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Autore: OperationFailed    21/12/2012    2 recensioni
Di come Moran trovò una cicatrice e Moriarty un braccio destro.
«Chi sei?»
«Che noia. Chi sei, cosa vuoi, tutti uguali voi altri! Sono una Volpe. E tu sei molto carino!»
«Qualsiasi cosa sia una Volpe, ha l’aria di essere irritante» ribatté il Principe caricando il fucile con un colpo secco.
[...] Iniziò la frase con un «Adesso mi dic–» e la finì con un fiotto di sangue a macchiargli le labbra, quando la pelle e la carne della sua guancia si lacerarono sotto gli artigli gentili di una Volpe. Questa subito trasse il Principe a sé e – prima che egli potesse anche solo pensare di agire – portò la sua lingua alla ferita appena inflittagli, leccando via il sangue.

[AU Il Piccolo Principe][Dark!verse][MorMor]
Genere: Avventura, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim, Moriarty, Sebastian, Moran
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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EVEN THOUGH WE CAN’T AFFORD THE SKY IS OVER

 

 

 

Behind closed eyes lie
The mind’s ready to awaken you, 
Are you at war with land
And all of its creatures, 
Your not-so-gentle persuasion
Has been known to wreck economies
Of countries, of empires, the sky is over

[the sky is over - Serj Tankian]


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Avrebbe voluto strappargli i petali uno ad uno. Quel maledetto fiore non aveva fatto altro che riempirlo di menzogne. “Sono l’unico al mondo di qua, sono l’unico al mondo di là”, e cosa si era trovato di fronte? Un campo sterminato di fiori tali e quali al suo, così uguali da nausearlo. Lo avrebbe affogato nell’acido, se solo gli fosse stato concesso di tornare al suo asteroide. Ma era stato allontanato con disonore, costretto per molto tempo all’esilio.

No, anche tornando non avrebbe potuto farlo, perché ciò che lo legava a quella sua corolla spinosa glielo impediva. Avrebbe continuato a farsi riempire le dita di graffi, pur di accarezzare i suoi petali di sangue, avrebbe continuato a correre avanti e indietro come una bestiolina colpita da un incantesimo della strega cattiva. Era per quello che il suo Remington700 spuntava a malapena oltre il grano arso dal sole e una lacrima di rabbia gli scintillava sul viso. Se solo avesse potuto, ogni petalo di quel bocciolo bugiardo sarebbe stato crivellato dal suo caricatore impietoso. Si sarebbe riempito le mani di quei coriandoli color del sangue e se li sarebbe ingoiati uno ad uno, “maledetto il fiore e tutto l’asteroide che ci cresce intorno”. Devo tornare, devo incontrare qualche Uomo e farmi dire come tornare – il coinvolgimento del suo fucile in quella faccenda non era cosa da rendere loro nota.
Incontrare chi, pensò poi il Piccolo Principe, sono solo in mezzo all’ignoto e il mio unico legame è con un fiore bugiardo e infame lontano anni luce e che sarò costretto ad uccidere.
Era talmente arrabbiato che desiderava, in quel momento, solo una preda da poter stanare. Acquattato nell’erba alta come un felino affamato, con i muscoli tesi e i nervi pronti a captare il più piccolo movimento – quello era ciò che amava, ciò che avrebbe fatto, se solo non si fosse trovato in quell’angolo di pianeta sferico. Appena questa considerazione gli traversò la mente, intuì la presenza di qualcosa di sbagliato nell’aria. Non era esattamente solo.
Lo avvertì ancor prima di vederlo. Bianco, lineamenti caucasici, di media statura, occhi che brillavano a dieci metri di distanza. Accoccolato sulla cima frondosa di un cinnamomo, dondolava placidamente le gambe e si spolverava l’abito dalla polvere con fare indifferente.
La prima reazione fu quella di acquattarsi a terra, ma sarebbe stata una mossa inutile, dannosa persino. Il Principe si limitò quindi a tendere i nervi, pronto all’azione, scattante in ogni cellula, con i sensi ferini in allerta. L’istinto della caccia, in placido riposo nei momenti di banale esistenza, si era risvegliato con uno sbadiglio affamato – si allungava ora furtivamente verso il fucile, in un gesto così fluido che sembrava quasi inesistente.
Quasi.
«Pessima scelta, quel Remington»
Il Piccolo Principe lo imbracciò con un gesto fulmineo, puntandolo istantaneamente verso quella strana figura – un rapace che attende di artigliare la sua cena.
«Chi sei?»
«Non che sia una cattiva marca, ma ti vedrei meglio con un M24. Certo, è meno maneggevole, ma delle mani come le tue devono toccare solo il meglio… »
La tranquillità con cui quell’essere continuava a spolverarsi il vestito e sistemarsi le unghie lo irritava. Al cospetto del suo fucile, tutte le tigri e i baobab e i tramonti del suo asteroide tremavano come foglie al vento – tutti tranne quel paio d’occhi scuri con carne ed ossa intorno, lì sulla Terra.
«… cioè me, principino. Avvicinati»
«Chi sei?»
«Che noia. Chi sei, cosa vuoi, tutti uguali voi altri! Sono una Volpe. E tu sei molto carino!»
«Qualsiasi cosa sia una Volpe, ha l’aria di essere irritante» ribatté il Principe caricando il fucile con un colpo secco.
«Oh, bravo, giochiamo! Mi annoio, nessuno arriva mai a me… si arrendono sempre prima»
«Dove si trovano gli uomini?»
«Gli uomini sono noiosi e banali. Resta con me» sembrò miagolare la Volpe, scendendo con tranquillità dal ramo ed avvicinandosi al Principe, che ne seguì ogni gesto con il fucile.
«Stai lontano»
«Ops! Sei ferito…»
«Allontanati»
«Io lo vedo, proprio qui – si toccò il petto – ti hanno addomesticato senza che tu sapessi»
«Addomesticato?»
«Non sei di queste parti, tu»
«Cosa vuol dire “addomesticato”?»
«Significa “creare dei legami”, è una cosa in disuso ormai. Gli uomini credono che significhi solamente “rendere docile qualcuno di selvatico”, sempre detto che sono banali e stupidi. Vedono ma non osservano»
«E come capisci di essere addomesticato?» disse il Principe, abbassando impercettibilmente la canna del Remington. Pensava al suo fiore, al legame indissolubile che lo legava a lui. Era forse stato addomesticato dalla sua rosa color sangue senza saperlo? Si sentì mancare la terra da sotto i piedi. Nessuno lo aveva mai manipolato così! Nessuno poteva farlo! Era lui l’unico padrone di se stesso.  
«Oh, succede quando lui cessa di essere uguale a centomila, e diventa indispensabile, l’unico al mondo. Ti hanno addomesticato?»
«Fatti gli affari tuoi»
«Lasciati addomesticare da me»
«Ripetilo e ti faccio saltare in aria»
«Io diventerò per te l’unico al mondo, e tu per me l’unico al mondo»

In questo modo, forse, potrei dimenticare il fiore. La sola idea lo faceva sanguinare. No.
«Ma per favore»
«Non sei addomesticato come credi, sei solo stato plagiato. Chi è lui?»
«Dove sono gli Uomini?»
«Torna al crepuscolo. Potrei aiutarti»

 
Il giorno seguente, una pioggia di ali nere e becchi appena dischiusi moriva al suolo con tonfi sordi, oscurando l’agonia del sole. Il Piccolo Principe cercava di ripararsi da quella raffica di corvi correndo con il fucile in mano, sparando agli animali per far sì che la loro traiettoria d’impatto cambiasse, non terminando così contro di lui. La Volpe lo accolse con un ghigno a metà, appoggiato ad occhi chiusi contro la pelle nuda dell’albero, decorticato dai fulmini e dagli artigli delle bestie che lì si facevano le unghie. Ferite di linfa sanguinavano ancora dal tronco.
«Sei in ritardo, principino»
Il Principe sparò un colpo verso di lui, sfiorandone l’avambraccio e aprendo uno squarcio nella camicia chiara.
«Ma ammetto che sei adorabile quando ti arrabbi»
«Di solito si ritrovano con un buco in fronte prima che possano dirmelo»
«Devo ritenermi speciale?»
«Se contribuisce a nutrire il tuo ego…»
La Volpe aprì gli occhi di scatto, incatenandoli a quelli del Principe.
«Mi ripagherai la camicia»
«Non penso che rimarrai vivo abbastanza a lungo da averne bisogno»
«Bambino cattivo, non avrai i tuoi Uomini»
«Non ho certo bisogno di te per trovarli»
«Ma io sì – la Volpe rise brevemente – tu sei le fondamenta su cui costruirò il mio impero»
Il Piccolo Principe non abbassò la guardia neppure un istante. Si avvicinò, finalmente protetto dalla pioggia grazie alla chioma del cinnamomo, e girò lentamente intorno al tronco come un predatore affamato, preceduto sempre dalla canna del suo fucile. Quella Volpe non gli piaceva, nelle sue pupille brillava l’essenza di qualcosa che andava oltre la scaltrezza, che non sapeva davvero identificare.
«Avvicinati, mio Piccolo Principe, l’alba è ancora lontana ed io ho bisogno di te»
«Tuo?» sbuffò l’altro, sforzandosi di mantenere le pallottole nel fucile.
«Oh, te ne accorgerai prima di quanto creda»

 
La Volpe aveva incrociato il cammino del Principe come una tempesta imprevista. E della tempesta aveva tutte le caratteristiche meno una: non era seguita dalla quiete. Il Principe non sapeva se fosse colpa del processo di domesticazione che invariabilmente stava avendo luogo, dell’influenza di quello strano pianeta o della Volpe, ma qualcosa gli stava succedendo. Poteva sentirlo, a tratti avrebbe giurato di non avere più le ossa allo stesso posto. Sopra ogni cosa, aveva però l’impressione che la Volpe lo stesse prendendo in giro. Viaggiavano insieme da quasi una settimana e ancora non avevano visto l’ombra di un uomo. Avevano attraversato campi spaccati in zolle arse dal sale, calpestato gli scalpi dilaniati di una mandria di strane bestie mai viste prima, si erano ricoperti di fango fin sopra ai capelli strisciando in paludi che sembravano pentoloni di pozioni mefitiche. Ad ogni passo che metteva davanti al precedente cresceva nel Principe la sensazione che tutto ciò fosse una grande prova a cui era stato sottoposto dalla Volpe, che studiava le sue reazioni per una misteriosa ragione. Il suo fastidio montava ogni giorno di più, fino al punto in cui – sudato e con la pelle appiccicata di polvere rossa – il Principe bloccò la Volpe contro un tronco, pretendendo una spiegazione. Iniziò la frase con un «Adesso mi dic–» e la finì con un fiotto di sangue a macchiargli le labbra, quando la pelle e la carne della sua guancia si lacerarono sotto gli artigli gentili di una Volpe. Questa subito trasse il Principe a sé e – prima che egli potesse anche solo pensare di agire – portò la sua lingua alla ferita appena inflittagli, leccando via il sangue. Era stata veloce, così dannatamente veloce che nemmeno gli occhi allenati di un Principe cecchino riuscirono ad intercettarlo prima dell’azione.
«Avrò la tua fiducia» disse, interrompendo un istante la lingua carezzevole … «e il tuo corpo. Il mio impero poggerà sulla canna del tuo fucile» … che si sospese poi ancora su una stilla di sangue… «e la tua mano servirà la mia mente» … scivolata come una lacrima lungo la guancia benedetta. Benedetta, perché quella che la Volpe aveva regalato al Piccolo Principe non era solo una futura cicatrice – cielo, era molto di più! Il sangue versato era il prezzo da pagare per il dono che la Volpe gli stava facendo: se stessa. A voler essere precisi, il regalo era persino più grande. Il Piccolo Principe non lo sapeva ancora, ma da quel momento in poi il mondo sarebbe stato ai suoi piedi – fanculo il fiore, l’asteroide, le pecore, fanculo tutto.  Il Principe rimase inerme sotto i colpi morbidi della lingua della Volpe, immobilizzato – ma quando una tigre resta placidamente indifferente di fronte al suo domatore non è perché essa ha cambiato natura. Passarono la giornata con l’odore del sangue nelle narici e l’arsura della terra sotto i piedi, studiandosi pelle a pelle come due bestie selvatiche guidate da istinti e necessità diversi che, dopotutto, possono forse convivere. Come un ragno e la tela su cui esso si muove.


Il Piccolo Principe avrebbe indossato quella cicatrice per tutto il tempo a venire, anche quando sarebbe giunto il momento di adottare un nome e imbracciare il  primo M24. Quando non impegnate con un fucile, le sue mani stringevano Jim, che aveva messo da parte la sua coda per potersi nascondere in piena vista e  ammazzare il tempo nel modo migliore. Quel mondo di uomini e noia era spesso tedioso, ma valeva la pena. Il principino impallinava i suoi bersagli con una precisione quasi clinica, un medico che applicava la cura più meticolosa e duratura di tutte. Con gli uomini era più eccitante e giusto che con gli animali sull’asteroide, gli uomini si comportavano in maniera così stupida che la maggior parte delle volte sembravano meritarlo.

 

E comunque, Jim diceva sempre che morire per mano di Sebastian Moran doveva essere una benedizione. 

   
 
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