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Autore: bulmasanzo    16/12/2012    4 recensioni
Immaginiamo che Gojyo sia un dongiovanni che non si preoccupa della sua condotta sessuale poco igienica... Che succederebbe se si beccasse una orribile malattia?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sha Gojio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nell'arco di tutta la sua intera vita, il mezzo kappa Sha Gojyo aveva conosciuto una quantità pressoché infinita di giovani donne.
E, se gli si presentava l'occasione, non esitava mai ad approfondire la loro conoscenza anche fra le candide lenzuola di seta di un letto.
Gojyo non aveva gusti particolarmente raffinati.
La pelle poteva essere bianca, rossa, gialla o nera.
I capelli biondi, rossi, bruni, castani o blu, non faceva differenza.
Ma le sue donne le sceglieva sempre tutte bellissime, un gusto particolare aveva per quelle alte, magre e con un seno prosperoso.
Ma alla fine tutto si riduceva a un'unica caratteristica comune: che fossero capaci di scaldargli il letto.
Mai il cuore, solo il letto. Era più che sufficiente.
L'amore non era tra i suoi obiettivi e illudersi che per lui potesse esistere era da stupidi.
Gojyo non aveva mai usato precauzioni.
Riteneva stupido e imbarazzante coprire il proprio sesso con un guanto di lattice puzzolente.
Essendo un mezzo demone era un ibrido, un incrocio, e come tutti gli incroci era sterile.
O, per lo meno, era questo che lui diceva alle ragazze che si rivelavano un po' restie a praticare sesso non protetto.
In realtà non era convinto nemmeno lui di questo, ma ci credeva o ci voleva credere, era profondamente conscio che le certezze assolute non esistono.
In genere non si preoccupava della prospettiva che un dì una delle sue innumerevoli partners potesse risbucare fuori dal passato con un neonato in braccio urlando che era suo figlio.
Quando però gli capitava di pensarci, si diceva che se mai fosse successo, semplicemente sarebbe fuggito lontano dalla sua presunta famiglia.
Nessuno poteva mettergli il guinzaglio al collo.
Nessuno lo avrebbe costretto a sposarsi, trovare un lavoro per mantenere la moglie e il bambino.
Non avrebbe mai cambiato un pannolino in tutta la sua vita.
Tuttavia, Gojyo non s'era mai fermato a rifletterci troppo su, ma le sue preoccupazioni avrebbero dovuto essere altre.
La paura che una di quelle favolose e disponibili dee potessero nascondere nel loro corpo un male terribile non lo sfiorava quasi mai. E comunque, pensava, se mai avessero dovuto esserci di questi problemi, la ragazza che sperava di entrare nelle sue grazie di sicuro lo avrebbe avvisato del pericolo di contagio, si diceva.
Ma non considerava la possibilità che questa ipotetica ragazza potesse non essere consapevole della propria malattia oppure che immaginasse che se lo avesse avvisato non sarebbe mai stata con lui.
Così, una sera, Gojyo iniziò a sentire dei fastidi alle sue parti basse.
All'inizio non capì, ma poi si manifestarono dei sintomi orribili.
Non riusciva più ad andare in bagno e quando succedeva perdeva sangue.
I suoi compagni di viaggio lo videro correre a chiudersi in bagno e sul viso poterono scorgere un'espressione ferocemente terrorizzata.
Quando la sera ne uscì, aveva la faccia più bianca di quella di un cadavere.
Il rosso acceso dei capelli spiccava su quella pelle scolorita come i toni brillanti di un quadro fiammingo.
L'espressione che aveva sul viso era di puro orrore, di disgusto e di incredulità.
Hakkai si avvicinò con circospezione all'amico temendo seriamente per la sua salute.
Accennò a un “Come stai?” e il rosso si scosse violentemente come se gli avessero appena dato una botta in testa. I suoi occhi sia allargarono paurosamente mentre farfugliava qualcosa di incomprensibile.
Hakkai tese l'orecchio e assottigliò gli occhi. “Come?” chiese.
Gojyo spalancò la bocca e cacciò un grido orrendo e Hakkai dovette chiudersi le orecchie con le mani.
“Ho lo scolo” riuscì a boccheggiare alla fine con un tremendo sforzo.
Dopodiché i suoi occhi si rivoltarono dentro le orbite e crollò sul pavimento privo di coscienza.
 
“Ho lo scolo” ripeteva “Lo scolo! Sono dannato per tutta la mia vita. Sono finito!”
E levava in alto le mani a maledire il cielo per quel tragico destino, piangendo addolorato.
Un fragoroso applauso si diffuse dalla platea accompagnato da grida festose e meravigliate.
Gojyo si erse in tutta la sua statura e si profuse in ringraziamenti lanciando rose bianche sul pubblico estasiato dalla sua interpretazione.
Finché qualcuno non gli diede uno schiaffo così violento da farlo bruscamente tornare in sé.
 
“Purtroppo non sei morto, stupido kappa, sei solo un irresponsabile che gioca con le cose serie.”
Gojyo si sollevò da terra e fissò istupidito il bonzo che lo fulminava con lo sguardo accorgendosi che tutti i suoi compagni erano lì con lui e lo circondavano.
Tre facce completamente diverse. Una preoccupatissima e sconvolta, una con un sorriso pungentemente fasullo e una incazzata nera.
Hakkai lo aiutò a rialzarsi e poi sentenziò che doveva immediatamente portarlo da un medico per accertamenti. Alla parola medico il mezzo demone tentò la fuga.
Odiava i dottori e odiava gli ospedali, così come odiava qualunque cosa potesse rovinare la sua convinzione di essere perfetto e perfettamente in salute.
Si aggrappò alla maniglia della porta gridando che nessun diavolo di dottore si sarebbe mai e poi mai avvicinato al suo corpo.
Vedendo la sua scarsa collaborazione, il viso di Hakkai si oscurò per un attimo.
Una mano lo afferrò bruscamente per i capelli.
Mollò la presa per il dolore e si ritrovò a venir trascinato contro la sua volontà strusciando per terra a raccogliere la polvere.
Prima di sparire dietro la porta, poté scorgere chiaramente il ghigno malefico di Sanzo.
 
Il dottore aveva un viso gentile ma per nulla rassicurante. Era anziano ed esperto.
Come sentì la descrizione dei suoi sintomi una ruga di apprensione si disegnò in mezzo agli occhi e si volle informare subito sulle abitudini sessuali del suo paziente. Cosa che sarebbe risultata un pochino imbarazzante per chiunque, ma non per Gojyo. Per lui era un vanto.
Spiegando quello che gli piaceva fare di solito, la faccia del povero dottore, dapprima impassibile, andò gradatamente diventando blu, quel poveretto stava per sentirsi male.
“Ora si sdrai” lo invitò mostrandogli una poltrona “Faremo una visita”
Gojyo non si mosse. Aveva deciso che se i suoi sospetti fossero stati confermati si sarebbe suicidato.
Ancora una volta fu Hakkai a prenderlo di peso e trascinarlo nella poltrona.
Il medico si voltò e mostrò un oggetto dall'aspetto inquietante, una specie di lunga pinza che agli occhi del rosso diventò una motosega imbrattata di sangue umano.
Gojyo impallidì e stavolta anche i capelli gli diventarono bianchi.
Il medico scosse la testa. “Al contrario” disse.
Mentre gli occhi del mezzo demone raggiungevano le dimensioni di un pallone da calcio, Hakkai lo costrinse a voltarsi a pancia sotto e quando iniziò a dimenarsi lo tenne fermo.
Ma quando il dottore introdusse la pinza Gojyo urlò, un urlo da far tremare tutto lo studio medico.
“Stia buono” si spazientì il medico “Altrimenti se la tirerà su...”
Questa prospettiva lo fece paralizzare di colpo.
Strinse i denti mentre calde lacrime gli bagnavano le guance. Che umiliazione!
Quando il dottore ebbe finito ed estrasse il terrificante strumento, si tolse i guanti e si andò a sedere. Presa una penna, iniziò a scrivere la ricetta.
“In effetti si tratta di Gonorrea” stava dicendo il medico. Hakkai si preoccupò, ma venne rassicurato.
“Non è grave, basterà una cura di antibiotici. Ma finché non sarà completamente guarito...”
Gojyo si stava rialzando i pantaloni e si bloccò a metà con la zip mezza abbassata.
“...deve smetterla con la sua... condotta poco igienica... Niente più sesso, altrimenti contagerà quelle povere figliole. Anzi, è stato fortunato a non prendersi qualcosa di più serio.” il suo sguardo era di puro disgusto, era chiaro che non approvava la condotta del kappa.
“Non si rovini con le sue mani” concluse con una frase piuttosto ambigua.
Ma ormai la mente di Gojyo era andata, si era fermata a “niente più sesso”, aveva attraversato lo specchio e vedeva le stelline sbrilluccicose che ballavano la quadriglia con le aragostine e un condor svolazzante che fumava la pipa e diceva che se volevi asciugarti dovevi girare in tondo...
Porse il foglietto a Hakkai che lo ringraziò per la sua lungimiranza e la sua disponibilità.
Il ragazzo si voltò a guardare Gojyo, ma lui sembrava sparito.
In realtà era caduto dalla poltrona.
“Ma che ci fai lì a terra?” domandò con un sorriso pungente “Forza, ringrazia il dottore e andiamo via.”
Il kappa non dava segno alcuno di averlo udito.
Aveva lo sguardo fisso nel vuoto e nella sua testa rimbombavano le parole del medico.
Niente più sesso.
Niente più sesso...
 
Lo riportò alla locanda praticamente tenendolo in braccio e lo buttò sul divano.
Poi gli preparò premurosamente una tisana e gliela porse.
Gojyo prese la tazza fumante con un gesto meccanico, senza guardarla e senza ascoltare quello che gli diceva Hakkai.
La disgrazia era incombente sulla sua testa come una spada di Damocle.
Si guardò l'inguine pensando che doveva stare a riposo per chissà quanto tempo, poi guardò la tazza e vide il suo riflesso in quel liquido scuro.
Si sentiva male, credeva che da un momento all'altro sarebbe dovuto precipitare in un baratro di oscura disperazione. Camminava sull'orlo e tirava sassi guardandoli poi rotolare fino in fondo ma non osava seguirli.
Se gli avessero tolto l'unica ragione della sua vita cosa gli sarebbe rimasto?
A che sarebbe servito essere proprietario della sua 'radice' se non poteva più usarla?
Non poteva sopportarlo.
Il suo fu un gesto disperato.
Con gli occhi fuori dalle orbite, si rovesciò il liquido bollente sul cavallo dei pantaloni.
L'urlo di sorpresa di Hakkai fu nulla in confronto al suo di dolore, mentre il suo sesso si ustionava.
Quel gesto assurdo però lo aveva fatto tornare in sé.
Balzò su dal divano e iniziò a saltellare spasmodicamente per tutta la stanza.
“Cazzo, cazzo, cazzo.” ripeteva “Mi sono bruciato le palle. Sono pazzo!”
E lanciava infinite imprecazioni e piangeva come una fontana, da spezzare il cuore.
Poi, senza badare che nella stanza fosse presente un altro uomo, si sfilò con furia i pantaloni e strillò con una vocetta acuta, stridula, innaturale come quella della bambina dell'Esorcista posseduta dal demonio, che aveva un impellente bisogno di un'enorme quantità di ghiaccio.
Hakkai, nonostante fosse decisamente sconcertato dalle tendenze autolesionistiche del suo amico quanto dal fatto che si fosse appena denudato come San Francesco proprio davanti a lui, dimostrò la calma e la pazienza di uno stoico correndo a saccheggiare il frigorifero.
In quella la porta si aprì e fece capolino una testolina color cioccolato tutta scarmigliata.
Prima che avesse il tempo di proferir verbo, Gojyo lo afferrò per un braccio e lo tirò furiosamente dentro la stanza chiudendo subito dopo la porta.
La povera scimmietta si sentiva confusa, era venuta lì per il semplicissimo motivo che sentendo quelle urla disumane s'era un po' spaventata, ma entrata nella camera era finita a terra!
Borbottò contrariata qualcosa del genere che non capiva che diavolo stesse succedendo e che voleva che qualcuno si degnasse di dirglielo, ma Gojyo si mordeva le dita come Lino Banfi e continuava a rotolarsi per terra come se la sola camicia che portava avesse preso fuoco ma non si sognava nemmeno per sbaglio di rispondergli.
Sopraggiunse allora Hakkai che aveva in mano una confezione di spinaci surgelati.
Agli sguardi interrogativi si giustificò dicendo “Non ho trovato nient'altro” e poi gliela spiaccicò in mezzo alle gambe.
 
Sembrava che tutta la sua vita avesse deciso di passargli di fronte.
Vide Dokugakuji e sua madre, vide la sua prima donna e poi tutte le altre che gli si affollavano davanti agli occhi spintonandosi e tirandosi i capelli per prendere il posto della prima. Urlanti. Arrapate. Pazze.
Si lanciò su di loro come un cantante rock si lancia dal palco sui suoi fan e venne trasportato di peso da quella massa adorante che aveva occhi solo per lui.
Allora si sentì felice, in pace con il mondo, come se avesse raggiunto la propria idea trascendente del Nirvana e la sua anima purificata era uno specchio luminoso in cui tutto si rifletteva, tutto gli restituiva la sua immagine e tutto era meraviglioso, la più alta concezione di felicità che riusciva a immaginare.
Finché le donne si resero conto che la sua 'radice' non era più desiderabile come un tempo e cambiarono immediatamente atteggiamento. Si trasfigurarono sotto ai suoi occhi. Divennero belve mostruose assetate di sesso che ormai lui non poteva più dare a nessuno.
Fluenti e morbidi capelli si staccavano dai crani e cadevano lasciandoli lisci e nudi come palle da biliardo. I bei visi imbellettati si scioglievano come burro. Le orbite sparavano letteralmente fuori le palle degli occhi rimanendo orrendamente vuote.
Questi mostri lo ghermirono da tutte le parti e lo inchiodarono a terra nonostante si dibattesse come una povera bestia impazzita.
Ma poi una di loro, la più orrenda, la più deforme, si chinò su di lui e lo baciò.
 
Due labbra per nulla morbide, per nulla femminili erano gentilmente appoggiate sulle sue.
Qualcuno gli soffiava di prepotenza atomi di ossigeno puro fin dentro i polmoni.
Pian piano Gojyo riaprì gli occhi e focalizzò la persona che lo aveva appena rianimato. Era Hakkai.
Rimase un tantinello disgustato dal pensiero che le loro labbra si erano incontrate, e stava per pulirsele con il braccio ma poi pensò che avrebbero potuto essere labbra di scimmia o, peggio, di bonzo, perciò lasciò perdere.
Gli restò perciò attaccato addosso un odore virile e -non l'avrebbe mai detto!- vagamente sensuale.
A parte loro due, la camera era vuota, la scimmia doveva essere uscita durante quel suo ennesimo deliquio.
"L'ho mandato in farmacia a prenderti l'antibiotico" gli spiegò Hakkai notando che lo cercava con lo sguardo.
"Addio alla segretezza." si sconsolò il rosso "Dirà a Sanzo quello che ho fatto..."
"Non lo farà perché gli ho chiesto io di non farlo."
Hakkai sorrideva, un sorriso troppo divertito e imbarazzato per essere fasullo.
Diavolo, era morto dalle risate!
Gojyo pensò che il vero motivo per cui Hakkai aveva mandato via Goku era che non voleva che vedesse il modo in cui aveva dovuto rianimarlo.
Si figurò nella mente la faccia stravolta della scimmietta che urlava al farmacista che il suo compagno di viaggio era mezzo morto e che gli serviva la penicillina per salvargli la vita...
Che poi Goku lo sapeva cosa fosse la penicillina? Boh...
Si batté la mano sulla fronte per il troppo lavoro che avevano svolto i suoi neuroni.
Hakkai lo fece risistemare sul divano e usò tante di quelle attenzioni che alla fine Gojyo dovette pregarlo per essere lasciato solo.
Ricominciavano i fastidi e non aveva intenzione di dare ulteriormente spettacolo di sé perciò lo spinse dolcemente fuori e, quando tentò di replicare, gli premette un dito sulle labbra e gli disse a bassa voce di andare e di star tranquillo.
Il fatto era che quando Hakkai gli dimostrava tante premure lui si sentiva come un bambino piccolo da accudire e non ne era molto felice. Inoltre, sarà stato per l'effetto della sua malattia, sarà stata l'agitazione causata dal divieto che gli aveva imposto il medico, ma il suo amico cominciava a sembrargli bellissimo e tenerissimo tanto che si era spaventato e aveva sentito il bisogno di farlo uscire, farlo sparire dalla sua vista, prima che potesse venirgli l'impulso di violentarlo lì e di trasmettergli lo scolo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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spazio autrice
questa è una mia vecchissima storia che ho scelto di ripubblicare su questo sito. Se vi è piaciuta, ma anche se NON vi è piaciuta, scrivetemelo in un commento. Intanto, ringrazio chiunque l'abbia letta.
Storia scritta non a scopo di lucro. I personaggi qui presentati sono di proprietà della mangaka Kazuya Minekura.
  
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