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Autore: Valkyr    17/12/2012    0 recensioni
La mia vita sembrava monotona, ma poi ci fu quel giorno che sconvolse tutto. Quel giorno incontrandoti non solo conobbi te, ma anche me stessa. In mezzo a quella folla incontrai il mare dei tuoi occhi e nulla rimase com'era.
Storia incentrata su un'ipotetica vita vicino a Corey Taylor, il mio cantante preferito in assoluto :) spero che vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.

Tutte le storie iniziano con un quando, un dove, un perchè, e anche un come. Questa semplicemente iniziò, senza bisogno di spiegazioni, e mi prese totalmente alla sprovvista.
Ogni protagonista è una persona forte, decisa e dalle mille qualità. Io non lo ero. Ero una persona come tante altre, forse meno di tante altre.

Grazie a te potei scoprire che non era così. Quel giorno oltre a te, conobbi me stessa.

 

15 dicembre 1990

Quella fredda mattina uscii dal dormitorio per andare a scuola, come ogni monotono giorno della mia monotona vita. Mi sedetti alla fermata e guardando l'orologio constatai che era ancora presto: odiavo quei momenti vuoti che si colmavano di riflessione, preferivo non fermarmi mai e trovare mille scuse ed impegni per non pensare a me stessa. Arrivò un ragazzo alla fermata, e quando intravidi dei riccioli biondi alzai lo sguardo per non incrociare il suo. Guardai il cielo ancora scuro e capii che l'attesa quel giorno sarebbe stata ancora più lunga.
Quando l'autobus arrivò mi scossi dai miei pensieri e salii di corsa: se avessi perso quello me ne sarei potuta benissimo tornare al dormitorio, dato che era l'unico che passava nel corso di tutta la mattinata. Era una vera fortuna che non dovessi affrontare una fredda camminata invernale a quell'ora, e lo era anche per i responsabili che avrebbero dovuto rispondere al ritrovamente del mio corpo ghiacciato nel bel mezzo del tragitto.

Quando l'autobus prese una buca così grande da farci balzare tutti pensai: Che qualcuno mi salvi! pregando un qualche dio, da qualche parte. Evidentemente lui mi sentì.

 

All'uscita di scuola tutto sembrava normale, persino il freddo pungente che mi accolse a braccia aperte: considerato che era l'unico abbraccio sincero che mi veniva donato, lo mandai a quel paese a mezza voce. In mezzo alla folla, cercando di ignorare tutti quei corpi accalcati e infreddoliti, ognuno coinvolto in una tempesta di emozioni diverse, mi incamminai mettendo gli auricolari dell'mp3 alle orecchie, coprendomi le mani con la giacca pesante e sistemandomi la sciarpa di lana in modo che il mio viso fosse protetto e nascosto quanto possibile. Che pensare oggi? A cosa farei se vivessi alle Hawaii? Sicuramente non sopporterei il caldo. Eppure vedere un bel mare azzurro sarebbe davvero rilassante.. e fu ciò che vidi, svoltato l'angolo. Non cascai in mare aperto come si può pensare, tantomeno uno tsunami mi assalì: tuttavia l'effetto che ebbe fu quello, se non più potente. Alla fermata un ragazzo camminava su e giù irrequieto, e incontrò il mio sguardo nel momento più vulnerabile, proprio quello esatto, in cui girai l'angolo. Una scintilla brillò nei suoi occhi azzurri come il cielo e il mare in quei giorni irreali in cui acquisiscono un colore unico e il mondo sembra essere fatto di pace e perfezione: strano, come potevo immaginare una cosa che non avevo mai visto, in più suonava quasi assurdo, anzi probabilmente lo era. Inizialmente lo ignorai pensando si rivolgesse a qualcun altro, ma quando insistette mi tolsi un auricolare e mi fermai proprio davanti a lui, cercando di far apparire quanto meno stupita la mia espressione. "Tu sei la ragazza che stamani era alla fermata!" mi disse con un leggero accento straniero e una vivacità estremamente vivace, l'unico modo per descriverlo era quello, e detto ciò notai i lunghi riccioli e capii. "A che ore passa l'autobus? Sai, quello per il dormitorio vicino alla ferm..."

"Hei calmati ricciolo. Sì lo conosco, ci abito. Aspetta pure se vuoi prendere quello delle nove di stasera. A presto!" Scuotendo leggermente la testa inizia a allontanarmi, ma quel ragazzo davvero troppo vivace non mi permise neppure la fuga. "Dici sul serio? E come dovrei tornare a casa adesso? Non mi dire.. a piedi? Ma è lontanissimo da qui! Non che io sia uno sfaticato, sai, ho un gran bel fisico, vuoi controllare?, però non è un piano entusiasmante per il mio primo giorno qua... forse potrei..." Tentai nuovamente la fuga, ma dovetti arrendermi subito. "Mi dispiace per i tuoi delicati piedini ma è l'unico modo a meno che tu sappia volare." Si mise sull'attenti e con uno sguardo parodicamente fiero disse "Signora, il mio nome è Corey Taylor! Mi sono appena trasferito qua e non so niente! Ho mille qualità e poteri speciali, ma l'abilità di volo è il mio punto debole e..." Lo interruppi per la millesima volta "Se la smetti di parlare come una radio ti mostro la strada ok?" Come risposta annuì cercando di rimanere serio, serissimo, ma un sorriso presto gli balenò sul viso: mi voltai e procedetti rimettendo l'auricolare, coprendo con la sciarpa un lieve sorriso che stava per spuntare sulla mia faccia. Lui mi seguì tranquillo senza più parlare come gli avevo detto, ed arrivammo a casa dopo un incredibile viaggio mistico avvolto nel silenzio: nessuno dei due parlò, ma quel silenzio era carico di qualcosa che forse solo oggi saprei definire. Forse però non seppe mai che quel giorno spensi l'mp3 in attesa di qualcosa. Non mi ero mai chiesta se fosse vero che alcune vittime non sentano il rumore, non certo ignorabile, di una macchina che si schianta contro di loro, ma ora capisco che alcune cose hanno un rumore così forte che non è possibile sentirlo con le proprie orecchie, ma va aperto il proprio cuore per poterlo percepire. Solo che allora non sapevo ancora che ne fossi capace.

  
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