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Autore: fanniex    16/12/2012    2 recensioni
Terzo episodio della serie Francesca&Jared, ovvero “Riusciranno i nostri eroi a condividere lo stesso minuscolo spazio di pianeta per un tempo superiore a soltanto qualche effimero minuto?” ... ... ...
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Good Things Come to Those Who Wait'
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Terzo episodio della serie Francesca&Jared, ovvero “Riusciranno i nostri eroi a condividere lo stesso minuscolo spazio di pianeta per un tempo superiore a soltanto qualche effimero minuto?”
Preciso che questa OS non ha origine da nessuna delle “facezie” che solitamente escono dalle labbra argute, sottili, delicate, invitanti … ok! La smetto … di Jared Leto, ma è quasi ispirata all’estro creativo di un autore che ha segnato la mia infanzia, O. Henry! Spero di non aver svelato troppo le mie intenzione. Se così fosse, non badateci e proseguite.

Ringrazio tutti quelli che hanno perso il loro tempo leggendo le mie precedenti avventure, e un po’ di più chi ha anche voluto commentare, e mi auguro che non decidano di smettere proprio adesso! (In particolare, enormi THANX a romy. Sai già quanto io lo apprezzi!)

Disclaimer: per l’ennesima volta, sono obbligata a precisare che, a malincuore, non possiedo alcun diritto su Jared Leto.  … A tal proposito, mi sorge spontanea una domanda: Ma se dovessi offenderlo seriamente, verrebbe direttamente lui a consegnarmi la citazione in giudizio? Perché se è così, provvedo subito!!!!

Kisses!
 

♫♫♫♫♫♫♫

 
 
Jared aveva appena ritirato la sua valigia dal nastro bagagli e si stava incamminando verso l’uscita dell’aeroporto quando il suo Blackberry cominciò a squillare. Controllò il display e un sorriso si affacciò sul suo viso piuttosto tirato.

“Ehi! Ti stavo giusto pensando.” Disse con quella sua voce bassa e calda, con cui era in grado di sedare qualunque agitazione più di un autotreno carico di lexotan. “Non sapevo che avessi poteri di chiaroveggenza!”

La voce dall’altro capo del telefono ridacchiò piano, senza rispondere. Si era preparata un bel discorso di saluto, ma, per la prima volta da che si erano conosciuti, lui l’aveva presa in contropiede.

“Che cosa stai facendo? Sei a lavoro?” Continuò lui.

“Sì! Sono in giro … per lavoro.” Confermò Francesca, ritrovando finalmente la parola. “Ciao Jared! … Spero di non aver interrotto niente di importante! … Non eri in uno dei tuoi momenti creativi? … Oppure ‘ricreativi’?” Alludendo a una delle attività extra preferite da Jay. “Perché se così fosse, sei autorizzato a mandarmi a quel paese!”

Non si era accorto di essersi seduto su un sedile di una delle sale d’attesa. Aveva una certa fretta ma non aveva proprio voglia di interrompere quella chiamata troppo presto.

“Sono in giro anch’io … Da solo! … Se è questo quello che volevi sapere.”

“No! La cosa non m’interessa particolarmente.” Scherzò lei. “Dimmi un po’, come va la tua piccola pausa dal tour? Ti stai rilassando?”

Jared diede una lunga occhiata intorno a sé. Migliaia di persone facevano avanti e indietro, trascinando valigie, cimentandosi in saluti strappalacrime o correndo per non perdere il volo. Animato come un gigantesco formicaio, quell’aeroporto, uno dei più grandi del mondo, non dava assolutamente l’idea di un posto rilassante.

“Più o meno!” Le rispose. Si rialzò tornando a dirigersi verso l’uscita. Sentire la sua voce lo stava rendendo ancora più impaziente.

“Be’! … Almeno sei a casa tua. Non sei contento?” Una piccola esitazione nella voce di Francesca. “Fra quanti giorni riprenderete il tour promozionale?”

“Cinque!” Quasi sbuffò, mentre glielo diceva. “La prima data è a Philadelphia!”

“Mmmhh! Cheesecake! … Buona!”

Jared non poté fare a meno di sorridere. “Te ne spedirò una.”

“Ci conto!”

“Mi dispiace non esserci visti, l’ultima volta che sono stato a Londra!” Lo disse allontanando subito dopo il cellulare dalla bocca, perché lei non lo sentisse ridere.

“Ehi! Non è stata colpa tua se tuo fratello è stato male.”

Già! Infatti, per il mini tour europeo si erano fermati a Londra solo per una notte e, proprio quella notte, Shannon si era messo in testa di reinterpretare per intero la scena della possessione dell’Esorcista. Vomitando come un pazzo!

“Mi piace immaginarti nelle vesti di baby sitter. Devi essere stato così dolce!” Lo stava chiaramente prendendo in giro, ma ormai era abituato al suo modo di fare. Anzi era una delle cose che lo faceva impazzire di più.

“Ti prometto che ci rifaremo! … Presto!” Prima di quanto immagini, pensò.

“Sstt! Sapessi quante volte ho sentito promesse del genere … voi uomini non m’incantate più … tante parole e pochi fatti!” La sentì ridere allegramente. Dio, quanto adorava quella risata.

“Mi sembra di averteli dimostrati … i fatti! Ricordi l’ultima volta che ci siamo visti?” Era durata solo una notte ed erano trascorsi ormai più di due mesi. Ma era stato bello. Forse anche troppo bello. Per un’infinità di ragioni.

“Vagamente! … Aspetta, tu sei?” Avrebbe mai smesso di prendersi gioco di lui?

“Scema! Non fai ridere!” La sgridò, ovviamente, ridendo.

“Infatti, lo sento. … Jay?”

“Sì!”

“Ora devo andare. Ci sentiamo più tardi, ok?”

“Ok! A dopo!”

“A dopo!” Ripeté Francesca. Sorridendo per quanto sarebbe stato vicino quel dopo.

Finalmente, Jared uscì dall’aeroporto. Salì su un taxi, dirigendosi verso la città. Poteva già vedere Londra in lontananza, e il suo traffico caoticamente ordinato. Londra e il cuore pulsante della civiltà moderna. Londra e gli occhi profondi di Francesca.
 

◊◊◊

Francesca ripose il suo cellulare nella borsa appoggiata vicino al bordo del lavandino, tornando per un attimo a fissarsi nello specchio davanti a lei. Si guardava, ma con la mente aveva cominciato a viaggiare indietro nel tempo. Destinazione: quella famosa sera di due mesi prima. Eccome se si ricordava!
 

Era tornata a casa, più o meno verso l’una di notte, dopo aver trascorso la serata al Milord, con George e due finanziatori del suo film. E aveva trovato Jared ad aspettarla, davanti al suo portone. Si erano imbattuti l’uno nell’altra solo qualche ora prima, quando lei aveva invaso la privacy della sua auto, a Leicester Square, cercando riparo dall’orda di fan di Justin Bieber.
Ora lui era lì! Con ancora indosso il suo abito scuro delle occasioni formali. Seduto sul gradone del marciapiede. Una scossa elettrica aveva immediatamente percorso la spina dorsale di Francesca, per intero, forse per la sorpresa, forse per la felicità.

“Mi hai dato tu il tuo indirizzo, … 303 Walcot Road, interno 7, … sbaglio?” Iniziò Jared, intercettando il suo sguardo stupito. Era ovvio che non si aspettasse di ritrovarselo sotto casa la sera stessa. D’altra parte lui era nato per sbalordire le persone!

Erano ancora a circa un metro di distanza, ma Francesca era come bloccata. Non riusciva a muovere nemmeno un muscolo.

“Ok! … Ma … non pensavo che …” Non c’era un senso compiuto nelle parole che le uscivano dalla bocca. Né nella sua testa.

“Non ho una memoria di ferro!” Continuò Jared, sentendosi padrone della situazione. Con lei era la prima volta che gli capitava. “Avevo paura di dimenticarmelo.”

Francesca scoppiò a ridere, liberandosi di colpo dalla tensione. “Tu! L’uomo che ha inventato la frase ‘Toglietemi Tutto Ma Non il Blackberry’! …” Lo disse mimando il gesto di scrivere tipico di quel telefonino. “… Non sapevo che avessi ancora bisogno di carta e penna.”

Jared sorrise, sbuffando e alzando gli occhi al cielo. Avrebbe dovuto dare un taglio a tutta questa storia del suo amore feticista verso il  suo Blackberry.

“Come è andata la cena?” Le domandò, una volta che Francesca ebbe finito di ridere. Gli si era avvicinata di qualche passo, ma rimaneva sempre lì, in piedi davanti a lui.

“Piuttosto bene!” Rispose soddisfatta. “Credo che riusciremo a distribuire il film, forse prima dell’inverno.”

“Ottimo! George sarà al settimo cielo?” Non gliene fregava niente di George, ma la buona educazione gli imponeva almeno quel tantino di convenevoli.

Francesca annuì. “E la tua serata?” Vide l’espressione sul suo volto trasfigurarsi in una smorfia di sofferenza. “È stata così terribile?”

“Credo di non riuscire più a sopportare queste stronzate! … Non mi sono mai sentito più idiota di così!”

Lei frugò nella sua piccola borsetta alla ricerca delle chiavi di casa e, trovatele, porse una mano a Jared, per invitarlo ad entrare.

“Vieni! Saliamo da me!”

Jared fissò intensamente quella mano, piccola e rosa, desiderando ardentemente di afferrarla e seguirla dovunque volesse portarlo. Ma non si mosse.

“Ti va se parliamo ancora un po’?” Le domandò, sottovoce.

Era una richiesta ben strana, considerando le labbra dalle quali era uscita. “Certo! Ma possiamo farlo anche in casa.”

Jared spalancò i suoi già enormi occhioni e increspò le labbra in un sorrisetto malizioso. “Se vengo su da te, non penso che avrò ancora tanta voglia di parlare!”

Francesca lo squadrò da capo a piedi. Non si capacitava di come mai non le fosse ancora sceso nessun rivolo di bava dalla bocca. Sì! Aveva decisamente ragione. Se fossero stati soli, nel suo appartamento, a quell’ora di notte, e con i freni inibitori che l’avevano già abbandonata, anche lei avrebbe voluto fare tutto fuorché parlare.
Gli si sedette accanto, sul marciapiede, prendendolo sottobraccio. Jared rimase piacevolmente colpito dalla sua reazione e appoggiò la testa sulla spalla della ragazza, abbassandosi un po’. Finalmente cominciava a sentirsi più rilassato.

“Che c’è che non va, Jay?”

Era la prima volta che utilizzava il suo nomignolo. Ma in effetti non erano stati mai così in intimità prima.

“Mi sento completamente inutile!” Le confessò, sussurrandolo, quasi come le stesse svelando un terribile segreto. “So che fingere fa parte del mio lavoro … ma sono così stanco … di tutto. Perché non posso semplicemente fare quello che mi piace. Quello in cui sono veramente bravo. E lasciar perdere tutto il resto. … E invece no! Sono obbligato a fare questo e a sorridere a quello e a partecipare a stronzate come quella di stasera. È chiedere troppo voler vivere la vita a modo mio? Mi sembra di vivere un incubo che facevo spesso quando ero più giovane. Mi trovo nel bel mezzo di un terremoto, e tutto intorno a me sta crollando e io urlo e cerco di mettermi in salvo … ma sono solo … completamente solo!” La guardò negli occhi per un momento. “Non so se riesci a capire cosa intendo!”

Francesca fece cenno di no con la testa, sorridendogli dolcemente. “Forse dovresti parlarne con il tuo analista.”
Gli rispose, strappando anche a lui un sorriso. Riappoggiò la testa sulla sua spalla, mentre lei aveva preso ad accarezzagli piano il braccio che teneva ancora stretto.


“Jared?”

“Mmmhh!”

“Non è così complicato volerti bene, sai? … Dovresti provarci ogni tanto!”

Jared si stupì per quelle parole, ma non mosse nemmeno un muscolo. Erano così piacevoli le sue coccole che avrebbe potuto rimanere lì anche per ore.

“Che intendi dire?”

“Che forse dovresti chiederti perché lo fai? … Perché ti sottoponi a tutto questo se non ti piace?” Continuò Francesca, parlando con un tono di voce quasi impercettibile. “Non dovresti farlo per ottenere il rispetto o l’amore degli altri! O perché sei convinto che la gente si aspetti questo da te. Dovresti farlo solo per te stesso. … Chi ti ama, lo farà sempre, qualunque cosa tu decida di fare della tua vita.”

Jared strinse forte la mano di lei e se la portò alle labbra, baciandola delicatamente. Non si era reso conto di quanto avesse bisogno di sentirsi dire quelle parole, fin tanto che lei non le aveva pronunciate. Tornò a guardarla e questa volta non si trattenne dal baciarla sulle labbra.

“Non credo di aver bisogno di un analista, se ci sei tu!”

“Aspetta a dirlo finché non avrai visto la mia parcella.”

Jared rise, finalmente. Ora sì che si sentiva meglio. Si alzò dal marciapiede, porgendo la mano a Francesca per aiutarla a tirarsi su.

“Spero che il tuo invito a vedere il tuo appartamento sia ancora valido?” Ancora quel sorrisetto malizioso.

Certo che era ancora valido! Aveva voglia di scherzare?
 

“Mi scusi, signorina! Funziona il suo dispenser del sapone?”

La voce rauca e catarrosa di una grassa signora che si stava lavando le mani di fianco a lei, riportò Francesca alla realtà. Annuì alla signora e, senza aggiungere altro, si spostò al lavandino vicino per lasciarle lo spazio necessario per utilizzare il dispenser. Tirò fuori nuovamente il cellulare dalla borsa per controllare l’ora. Rise ripensando al fatto che non aveva mai commesso una cazzata così enorme, in tutta la sua vita. Sì, non disdegnava di comportarsi in modo non troppo ortodosso, più che altro per un frustrante desiderio di non omologazione. Ma, nonostante questo, era sempre stata una persona abbastanza quadrata. Con un equilibrio psichico decisamente solido. Che cazzo ci faceva lì, allora? La risposta era ovvia. Quella notte!
 

Una volta dentro l’appartamento di Francesca i loro vestiti avevano resistito non più di un paio di minuti, come entrambi avevano previsto. D’altra parte, quei preliminari erano durati circa sei mesi. Da Guinness dei Record! E, come è notorio, l’ansia toglie spazio alla lucidità, perciò, benché i loro corpi sapessero perfettamente e istintivamente cosa fare, le loro menti furono offuscate da una caotica e obnubilante nebbiolina che li avvolse trascinandoli in un’altra dimensione.

“Che cosa hai da sorridere?” Le chiese Jared, mentre la teneva stretta a sé, sotto il  morbido lenzuolo che li avvolgeva, incapace come lei di addormentarsi.

“Hai un pelo bianco?” Indicò con la punta del dito un pelo dell’incipiente barbetta sulla sua guancia, solleticandolo leggermente.

“La mia autostima ti ringrazia per avermelo fatto notare!” Replicò lui, sarcastico.

“Un buon analista deve sempre far specchiare un paziente davanti ai propri difetti.”

Gli piaceva il tocco delle sue dita sul suo viso. Il calore delle sue mani era tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi. C’era qualcosa di ancestrale in lei, nella sua essenza, che andava al di là della sua persona. È come quando respiri un odore particolare, o assapori un gusto particolare, e immediatamente vieni travolto da una sensazione famigliare di benessere. E ti senti meglio, quasi felice!

“Devo dedurre che hai deciso di accettarmi come paziente?” Le sussurrò, continuando a bearsi del suo solletico.

Francesca interruppe il suo divertimento, girandosi sulla schiena e appoggiandosi sui gomiti, per tornare a guardarlo negli occhi. “Assolutamente no!” Rispose perentoria.

Jared allora si voltò su un fianco verso di lei, portandosi un braccio sotto la testa. Non era stupito da quella reazione, aveva ormai capito che non sarebbe mai stata troppo seria con lui.

“Perché?” Le domandò innocentemente, pregustandosi già la sua risposta.

“Principalmente per tre ragioni. Numero uno: non sono affatto una psicologa!”

Lui rise di gusto. “Sul serio?” Era ovvio che non aveva mai creduto che fosse davvero una psicologa produttrice di documentari. “Be’, non mi importa tanto se non hai una laurea in psicologia. Non faccio tanto il difficile … in questi casi.”

“Numero due: io vivo a Londra e tu chissà dove in giro per il mondo. Sarebbe molto complicato programmare delle sedute regolari. E, credimi, tu avresti bisogno di aiuto serio e costante.”

“Esiste sempre il telefono!” Ribatté Jared. “Numero tre?”

Francesca si ridistese sul fianco, entrando nella zona allarme rosso delle onde magnetiche del corpo di Jared.

“Numero tre: va contro ogni deontologia professionale andare a letto con un paziente!”


Jared la ghermì con il braccio libero, trascinandola sopra di se, impetuoso e soave allo stesso tempo, facendola aderire completamente alla sua pelle e forse non solo. “Ok!” Le bisbigliò tra i capelli. “Al terzo tentativo mi hai convinto! … Forse mi conviene cercami un altro analista.”
 

Si ricontrollò nuovamente allo specchio. Poteva quasi rimirarsi per intero per quanto era grande e luminoso quello specchio. In fondo, era piuttosto logico, considerato il numero di star che probabilmente se ne servivano abitualmente. Scosse la testa, sorridendo per la stronzata che aveva appena pensato. Era lì da appena pochi minuti e già aveva cominciato a smettere di ragionare come una persona normale.
Afferrò la borsa, sistemandosi come meglio poteva e uscì dalla toelette. La luce abbacinante del sole californiano inondava senza tregua i corridoi del LAX, e Francesca, che detestava il caldo, forse più di ogni altra cosa, si maledisse, presagendo quale torrida temperatura l’avrebbe accolta fuori da quell’aeroporto. Los Angeles e le sue highway senza fine. Los Angeles e le sue palme, inerpicate verso il cielo. Los Angeles e gli occhi indescrivibili di Jared.
 
 
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Morale della storia: Se la gente intelligente di solito detesta le sorprese, ci sarà un motivo! Una sana organizzazione è l'unico modo per evitare di viaggiare per migliaia di miglia e ritrovarsi comunque dalla parte sbagliata del mondo!

Nota Finale: Non l’ho dichiarato prima ma il titolo si ispira all’omonimo film di Spielberg, con DiCaprio e Hanks. … Il perche? Boh! Forse per la caccia … forse per gli aeroporti … forse perché sono fusa come una candela di cera …
   
 
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