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Autore: Wren    08/07/2007    4 recensioni
Taishakuten è perseguitato dal Destino che vorrebbe distruggere.
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Per la mia adorata nipotina Juuhachi Go,
che conosco da poco, ma è come se conoscessi da sempre. E’ tremenda, è fatta in periodo di esami, ma è fatta con tutto il cuore per te, per festeggiare il tuo compleanno!
EMO BIRTHDAY!!!! XDDDD



Fanfic scritta per la Writing Community Daisuki (10_clamp)

#27. Clockworks.





Neanche all’alba del primo giorno del nuovo impero, il ticchettio si era fermato.
Taishakuten si era svegliato da solo nella lussuosa stanza destinata all’uso personale del sovrano, la testa ancora pesante per l’adrenalina e la fatica della battaglia, gli occhi infastiditi dai raggi che avevano avuto l’ardire di irrompere oltre i pesanti tendaggi e una sensazione come di cenere nella gola.
E il regolare rumore meccanico che lo perseguitava non dava cenni di volerlo lasciare in pace.
Era cominciato tutto quella notte, la notte di Ashura-ou.
“Taishakuten tu... Tu pensi che il Destino si possa cambiare?”
Gliel’aveva chiesto con un’espressione che, da lui, il dio del tuono non si sarebbe mai aspettato. L’oro dei suoi occhi in quel momento scintillava di una triste malinconia del tutto insospettata ed avere uno sguardo del genere rivolto verso di sé l’aveva colto completamente alla sprovvista, specialmente dopo il loro vivace incontro-scontro di poco tempo prima. Taishakuten si era ritrovato a rispondere senza nemmeno rendersene conto.
“Io pur di ottenere ciò che desidero sono disposto anche a cambiare il corso delle stelle.”
Il re degli Ashura aveva abbassato lo sguardo, ma non aveva saputo trattenere un tenue sorriso. Taishakuten non aveva mai capito se Ashura-ou avesse trovato la sua risposta ridicola o consolante. Verosimilmente entrambe.
“Se è così... Mi aiuteresti a cambiare il corso delle stelle?”
In quel momento l’aveva sentito la prima volta, chiaro e distinto, l’incessante ritmo di un ingranaggio in movimento. Ashura-ou non sembrava essersene accorto, perciò il dio del tuono aveva preferito tacere per non dare l’impressione di essere un visionario perseguitato da suoni fantasma all’uomo a cui aveva appena assicurato il proprio aiuto per cambiare la faccia del mondo.
Eppure c’era. Tic... Tac... Tic... Tac...
Destino, Fato, Ananke, Hitsuzen. L’inevitabile. Il congegno perfetto, coi suoi incastri e i suoi ingranaggi tarati a regola d’arte, per portarti dove lui vuole, dandoti l’illusione di essere tu quello che sceglie. Tic... Tac... Tic... Tac...
Per un attimo, nell’infuriare della battaglia, Taishakuten non l’aveva più sentito, schiacciato dal cozzare delle armi e dallo schianto del palazzo distrutto dallo scontro, per un attimo il dio del tuono aveva pensato che sarebbe bastato, che distruggere il vecchio impero e costituirne uno nuovo avrebbe cambiato il destino.
Invece era ancora lì e così Taishakuten non si era potuto fermare. Accompagnato dal ticchettio degli ingranaggi aveva stretto il suo pugno di ferro sul regno celeste, incatenando e distruggendo, perché era il solo modo che conosceva per riuscire a fermare quella trappola meccanica in cui le stelle avevano rinchiuso il mondo.
Se ne avesse bloccato i movimenti, se ne avesse frantumato gli ingranaggi, come avrebbe potuto scattare? E così aveva soggiogato popoli e distrutto regni, senza che alcuna traccia di rimorso si fosse mai affacciata alla sua coscienza. Forse si era giocato l’anima facendo quella promessa ad Ashura-ou, forse aveva perso ogni possibilità di perdono con la sua sanguinosa rivolta contro il vecchio imperatore, ma francamente non gliene era mai importato. Nemmeno uccidere l’uomo che amava, nemmeno il tremendo atto di mangiarne le carni rappresentavano un peccato troppo grande per fermarlo.
Ad Ashura-ou aveva fatto una promessa, quella di realizzare il suo unico desiderio, e quella era l’unica cosa veramente importante, niente era troppo grande o troppo terribile al confronto.
Eppure gli anni passavano, la rete della sua tirannia si chiudeva a maglie sempre più strette sull’impero, ma senza catturare i meccanismi del Destino che ticchettavano nelle sue orecchie continuamente, senza pace e senza riposo, ricordandogli che nonostante la sua violenza riuscisse a distruggere ingranaggi qua e là, la macchina continuava a girare imperturbabile. Tic... Tac... Tic... Tac...
Taishakuten però non era uomo da arrendersi, se ciò che aveva fatto non era bastato, significava che non aveva fatto a sufficienza, doveva solo fare di più, con più forza, con più violenza. Prima o poi avrebbe abbattuto anche il Destino.
Tic... Tac... Tic... Tac...
Il figlio di Ashura non si sarebbe mai risvegliato...
Tic... Tac... Tic... Tac...
Le sei stelle non si sarebbero mai incontrate...
Tic... Tac... Tic... Tac...
I sigilli che imprigionavano i poteri del vero Ashura non si sarebbero mai sciolti...
Tic... Tac... Tic... Tac...
Ashura non avrebbe mai distrutto il mondo...
Tic... Tac... Tic... Tac...
E poi... In quell’ultimo momento...

*

“Si è fermata.”
Zochoten si voltò di scatto verso il letto in cui riposava l’imperatore. Era rimasto in stato di incoscienza per giorni da quando il palazzo era stato distrutto e tutto era cambiato. Stupefacente come le prime parole dell’Imperatore Taishakuten, sopravvissuto alla furia apocalittica dell’ultimo degli Ashura, suonassero così tranquille e colloquiali.
“Cosa si è fermata?”
Taishakuten, ancora appoggiato ai cuscini, si voltò verso di lui, come se si fosse accorto solo in quel momento di non essere solo. Zochoten era spiazzato dall’espressione serena e divertita con cui il sovrano si era svegliato ed ora lo fissava. “La macchina. Si è fermata.” e scoppiò a ridere.
“Credo... che andrò a chiamare il guaritore...” Zochoten non aveva mai visto il suo Imperatore ridere, fatta eccezione per qualche teatrale risata maligna (di cattivo gusto, a parere del Generale), e preferiva avere un supporto medico se doveva gestire un Taishakuten fuori di testa.
L’Imperatore si accorse a malapena del suo subalterno che lasciava la stanza, perso com’era nell’assoluta e completa assenza del ticchettio che l’aveva perseguitato per non ricordava più quanti anni.
Alla fine, in quell’ultimo attimo, lui non aveva potuto far nulla, il Destino se ne era infischiato di lui e dei suoi sforzi e sarebbe andato avanti per la sua strada fino alla fine se non fosse stato per Ashura. E per Yasha, ovviamente.
Gli venne improvvisamente voglia di ridere ancora. Si portò una mano alla fronte, dove faceva bella mostra di sé il Terzo Occhio, il simbolo della maledizione divina. Una profonda ferita lo tagliava da parte a parte ora. Una volta guarita, la cicatrice avrebbe coperto per sempre ogni traccia di quel marchio.
“E’ la mia redenzione, forse?” e rise di nuovo.
Era stremato, e per quanto non ne fosse cosciente gli doleva tutto il corpo, piano piano gli occhi cominciarono a chiuderglisi. Tra i veli del baldacchino e le ombre della stanza vide una figura accanto a lui, inconfondibile. Capelli lunghi e scuri, uno scintillio dorato negli occhi e un sorriso tenue, ma questa volta non triste.
E c’era silenzio attorno a quella figura, e questo rendeva il tutto incredibilmente più bello.


Owari



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