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Autore: hithisisfrollah    16/12/2012    2 recensioni
"Imparò a suonare il piano, perché le avevano detto che la musica fa sembrare il cielo più vicino."
storia capitata in mezzo ai neuroni dopo tanto (troppo) ozio. ancora non so se gli aggiornamenti saranno puntuali, se sarà lunga, se sarà romantica o piena d'odio. per ora è personale, è poco dialogata. ah, c'entra molto la musica, sì.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

 

E il piede schiantò proprio in mezzo alla pozzanghera, ma correndo non se ne accorse.
Era un’altra giornata di pioggia, in un altro inverno che non era pronta ad affrontare.
Certe mattine correva fino all’imbocco della superstrada, senza trovare la stanchezza appostata dietro l’angolo. Fendeva il traffico di corpi sui marciapiedi, lacerando le distanze a colpi di suole consumate.
Certe sere, invece, si stendeva sul tetto di casa dei suoi vicini e guardava il cielo.
Anche s’era nuvoloso, anche se le stelle l’accecavano.

Amava la solitudine, amava ritrovarsi in pensieri senzatetto come lei, amava il rumore della pioggia e dei battiti del cuore ascoltato in silenzio. Le persone che conosceva parlavano troppo e, rispetto a loro, lei era vista come una neonata o una stupida. “Una selvaggia”, disse una volta la preside della sua scuola. 
C’erano giorni in cui non le andava neanche di passare dalla porta per entrare a casa, attraversava il giardino sul retro, s’arrampicava fino alla sua finestra e l’apriva. I suoi genitori s’arresero quando, il giorno del suo dodicesimo compleanno, scomparve. Ritornò dopo tre giorni, coi vestiti sporchi d’erba e fango.  Su sulle colline le stelle quasi le rapisci al cielo.
Si può dire che il suo unico amico fosse lui, il cielo.
A scuola aveva ottimi voti solo in astronomia. Sapeva cantarti tutti i nomi delle costellazioni, delle lune di Giove e dei satelliti di Saturno. Una volta alla settimana organizzava una gara di corsa con la Luna. Aveva visto tutte le albe della sua vita.
E poi espresse il desiderio di poter catturare una stella.
Imparò a suonare il piano, perché le avevano detto che la musica fa sembrare il cielo più vicino.
Passavano gli anni e il desiderio s’ingigantiva, al passo con il mistero della vita che, ogni ora di più, le stritolava le gambe.
A sedici anni sapeva suonare tutto ciò che un maestro avrebbe potuto insegnarle, così iniziò a comporre. Sentiva che grazie al piano avrebbe realizzato il suo desiderio. Ma ora lo concepiva diversamente. Non era più la mera bramosia di una ragazzina innamorata delle distanze luminose.
Nota dopo nota aveva cambiato aspetto, era cresciuto con lei.
Adesso sentiva che il suo posto nel mondo era su un palco.
Lì, dove tutti avrebbero dovuto alzare gli occhi per guardarla, proprio come aveva sempre fatto lei con i suoi astri. Magari avrebbe brillato di più lassù in una sola ora che in tutto il resto della sua vita, si diceva.
E lasciò andare le corse verso il tramonto oltre le colline, lasciò i tetti spigolosi e umidicci, lasciò l’universo a risolversi da solo. Restò coi piedi incollati ai pedali del suo piano. Restò con gli occhi chiusi ad un passo dal buco nero. 






heilà, salve c: prima di tutto, grazie infinite per aver letto. 
di solito non sono una di quelle che lasciano messaggi alla fine dei capitoli, perché non so mai che dire e
divento noiosa, ma in questo caso ci voleva.
questa storia sarà qualcosa di importante per me, lo sento.
magari non è quella giusta, ma non sono capace di scrivere cose troppo personali, troppo identiche alla mia vita.
tutto sembra ingigantito, poi.
quindi, vi sarei grata per sempre se mi faceste sapere che ne pensate. se per voi è un'idea da seguire. le vostre impressioni, insomma.
sarebbe bello c:
grazie mille a tutti quanti hanno letto, indistintamente.
alla prossima,
frollah. 
  
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