Il basso ed un biglietto
Patrick aprì la porta
ed entrò nella camera da letto sua e di Kat. Strinse automaticamente gli occhi
quando la luce del sole che entrava attraverso le tende aperte raggiunse i suoi
occhi. Abbassò gli occhi e rimase pietrificato. Sul letto ancora disfatto c’era
il basso che lui le aveva regalato per fare pace quell’ultimo giorno di scuola,
prima che la loro vita insieme iniziasse e, incastrato tra le corde, un foglio
di carta strappato malamente dal blocco degli appunti. Non riusciva a credere
che fosse accaduto davvero. Avanzò verso il letto trascinando i piedi e si
lasciò cadere accanto allo strumento. Rimase fermo a guardare il soffitto per
alcuni secondi, poi si raddrizzò, scosse la testa e, con le mani che tremavano,
sfilò il foglio. Lo aprì titubante.
La calligrafia
disordinata di Kat riempiva l’intero foglio, non aveva bisogno di leggere la
firma scarabocchiata a fine pagina. Sospirò profondamente ed iniziò a leggere.
« Caro
Patrick,
per
prima cosa, prima ancora che tu possa iniziare a pensare e a farti un’idea su
questa lettera, voglio dirti che mi dispiace. Mi dispiace perchè non era
programmato, mi dispiace perchè ci abbiamo (ma soprattuto tu ci HAI) provato,
ma non ha funzionato.
Non
ti ho mai nascosto di voler diventare Qualcuno, di voler fare qualcosa di
importante, ma in qualche modo tu sei riuscito a farmi cambiare idea tre anni
fa. Con questo basso mi hai convinta di riuscire ad essere felice anche solo
stando accanto a te, mi hai convinta del fatto che quella che io ritenevo
essere una vita “ordinaria”, fatta cioè di piccoli gesti, potesse diventare una
vita speciale, la mia, anzi la NOSTRA vita speciale. Non posso nasconderti che
la mia decisione di lasciare il college tre anni fa ha sconvolto quasi più me
che mio padre e mia sorella (per farti capire...) ma mi sentivo libera e felice
come non lo ero mai stata. Mi sentivo ribelle ma nel senso giusto, nel senso
buono del termine, come se mi fossi liberata da delle catene.
Inutile
poi che io ti racconti questi tre anni insieme. Sono stati magnifici! Ho imparato
ad apprezzare i piccoli gesti, ad amare ogni sfumatura del tuo carattere, a
svegliarmi con te col profumo del caffè. Ho imparato a non prendermela quando
fai lo stronzo, ad aspettarti in piedi dopo ogni litigata perchè non riuscivo a
dormire sapendo di non aver fatto pace. Ho imparato a Divertirmi, a lasciarmi
andare e a ritrovarmi con te. Ho imparato ad essere meno pedante e dura con gli
altri e con me stessa (e questo è solo merito tuo). Ho imparato di nuovo ad
arrossire ai tuoi complimenti stupidi quando magari tornavi da lavoro ed io ti
accoglievo scompigliata, con la tuta ed una teglia di pasta al forno bruciata.
E
allora ti chiederai come mai io me ne sia andata. Me ne sono andata perchè il
Paradiso cominciava a starmi stretto. Sicuramente ti sarai accorto che nell’ultimo
periodo nulla era più come prima, che io non ero più come prima... sicuramente
te ne sei accorto, perchè in questi tre anni non ti è mai sfuggito nulla, come
quella volta che avevo litigato con mio papà ma non voloevo dirtelo, anche
perchè sapevo di essere io dalla parte del torto. Ti ricordi cosa hai fatto? Io
stavo preparando una torta e tenevo gli occhi fissi sul timer per paura che si
bruciasse come le altre volte. Tu sei entrato in casa, hai buttato la giacca
sul divano e mi hai salutato. Io ti ho risposto in modo scocciato, fingendo che
il motivo fosse la torta, ma tu hai capito che doveva esserci di più, così mi
hai fatto sedere e mi hai guardato negli occhi, in silenzio. Io non ce l’ho
fatta e ti ho raccontato tutto. Morale della favola: io sono andata a telefonare
a mio papà per fare pace, mentre tu hai buttato la torta che ormai era
carbonizzata ed hai chiamato la pizzeria sotto casa. La pizza migliore della
mia vita.
A
rivivere nella mia mente questi momenti mi viene da piangere e mi chiedo se io
stia facendo la cosa giusta. Te lo ripeto, Patrick, questi tre anni con te sono
stati magnifici, ma ora sento il bisogno di qualcosa di più, qualcosa che non
posso trovare a casa. Sono sicura che tu abbia trovato le carte che ho cercato
di nascondere nell’atlante nella libreria nel soggiorno. A volte mi chiedo se
non le abbia messe in un posto così scontato proprio nella speranza che tu le
trovassi, ma ora, mentre mi accingo a partire per il Congo mentre tu sei in
ufficio, sono felice di non essere stata fermata perchè sento che il mio posto
è lì!
Bada
bene che non ho detto “sono feliche che tu non le abbia trovate”, perchè so che
le hai lette. So che le hai trovate più o meno un mese fa, visto che le ho
trovate tutte in disordine tra le pagine dell’atlente. Grazie per aver fatto
finta di niente e di non avermi fermata, questo dimostra ulteriormente che uomo
magnifico tu sia.
Prima
di lasciarti volevo farti avere questo.”
Attaccato alla fine
della lettera c’era un foglietto che Patrick conosceva fin troppo bene, ma il testo
era stato modificato. Con la manica del maglione si asciugò le lacrime che
avevano iniziato a rigargli il volto.
“Odio AMO il modo in cui parli e il modo
in cui ti tagli i capelli,
odio AMO il modo in cui guidi la mia
macchina,
odio AMO quando mi fissi.
Odio AMO
i tuoi stupidi
stivali anfibi e il modo in cui mi leggi nella mente.
Ti odio AMO
così tanto che mi fai star male, mi fai persino scrivere poesie.
Ti odio AMO
quando hai ragione.
Odio AMO
quando mi fai ridere,
odio AMO anche di più quando mi fai
piangere.
Odio AMO
quando non mi sei
attorno e il fatto che tu non mi abbia chiamato.
Ma più di tutto odio
AMO il fatto che non ti MI odio...
nemmeno quasi... nemmeno un pochino... nemmeno niente!
Ti
amerò sempre,
Kat»
Patrick si alzò dal
letto, appoggiò il foglio sul basso e, incurante delle lacrime che gli rigavano
le guance, si diresse verso il bagno.
*Angolo dell’autrice*
Se sei arrivato a leggere fin qui ho
solo una cosa da dirti: GRAZIE!
Spero ti sia piaciuta questa ff,
Fammi sapere cosa ne pensi,
Un bacione,
Stefania.