una parola orrenda, specialmente per qualcuno che dichiari di amare.”

“Non sto chimando
te con quella parola. Solo, penso sempre a te e sorrido, quando la sento. Che c’è di sbagliato in questo?”

“È – L’ho sentita fin da quando sono entrata nel mondo magico, e non è mai stata un buona cosa.”

“Lo è, adesso. E che parola hai tu per me?”

“Luccicante.”

“Luccicante?”

“Sì. I tuoi capelli – praticamente brillano, lo sai?”

“Luccicante.”

“Sì.”

“E poi dici che la mia parola è brutta.”

“Cosa c’è che non va con ‘luccicante’”?

“A questo punto potresti chiamarmi ‘scintillante’ o ‘sbrillucciccante’ o qualcosa del genere.”

“Beh, è meglio della tua.”

“No, che non lo è. La mia ha a che fare con un momento importante della mia vita, un’importante constatazione. Tu non hai idea di cosa significhi per me. Che cosa può c’entrare ‘luccicante’?”

“Beh, nulla di così eclatante come la tua, a quanto pare, ma è stata la prima parola che mi è venuta in mente dopo che mi hai detto che mi amavi la prima volta.”

“… Oh.”

“Vedi? Anche la mia parola ricorda un evento importante.”

“Quindi devo scegliere una nuova parola?”

“Non mi lamenterei.”

“Ma almeno questa significa qualcosa.”

“Anche la tua nuova parola potrebbe significare qualcosa.”

“Non così tanto.”

“Onestamente? Tienila.”

“Devi credermi; non voglio dire nulla di male.”

“Ti credo.”

“Davvero?”

“Sì.”

“Bene.”

“Dove stai andando?”

“Dove stiamo andando, vuoi dire.”

“Cosa?”

“Oh, andiamo, su. Non abbiamo tutto il giorno.”

“Sul serio, dove stiamo andando?”

“Non vuoi che sia una sorpresa?”

~oOo~


Al primo anniversario del suo arrivo alla Tana, qualcuno bussò alla sua porta, ad un’inconcepibile ora del mattino. Bussò, con forza e ripetutamente, fino a che lui non barcollò giù dal letto.

Quando aprì la porta, pronto ad urlare dietro a chiunque fosse, trovò Harry e Ron a scrutarlo da dietro i cappucci alzati dei loro mantelli.

“Andiamo,” ordinò Harry, girandosi verso le scale.

Draco s’accigliò. “Scusa?”

“L’hai sentito,” s’intromise Ron. “Vieni con noi. Adesso. Non hai nessuna scelta. E ti trascineremo per i capelli, se dobbiamo.”

Con un cipiglio sempre più accentuato, Draco obbedì senza fare storie e artigliò un mantello da mettersi addosso.

Harry e Ron lo condussero silenziosamente fuori dalla casa e tra gli alberi, nella direzione opposta rispetto a quella che prendeva lui di solito. Infine, dopo un miglio o poco più, si fermarono. Entrambi i suoi compari si tolsero i cappucci. Draco rimase fermo, irritato.

“Okay, Malfoy,” iniziò Harry, sedendosi su un grosso masso che Draco non aveva notato fino a quel momento. Ron si sedette su un altro masso, e Draco si guardò alle spalle, dove ne vide un terzo. Non si sedette.

“Okay, cosa?”

“Ti crediamo.”

Draco rimase a bocca aperta, incredulo. “Voi mi credete?”

“Sì. È passato un anno intero, e sei stato completamente diverso da come eri prima. Così, o stai recitando -”

“Cosa che abbiamo escluso,” intervenne Ron.

”O sei veramente così,” concluse Harry.

“E, come abbiamo già detto, sappiamo che non stai mentendo.”

Draco sogghignò. “E come sapreste questo?

“Hermione,” rispose Harry.

Draco s’irrigidì e temette immediatamente il peggio – che lei avesse detto loro tutto quello che era intercorso tra loro.

“Rilassati,” disse Ron, estraendo un sacchetto da una tasca. “Caramella al limone*?” chiese, allungando il sacchetto verso Draco, che scosse la testa. “Come vuoi,” disse, porgendolo a Harry.

“Hermione ci ha detto – abbastanza,” specificò Harry, e Draco si chiese se fosse riuscito a imparare un po’ di Legilimanzia.

E, ancora, Draco rimase silente.

“Siediti,” continuò Harry. “Prenditi un Chinotto**.”

Draco corrugò la fronte. “Un cosa?”

“Bevanda frizzante babbana. Tieni.” Harry gli passo una bottiglia di vetro, scura, poi ne prese una per Ron e una per sé. I due brindarono silenziosamente e bevvero la loro, mentre Draco rimase a guardare la bottiglietta con sospetto.

“Qual è il problema?” chiese Ron. “T’abbiamo portato qui, ci siamo scusati, ti abbiamo detto che ti crediamo e che ci fidiamo, e tu non bevi il nostro Chinotto?”

“Non vi siete scusati.”

Ron scrollò le spalle. “Appena fatto, in un senso.”

“È diventato un gioco,” intervenne Harry. “E – era sbagliato.”

Finalmente Draco si sedette, guardando ancora di traverso la bottiglia nella sua mano.

Ron roteò gli occhi. “Dammi qua.” Prese la bottiglia, l’aprì con un leggero ‘pop’, e ne prese un sorso. “Visto? Niente veleno.” La passò di nuovo a Draco.

Lui la riprese, ma la guardò con nuova diffidenza.

“Che c’è adesso?” chiese Harry.

“Germi Weasley.”

Harry scoppiò a ridere, cosa che prese completamente in contropiede Draco, e Ron fece una smorfia. “Fidati, Malfoy. Per personale esperienza, posso assicurarti che non ti faranno alcun danno.”

Lentamente, con cautela, si portò la bottiglia alle labbra e, con un’ultima occhiata sia a Harry che a Ron e con un sospiro rassegnato, ne prese un sorso. Non era simile a null’altro che avesse mai bevuto in precedenza, e gli fece pizzicare gli occhi. Non era sicuro se gli piacesse o meno, e decise che aveva bisogno di fare un’ulteriore verifica.

“C’è il piccolo effetto collaterale di teste rosse che crescono fuori a caso nei posti più disparati,” disse Harry. “Ma, a parte questo -”

“Ehi!” fece Ron, guardando torvamente Harry. Draco si lasciò andare a un moto di ilarità e gli altri due lo guardarono come se avesse parlato in cinese. “Cosa?”

“Sai ridere,” disse Ron, squadrandolo con occhi sbarrati.

Draco sbuffò. “E tu sei bravo a sottolineare l’ovvio. Credevi davvero che non sapessi ridere?”

Harry tirò fuori qualcos’altro dal suo mantello e l’allungò a Draco. “Tieni. Questa è tua.”

Draco trattenne il respiro mentre guardava, per la prima volta da più di un anno, la sua bacchetta. La prese da Harry e la scorse con le dita per tutta la sua lunghezza, ricordando antiche sensazioni. Si sentiva di nuovo intero.

“Potter,” disse, tagliente. “Perché?”

Harry e Ron si guardarono l’un l’altro, e Harry alzò le spalle. “Non è giusto che un mago sia senza la sua bacchetta. Oh, e Molly non lo sa. Se lo scopre, confesseremo, va bene?”

Inarcò un sopracciglio. “Oh? Davvero? Confesserete che voi l’avevate data a me?”

“Certo,” disse Harry. “Cosa ti fa credere che non lo faremmo?”

Harry aveva un’espressione di così pura innocenza sul suo volto che Draco divenne due volte più sospettoso. Volse l’attenzione verso Ron, che aveva un’espressione simile. “Non posso immaginare come abbia fatto a pensarlo.”

Harry e Ron risero.

“Seriamente, Malfoy. Sei amico di Hermione da mesi, ormai, e non sei stato per nulla quell’incredibile bastardo che tutti noi ci aspettavamo. Ci fidiamo del suo giudizio.”

“Il sole si sta alzando,” intervenne Ron, bevendo un altro sorso di Chinotto.

Era quanto di più vicino ad una dichiarazione di amicizia, o di quasi amicizia, che avrebbe avuto. Ma Draco capiva, e l’accettava. Non importava che nome le avrebbero dato, o se non l’avrebbero chiamata del tutto, quella era amicizia, da lì in avanti.

Sospirò e prese anche lui un altro sorso. Era grato che ci sarebbe stato almeno un tentativo di tregua tra loro, ma tremava al pensiero di quello che avrebbero detto – o fatto – se avessero saputo che lui voleva qualcosa di più di un’amicizia con Hermione.

Immaginava che ne sarebbe venuto fuori con qualche arto in meno.

~oOo~


“Infangato”

“Sfangare”

“Fangatara”

“Cavafango”

“Fangoterapia”

“Fanguilla”

“Buona questa. Fangaspide.”

“Tipico. Rinfangare”

“Fangolata”

“Dove siamo?”

“Dove credi?” replicò.

“Beh, sembra terribilmente simile a quella pozza piena di fango di qualche anno fa.”

“Perché lo è.”

“Oh, ahah. Molto divertente, Draco.”

“Cosa?”

Hermione incrociò le braccia sul petto. “Perché siamo qui?”

“Adesso, non dare subito di matto.” Le prese una mano e camminarono fino all’orlo della pozza, lì la fece girare con le spalle al fango. “Dovevo parlarti, e questo mi è sembrato un posto migliore di altri”

“Già. Dovevamo venire qui?”

“Sì.” Iniziò a muoversi irrequieto davanti a lei. “Siamo insieme da, quanto? Due anni?”

Lei inarcò un sopracciglio alla sua domanda. “Uno e mezo.”

“Giusto. E ci conosciamo da…”

“Dieci. Quasi”

Lui si fermò e la guardò. “Davvero?”

Lei lo spintonò leggermente.

“In ogni caso, il nostro anno e mezzo è stato bello… per la maggior parte, giusto?”

Lei sogghignò. “Per la maggior parte, direi il sessantacinque per cento.”

Lui la guardò di nuovo, un poco ferito. “Sessantacinque?”

“Okay, forse settantadue. E mezzo.”

“È davvero così che ti senti?”

Lei rise. “No, idiota. Novantacinque o meglio.”

Lui riprese a respirare, sollevato. “Non spaventarmi più così! Come stavo dicendo, io -” Si fermò, corrugando la fronte, la sua attenzione rivolta a qualcosa sopra la spalla di lei.

“Draco? Che c’è?” chiese, voltandosi.

~oOo~


Poco dopo l’offerta di amicizia di Harry e Ron, tutti lasciarono la Tana tranne che Molly, Ginny e lui. La Guerra era al suo culmine, e la presenza degli altri era necessaria altrove. La parte più difficile era stato dire addio a Hermione, e senza dirglielo, cercare di farle capire quanto realmente volesse dire.

Come che aveva bisogno che lei tornasse indietro, perché pensava che avrebbe perso la ragione, se le fosse successo qualcosa. Non poteva dire una cosa del genere. Non era quel tipo di ragazzo, anche se era così che si sentiva.

Durante il resto della Guerra aveva visto Hermione e gli altri una volta sola, a Natale. Aveva passato tutti i suoi giorni a cucinare, pulire, tentare di fare del suo meglio per non pensare. Lui e Ginny avevano costruito una certa amicizia, per necessità e mancanza di opzioni migliori, e col passare dei mesi, aveva iniziato ad apprezzarla davvero. Non allo stesso modo in cui gli piaceva Hermione, ovviamente, ma anche lei aveva le sua attrattive. Era diversa.

E Ginny, che era una persona piuttosto percettiva, l’aveva messo in un angolo – letteralmente, in cucina, con un coltello – per discutere dei suoi sentimenti per Hermione. E poiché l’aveva minacciato di tagliargli a zero tutti i capelli, le aveva detto la verità. Aveva annuito una volta, e aveva detto che era quello che pensava.

Sette mesi più tardi, nel marzo dell’anno seguente, la Guerra era finita, con Harry vittorioso. Ed Hermione stava bene – un po’ stremata e con qualche ammaccatura, ma stava bene. Da lì in poi le cose s’erano evolute alla svelta. Era stato messo agli arresti domiciliari nell’attesa dell’inizio del suo processo e per tutto il tempo che era durato.

Avevano iniziato con tutti i grossi nomi, e finalmente, a metà marzo, era giunto il suo turno. Era stato rilasciato in libertà vigilata per altri tre mesi. Aveva rifiutato la compagnia di tutti in quei tre mesi, compresa quella di Hermione, per poter mettere in ordine la sua casa e i suoi affari. Suo padre era rimasto ad Azkaban, così tutte le responsabilità finanziarie erano cadute sulle sue spalle.

Infine, a novembre, gliel’aveva detto, un fascio di nervi e balbettii e incertezze, ma lei aveva solo sorriso e risposto che lo sapeva. E, oh sì, che anche lei provava le stesse cose, e l’aveva confermato con quello che, nei suoi ricordi, era stato assolutamente il bacio più incredibile che avesse mai ricevuto.

~oOo~


“Non so, guarda.”

Hermione si voltò e vide, a un paio di metri dall’orlo della pozza, un cartello galleggiante sopra il fango. “Salvami, Hermione!” vi era scritto. Si voltò di nuovo verso Draco, un’espressione divertita sul volto.

“Draco? Che è?”

“Hermione, davvero,” rispose, evitando di guardarla negli occhi e con fare preoccupato. “Dovresti andare a vedere cos’è.”

“Draco.”

“Hermione.”

Lei sospirò e si girò di nuovo. “È tutto connesso, vero?”

“Cosa vuoi dire?” le chiese, innocentemente, guardandola, finalmente.

“Devo andare nel fango per prenderlo, vero?”

“Questa è l’idea.”

“È meglio che ci sia una ragione molto – e sottolineo il molto – importante per farlo.”

Lui scrollò le spalle.

“Urgh, Draco Malfoy, sei esasperante!”

“Vai e basta.”

Hermione si tolse le scarpe e le calze e sollevò l’orlo dei pantaloni fino alle ginocchia. Con un’ultima occhiataccia a Draco, iniziò ad avanzare nella pozza. Strillò leggermente quando raggiunse il fango e un piede affondò fino alla caviglia. L’altra gamba sprofondò fino a metà polpaccio e lei riuscì a raggiungere il cartello. Lo tirò verso l’alto, e vide che c’era una cordicina attaccata ad esso.

Tornò a guardare Draco, che la stava osservando con un bizzarro sorriso. “Cos’è?”

“Non lo so.”

Scuotendo la testa, ritornò la sua attenzione al cartello e alla cordicina. Tirò finché la sua estremità non fuoriuscì dal fango; c’era qualcosa attaccato ad essa, ricoperto da uno spesso involucro fangoso.

“Draco, seriamente,” disse, voltandosi di nuovo verso lui.

“Aspetta,” le disse. S’era già tolto scarpe e calze, e si diresse verso di lei attraverso il fango, fino a che non si ritrovò di fianco a lei, immerso fino a quasi le ginocchia. I loro occhi erano quasi allo stesso livello.

Hermione sorrise, ma lui avrebbe potuto giurare che era nervosa. “Che stai facendo?”

Gratta e Netta,” disse, puntando la sua bacchetta verso l’oggetto attaccato in fondo alla cordicella. Hermione l’osservò, mentre il fango spariva, lasciando posto ad un anello.

Lei rimase senza fiato e lo guardò, portandosi la mano libera al volto. “Draco!”

“Hermione.”

Guardò nuovamente l’anello; era antico, con un semplice diamante incastonato tra due perle verdi. “I-Io non – cosa -”

“Lo sai che ti amo. Lascia che ti ami per sempre.”

“Stai chiedendo -”

“Sì.”

Le pupille di lei si dilatarono e ritornò ad osservare l’anello. “Io – oh, sì, certo!” disse, e si mise l’anello al dito.

Finalmente Draco sorrise e la baciò – un bacio pacato, ma intenso, una lenta esplorazione del suo sapore e di lei, come se fosse la prima volta. Qualche minuto passò – o forse un’ora – prima che si fermassero, e solo per l’assoluta necessità di respirare. Lui chinò la testa fino ad appoggiarla contro la sua fronte, e respirò profondamente.

“Dobbiamo diffondere la notizia?” sussurrò infine, quando ebbe riacquistato abbastanza calma per poter parlare.

“Harry e Ron non ci crederanno,” disse lei, annuendo.

Draco le prese una mano, asciugò il fango, e la portò sul terreno solido. “In realtà, lo sanno già.”

Hermione alzò gli occhi al cielo. “Perché non ne sono sorpresa?”

Lui ripulì entrambi, e le cinse la vita con le sue braccia. Sapeva di star sorridendo come un pazzo, ma non gliene importava. “Hai detto di sì.”

Lei gli sorrise di rimando. “L’ho fatto.”

Adesso capisci il perché?”

Lei gemette, ma stava ancora sorridendo. “Credo di sì.”

Le prese una mano e iniziarono a tornare verso la Tana.

“Fangosberla.”

Hermione lo guardò con un sorriso. “Fangoso.”

“Fangatura.”

“Fanga.”

“Fanghiglia.”

“Parafango”

“Fangaia.”

“Fango.”

“Okay, mi piace.”

“Bene.”

“Draco?”

“Hmm?”

“La amo.”

The End




Nota dell'autrice: "l'incidente" di Hermione nella pozza di fango e l'idea della bizzarra dichiarazione di Draco sono ispirati a quanto realmente accaduto a una coppia di miei amici, ora trasferitesi in Australia.

(Immancabili) Note di traduzione:

* Caramella al Limone. Nel primo capitolo di Harry Potter e la Pietra Filosofale, Silente offre alla professoressa McGranitt un ghiacciolo al limone: in realtà, sherbet lemon (o lemon drop nell’edizione americana) indica, oltre al sorbetto, anche un tipo di caramelle al limone molto diffuso nel Regno Unito.

** Chinotto. Nell’originale “Root Beer”. Con Root Beer si indicano vari tipi di bevanda, alcoliche e analcoliche, piuttosto diffuse negli Stati Uniti. A base di erbe, sono solitamente di colore scuro. Il loro gusto varia a seconda delle versioni, da quelle più simili alla birra si arriva a quelle alla liquirizia. Essendo questo tipo di bevanda ben poco diffuso in Italia, ho deciso di optare per una bevanda più facilmente riconoscibile (e dopotutto, il Chinotto fa pur sempre parte del mondo vegetale^^ XD) .


Lunga, forse noiosa, ma necessaria ulteriore nota di traduzione.

Come molti di voi sapranno il termine unico italiano "Mezzosangue" serve in realtà a indicare due termini inglesi, "Halfblood" e "Mudblood". La traduzione letterale di "Mudblood" è "Sangue Infangato" e su questa particella "mud", ovvero "fango", si gioca molta parte di questa fic.
Con mio enorme dispiacere, ho scoperto che le parole italiane che contengono la parola "fango" sono una manciata, al contrario, a quanto pare, di quelle inglesi. Non volendo assolutamente andare ad intaccare il senso principe di questa one-shot, ho così deciso di sacrificare completamente, in due interi paragrafi, una traduzione letterale a favore di una traduzione che mantenesse il significato che Floorcoaster aveva voluto dare a quelle parti. I due paragrafi in questione sono quelli in cui Draco e Hermione "conversano" a suon di parole contenenti fango. Alcune associazioni, rispetto alle parole inglesi originarie, sono totalmente arbitrarie e casuali, in altri casi, invece, esiste una motivazione (per quanto criptica e arzigogolata^^). In particolare, nel primo "blocco":
Fangatara, mio personale (e non unico, vedrete^^) neologismo. L'originale è "mudpot", ovvero solfatara. Ribellandomi alla profonda ingiustizia che una parola che inizi per "mud" in inglese debba iniziare per "solfa" in italiano, ho deciso di risolvere così il problema^^
Fanguilla, altro neologismo. In inglese era "mudeel", ovvero Macrognathus aculeatum (non per niente Draco risponde, "buona questa"^^), un tipo di anguilla.
Fangaspide
, la mia ultima aggiunta alla famiglia dei serpenti. L'originale era "mudsnake" (a cui Hermione risponde, giustamente, "tipico"^^), ovvero Farancia abacura, un tipo di serpe. La spiegazione del perché, tra tutte le razze di serpenti esistenti al mondo, la scelta sia caduta proprio sull'aspide è riservata al pubblico adulto XD (e poi suonava bene >.< )
Fangolata, un'altra mia incursione nel regno animale^^. L'originale "mudturtle" si riferisce alle tartarughe di terra, "angolata" è un tipo di tartaruga di terra della famiglia Cersina.
Nel secondo blocco, da segnalare:
Fangosberla. E' il punto in cui Draco, dopo aver ricevuto il "sì", riprende questo loro gioco. Hermione sorride e, quel sorriso, può avere un duplice significato: sia per l'aver finalmente compreso il perché di quella parola, sia il fatto che la parola scelta da Draco ("muddler", pasticcione) può ricordarle un qualcosa della loro relazione. La scelta è così caduta su una parola che, con quel "sberla", rimanda all'episodio del Prigioniero in cui Hermione schiaffeggia Draco. Vi sembrerà strano, ma non l'ho inventata io. Da dove arriva, però - ho solennemente giurato a chi me l'ha consigliata - non sarò io a rivelarlo^^
Da notare, infine, le uniche due parole la cui traduzione è letterale^^ Fanghiglia ("mudcap") e Parafango ("mudguard").

~oOo~


Se siete arrivati a leggere finqua, i miei complimenti^^
Per conlcudere - sì, faccio alla svelta, non preoccupatevi^^ - un GRAZIE enorme, enorme a Emanuela, senza cui questa traduzione sarebbe molto meno rifinita di quanto non sia ora e che sopporta me e le mie pazzie senza lamentarsi. Sei un vero tesoro, Ema! ♥
Le dedicherei questa traduzione, se il bon ton non volesse che chi si ritrova una dedica non fosse stata stressata fino all'esaurimento e oltre sul lavoro in questione^^
Ma in fondo non c'è bisogno di una dedica, perché questa traduzione è un po' anche sua.

Una dedica, però, voglio farla comunque. Ad una scrittrice fantastica, che forse mai leggerà questa righe, ma soprattutto ad una persona eccezionale, che mi ha fatto un regalo che non mi aspettavo ma che mi ha riempito di gioia. Grazie, Savannah! ♥
E un brindisi a Draco, che un matrimonio o una dichiarazione normale non sa neppure dove stiano di casa^^

Alla prossima^^
Kit
   
 
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