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Autore: Ale_kiss_    27/12/2012    0 recensioni
-Che vuole da me …?- domandai tremante. Fece un passo avanti e si rivolse a tutti nonostante solo io la capissi.
-Lo tiene lui. È suo prigioniero da quasi sempre. Ha portato il suo corpo nella propria dimora dopo aver bruciato il vostro palazzo. Vuole parlarti Erika, si tratta proprio di questo!-
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Versai una lacrima
Mi stesi sotto le coperte
Aspettavo sperando che quel momento non arrivasse



Lanciai un grido e mi svegliai. Il cuore batteva forte per lo spavento. Mi ero appena calata nel sonno ma forse era stata una fortuna essere svegliata perché i sogni stavano diventando terrificanti incubi. Vidi Marcus che mi guardava ammaliato ed arrossii. Tirai un po’ più su le lenzuola per coprirmi interamente. Gli era caduto un vassoio con due calici e c’era il pavimento pieno di sangue.
- Scusa … io … io non volevo … svegliarti … eri così bella- provò a scusarsi mentre raccoglieva il vassoio ed i pezzi di vetro sparsi.
- Non importa, ci metto poco a riaddormentarmi …- abbassai lo sguardo su quella distesa di sangue e deglutii, avevo sete.
- Perché? Vuoi dormire ancora? Perdonami ma ora tu farai ciò che ti dico!- esclamò puntandomi un pezzo di vetro contro. Chiusi gli occhi.
- Perdonarti? Dopo tutto ciò che hai fatto, non credo lo farò- gli risposi con del risentimento nel tono di voce. Mi guardò fulminandomi e lanciò il pezzo di vetro a terra, frantumandolo più di quanto già non fosse.
- Ascoltami bene Erika, tu ora sei mia! Non c’è nulla che puoi fare! I tuoi amici sono spacciati e lo sarai anche tu se non seguirai i miei ordini!- mi gridò.
- Ma tu avevi detto che …-
- Oh andiamo! Davvero mi credevi?- rise forzatamente mettendo le mani ai fianchi con aria superiore. Venne sul letto e si distese in parte a me. Io mi buttai sul cuscino ed iniziai a piangere disperatamente. Mi aveva ingannata, non c’erano più speranze. Avrei preferito morire che vivere la mia esistenza con lui.
***
- Non hai proprio intenzione di rifarti una vita Erika? Sono tanti quattordici anni, e ancor di più l’immortalità che ti sta di fronte. Vuoi sprecarla in questo modo?-
- Se amare vuol dire sprecare la vita allora sì, la voglio sprecare-
- Erika, amare una persona che sia ancora tra noi. Lui ormai non c’è più, devi fartene una ragione!-

***
Ed invece lui c’era, lui era ancora vivo, ed arrivata ad un passo da lui l’avrei perso per sempre! Sarebbe morto davvero. Allora l’avrei raggiunto. Se ci fosse stata un’altra vita al di là della morte, l’avrei incontrato lì. A quei pensieri mi sentii fragile. Le mani mi tremavano e mi sentivo stanca. Volevo solo poter chiarire tutto con lui e se alla fine non fosse cambiato sapevo di averci almeno provato.
- Cosa c’è principessa? Ehi, non piangere- mi prese per sotto le braccia ed iniziò a cullarmi. Ero arrotolata nelle coperte e lui non aveva nemmeno provato a toglierle. E se invece fossi riuscita a ragionarci assieme, senza gridare o farmi uccidere? Se fossi riuscita a riportare tutti a casa? Con il pollice mi asciugò le lacrime.
- Erika, dimmi cosa c’è! Non voglio che tu soffra! Ti renderò felice, promesso- deglutii e ricacciai dentro le lacrime per non mostrarmi troppo fragile.
- Ci lasceresti mai tornare a casa nostra?- gli domandai con voce languida e tremante. La sua fronte si corrugò e notai che i muscoli delle sue braccia iniziarono a gonfiarsi. Mi buttò a terra ed io lanciai un grido dal dolore. Ero sempre rimasta attaccata alle lenzuola e quindi ero ancora coperta ma lui non ci avrebbe messo molto a svestirmi. Si alzò dal letto infuriato ed iniziò a tirare calci ad ogni cosa gli capitasse dinanzi.
- PERCHÉ AMI LUI E NON ME? COS’HA CHE IO NON HO? IO SONO PIÙ POTENTE! IO SONO PIÙ …- poi girò lo sguardo e mi guardò. I suoi occhi, da perfidi che erano, iniziarono a calmarsi fino a diventare del loro colore originale. Io singhiozzavo e mi asciugavo le lacrime con le lenzuola.
- Erika …- sussurrò lui. Mi si avvicinò. Si accucciò al mio fianco e mi accarezzò la testa.
- Rispondi per favore … perché lo ami?- il suo tono era calmo e non voleva spaventarmi. Io cercai di placare i singhiozzi ma non ci riuscivo. Dovevo avere gli occhi rossi dalla disperazione. Erano quei momenti che avrei fatto tutto pur di smettere di piangere perché sapevo che mai avrei risolto qualcosa.
- Io … non lo so! L’amore non si può spiegare! Io lo amo e basta! Ho fatto un errore e vorrei rimediare ma ormai tutto è finito!- gridai con la voce smorzata dal dolore. Marcus si alzò ed andò alla finestra. Non smettevo di guardarlo sapendo che presto o tardi sarebbe uscito da quella stanza e avrebbe ucciso tutte le persone alle quali io tenevo veramente. In quel viaggio avevo imparato molto. Il mio rapporto con Selene era vero e sapevo che saremo state amiche per sempre, qualsiasi cosa fosse successo. Michael era una persona splendida, bisognava solo saperla cogliere nel verso giusto e nonostante avessimo litigato per tutto il viaggio, mi aveva insegnato molte cose. Riguardo a Soren … non c’erano parole per descriverlo. Lui era come un diario per me, l’unico capace di capirmi e di ascoltarmi, quello che si può chiamare migliore amico. Ed io … avevo capito di non essere la persona che credevo, e l’avevo dimostrato e se anche tutto fosse finito ad attimi, qualcosa nel mio cuore sarebbe sempre rimasto. Abbassai lo sguardo e lasciai che una lacrima scendesse fino a terra, non avevo intenzione di asciugarla. Improvvisamente Marcus mi lanciò qualcosa addosso. Mi scansai ma capii che il suo intento non era colpirmi. Presi quell’oggetto marrone ramato e notai che erano un mazzo di chiavi. Le presi.
- Cosa vuoi dire con queste?- gli domandai con voce atona. Lui non si voltò e rimase a guardare fuori.
- Lo sai Erika, ho capito che se ti amo davvero … devo lasciarti andare- sospirai profondamente.
- Ciò che fai ti da’ onore-
- NON DRIMI COSA MI DA ONORE ERIKA! Per piacere! Vattene e basta!- seguii i suoi ordini. Non volevo più stare lì. Presi i miei vestiti, li indossai e mi diressi alla porta. Lo guardai un’ultima volta.
- Addio Marcus …- e così detto uscii. Mi appoggiai al muro con la schiena e sorrisi. Avevo vinto. Avevo vinto quella sfida! Avrei avuto nuovamente tutti quanti! Nessuno di noi sarebbe morto! Ma in quello stesso momento udii Marcus gridare di rabbia e distruggere qualcosa. Poi udii il vento. Aprii immediatamente la porta: la finestra prima sbarrata ora era aperta. Lo vidi, lontano nel cielo, volare lontano. Con la mia felicità qualcun altro soffriva. Non era ciò che volevo ma era l’unico modo per liberare la mia famiglia. Mi lasciai quella stanza alle spalle e scesi sino alle prigioni.
***
Camminavo in quel lungo corridoio buio e lugubre, freddo, mentre tutti i detenuti si attaccavano alle sbarre pregandomi di farli uscire. Io … avrei voluto ma non potevo.  Non sapevo se fossero tutti lì per i continui capricci di Marcus o se fossero veri criminali. Non mi potevo fidare. Andai dritta per la mia strada. Mi guardavo attorno cercando la “loro” cella ma non riuscivo a trovarla.
- Erika!- sentii gridare improvvisamente. Iniziai a correre seguendo il suono di quella voce. Soren, Soren, Soren! Era lui! Correvo cercandolo, cercando lui e tutti gli atri sino a che non scorsi la sua mano attaccata ad una sbarra della cella. William non c’era, Marcus doveva aver fatto qualcosa a mia insaputa. Senza perdere tempo infilai la chiave nella serratura e con le mani sudate e tremanti la girai. Un giro, due giri, tre giri, quattro, cinque, sei, sett … click, la apro. Mi gettai tra le braccia di Soren stringendolo più forte che potevo. Da quando eravamo partiti per dividerci parevano passati secoli e lui mi era mancato terribilmente. Poi Michael si fece avanti. Mi staccai da Soren e lo fissai per qualche attimo. Nessuno dei due voleva fare la prima mossa ma smisi di fare la bambina e lo strinsi forte.
- Oh Michael … sono così …- mi bloccai. Davvero lo stavo per dire?
- Anche io Erika- mi disse senza continuare quell’assurda pantomima. Lo strinsi per un’ultima volta e poi lo lasciai. Vidi Selene venire verso di me un po’ traballante ma pareva molto più in forze di quando l’avevo lasciata. Ci prendemmo le mani e ci abbracciammo. Poi lei si staccò. Mi fissò negli occhi.
- Credo, Erika, che tu stia fremendo e non per salutare noi- disse con un tono serio. Poi si scansò. Lo vidi. Lui, era lui. Misi una mano sulla bocca per non gridare. I capelli neri, ricci, il viso con il mento marcato, le labbra rosee, il suo corpo da dio greco ed i suoi occhi, i suoi occhi grigi screziati di indaco. Tutti gli altri si allontanarono. Lui invece si avvicinò ed anche io a lui. Facemmo tre passi a testa. Eravamo con la bocca schiusa, pronti a dire tutti e due qualcosa, lui molto probabilmente qualcosa di scortese come suo solito ma … lui recitava quella parte. Improvvisamente lui aprì le braccia, come se volesse abbracciarmi ma io più rapida estrassi la lettera. Gliela sventolai dinanzi agli occhi. Lui la guardò a bocca aperta e la prese con violenza, quasi strappandola. La rilesse. Vedevo le sue pupille che si muovevano frenetiche. Poi alzò lo sguardo su di me.
- Che vuoi dire con questa?- la sua voce, la sua voce che ricordavo ancora in ogni minima sfumatura. Intuivo tutti i suoi pensieri solo dal suo tono di voce, Kraven, quel Kraven che una volta era stato solo mio.
- Perché non me ne hai mai parlato?- gli domandai stupita, senza sapere che altro dire. Erano quattordici anni che non ci vedevamo e senza nemmeno salutarci gli chiedevo il perché di tutti quei secoli di odio e rimorso, rimpianto, dolore e gelosia, di un rapporto non basato sul dialogo che ci aveva portati alla rovina.
- Mai parlato Erika? MAI PARLATO? TU NON TI SEI PRESENTATA QUELLA NOTTE! COSA POTEVO CREDERE?- gridò tanto da farmi trasalire, come quando in passato gridava ed io tremavo di paura dinanzi alla sua espressione che si contorceva.
- Kraven, Erika! Sono quattordici anni che non vi …- Selene provò ad intervenire ma Kraven alzò una mano per dirle di tacere.
- Perché non mi hai chiesto spiegazioni, Kraven?- gli domandai con le lacrime agli occhi.
- Perché se tu mi avessi amato, l’avresti letta subito!- sbracciava come quando era infuriato ma non voleva esplodere.
- Non sapevo che era tua!- provai a salvarmi ma sapevo di aver sbagliato. Chiuse un pugno e alzò l’indice.
- No Erika, ora mi dici quando l’hai trovata quella lettera- a quelle parole gli occhi mi si riempirono di lacrime e mi voltai. Immaginai il suo viso che si distendeva e rimaneva a bocca aperta.
- Aspetta un momento, tu l’hai appena trovata!- mi accucciai a terra per non svenire e mi coprii il viso.
- Non ho nient’altro da dirti- sussurrò e lo sentii stropicciare la lettera. Me la buttò dinanzi agli occhi. I suoi passi si allontanarono. Soren e Selene provarono a fermarlo ma non ci riuscirono. Improvvisamente mi alzai. Lui era di spalle che camminava verso l’uscita. Presi fiato.
- Sai Kraven, ho resistito secoli sopportando ogni tuo capriccio, ogni tua voglia, e non mi spaventavano. Ho sopportato secoli te che correvi dietro a Selene e ho resistito, non avevo paura di perderti, tanto ti avevo già perso. C’è una cosa che mi spaventava più di tutte le altre! La morte è l'unica cosa che riesce a spaventarmi. La detesto perché oggi si può sopravvivere a tutto tranne che a lei. E tu eri morto, ed io sono partita da …- mi interruppe voltandosi con cattiveria.
- Non usare Dorian Gray per provare a calmarmi Erika! Conosco i tuoi tranelli e ormai ti conosco sin troppo bene! Fai sempre l’angioletto e la bambina innocente per provare a calmarmi o a farmi tornare da te, ma sai qual è il problema?- mi guardò aspettando la risposta che non arrivava così rispose da solo. –Il problema è che qualsiasi persona tu addotta è sempre ingenua. Ingenua sei ed ingenua resterai Erika, e se tu non lo fossi io e te saremo assieme, sposati con dei figli ed io forse non sarei il traditore che sono!-
- Oh! Quindi è colpa mia se lo sei?- gli gridai addosso.
- Sai, quando certe persone sono depresse si affogano nell’alcool e nel fumo. Noi non possiamo perché non ci fanno nulla quindi o ci suicidiamo o ci alleiamo con il nemico, sai io ho scelto la seconda e se non è totalmente colpa tua almeno una parte sì. Quella notte, quel 14 febbraio, ti ho aspettata per ore e ore e non sai quante cose mi sono passate per la testa! Ho pensato che ti fosse accaduto qualcosa, che Viktor ci avesse scoperti e che ti avesse chiusa in camera, che tu fossi con un altro e da lì ho pensato che non ti interessava nulla di me così sono rimasto un’altra ora, e poi? Cosa ci ho guadagnato? Nulla!- dopo aver pronunciato l’ultima parola con tutta l’amarezza che un’anima può contenere e se ne andò.

   
 
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