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Autore: Selene K    20/12/2012    5 recensioni
“Vai su letto a dormire, Gildar.”
“Gilder, ancora non hai imparato a pronunciarlo bene?” (...)
“Ma mi piace sai? Come lo dici…Gildar non fare questo! Gildar! Non credo che permetterei ad altri di chiamarmi così e con quel tono…”
Sacha lo guardò, lasciando le sue braccia e alzandosi in piedi. Si sentiva il viso caldo, era forse arrossito?
“Farnetichi?”
Gilder rise e Sacha, suo malgrado, lo trovò affascinante.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: L’orgoglio di Sacha
Autore: Selene K
Fandom: Teahouse
Parsonaggi: Gilder/Sacha Edorovka
Generi: Slice of life, Introspettivo, Fluff (abbastanza XD)
Avvertimenti: Shonen-ai, Lime.
Rating: Giallo
Note:
Questa coppia è del tutto campata in aria, nata da una illustrazione delle EmiRain e la sola idea mi stuzzica, per tutta una serie di ragioni. Precisazione: Sacha è russo, quando pensa o parla da sé lo fa in russo quindi lo fa bene e quando invece parla in inglese è parecchio sgrammaticato. Tutto questo lo rende adorabile.


L’orgoglio di Sacha


Aprì prima l’occhio azzurro e poi quello verde, infastidito dalla luce che entrava dalla finestra. Si alzò, poggiando con leggerezza i piedi sul parquet rovinato della locanda, avvicinandosi alle imposte per chiuderle, così da evitare che la luce del lampione entrasse ancora. Si passò le dita tra i capelli chiari tornando a letto. Gilder russava come un orso – quale era – sdraiato sul letto addossato alla parete. Se ne stava mezzo nudo e con una mano sull’addome che si alzava e abbassava lentamente.
Solo la sera prima avevano ucciso un ricco passante e come prima cosa Gilder aveva messo da parte dei soldi per sprecarli poi in un bordello in cui, oltre tutto, era già stato. Solo per rivedere quel tizio dai capelli rosa e il viso da donna.
Sacha si sedette sullo scomodo letto, appoggiando le mani sul materasso, lanciando un’occhiata al suo furetto bianco che dormiva ancora tranquillo vicino al cuscino.
Era da qualche tempo, precisamente dal giorno in cui erano arrivati a Ivore, che nutriva una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Da quando Gilder era andato a svagarsi al Teahouse non era più riuscito a dormire tranquillamente; forse era stato vederlo con quel tizio che lui chiamava Linneus, dal viso bello come una fanciulla e il corpo così sottile da rendere quasi impossibile capirne il sesso. Era stato molto sorpreso di scoprire che quel Linneus era un maschio. Di solito Gilder si svagava con una o più prostitute, donne però, gli piacevano di vari tipi, specialmente con dei bei visi, minute, spesso gli era capitato di vederle uscire dalla stanza. Agli occhi di Sacha quelle donne parevano più portatrici ambulanti di malattie veneree, come probabilmente era Gilder.
“Che scocciatura”, sussurrò nella sua lingua natia, il russo. “Ora si è impuntato che vuole tornare lì, a trovare Linneus, e chi lo schioda più?”
Tornò a stendersi, cercando di non svegliare il piccolo Mouse, sperando di dormire e fare sogni tranquilli. O non farne proprio.

Svegliandosi non trovò, come al solito, Gilder nel suo letto. Tirò un pugno sul materasso, imprecando nella sua lingua almeno un centinaio di volte, lanciando anche qualche bestemmia a denti serrati mentre usciva dalla locanda per andare a cercarlo. Era possibile che quello stupido si fosse alzato di notte per le sue disgustose scorribande lasciandolo solo? E se invece gli fosse successo qualcosa? Non era la prima volta che rischiava di soffocare nel suo vomito. Lo trovò nel pub di fronte alla locanda, con il viso appoggiando sul bancone di legno, mentre russava ubriaco. Alle dieci del mattino.
“Gildar!”, esclamò svegliandolo con uno spavento, e per fortuna c’erano solo loro due nel pub o avrebbe fatto venire un infarto ad altra gente. “Gildar! Ubriaco di mattina? Peggioriamo?”
“Oh, piccoletto: io volevo solo mangiarmi delle uova per colazione ma poi l’oste mi ha fatto assaggiare la sua birra…
“Puzzi. Torniamo in locanda. Lavati.”

Dovette portare Gilder in spalla quasi – ed essendo alto la metà di lui fu difficoltoso – fino alla camera dove lo lasciò cadere a terra, togliendosi il cappotto.
“Ah! Gildar! Puzzi come sudicio cane bagnato! Fatti un bagno!”
“La smetti di urlare? Mi scoppia la testa…”
“Questo perché tu, idiota, non reggi alcool così bene come vorresti. E finisci quindi riverso in tuo vomito ogni volta.”
Gilder alzò gli occhi azzurri sul piccolo russo che, seduto sul letto, si stava togliendo gli stivali per tornare a riposare.
“Va bene, va bene, vado a lavarmi. Quando sei di cattivo umore fai davvero paura, mezza tacca!”

“Ancora ubriaco, Gildar?”
Era l’ennesima volta che il suo collaboratore assassino si ritrovava con la testa infilata quasi per intero nella latrina del bagno.
“Io no…non…”, ci pensò un attimo prima di formulare la frase. “Capire o capisco. Perché tu bevi tanto?! Per poi stare male.”
“Oh, piccolo Sacha”, Gilder sollevò la testa dalla latrina e afferrò la salvietta che l’altro gli porgeva con estranea gentilezza. “La tua voce è così irritante quando il cervello pare esploderti nel cranio. Quanti soldi ci sono rimasti?”
Sacha sospirò, incrociando le braccia sul petto, sapendo benissimo dove l’altro volesse andare a parare.
“Abbastanza per tua puttana.”
Senza neanche attendere una risposta si spostò nella camera da letto, afferrando il suo adorato furetto e sedendosi sul letto vicino alla finestra.
Perché Gilder era ossessionato da una prostituta? Maschio per giunta. Non lo aveva mai visto impazzire per nessuna, andava a puttane e poi tornava alla base come se niente fosse, come se non avesse fatto altro che una normale uscita o commissione.
Osservò il suo riflesso nella finestra: lui non era poi tanto brutto, a guardarsi bene. Sì, non aveva i lineamenti delicati come quel tizio, anzi i suoi erano decisamente affilati, tanto da dargli un’espressione perennemente corrucciata, arrabbiata. Lasciò andare Mouse che si accoccolò sul cuscino e si alzò per sedersi davanti al grande specchio posizionato sopra una toeletta.
Aveva le ciglia molto lunghe e molto folte, gli occhi particolari, dei bei lineamenti e anche le labbra se corrucciate erano sensuali. Ma forse semplicemente non era il suo tipo.
“Non sarò mica geloso di quell’irlandese puzzolente?”, si domandò in lingua natia Sacha guardandosi allo specchio. Si voltò non sentendo più alcun suono provenire dal bagno, quindi si alzò, ripetendo a se stesso di non preoccuparsi per quell’idiota e andò a vedere: Gilder era steso a terra mezzo addormentato sul pavimento del bagno.
“Gildar! Un giorno morirai soffocato!”, si chinò per trascinarlo in camera dal letto.
“Mh, non urlare…”, ripeté l’altro tenendosi la testa tra le mani enormi.
“Vai su letto a dormire, Gildar.”
“Gilder, ancora non hai imparato a pronunciarlo bene?”
“Scusa…”, mormorò Sacha, già pronto a mettere insieme le parole in inglese per essere abbastanza odioso da fare una battuta incredibilmente acida quando Gilder lo spiazzò.
“Ma mi piace sai? Come lo dici…Gildar non fare questo! Gildar! Non credo che permetterei ad altri di chiamarmi così e con quel tono…”
Sacha lo guardò, lasciando le sue braccia e alzandosi in piedi. Si sentiva il viso caldo, era forse arrossito?
“Farnetichi?”
Gilder rise e Sacha, suo malgrado, lo trovò affascinante.
Imprecò nella sua lingua e si allontanò, abbandonando il suo amico vicino al letto, dove si stava arrampicando da solo.
Sacha girò lo sguardo verso di lui; il suo compagno si stava cambiando i vestiti alla velocità di un bradipo ubriaco. Beh, ubriaco lo era.
Sbuffò, non tollerando la lentezza.
“Lascia, ti aiuto.”
Si accucciò vicino al letto per sfilargli gli stivali, attento a non ferirlo con i suoi stessi pugnali e li mise da parte. Non era sua abitudine essere così gentile, ma dopo tutto Gilder stava male ed era il suo collaboratore, era capitato che lo avesse aiutato quando, al contrario, era stato lui a stare male, per qualche cibo avariato o per una ferita. Era naturale quindi ricambiare la sua gentilezza, anche se di natura non era né dolce né gentile.
“Mh. Aspetta dai, i pantaloni li tolgo da solo.”
“No problema, Gildar.”

Gilder osservò le piccole mani magre aprirgli la cintura dei pantaloni e gli occhi bicromatici fissarlo sottecchi. Aveva le gote leggermente rosse per chissà quale ragione e gli sfilava i pantaloni senza fretta, come se la gentilezza lo scocciasse, anzi, pareva sovrappensiero. Lui aveva la mente rivolta ancora a Linneus, che voleva rivedere perché oltre alla sua immensa bellezza anche per la sua dolcezza, avevano parlato e nei suoi occhi aveva letto una profonda tristezza, nonostante lui cercasse di fare il proprio lavoro con un sorriso Gilder aveva capito che c’era qualcosa di oscuro che si nascondeva dentro di lui. Non che realmente gli importasse. Ma quel Linneus aveva smosso qualcosa in lui: voleva realmente consolarlo.
Sacha si alzò in piedi e gli fece alzare le braccia.
“Sembra di avere a che fare con un bambino.”
“Hai detto una frase del tutto corretta, bravo.”
Sacha alzò gli occhi: stava quasi per rispondergli male quando si accorse che il tono era realmente dolce e soddisfatto del suo apprendimento.
“Ho anche iniziato a scrivere quaderno per imparare meglio il vostro alfabeto.”
Buttò la maglia da parte, senza soffermare troppo lo sguardo sul torace possente dell’altro, sulle sue cicatrici che non facevano altro che renderlo più affascinante. Fece per andarsene quando due mani grandi e forti lo presero per i fianchi, attirandolo a sé, facendogli perdere l’equilibrio e atterrare con le mani sulle sue enormi spalle.
“Gildar!”, esclamò cercando di allontanarsi.
“Sai, non avevo mai notato quanto fossero belli i tuoi occhi”, mormorò Gilder socchiudendo i suoi, di un grigio ipnotico. Mosse le mani, spostandole dai suoi fianchi ai suoi capelli, infilandovi in mezzo le dita lunghe e sapienti, avvicinando il viso al suo.
“Nyet!”, ringhiò Sacha spingendolo via. Non lo voleva così, non da ubriaco marcio con l’alito che puzzava di whiskey.
Ma Gilder era più forte di lui e riuscì a ribaltarlo sul letto, costringendolo ad allargare le gambe mettendosi in mezzo, tenendolo inchiodato al materasso col peso del suo corpo. Sacha lo osservò ancora con gli splendidi occhi spalancati e poi lo lasciò fare; lasciò che Gilder lo baciasse sulle labbra, senza concedergli più di quello.
“Gildar, no. Sei ubriaco…”
“Non abbastanza da fare cazzate”, gli rispose subito, con un tono stranamente lucido.
Sacha deglutì a vuoto e sospirò sotto di lui, sollevando il viso alla ricerca delle sue labbra, accontentato subito da un bacio più profondo, più erotico.
Non era un tipo che si lasciava andare alla passione con poco, ma aveva Gilder mezzo nudo sopra di lui: un uomo che aveva visto uccidere a sangue freddo chiunque, senza alcun interesse se non quello di fare soldi, che portava sul corpo le cicatrici della sofferenza che lui stesso aveva provato sulla pelle, come il suo orecchio sfregiato.
Se lo tenne vicino, tirandolo verso di sé prendendolo per i capelli, sentendo risvegliare l’antico calore e voglia di sesso che per molto tempo aveva sopito con l’autocontrollo.
“Gildar”, sussurrò tremante quando lui si spostò a succhiare la pelle delicata del collo, leccandola, tirandola tra i denti.
Inarcò la schiena per il piacere, tendendosi verso di lui. Così preso com’era quasi non si accorse delle dita di Gilder che si erano spostate ad aprirgli la camicia, scoprendo il petto compatto, spostandosi dalle sue labbra ai capezzoli rosati, succhiandoli piano.
“Da…”, mormorò, sollevano le mani sopra la testa, afferrando la testata del letto mentre Gilder scendeva con le dita, afferrandogli le natiche in una stretta decisa, lasciandole con una carezza sensuale che si allungò verso le cosce.
“Cosa significa?”, chiese Gilder sollevandosi tra le sue gambe, trovando la lucidità per domandargli qualcosa.
“Sì…significa sì.”
“Oh…lo terrò a mente.”
Cominciò ad aprirgli i pantaloni sfilandoli poi con urgenza, strattonando quasi le piccole gambe muscolose, ma fu quando Gilder fece per togliergli la biancheria che un campanello nella sua testa cominciò a suonare.
No, non lo voleva così: Gilder era ubriaco, probabilmente non vedeva neanche lui in quel momento, era troppo patetico e umiliante approfittare della sua poca lucidità mentale per farsi scopare come aveva fatto con Linneus.
Era geloso di Linneus sì, ma voleva che Gilder arrivasse a desiderarlo allo stesso modo, senza una goccia di alcool nel sangue.
Era così dannatamente orgoglioso.
“No!”, si sollevò a sedere, avvicinando le gambe al petto e chiudendosi a lui. “Gilder, no.”
“Ma che ti prende?”, domandò leggermente incattivito l’altro, era evidente che l’alcool ancora annebbiava la sua mente.
“Così no.”
“Così come?”
“Sei ubriaco. Io non voglio con te ubriaco.”
“Ohhh, non fare troppe storie”, mormorò Gilder afferrandolo per i fianchi e portandoselo di nuovo vicino, baciando il viso, persino il nasino e tornando poi sulle sue labbra, mordendole e succhiandole. Sacha cercò di non cedere di nuovo alla lussuria, appoggiando le mani sulle sua spalle enormi e tentando di districarsi dal suo possente abbraccio ma tutto era vano, Gilder era troppo forte.
Gli prese la testa tra le mani e riuscì a farsi guardare in volto, Gilder gli sorrise dolcemente e Sacha quasi si pentì di quello che stava per fare. Gli tenne la testa ferma e tirò una testata in piena fronte, facendosi un po’ male anche lui ma provocando un barcollamento seguito da svenimento di quel gigante.
“Grandi uomini con testa fragile”, mormorò in inglese osservandolo accasciarsi sul letto.
Si scostò da lui, alzandosi e andando a sedersi sul letto che era stato di Gilder la notte scorsa e il piccolo Mouse corse verso di lui.
“Mh, che cosa patetica, per poco non facevo sesso con un uomo ubriaco, peggio di quella volta che mi sono dovuto abbassare per tagliare un pene, lo ricordi? Piccolo Mouse?”, accarezzò il pelo morbido del suo furetto e osservò Gilder ronfare a faccia in giù sul cuscino. Gli piaceva parlare in russo al suo animaletto e fare finta che lui capisse.
“Metto in ordine in modo che domani mattina non sospetti nulla e poi andiamo a dormire. Sperando che lui, domani, non ricordi nulla o sarà davvero imbarazzante.”

Quella mattina Gilder si svegliò con uno dei peggiori mal di testa della sua vita, gli pulsava la fronte, tanto che pareva scoppiargli. Notò Sacha seduto alla scrivania, intento a scrivere il suo diario d’apprendimento, così lo aveva chiamato, un diario dove scrivere i suoi pensieri in inglese, così da esercitarsi con la scrittura e la lingua.
“Mh, sei mattiniero.”
“No, Gildar, è che questa mattina ti sei svegliato in tuo letto e non in strada con viso nel tuo vomito.”
“Oh, che strano”, commentò l’altro tenendosi la testa. “Perché sono mezzo nudo?”
“Perché ieri puzzavi e volevi lavarti ma sei inciampato e hai battuto testa.”
“Ah, beh sì non credo sia assurda come ipotesi…”
Sacha lo osservò andare in bagno e sorrise, anche se malinconicamente: era contento che non si ricordasse della sua passione improvvisa della sera prima ma quello voleva anche dire che sarebbe tornato a battere il chiodo con la storia della prostituta, Linneus.
Si vestirono, Sacha rimase in silenzio mentre s’infilava il voluminoso cappotto, assorbendo le ciance di Gilder senza veramente ascoltarle.
Sacha…
Il ragazzo si voltò con gli occhi sgranati, tornando poi alla sua solita espressione di sempre.
“Sì?”
“Sei molto carino questa mattina.”
Sacha arrossì di colpo, portando la mano destra sul pelo del suo furetto che rispose con lo strusciarsi del musino sulla sua guancia.
“Grazie.”
Gilder gli sorrise, agganciando i pollici alla cintura. Sacha notò solo per un istante i suoi occhi grigi scorrere per il suo corpo, fu un momento, un fugace e malizioso sguardo che fece arrossire il ragazzo russo.
Si voltò cominciando a insultarlo nella sua lingua intervallando con epiteti in inglese affinché capisse la sua rabbia ma sorrise: forse una speranza c’era.

 

   
 
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