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Autore: Sabu_chan    12/12/2012    2 recensioni
Scritta per il contest dello Slayers Again Forum "Passato dei personaggi".
In principio era il caos. Lo era veramente. Lei si sentiva sola e voleva giocare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lord of Nightmares
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Giochiamo?

 

 

 

 

 

In principio era il caos.
Diciamo che, pur essendo una frase abusata, è la migliore per descrivervi come andarono le cose.
Potevo anche evitare di guardarmi attorno, avrei perso tempo: copiosi frammenti stellari, scie luminose e sterminato nero danzavano nell'universo, come se qualcuno l'avesse preso e scosso come si fa con quelle sfere piene di neve artificiale.
C'era di tutto, e c'era niente. Ogni cosa aveva perso la sua originale destinazione, se mai ne avesse avuta una, e gli esseri viventi si contavano quante teste poteva generare un'Idra. Sopravvivevano in quell'atmosfera insolita grazie al fatto che non vivevano propriamente. Le loro funzioni vitali erano bloccate, quindi la pressione esercitata dai frammenti di astri non influiva sui loro corpi.
Facendo un calcolo approssimativo, miliardi di creature vagavano nel nulla inconsciamente, del tutto ignare di dove fossero e dove andassero, anzi proprio non gli importava. Erano involucri ben formati, ma pur sempre involucri.
Umani, animali, demoni, draghi, elfi, decine di specie di creature mostruose. Tutto ciò che la fantasia poteva scaturire si trovava lì, a guardarsi attorno senza vedere qualcosa.
Ero tra loro. Anche io vagavo senza una meta precisa in quelle lande desolanti. La mia coscienza rimaneva ben salda, forse l'unica certezza di quell'universo spaccato. Qualcosa che potrei chiamare sangue scorreva freneticamente in quelle che vorrei definire vene, sempre se il mio corpo si possa dire composto come quello di un essere umano. Eppure ne aveva la forma e le proprietà, ma con prestazioni completamente diverse.
Era il potere che mi inebriava, un fluido divino che anelava la distruzione di ciò che già era in balia di una triste e prossima fine.
In quanto a unico essere propriamente sopravvissuto, la solitudine di quella visione giocava sui miei sensi, come a volermi dire che in fondo era colpa mia.
Quale colpa, vi state chiedendo?
Non mi è permesso dare una risposta esaustiva. Troppe furono le domande a me pervenute e troppe furono quelle esaudite. Forse per questo non mi è concesso rivelare troppo, poiché proprio una risposta di troppo aveva trasformato una creazione completa in un completo caos.
Ma la colpa più grande era ancora un'altra.
Sorrisi. Trovavo buffo il levitare tra quei frammenti e corpi senza che potessero percepire la mia presenza, o meglio, era l'unico divertimento che potevo concedermi dopo la distruzione più totale.
Mi soffermai su un uomo in particolare. Gli sfiorai il viso con una mano eterea: potevo percepire la sua rabbia, il suo cinismo, la sua totale diffidenza, pur non provando alcuno di questi sentimenti. Se fosse vissuto su un pianeta e avesse incontrato altre persone, sarebbe stato ossessionato fino alla pazzia.
Gli accarezzai la guancia ed i capelli, abbandonandolo alla sua cieca e futura disperazione.
Curioso, quel gioco era divertente.
Mi spostai su una giovane donna poco distante, che ne teneva per mano un'altra. Due essenze unite da un tocco senza che potesse essere percepito o realmente voluto.
Posai le mani sui loro visi, gli occhi erano aperti ma dallo sguardo assente. L'una aveva un animo candido ma furente, l'altra uno spirito tribolato e turbolento. L'una avrebbe vissuto nel ricordo perseguendo un ideale, l'altra sarebbe fuggita dal ricordo scegliendo una nuova vita.
Spostai la mano sulle loro unite, separandole. Tutto era già stato scritto nel Grande Libro, così doveva essere.
Poco più avanti un altro uomo fluttuava con le braccia chiuse in petto. Stringeva il nulla, o forse qualcosa, un minuscolo frammento di luce.
La sua figura era solenne e protettiva. A toccargli le braccia conserte, la luce guizzò per un attimo ma il suo corpo non si mosse. Il suo futuro era segnato da numerose emozioni, tanto piacevoli quanto dolorose. Il tutto era legato a quel fulgido e vibrante lume che pareva non volersi separare da lui. Rivolsi un sorriso anche a quella creatura, sicuramente ne avrebbe fatto tesoro.
Incontrai molti altri corpi con un interessante animo e dal possibile futuro travagliato. Erano pochi a confronto delle molte altre creature dal destino pacato e monotono. Tutto ciò che vedevo in loro era l'assoluta spensieratezza e ignoranza nei confronti delle altre bestie che li circondavano. Non osai nemmeno sfiorare una di quelle creature abominevoli. Il caos ne stava corrodendo i corpi, penetrando a fondo nel loro intimo più profondo, nulla avrebbe potuto riportarli allo stato originario. Molti di questi erano addirittura diventati i fantasmi di loro stessi, corrotti sino all'ipotetico midollo. A guardare o meno nel loro futuro, non avrei visto altro che rosso cremisi.
La noia mi pervase, sostituendosi alla solitudine e alla rassegnazione.
E dire che di essenze con cui giocare ce n'era di tutti i generi, ma a parte i primi risultati fin troppi non erano di mio interesse. Non sapevo nemmeno cosa stessi cercando di preciso, un compagno di giochi forse? Eppure non ero un bambino a cui dover fornire un divertimento a tutti i costi. Non avevo sentimenti precisi, non ne ho tutt'ora.
Eppure avrei pagato a qualsiasi prezzo per un po' di svago.
Potevo schioccare le dita e voilà, uno dei corpi si sarebbe animato per intrattenermi oppure raccontarmi numerose storie. Il tempo non era certo un problema, in quel luogo, ma dialogare con una bambola vuota non sarebbe stato divertente che per qualche periodo. Dovevo assolutamente giocare, e giocare e giocare ancora. Ne avevo il pieno diritto e potere, ma senza uno slancio motivante non avrei alzato un solo dito verso ciò che mi circondava.
Il buio era silenzio.
Poi il silenzio divenne sibilo.
Sì, un fievole rumore ma fin troppo acuto per chi possedeva un buon udito. Inutile dire che il mio era sviluppato ai massimi livelli: potevo udire il canto di una sirena a miglia di distanza, come il richiamo di un disperso nel deserto dove solo vento e sabbia ululano. Avevo molte fortune, è vero, e tra queste la sfortuna di mal sopportare qualsiasi evento insistente.
Mi voltai e incontrai altro nulla cosparso di corpi, che ormai iniziavo a considerare le mie vittime. Nessuno di loro emetteva strani fischi, proseguivano il loro cammino senza meta e senza respiro, nemmeno potevano vedere la mia figura. Il silenzio tornò per un lungo istante, tale che nemmeno il muoversi lento dei frammenti astrali rilasciava il tipico struscio nell'universo.
Mi rassegnai e ripresi a scoprire le anime degli astanti. Questa volta mi imbattei in una sfera oscura, che cambiava continuamente forma in un piccolo umano, per poi tornare tonda e sfuggente. Mi avvicinai lentamente, fretta non ne avevo, sperando di coglierla durante la trasformazione umana. Avvicinai la mano ma la ritrassi immediatamente: la corruzione aveva preso il sopravvento, trasformando una creatura innocente in qualcosa di instabile e capriccioso. Alcune sue terminazioni si prolungavano con insistenza verso corpi vicini, prosciugandone ogni energia, facendo accrescere il corpo principale.
Era una presenza disgustosa. Si sarebbe espansa presto, senza riuscire ad assorbirmi ma risucchiando qualsiasi altra forma di vita. Insaziabile e disgustosa, ma capricciosa come un bambino umano senza giochi.
Proprio come mi sentivo io, del resto.
Mi allontanai da quell'essere, era inutile il mio intervento in quel momento. Fermare la crescita delle creature non era affar mio.
Non era il solo, però, a tentare di invadere l'animo dei corpi vicini. Più lontano, una grande massa mostruosa faceva incetta di essenze, incorpandole e ingigantendosi a vista d'occhio. In confronto a me, era qualcosa di terribilmente enorme e puzzava di distruzione. Un'altra cosa che detesto è l'odore acre di supremazia e orgoglio. Come minimo, quella massa avrebbe dovuto dividersi per agire nel pieno delle sue forze, o gli sarebbe sfuggito il controllo del potere, distruggendo sé stesso e ogni cosa. O forse era proprio ciò a cui avrebbe puntato in futuro.
Così tornò il suono.
Premere le mani sulle orecchie non sarebbe servito a nulla, chi è incorporeo è attraversato comunque da qualsiasi sensazione esterna, anche se voci narrano il contrario. Ero la prova vivente, l'unica attualmente, che un corpo etereo poteva detestare suoni troppo pungenti.
Questa volta lo sentii provenire dalla mia sinistra, quindi mi affrettai per verificarne la fonte. Lanciai un'ultima occhiata all'ultima massa nera: stava inglobando il corpo di un uomo dallo sguardo assente. Lo percepivo indistintamente. In un probabile futuro avrebbe fatto di tutto pur di riuscire nel suo scopo, anche ricorrere a mezzi dalle conseguenze devastanti, come se non bastasse lo stato in cui era l'universo attualmente.
Il suono, però, era decisamente più importante.
Una strana eccitazione si espanse nel mio intero animo. Qualcuno viveva, o almeno sembrava, e mi stava richiamando in modo insistente e fastidioso. Forse avrebbe giocato con me, mi avrebbe concesso un po' della sua compagnia, avremmo viaggiato assieme a scoprire i confini della galassia pur consci che non ve ne erano.
Mi feci spazio tra i detriti stellari, spostandoli con la sola imposizione delle mani. Questi mi aprirono la strada, mostrandomi l'entrata di un buco nero dentro il restante nero. Una distorsione spaziale immobile, semplicemente aperta. Nulla risucchiava né rigettava all'esterno. Esisteva senza esistere, viveva senza vita e emetteva quel suono.
La paura non è mai esistita nel mio vocabolario. Un essere qualunque, salvo i demoni, si sarebbe perso per sempre se avesse desiderato varcare quella porta sull'oblio, ma tutto ciò non toccava me, che non ero né essere vivente né demone. Feci un passo all'intero, guardai alle mie spalle, notai che il vuoto esterno era in qualche modo movimentato, mentre il vuoto interno era totalmente morto.
«Chi sei?» domandai a qualunque cosa stesse sibilando. Non mi aspettavo una risposta, ma la desideravo ardentemente, sempre che chiunque fosse potesse stabilire un contatto con me.
Come sospettavo, regnava il silenzio riguardo la mia domanda e proseguiva il suono, che diventava via via più acuto. Potevo addentrarmi senza pericolo ancora più a fondo e così feci. Camminai nel niente per un tempo di cui non tenevo il conto, osservando un paesaggio di completo vuoto. La noia sembrava essersi quietata grazie a quel curioso espediente, ma ciò non toglieva che la pazienza stava venendo meno.
Mi bastava un cenno, un solo cenno.
Alzai il dito indice e lo puntai davanti a me. Richiamai il potere che albergava nel mio essere, tracciando un cerchio invisibile. «Mostrati.» mormorai, concludendo il gesto aprendo l'intera mano, facendo ora pulsare la forma tracciata di un accecante bianco.
Qualcosa si mostrò. Qualcuno.
Rannicchiata in sé stessa, con le braccia a circondare le gambe e le ginocchia al petto, quella figura femminile pareva più la forma antropomorfa di un uovo non ancora dischiuso che quella di una ragazzina. Emetteva ancora quel sibilo fastidioso, ora più forte che mai considerata la sua vicinanza.
Sorrisi entusiasta. «Giochiamo?» dissi in un filo di voce, ponendole una mano sulla testa dai capelli fluttuanti.
Il suono cessò immediatamente.
Mi ritrassi. Non riuscivo a percepire nulla. Il mio corpo non era pervaso dalla scossa tipica che davano gli altri corpi, trasmettendomi i loro caratteri, le loro intenzioni e i loro destini. Quella figura non emetteva assolutamente niente. Era una bambola.
Un involucro vuoto.
Come potevo giocare con una scatola senza giochi all'interno?
Riprovai a toccarla, accarezzandole il viso, le spalle, le braccia, ogni singolo centimetro del suo essere. Una volta e un'altra ancora. Non avevo mai incontrato un corpo senza essenza prima di allora, a meno che non l'avessi svuotato personalmente. In quel caso, era naturalmente vuoto.
Frustrata e amareggiata, abbandonai quella ragazza e mi diressi verso l'uscita. Mi sentivo presa in giro, derisa da nessuno se non da me stessa. Avevo inseguito un suono come si fa con una farfalla in un campo, dimenticandomi che prima o poi l'avrei persa di vista o non sarebbe stata così tanto fuori dal comune. Dovevo assolutamente trovare un altro svago, forse tornare ai primi corpi analizzati, si, quelli avevano tutta l'aria di essere ottimi burattini. Potevo cambiare le regole del Grande Libro e mettere mano sulle loro storie, inventarne di nuove, mescolare gli avvenimenti tra più creature.
Poi, il suono.
Prima di varcare la porta sullo spazio esterno, mi voltai ancora una volta. Quella figura, in parte in ombra e in parte illuminata dal residuo del mio potere, crepitava e pulsava.
Convinta che stava tentando di richiamare la mia attenzione e intanto voleva prendersi gioco di me, decisi di tornare. L'avrei punita, sarebbe scomparsa dall'universo, si sarebbe pentita di fare la sfuggente e al tempo stesso serbare per sé il proprio animo. A me doveva l'esistenza, a me sarebbe tornata.
A pochi centimetri da lei, mi piegai e la osservai meglio in volto. I suoi occhi erano chiusi e non aveva alcuna espressione, semplicemente stava immobile. Inutile. Un insensato spreco di spazio privo di energia. Avevo davvero creato tutto questo? Avevo perso tempo nell'ideare un involucro vuoto che suonava tristi vibrazioni?
«Fammi vedere ancora una volta cosa sei.» e nel dirlo le toccai la fronte. Per l'ennesima, ultima volta, stabilii un contatto metafisico con lei.
Quindi ricordai.
In principio era il caos.
E nel caos c'ero io, solo io.
Io ero il Caos.
Non era un bel vedere e non c'era nulla da fare. Non conoscevo la ragione della mia esistenza né la cercavo. Un solo bisogno si faceva spazio nel grande Mare ed era quello di trovare una compagna di giochi.
All'epoca potevo essere definita una bambina, stando alle fasi umane. Una mocciosa arrogante che voleva giocare a costruire un mondo, un universo. Così feci, divertendomi come con dei mattoncini e fango colorato a dare vita a una, dieci, mille, miliardi di creature e luoghi.
Dopo aver deciso la loro locazione, li toccai uno ad uno, regalandogli una coscienza. Erano spaesati, ignari ma terribilmente curiosi. Come lo ero io al tempo, che li osservavo nell'ombra, che li manovravo a piacimento per creare la storia della buonanotte che più mi confaceva.
Tra loro, vi erano appunto delle creature malvagie. Non sarebbe stato divertente ometterle. Ovviamente queste ultime non erano compatibili con la maggior parte delle altre esistenze e viceversa. Si fecero la guerra. Si distrussero gli uni con gli altri. Improvvisamente il gioco non era più divertente.
Alcune creature invocarono un nome. Ne invocarono altri mille diversi, tutti rivolti a una sola entità. E diedi loro volentieri le risposte che cercavano, rassicurandoli, promettendogli serenità. Li ingannai per ingenuità e divertimento, sperando di rinnovare la mia sete di gioia. Il gioco della guerra proseguì nonostante questo e, spaventata dalla ferocia che albergava in molti degli esseri, decisi di porre fine a tutto.
Passò diverso tempo da allora. La mia coscienza si era addormentata, concedendomi un riposo non del tutto meritato, lasciando maturare il mio intero spirito. Con lo scorrere delle epoche, anche il mio corpo assunse una forma più riconoscibile, molto simile a quella degli umani che avevo usato come pedine.
In tutto questo, avevo dimenticato la mia prima creazione.
Ero incerta del suo funzionamento e destino, volevo semplicemente provare a vedere cosa sarebbe successo. Infusi parte del mio potere in una creatura di foggia femminile, senza pensare a donarle una personalità e una storia. Doveva servirmi solo da prototipo per il resto della sua specie, eppure le trasmisi gran parte del mio infinito potere per testare la sua resistenza.
Poi la abbandonai, interessata alla costruzione di tutti gli altri esseri viventi. La misi da parte, come si fa con un pupazzo usato in soffitta che non sortisce più l'effetto ludico su un bambino ormai cresciuto.
Quella bambina non aveva mai smesso di desiderare di giocare.
Sorrisi alla mia creatura, avvolgendola in un caldo abbraccio. Percepii una leggera vibrazione, il sibilo cessò ma fu sostituito immediatamente da uno scintillio dorato. Il corpo era ora caldo, con quel Potere saettante al suo interno.
«Tu sei parte di me.» bisbigliai al suo orecchio, trattenendola sempre nella stretta delle mie braccia. Una sorella, no, una figlia, ecco cos'era. L'avrei seguita ad ogni passo, in ogni luogo, ad ogni incontro. Non potevo più permettermi di abbandonare l'essere più vicino a me di qualunque altra creazione nell'universo. Dovevo donarle qualcosa. Dovevo donarmi qualcosa.
Riportai allo stato primordiale tutto ciò che avevo costruito, sacrificando parte del mio potere. I mondi e i suoi abitanti erano tornati al loro stato iniziale, ma ne avevo cancellato i ricordi e gli avevo donato qualcosa di molto più interessante.
La libertà di scelta.
Ne seguirono altre guerre in cui non misi piede, come altrettanti momenti di felicità per tutte le creature viventi. Gli esseri maligni, che avevano inglobato la potenza oscura, fecero più volte le loro mosse ardite ma furono contrastati da altre forze benevole. Sarebbe continuato così all'infinito? Del resto, essere liberi di scegliere significava anche far crescere un ego e con esso le decisioni più disparate.
Per quanto riguardava la mia creatura preferita, invece, decisi di mandarla nel mondo molto più tardi rispetto agli altri. Doveva svilupparsi e seguire la sua strada, andare incontro a sfide inimmaginabili e inconte fidati compagni, sotto il velo protettivo della sua creatrice originale.
Ancora oggi mi chiedo perchè non avevo pensato sin da subito a quel gioco divertente.
Quella ragazza è la mia migliore creazione, la sola ed unica in grado di richiamare il mio potere a piacimento. Lina Inverse non è conscia di cosa è accaduto al principio del mondo, o almeno non lo è totalmente. Va bene così, in fondo.
E, parlando di me, continuo ad osservare il mondo in cui l'ho posta, provando un brivido di piacere ad immaginare cosa accadrà nella sua avventura successiva.
Pochi degli esseri da me creati hanno un vago ricordo della mia figura. Mi hanno soprannominata la Madre di tutte le cose, il Caos primordiale, Colei che ha creato il mare dell'oscurità.
Ma tra i tanti appellativi affibiatomi, quello che preferisco è sicuramente il Signore degli Incubi.
Lord of Nightmare.
 

   
 
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