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Autore: Emily Kingston    12/12/2012    9 recensioni
“Vuoi andare a trovarla?” Domandò Nakao, guardandolo.
Otani alzò lo sguardo.
“Ma certo che no! Ha solo l’influenza. E’ che mia sorella mi ha chiesto di fare delle commissioni, e quindi….”
E quindi, esattamente dieci minuti dopo, Otani si trovava davanti a casa di Koizumi, indeciso se suonare o no il campanello.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Steal his heart

 
Otani grugnì, sentendo il fastidioso trillo della sveglia farsi strada nel silenzio, facendo a pugni con il sogno che stava facendo per farsi notare da lui.
“A-chan!” La voce di sua madre lo raggiunse poco dopo la sveglia. “A-chan! La colazione è pronta!”
Il ragazzo si stropicciò gli occhi, rigirandosi tra le coperte.
Lanciò uno sguardo all’orologio.
“A-chan, alzati o farai tardi!” Di nuovo la voce di sua madre.
Le otto e trenta.
Le otto e-
“Ahhhhhhh!” Con un grido e un fruscio di coperte, Otani balzò fuori dal letto dirigendosi in bagno in tutta fretta.
Riuscì a vestirsi a tempo di record e a mandare giù un paio di toast con la marmellata prima di catapultarsi fuori di casa senza aver neanche finito d’infilarsi le scarpe.
“Buon giorno Atsushi.”
Otani, un pezzo di toast ancora tra le labbra e una mano che aiutava la scarpa ad adattarsi al piede, alzò lo sguardo.
Mayu Kanzaki, impeccabile nella sua divisa scolastica e con un dolce sorriso stampato sulle labbra, lo osservava dalla strada, con le mani giunte in grembo.
“Bu-buongiorno Kanzaki,” balbettò il ragazzo. “Co-cosa ci fai qui?”
Kanzaki arrossì lievemente, abbassando lo sguardo.
“Oh, ehm, faccio sempre questa strada per andare a scuola e questa mattina, be’, ho pensato che non ci vedevamo da tanto tempo, così ti ho aspettato per fare un pezzo di strada insieme.”
Otani annuì, anche se non era certo di aver capito le intenzioni della ragazza. In qualunque caso, dopo che ebbe finito di mandar giù il suo toast, iniziarono a camminare uno vicino all’altra.
“Allora, come vanno le cose con il tuo ragazzo?”
A Kanzaki s’imporporarono le guance in maniera discreta.
Di solito, quando era Koizumi ad arrossire, era tutta un’esplosione di rosso e risatine. Una cosa un po’ fastidiosa, in effetti, ma in qualche modo piacevole.
Dopo qualche secondo di silenzio Kanzaki gli disse che le cose con il suo ragazzo andavano bene e che, probabilmente, avrebbero anche frequentato la stessa università.
“Che mi dici di te? La tua ragazza, Koizumi, le cose vanno bene con lei?”
Otani arrossì. Finché era lui a definire Koizumi la sua ragazza era un conto, ma quando erano gli altri a dirlo era parecchio strano, quasi come se fosse impossibile che loro due stessero insieme.
“Koizumi è insopportabile,” disse, infilandosi le mani in tasca.
Kanzaki lo guardò con sguardo confuso.
“Voglio dire, è un disastro ambulante,” continuò il ragazzo. “Senza contare che è sempre così allegra e piena d’energia.”
Kanzaki sorrise.
“Ne parli come se fossero cose brutte.”
“Al contrario,” ribatté Otani, scuotendo la testa, “per qualche assurda ragione, mi fa stare bene che sia così insopportabile.”
Continuarono a parlare del più e del meno finché, giunti davanti al cancello della scuola del ragazzo, la figura slanciata di Risa venne loro incontro.
“Sei in ritardissimo stamattina,” lo rimbeccò. “Questo è troppo perfino per te!”
Per quanto il suo tono volesse essere autoritario, Koizumi non riusciva a nascondere un sorriso.
“Ma sta’ zitta! Tu sarai arrivata cinque secondi fa!”
Koizumi si mise le mani sui fianchi, guardandolo con sfida.
“Sempre cinque secondi prima di te, Atsushi.”
Il volto di Otani divenne paonazzo e il ragazzo cominciò a sbraitare, sventolando le mani verso di lei.
“Ahhh, io ti ammazzo!” Gridò. “Giuro che un giorno di questi di faccio causa, Koizumi, e poi ci vediamo in tribunale!”
“Bene, chiamerò il mio avvocato,” ribatté la ragazza. “Preparati a perdere anche le mutande, nanetto.”
Otani assottigliò gli occhi.
“Non ci sperare, spilunguna.”
La risata cristallina e sinceramente divertita di Kanzaki interruppe il loro battibecco e Risa, per la prima volta in quei dieci minuti, sembrò accorgersi di lei.
“Scusatemi,” disse la ragazza, portando educatamente una mano davanti alle labbra, per nascondere le risate. “E’ che siete davvero molto divertenti.”
“Kanzaki, cosa ci fai qui?”
La ragazza si ricompose, arrossendo lievemente sulle guance.
“Io e Atsushi abbiamo fatto un pezzo di strada assieme,” disse e a Otani sembrò d’intravedere una piccola ombra posarsi sugli occhi di Koizumi. Ma sicuramente era stato uno scherzo della luce. “Anzi, sarà meglio che vada, altrimenti farò tardi. E’ stato un piacere rivederti Atsushi.”
Otani arrossì, sventolando la mano in segno di saluto.
“Anche per me.”
“Ciao,” facendo ciao-ciao con la mano, Kanzaki si allontanò, sparendo tra le strade affollate di Osaka.
Per qualche minuto sia Risa che Otani rimasero a sventolare le mani in direzione dell’ormai svanita figura di Kanzaki poi, senza fermarsi, Risa si voltò verso di lui.
“Quindi hai passeggiato con Kanzaki, stamattina.”
Otani annuì, continuando anch’egli a sventolare la mano.
“E-era solo una passeggiata.”
“Lo so.”
“Non c’è nulla di cui preoccuparsi.”
“Lo so.”
“Abbiamo solo-”
“Eccovi qua, gli All Hanshin Kyojin, in ritardo come al solito!”
Risa e Otani si voltarono, ritrovandosi faccia a faccia con il professore che li guardava con rimprovero.
“Filate in classe immediatamente!”
I due annuirono e, balbettando qualche inutile scusa, sparirono oltre l’ingresso dell’edificio.
 
 
Il giorno seguente Koizumi saltò le lezioni e così anche il giorno successivo e quello dopo ancora.
“Ehi Nobu,” la richiamò Otani.
Nobu e Nakao stavano per uscire dalla classe; ormai erano gli unici ad essere rimasti, tutti gli altri se n’erano già andati via, compresi Chiharu e Suzuki.
“Sai che fine ha fatto Koizumi?” Domandò, grattandosi il capo, in imbarazzo.
In un primo momento Nobu lo guardò in silenzio, poi si sporse verso di lui e lo afferrò per il bavero della maglietta.
“Ma come??! E’ la tua ragazza e tu non sai perché è stata assente per tre giorni?! Otani sei un caso disperato!” Urlò, gli occhi che lampeggiavano e i capelli che serpeggiavano in aria.
Sotto al suo sguardo assassino, Otani si fece piccolo, piccolo.
“Ma, cosa c’entro io adesso?” Pigolò.
“Tu c’entri sempre Otani! Sempre!”
“Ma-” tentò di protestare, ma fu interrotto da Nakao.
“Otani, non maltrattare la mia piccola e dolce Nobu.”
“Qui se c’è qualcuno che viene maltrattato quello sono io!”
Nobu si ricompose, lasciando la maglietta di Otani e ritornando al fianco di Nakao.
“Comunque, Risa si è buscata l’influenza e adesso è a letto con la febbre,” disse.
“Oh, ehm, credo che salterò l’allenamento per oggi.”
“Vuoi andare a trovarla?” Domandò Nakao, guardandolo.
Otani alzò lo sguardo.
“Ma certo che no! Ha solo l’influenza. E’ che mia sorella mi ha chiesto di fare delle commissioni, e quindi….”
E quindi, esattamente dieci minuti dopo, Otani si trovava davanti a casa di Koizumi, indeciso se suonare o no il campanello.
Dopo aver esitato per parecchi minuti, finalmente si decise a suonare e la madre di Risa apparve sulla soglia, accogliendolo con un sorriso.
Lo trattenne nell’ingresso per qualche minuto, chiedendogli come stava e com’era andato alla fine quel suo famoso esame.
“Risa è in camera sua,” disse, guidandolo verso la camera della ragazza. “E’ rintanata sotto il piumone da giorni, ormai. La tua visita le farà piacere.”
Quando Otani entrò in camera della ragazza, la trovò avvolta tra le coperte, con il viso nascosto tra il piumone e il cuscino e la schiena rivolta verso la porta.
“Risa, ci sono visite,” annunciò la madre.
Koizumi grugnì, sistemandosi meglio il piumone sulle spalle.
“Be’, adesso vi lascio soli,” disse la donna, avviandosi verso la porta. “Gradisci un po’ di tè?”
Otani scosse la testa e la madre di Risa si congedò con un cenno del capo.
“Come stai?” Domandò il ragazzo, facendo qualche passo all’interno della stanza.
“Bene,” grugnì Risa, la voce arrochita dall’influenza e attutita dalle coperte pesanti.
“La febbre?” Chiese di nuovo.
“E’ scesa.”
“Dì un po’ tu, ce l’hai con me per caso?!” Sbottò, puntando un dito contro l’ammasso di coperte sotto al quale era rintanata la ragazza.
Koizumi non rispose, poi, all’improvviso, lanciò lontano tutte le coperte e balzò a sedere sul letto.
“Certo che ce l’ho con te, cretino!” Disse.
Aveva i capelli tutti struffati, le guance arrossate dalla febbre e gli occhi lucidi, e indossava un ridicolo pigiamino rosa decorato con dei coniglietti bianchi.
Otani arrossì, pensando che fosse davvero bellissima.
“E cosa avrei fatto per meritarmi un così caloroso benvenuto?” Sbuffò.
“Hai fatto due passi con Kanzaki l’altra mattina, da soli. E lei è così perfetta e brava in tutto che mi fa quasi venire voglia di nascondermi dentro a un tombino quand’è in giro. Ed è stata la tua ragazza, tra le altre cose, e tu non fai altro che trattarmi come se fossi una scema. Ecco cos’hai fatto!” Sbottò, rintanandosi nuovamente sotto alle coperte.
Aveva parlato a una velocità tale che Otani aveva capito la metà di quello che gli aveva detto, ma rimase comunque sorpreso da quella sua reazione.
Non capitava spesso che Risa fosse gelosa di lui anche se, doveva ammetterlo, un lieve timore nei confronti di Kanzaki l’aveva sempre provato, anche prima che si mettessero insieme.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli e avvicinandosi al letto della ragazza.
Dopo aver esitato per qualche secondo, alzò un lembo della coperta e s’infilò nel letto, sistemandosi accanto a lei.
“Guarda un po’ cosa mi fai fare,” borbottò, sistemando il piumone fin sopra la propria testa.
Risa si voltò verso di lui, imbronciata.
“Nessuno ti ha chiesto di intrufolarti qua sotto.”
“Sì, invece,” ribatté il ragazzo. “Me l’ha chiesto il mio spirito di sopravvivenza.”
Koizumi lo guardò, inarcando le sopracciglia.
“Già è difficile scappare dalle tue grinfie quando sei normale, figurati quando sei arrabbiata che tragedia deve essere, e, be’, sono troppo giovane e simpatico per morire.”
“Soprattutto sei modesto, nano.”
Otani s’imbronciò, ma non si dette per vinto.
“Allora, cos’è questa storia che sei gelosa di Kanzaki?”
Risa arrossì, sistemando un lembo di coperta tra i loro visi, in modo da poter nascondere il rossore delle proprie guance.
“Non sono gelosa di lei, io….” sospirò, abbassando lo sguardo. “Insomma, sarebbe normale se tu preferissi una come lei a una come me. Io sono un altissimo tormento asfissiante e-”
“Ti ho mai raccontato che lo scorso Natale, Kanzaki mi ha chiesto di uscire con lei?”
Koizumi sbatté le palpebre, scuotendo il capo.
“Pe-perché non hai accettato?”
Otani arrossì, strofinando la guancia contro il cuscino.
“Be’ ecco, io…” guardò gli occhi assonati di Risa e gli sorrise il cuore. “Suppongo che sia stata colpa tua. Avevi così voglia di rubarmi il cuore che l’hai fatto prima di rendertene conto.”
Le guance di Risa si colorarono di rosso e lei iniziò a ridacchiare sommessamente.
“E smettila di ridere!” Borbottò Otani.
“Scusa.”
Con un sorriso si avvicinò a lui. “Ti voglio bene, Otani.”
Il ragazzo non disse nulla, si limitò a sporgersi un po’, quanto bastava per baciarla sulla bocca.
Solo dopo averle avvolto la vita con le braccia e aver approfondito il bacio, ricordò che Risa aveva l’influenza e che, se avessero continuato su quella linea, si sarebbe buscato la febbre anche lui.
“Ti voglio bene anch’io,” sussurrò il ragazzo. Fu un impercettibile strofinare di parole sulla sua bocca, ma Risa capì comunque.
E Otani continuò a baciarla nonostante la febbre e nonostante il pericolo che sua madre o, ancor peggio, suo padre o suo fratello, facessero irruzione nella stanza, convocando poi una riunione di famiglia per scegliere il metodo migliore per torturarlo.
La baciò ancora e ancora e ancora e s’accorse che, proprio come aveva detto a lei, nonostante la sua sbadataggine ed il suo essere insopportabile, il cuore gliel’aveva rubato già molto tempo prima. 




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Boh, cioè, ho ritrovato questa FF nel computer e loro due sono aakoajokssajsijo così ho pensato di pubblicarla :3
Fatemi sapere se ho fatto bene, và :)
Buon pomeriggio a todos,
Emily. 

*Il titolo è tratto dalla canzone Steal his heart di Emily and the Woods
   
 
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