Titolo:
L’orgoglio di Sacha
Autore: Selene K
Fandom: Teahouse
Parsonaggi: Gilder/Sacha Edorovka
Generi: Slice
of life, Introspettivo, Fluff (abbastanza XD)
Avvertimenti: Shonen-ai,
Lime.
Rating: Giallo
Note:
Questa coppia è del tutto campata in aria, nata da una illustrazione delle EmiRain e la sola idea mi stuzzica, per tutta una serie di
ragioni. Precisazione: Sacha è russo, quando pensa o parla da sé lo fa in russo
quindi lo fa bene e quando invece parla in inglese è parecchio sgrammaticato.
Tutto questo lo rende adorabile.
L’orgoglio di Sacha
Aprì prima l’occhio azzurro e poi quello verde, infastidito dalla luce che
entrava dalla finestra. Si alzò, poggiando con leggerezza i piedi sul parquet
rovinato della locanda, avvicinandosi alle imposte per chiuderle, così da
evitare che la luce del lampione entrasse ancora. Si passò le dita tra i
capelli chiari tornando a letto. Gilder russava come un orso – quale era –
sdraiato sul letto addossato alla parete. Se ne stava mezzo nudo e con una mano
sull’addome che si alzava e abbassava lentamente.
Solo la sera prima avevano ucciso un ricco passante e come prima cosa Gilder
aveva messo da parte dei soldi per sprecarli poi in un bordello in cui, oltre
tutto, era già stato. Solo per rivedere quel tizio dai capelli rosa e il viso
da donna.
Sacha si sedette sullo scomodo letto, appoggiando le mani sul materasso,
lanciando un’occhiata al suo furetto bianco che dormiva ancora tranquillo
vicino al cuscino.
Era da qualche tempo, precisamente dal giorno in cui erano arrivati a Ivore,
che nutriva una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Da quando Gilder
era andato a svagarsi al Teahouse non era più riuscito a dormire
tranquillamente; forse era stato vederlo con quel tizio che lui chiamava
Linneus, dal viso bello come una fanciulla e il corpo così sottile da rendere
quasi impossibile capirne il sesso. Era stato molto sorpreso di scoprire che
quel Linneus era un maschio. Di solito Gilder si svagava con una o più
prostitute, donne però, gli piacevano di vari tipi, specialmente con dei bei
visi, minute, spesso gli era capitato di vederle uscire dalla stanza. Agli
occhi di Sacha quelle donne parevano più portatrici ambulanti di malattie
veneree, come probabilmente era Gilder.
“Che scocciatura”, sussurrò nella sua lingua natia, il russo. “Ora si è
impuntato che vuole tornare lì, a trovare Linneus, e chi lo schioda più?”
Tornò a stendersi, cercando di non svegliare il piccolo Mouse, sperando di
dormire e fare sogni tranquilli. O non farne proprio.
Svegliandosi non trovò, come al solito, Gilder nel suo
letto. Tirò un pugno sul materasso, imprecando nella sua lingua almeno un
centinaio di volte, lanciando anche qualche bestemmia a denti serrati mentre
usciva dalla locanda per andare a cercarlo. Era possibile che quello stupido si
fosse alzato di notte per le sue disgustose scorribande lasciandolo solo? E se
invece gli fosse successo qualcosa? Non era la prima volta che rischiava di
soffocare nel suo vomito. Lo trovò nel pub di fronte alla locanda, con il viso
appoggiando sul bancone di legno, mentre russava ubriaco. Alle dieci del
mattino.
“Gildar!”, esclamò svegliandolo con uno spavento, e per fortuna c’erano solo
loro due nel pub o avrebbe fatto venire un infarto ad altra gente. “Gildar!
Ubriaco di mattina? Peggioriamo?”
“Oh, piccoletto: io volevo solo mangiarmi delle uova per colazione ma poi l’oste
mi ha fatto assaggiare la sua birra…”
“Puzzi. Torniamo in locanda. Lavati.”
Dovette portare Gilder in spalla quasi – ed essendo alto la
metà di lui fu difficoltoso – fino alla camera dove lo lasciò cadere a terra,
togliendosi il cappotto.
“Ah! Gildar! Puzzi come sudicio cane bagnato! Fatti un bagno!”
“La smetti di urlare? Mi scoppia la testa…”
“Questo perché tu, idiota, non reggi alcool così bene come vorresti. E finisci
quindi riverso in tuo vomito ogni volta.”
Gilder alzò gli occhi azzurri sul piccolo russo che, seduto sul letto, si stava
togliendo gli stivali per tornare a riposare.
“Va bene, va bene, vado a lavarmi. Quando sei di cattivo umore fai davvero
paura, mezza tacca!”
“Ancora ubriaco, Gildar?”
Era l’ennesima volta che il suo collaboratore assassino si ritrovava con la
testa infilata quasi per intero nella latrina del bagno.
“Io no…non…”, ci pensò un attimo prima di formulare la frase. “Capire o capisco.
Perché tu bevi tanto?! Per poi stare male.”
“Oh, piccolo Sacha”, Gilder sollevò la testa dalla latrina e afferrò la
salvietta che l’altro gli porgeva con estranea gentilezza. “La tua voce è così
irritante quando il cervello pare esploderti nel cranio. Quanti soldi ci sono
rimasti?”
Sacha sospirò, incrociando le braccia sul petto, sapendo benissimo dove l’altro
volesse andare a parare.
“Abbastanza per tua puttana.”
Senza neanche attendere una risposta si spostò nella camera da letto,
afferrando il suo adorato furetto e sedendosi sul letto vicino alla finestra.
Perché Gilder era ossessionato da una prostituta? Maschio per giunta. Non lo
aveva mai visto impazzire per nessuna, andava a puttane e poi tornava alla base
come se niente fosse, come se non avesse fatto altro che una normale uscita o
commissione.
Osservò il suo riflesso nella finestra: lui non era poi tanto brutto, a
guardarsi bene. Sì, non aveva i lineamenti delicati come quel tizio, anzi i
suoi erano decisamente affilati, tanto da dargli un’espressione perennemente
corrucciata, arrabbiata. Lasciò andare Mouse che si accoccolò sul cuscino e si
alzò per sedersi davanti al grande specchio posizionato sopra una toeletta.
Aveva le ciglia molto lunghe e molto folte, gli occhi particolari, dei bei
lineamenti e anche le labbra se corrucciate erano sensuali. Ma forse
semplicemente non era il suo tipo.
“Non sarò mica geloso di quell’irlandese puzzolente?”, si domandò in lingua
natia Sacha guardandosi allo specchio. Si voltò non sentendo più alcun suono
provenire dal bagno, quindi si alzò, ripetendo a se stesso di non preoccuparsi
per quell’idiota e andò a vedere: Gilder era steso a terra mezzo addormentato
sul pavimento del bagno.
“Gildar! Un giorno morirai soffocato!”, si chinò per trascinarlo in camera dal
letto.
“Mh, non urlare…”, ripeté l’altro tenendosi la testa tra le mani enormi.
“Vai su letto a dormire, Gildar.”
“Gilder, ancora non hai imparato a pronunciarlo bene?”
“Scusa…”, mormorò Sacha, già pronto a mettere insieme le parole in inglese per
essere abbastanza odioso da fare una battuta incredibilmente acida quando
Gilder lo spiazzò.
“Ma mi piace sai? Come lo dici…Gildar non fare questo! Gildar! Non credo che
permetterei ad altri di chiamarmi così e con quel tono…”
Sacha lo guardò, lasciando le sue braccia e alzandosi in piedi. Si sentiva il
viso caldo, era forse arrossito?
“Farnetichi?”
Gilder rise e Sacha, suo malgrado, lo trovò affascinante.
Imprecò nella sua lingua e si allontanò, abbandonando il suo amico vicino al
letto, dove si stava arrampicando da solo.
Sacha girò lo sguardo verso di lui; il suo compagno si stava cambiando i
vestiti alla velocità di un bradipo ubriaco. Beh, ubriaco lo era.
Sbuffò, non tollerando la lentezza.
“Lascia, ti aiuto.”
Si accucciò vicino al letto per sfilargli gli stivali, attento a non ferirlo
con i suoi stessi pugnali e li mise da parte. Non era sua abitudine essere così
gentile, ma dopo tutto Gilder stava male ed era il suo collaboratore, era
capitato che lo avesse aiutato quando, al contrario, era stato lui a stare
male, per qualche cibo avariato o per una ferita. Era naturale quindi
ricambiare la sua gentilezza, anche se di natura non era né dolce né gentile.
“Mh. Aspetta dai, i pantaloni li tolgo da solo.”
“No problema, Gildar.”
Gilder osservò le piccole mani magre aprirgli la cintura dei
pantaloni e gli occhi bicromatici fissarlo sottecchi. Aveva le gote leggermente
rosse per chissà quale ragione e gli sfilava i pantaloni senza fretta, come se
la gentilezza lo scocciasse, anzi, pareva sovrappensiero. Lui aveva la mente
rivolta ancora a Linneus, che voleva rivedere perché oltre alla sua immensa
bellezza anche per la sua dolcezza, avevano parlato e nei suoi occhi aveva
letto una profonda tristezza, nonostante lui cercasse di fare il proprio lavoro
con un sorriso Gilder aveva capito che c’era qualcosa di oscuro che si
nascondeva dentro di lui. Non che realmente gli importasse. Ma quel Linneus
aveva smosso qualcosa in lui: voleva realmente consolarlo.
Sacha si alzò in piedi e gli fece alzare le braccia.
“Sembra di avere a che fare con un bambino.”
“Hai detto una frase del tutto corretta, bravo.”
Sacha alzò gli occhi: stava quasi per rispondergli male quando si accorse che
il tono era realmente dolce e soddisfatto del suo apprendimento.
“Ho anche iniziato a scrivere quaderno per imparare meglio il vostro alfabeto.”
Buttò la maglia da parte, senza soffermare troppo lo sguardo sul torace
possente dell’altro, sulle sue cicatrici che non facevano altro che renderlo
più affascinante. Fece per andarsene quando due mani grandi e forti lo presero
per i fianchi, attirandolo a sé, facendogli perdere l’equilibrio e atterrare
con le mani sulle sue enormi spalle.
“Gildar!”, esclamò cercando di allontanarsi.
“Sai, non avevo mai notato quanto fossero belli i tuoi occhi”, mormorò Gilder
socchiudendo i suoi, di un grigio ipnotico. Mosse le mani, spostandole dai suoi
fianchi ai suoi capelli, infilandovi in mezzo le dita lunghe e sapienti,
avvicinando il viso al suo.
“Nyet!”, ringhiò Sacha spingendolo via. Non lo voleva così, non da ubriaco
marcio con l’alito che puzzava di whiskey.
Ma Gilder era più forte di lui e riuscì a ribaltarlo sul letto, costringendolo
ad allargare le gambe mettendosi in mezzo, tenendolo inchiodato al materasso
col peso del suo corpo. Sacha lo osservò ancora con gli splendidi occhi
spalancati e poi lo lasciò fare; lasciò che Gilder lo baciasse sulle labbra,
senza concedergli più di quello.
“Gildar, no. Sei ubriaco…”
“Non abbastanza da fare cazzate”, gli rispose subito, con un tono stranamente
lucido.
Sacha deglutì a vuoto e sospirò sotto di lui, sollevando il viso alla ricerca
delle sue labbra, accontentato subito da un bacio più profondo, più erotico.
Non era un tipo che si lasciava andare alla passione con poco, ma aveva Gilder
mezzo nudo sopra di lui: un uomo che aveva visto uccidere a sangue freddo
chiunque, senza alcun interesse se non quello di fare soldi, che portava sul
corpo le cicatrici della sofferenza che lui stesso aveva provato sulla pelle,
come il suo orecchio sfregiato.
Se lo tenne vicino, tirandolo verso di sé prendendolo per i capelli, sentendo
risvegliare l’antico calore e voglia di sesso che per molto tempo aveva sopito
con l’autocontrollo.
“Gildar”, sussurrò tremante quando lui si spostò a succhiare la pelle delicata
del collo, leccandola, tirandola tra i denti.
Inarcò la schiena per il piacere, tendendosi verso di lui. Così preso com’era
quasi non si accorse delle dita di Gilder che si erano spostate ad aprirgli la
camicia, scoprendo il petto compatto, spostandosi dalle sue labbra ai capezzoli
rosati, succhiandoli piano.
“Da…”, mormorò, sollevano le mani sopra la testa, afferrando la testata del
letto mentre Gilder scendeva con le dita, afferrandogli le natiche in una
stretta decisa, lasciandole con una carezza sensuale che si allungò verso le
cosce.
“Cosa significa?”, chiese Gilder sollevandosi tra le sue gambe, trovando la
lucidità per domandargli qualcosa.
“Sì…significa sì.”
“Oh…lo terrò a mente.”
Cominciò ad aprirgli i pantaloni sfilandoli poi con urgenza, strattonando quasi
le piccole gambe muscolose, ma fu quando Gilder fece per togliergli la
biancheria che un campanello nella sua testa cominciò a suonare.
No, non lo voleva così: Gilder era ubriaco, probabilmente non vedeva neanche
lui in quel momento, era troppo patetico e umiliante approfittare della sua
poca lucidità mentale per farsi scopare come aveva fatto con Linneus.
Era geloso di Linneus sì, ma voleva che Gilder arrivasse a desiderarlo allo
stesso modo, senza una goccia di alcool nel sangue.
Era così dannatamente orgoglioso.
“No!”, si sollevò a sedere, avvicinando le gambe al petto e chiudendosi a lui.
“Gilder, no.”
“Ma che ti prende?”, domandò leggermente incattivito l’altro, era evidente che
l’alcool ancora annebbiava la sua mente.
“Così no.”
“Così come?”
“Sei ubriaco. Io non voglio con te ubriaco.”
“Ohhh, non fare troppe storie”, mormorò Gilder afferrandolo per i fianchi e
portandoselo di nuovo vicino, baciando il viso, persino il nasino e tornando
poi sulle sue labbra, mordendole e succhiandole. Sacha cercò di non cedere di
nuovo alla lussuria, appoggiando le mani sulle sua spalle enormi e tentando di
districarsi dal suo possente abbraccio ma tutto era vano, Gilder era troppo
forte.
Gli prese la testa tra le mani e riuscì a farsi guardare in volto, Gilder gli sorrise
dolcemente e Sacha quasi si pentì di quello che stava per fare. Gli tenne la
testa ferma e tirò una testata in piena fronte, facendosi un po’ male anche lui
ma provocando un barcollamento seguito da svenimento di quel gigante.
“Grandi uomini con testa fragile”, mormorò in inglese osservandolo accasciarsi
sul letto.
Si scostò da lui, alzandosi e andando a sedersi sul letto che era stato di
Gilder la notte scorsa e il piccolo Mouse corse verso di lui.
“Mh, che cosa patetica, per poco non facevo sesso con un uomo ubriaco, peggio
di quella volta che mi sono dovuto abbassare per tagliare un pene, lo ricordi?
Piccolo Mouse?”, accarezzò il pelo morbido del suo furetto e osservò Gilder
ronfare a faccia in giù sul cuscino. Gli piaceva parlare in russo al suo
animaletto e fare finta che lui capisse.
“Metto in ordine in modo che domani mattina non sospetti nulla e poi andiamo a
dormire. Sperando che lui, domani, non ricordi nulla o sarà davvero
imbarazzante.”
Quella mattina Gilder si svegliò con uno dei peggiori mal di testa della sua
vita, gli pulsava la fronte, tanto che pareva scoppiargli. Notò Sacha seduto
alla scrivania, intento a scrivere il suo diario d’apprendimento, così lo aveva
chiamato, un diario dove scrivere i suoi pensieri in inglese, così da
esercitarsi con la scrittura e la lingua.
“Mh, sei mattiniero.”
“No, Gildar, è che questa mattina ti sei svegliato in tuo letto e non in strada
con viso nel tuo vomito.”
“Oh, che strano”, commentò l’altro tenendosi la testa. “Perché sono mezzo
nudo?”
“Perché ieri puzzavi e volevi lavarti ma sei inciampato e hai battuto testa.”
“Ah, beh sì non credo sia assurda come ipotesi…”
Sacha lo osservò andare in bagno e sorrise, anche se malinconicamente: era
contento che non si ricordasse della sua passione improvvisa della sera prima
ma quello voleva anche dire che sarebbe tornato a battere il chiodo con la
storia della prostituta, Linneus.
Si vestirono, Sacha rimase in silenzio mentre s’infilava il voluminoso
cappotto, assorbendo le ciance di Gilder senza veramente ascoltarle.
“Sacha…”
Il ragazzo si voltò con gli occhi sgranati, tornando poi alla sua solita
espressione di sempre.
“Sì?”
“Sei molto carino questa mattina.”
Sacha arrossì di colpo, portando la mano destra sul pelo del suo furetto che
rispose con lo strusciarsi del musino sulla sua guancia.
“Grazie.”
Gilder gli sorrise, agganciando i pollici alla cintura. Sacha notò solo per un
istante i suoi occhi grigi scorrere per il suo corpo, fu un momento, un fugace
e malizioso sguardo che fece arrossire il ragazzo russo.
Si voltò cominciando a insultarlo nella sua lingua intervallando con epiteti in
inglese affinché capisse la sua rabbia ma sorrise: forse una speranza c’era.