Fumetti/Cartoni americani > Adventure Time
Ricorda la storia  |      
Autore: YamaTheShepherd    18/12/2012    2 recensioni
[Marshall Lee x Principe Gumball]
Ne aveva parlato con Gumball, o meglio, glielo aveva detto. Gli aveva detto che non andava più bene. Che non gli piaceva quella situazione, anche se erano stati loro due a crearla.
Chissà perché si aspettava che il diretto interessato riuscisse ad aiutarlo, ma probabilmente non aveva neanche prestato molta attenzione a quello che gli diceva.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
- Questa storia fa parte della serie 'Ripensamenti'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note dell'autrice:
Prima di quanto mi aspettassi torno a pubblicare su queste adorabile coppia. Ho scritto abbastanza velocemente, ma sono più soddisfatta del solito, spero di non deludere con questa oneshot, anzi che piaccia più di quella specie di prologo di qualche giorno fa. E in proposito alla storia precedente mi sento di informare eventuali nuovi lettori che questa vi è chiaramente collegata.
Buona lettura

P.S.
Non sopporto assolutamente il nome italiano del Principe Gumball quindi userò quello originale.


Chiarezza
 

Il cielo iniziava a schiarirsi, a tingersi di colori caldi e luminosi. I primi raggi del sole si avventuravano tra le fronde degli alberi, ravvivandone il verde e facendo risplendere la rugiada. I filini d'erba si ingiallivano a poco a poco illuminati da quella luce che lentamente diventava sempre più vivida.
Il pizzicolio sulla pelle appena esposta alla luce naturale lo fece ritornare con i piedi per terra, ricordandogli quanto gli facesse male il sole senza un'adeguata protezione.
Ritornava a casa, godendo di quel pacifico silenzio che precedeva una nuova giornata, assaporando ogni centimetro di quella natura che lentamente si risvegliava, senza prestare troppa attenzione alla strada, tanto la conosceva a memoria.
Tornava dal Castello di Dolcelandia, dove non molto tempo prima era andato a trovare il Principe Gumball, per informarlo di alcune cose che, si era reso conto, non gli andavano molto a genio.
Cosa gli era preso quella sera? Perché si era comportato così?
Quella parte di lui, confusa da quella serie di sensazioni che lo sconbussolavano facendolo sentire stupido, se lo chiedeva. La cosa che gli dava più fastidio non era rendersi conto di essere così emotivo, lo era sempre stato e lo sapeva bene, bensì che di mezzo a tutto questo ci fosse Lui. Sentiva di non essere in grado di sopportare ancora per molto, ora era solamente fastiodioso, ma dopo? Come sarebbe stato dopo? Doveva trovare una soluzione, doveva capire il perché.
Ne aveva parlato con Gumball, o meglio, glielo aveva detto. Gli aveva detto che non andava più bene. Che non gli piaceva quella situazione, anche se erano stati loro due a crearla.
Chissà perché si aspettava che il diretto interessato riuscisse ad aiutarlo, ma probabilmente non aveva neanche prestato molta attenzione a quello che gli diceva.
Tanto Marshall non conta nulla, no?
Sapeva di non star simpatico al Principe, era questo il motivo per cui non lo sopportava, e quello che era successo poche ore prima era la prova che doveva affrontare da solo i suoi problemi. Ma per quanto ci pensasse, per quanto tentasse di darsi delle spiegazioni, non riusciva a trovare una risposta.
Perché ora gli importava così tanto di quel Principe? Perché dopo tutti quei giorni passati a farsi dispetti come ragazzini dichiarandosi guerra l'un l'altro, e non prima?
Non lo odiava, non lo aveva mai odiato, ma continuava a sentire nei suoi confronti quel fastidio dovuto al modo in cui lo evitava o lo attaccava senza motivazioni, eppure c'era qualcosaltro. Qualcosa che non provava pensando a nessun altro, né a Fionna e a Cake, né a sua madre e neanche alla sua ex-ragazza. Qualcosa che rendeva Gumball una persona speciale.
Arrivato a casa salì direttamente in camera sua, sdraiandosi a mezz'aria sopra al letto, imitando quello che per altri esseri viventi era una prassi necessaria, ma che per lui non era altro che un'azione inutile -visto che non aveva bisogno di un letto per dormire-, che però lo faceva sentire bene.
Socchiuse gli occhi cercando di scacciare via i pensieri che lo avevano tormentato per tutto il giorno, voleva dormire. Sperava che il riposo assorbisse tutto facendolo tornare, al risveglio, il solito Marshall.

Ma non fu così. Passò qualche giorno e quella sensazione fastidiosa rimaneva, facendolo diventare più irritabile del solito. Se i suoi scatti d'ira prima andavano presi in modo scherzoso perché altro non erano che burle, ora bisognava stare ben attenti a quello che gli si diceva, per non rischiare di finire male.
Aveva più di mille anni e ancora non riusciva a dare un nome a quello che sentiva, e la cosa lo mandava su tutte le furie. Si sentiva come un adolescente alle prese con le crisi esistenziali di quegli anni. Ma ne erano passati di secoli da allora, sperava di averla superata quella fase.
Ad accompagnare quelle giornate solitarie, in cui Marshall non aveva intenzione di uscire di casa, risparmiandosi altri fastidi e cercando un rimedio a tutto quello, c'era il suo basso. Lo lasciava di rado, pizzicando sulle corde d'acciaio delle melodie che gli saltavano in mente sul momento. Sparsi sopra al letto, i fogli pentagrammati su cui trascriveva note e accordi, come il suo prezioso diario pieno di parole scarabocchiate, cancellate e riscritte, alla ricerca di un testo perfetto.
Esprimersi attraverso la musica era la cosa che gli riusciva meglio.
La musica è l'estensione della mia anima.
Lo pensava ma non lo avrebbe mai detto a nessuno, se ne vergognava, tanto quanto si vergognava di farsi vedere in quello stato.
Ogni tanto gli tornava quella sua solita voglia di viaggiare, che lo aveva spinto ad eplorare Paesi esotici e dimenticati dagli abitanti di Ooo. Così accompagnato solamente al suo diario e qualcosa con cui scrivere, si avventurava in posti desolati in cui non c'era anima che potesse disturbare il fluire dei suoi pensieri. Lì lasciava correre libera la sua mente, cercando di allontanare le preoccupazioni e ritrovare quel poco di pace.

Completata la canzone la registò, com'era solito fare. Aveva prestato particolare attenzione ad ogni minimo passaggio, dalla scrittura delle prime battute al montaggio finale, e fu così che terminò, probabilmente, uno dei pezzi più importanti della sua vita. Intriso di tutti quei sentimenti che per giorni lo avevano isolato dal mondo, conteneva una parte di se che ancora non era riuscito a comprendere.
Sdraiatosi sul letto, si mise sulle orecchie un paio di cuffione e si poggiò il mangianastri sul petto, pronto per riascoltare la sua opera completa.
In quel momento si ritrovò ad avere una visione esterna della cosa. Quelle parole, pronunciate dalla sua voce, erano peggio di una botta in testa. Chiarivano ciò che fino ad allora era stata una densa nube di fumo e confusione. Districati i nodi e dissolto il grigiume era tutto più limpido. E proprio per questo, allo stesso tempo, lo graffiavano e lo ferivano, sbattendogli in faccia tutto quello che non era riuscito a vedere fino a quel momento e che faceva ancora più male dell'ignoranza.
Aveva complicato la situazione, più di quanto già non fosse. Dimenticare e rimuovere una cosa di cui si è consci è più difficile di sopprimere qualcosa che non si comprende. E quelle erano cose che non poteva accettare. Non con quel Principe.
Ignorò la lacrima scesa lungo la sua guancia pallida, e si tolse le cuffie, lasciando l'apparecchio sul letto e dirigendosi verso l'armadio a muro. Ne tirò fuori una scatola di scarpe che poggiò sulla sua scrivania. Strappò le pagine del diario con il testo della canzone e le ripose all'interno di essa, vi mise anche lo spartito e la registrazione. Tornò nell'armadio e la nascose bene tra altre scatole e vecchi panni arrotolati.
«Mi spiace non potervi portare con me» disse tra se e se con un velo di soddisfazione, ma dal suo volto non traspariva che tristezza. Era triste perché sarebbe si sarebbe sentito ancora più solo nel conservare quel segreto. Si ripromise che mai e poi mai il Principe ne sarebbe venuto a conoscenza, come nessun altro essere vivente. Ma doveva ammettere di sentirsi meglio. Chiarire sulla confusione che lo aveva storidito per tutto quel tempo era stato un sollievo.
Sospirò guardando le ante chiuse. Ancora una volta si chiese perché proprio Gumball.
Poi bussarono alla porta. Dal piano inferiore gli inconfondibili schiamazzi di Fionna e Cake riportarono il sorriso sulle sue labbra. Non era poi tanto sicuro di voler dimenticare, però doveva farlo, per il suo bene. Ma non aveva più la forza per continuare a sbattere la testa su questa faccenda, ora voleva solamente rifugiarsi nell'amicizia di una ragazzina strampalata e della sua gatta. Aveva tempo per pensare a sistemare la situazione. Sicuramente quella cotta non sarebbe passata presto.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Adventure Time / Vai alla pagina dell'autore: YamaTheShepherd