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Autore: Jessica James    28/12/2012    6 recensioni
"Scappiamo. Insieme. Verso qualche parte dove finalmente potremo amarci come vogliamo."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Hope is stronger than fear."
 
I miei genitori mi ripetevano questa frase ogni giorno, da quando portavo ancora il pannolino, fino a quando non ho iniziato a crederci davvero. Mio papà amava cantare e mi ha insegnato a suonare il pianoforte quando avevo solo sette anni. Mia mamma amava la danza, le scorreva nelle vene. Ricordo come le si illuminavano gli occhi quando papà accendeva lo stereo e la invitava a ballare. Passavano ore a volteggiare per casa, mentre io mi riempivo di biscotti appena sfornati, fino a quando papà si fermava con il fiatone e le guance rosse.
Vivevamo in una casa piccola ma accogliente, a Brighton, città che ho imparato ad amare con tutta me stessa.
Ogni volta che nonna Alicia passava a trovarci, la sentivo chiedere a mamma "Perchè non vi decidete a comprare una casa più grande? I soldi non vi mancano!" e mamma ogni volta le rispondeva dicendo "Io e James abbiamo deciso di tenere da parte quei soldi per Ashley, le serviranno per studiare a Londra. Qui ci troviamo bene, non abbiamo bisogno di una casa più grande."
La Sylvia Young Theatre School è sempre stato il sogno di mia madre, ma non è mai stata ammessa.
I miei hanno messo da parte i risparmi di una vita per pagarmi la retta della scuola, nel caso fossi riuscita ad entrarci.
Nell'estate del 2005 ho fatto l'audizione per poter essere ammessa. Mia madre era più emozionata di me. 
Ogni mattina, quando venivano nella mia cameretta per svegliarmi, mia madre si sedeva sul letto e mi abbracciava, ripetendomi che mi voleva bene, mentre mio padre rimaneva appoggiato sullo stipite della porta, ci guardava sorridendo e mi mimava un "ti voglio bene" con le labbra. E' uno dei ricordi più belli che ho di loro.
Le settimane passavano e dalla scuola non arrivava nessuna notizia. Iniziai a spaventarmi e lo dissi ai miei genitori, mentre passeggiavamo lungo la spiaggia mangiando un gelato.
"Ho paura che non mi ammettano.", dissi tutto d'un fiato, continuando a fissare il mare.
"Meriti un posto in quella scuola, hai talento bambina mia. Devi sperarci con tutta te stessa, perchè i sogni, se ci credi davvero, si realizzano.", disse mia madre.
"La speranza è più forte della paura, giusto?", aggiunse mio padre.
"Giusto."
Papà mi accompagnava ogni giorno alla posta a vedere se era arrivata la lettera di risposta dalla scuola.
Quando arrivò non riuscii a dire una parola. Il mio futuro era in quella lettera, l'ansia mi stava divorando lo stomaco.
"Bhè? Non la apri?", mi chiese papà.
"No, la apro a casa, voglio che ci sia anche la mamma."
Quando arrivammo, la casa era vuota. 
Giravo per le stanze chiamando il nome di mia madre, senza ricevere risposta. Squillò il telefono e mio padre corse a rispondere. Quando lo raggiunsi era pallido, gli occhi sgranati, e continuava a ripetere "Non è possibile, non ci credo."
Un attimo dopo mi prese per mano e iniziò a correre fuori, verso la macchina.
"Che succede papà? Dov'è mamma? "
"Allacciati la cintura!" , fu l'unica cosa che mi disse.
Quando arrivammo in ospedale mio padre era sempre più pallido e quando mi strinse la mano notai che tremava.
Mia madre era distesa in un letto dalle lenzuola candide, la testa era circondata da fasce bianche, macchiate di sangue.
Dalle braccia  e dal naso le uscivano un'infinità di tubicini collegati a macchinari che la tenevano in vita.
Vidi papà precipitarsi da lei. Il medico disse che c'era stato un incidente d'auto frontale e che mia madre aveva riportato parecchie fratture.
Iniziai a tremare anche io. 
Mio padre prese uno sgabello e si sistemò accanto al letto di mamma, le afferrò una mano e la baciò dolcemente. 
Continuò a ripeterle che lui era lì con lei, che non doveva avere paura e che la amava, fino a quando lei aprì gli occhi.
"Amore, indovina un po'? E' arrivata la lettera dalla scuola di Londra."
Mia madre strinse le dita di mio padre e mi guardò. 
"Vieni qui Ash, " disse mio padre, facendomi sedere sulle sue gambe, "Apri la lettera."
Ricordo che quando lessi che ero stata ammessa mamma mi sorrise mentre papà rideva e  le asciugava le lacrime, passandole un bacio dopo l'altro sulle guance.
Ricordo che con voce roca mi sussurrò : "Sono così fiera di te."
E ricordo anche che qualche attimo dopo, quando la abbracciai, il suo cuore aveva smesso di battere.
 
 
Due settimane dopo fui costretta a partire per Londra.
La morte della mamma aveva lasciato un vuoto enorme. La casa era sempre buia e silenziosa. 
Avevo preso l'abitudine di  dormire in camera dei miei genitori, abbracciata a papà. 
Lui aveva sempre gli occhi rossi e gonfi, ma non l'ho mai visto piangere.
Lasciare Brighton mi straziava il cuore. Lì avevo tutti i miei ricordi, i miei amici, il mio papà, che a quel punto avrei rivisto solo durante le vacanze.
In quella città avevo tutto ciò che mi legava a mia madre.
Quando salutai mio padre davanti alla Sylvia Theatre School un nodo mi serrava la gola.
"Ash, tutto bene?"
"Ho paura papà."
"Ma hai anche tanta.."
"Tanta speranza. Hope is stronger than fear. Lo so papà. Lo so."
"Ti voglio bene Ash."
"Io di più. Mi mancherai tanto."
"Anche tu bambina mia, non sai quanto."
La sua voce tremava. Mi staccai e lo guardai negli occhi.
"Ce la farai papà?"
"Certo. I Price non crollano mai."
 
Vorrei poter dire che davvero noi Price non crolliamo mai, ma sarei una bugiarda.
Io crollai, dopo solo tre settimane che passai dentro quella scuola.
Un po' perchè non riuscivo a superare la morte di mia madre, un po' perchè la distanza dal mio papà mi distruggeva ancora di più.
E un po' anche perchè a undici anni e mezzo mi ritrovai in una città nuova, in mezzo a gente che non conoscevo e che però non si faceva scrupoli a ferirmi solo perchè ero fra le più piccole della scuola.
La ragione per la quale oggi sono qui, e sono in grado di raccontare la mia storia, ha un nome: Gregory Simon West.
Devo tutto a lui.
 
 
@mickyslaugh
  
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