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Autore: Lara Rye    28/12/2012    1 recensioni
Joey è una donna che ha provato ad essere una madre, e che ha provato a curare la sua depressione con l'essere una madre, seppur invano.
Braydan e Olivia sono due figli condannati a rivivere il dramma della loro madre, sono due fratelli che non si conoscono, due persone alla ricerca di loro stessi.
Dal prologo:
I silenzi erano cari.
‘Mamma!’ Si sentiva chiamare, ogni singola volta. ‘Mamma! Mamma!’
Le voleva spegnere lei quelle voci, quelle che chiamava figli, quelli che avrebbe dovuto amare e proteggere per il resto della sua vita. Se lo ripeteva ogni singola volta che lei doveva amarli. Era il compito di una madre dopotutto, no?
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO
Olivia.

 
I silenzi erano cari.

‘Mamma!’ Si sentiva chiamare, ogni singola volta. ‘Mamma! Mamma!’
Le voleva spegnere lei quelle voci, quelle che chiamava figli, quelli che avrebbe dovuto amare e proteggere per il resto della sua vita. Se lo ripeteva ogni singola volta che lei doveva amarli. Era il compito di una madre dopotutto, no?

‘Mamma?’
Joey amava i suoi figli. Ne era sicura.

Spinse il viso contro un cuscino, quello blu notte regalatagli da suo marito, per nascondere le lacrime e specialmente le urla che non riusciva mai a gridare. Cercò di respirare, lentamente, ma persino quel piccolo e automatico gesto le bruciava ogni singola cellula del suo corpo, provocandole lancinante dolore.

‘Mamma?’
‘Braydan, chiudi quella cazzo di bocca!’ Gridò per la prima volta, mentre i suoi occhi sembravano essere intinti di feroce disperazione. Suo figlio la guardò, perplesso. Aveva quattro anni o poco più, capelli biondi con un ciuffo sulla fronte, occhi azzurrissimi e una carnagione insolitamente scura. Tra le mani aveva un dado giocattolo e le sue manine piccole erano ferme sul quattro e il sei. Spaventato, lasciò cadere il dado di gomma sul tappeto, continuando a guardare sua madre.

‘Non ho detto nulla, mamma.’ Disse, con la sua vocina leggera e la pronuncia imperfetta tipica di un bambino così piccolo, poco prima di scoppiare a piangere.
Lo sguardo di Jocelyn passò da suo figlio alla sua mano, appoggiata sulla pancia. Raggiunse velocemente lo specchio, guardando il suo corpo ingrassato a causa della gravidanza, il pancione simbolo del ormai troppo vicino nono mese. Un piccolo calcio dall’interno: era quello che aveva causato il tumulto, il fulmine che aveva scattato il suo inferno interiore?

‘Cosa ho fatto?’ chiese a se stessa, toccandosi il pancione. ‘Come ho potuto creare un’altra piccola creatura che dovrà soffrire per il resto della sua vita a causa mia?’ Un sentimento di pura colpa la investì improvvisamente, togliendole ogni piccola sicurezza. Forse amava davvero i suoi figli.

‘Mio piccolo Bray’ disse, prendendo dolcemente in braccio suo figlio, cullandolo teneramente. ‘Perdona la tua mamma, okay? Non volevo spaventarti.’ Gli spettinò i capelli biondi, sorridendogli, mentre lui cercava di spostarsi. Appoggiò l’orecchio sinistro sulla pancia di sua madre, ascoltando i movimenti della sua sorellina.
‘Oli!’ esordì Braydan. ‘sta bene Oli?’
‘Oli, Bray?’ Il bambino annuì con la testa, estremamente convinto. ‘Olivia’ rimuginò Jocelyn, ‘mi piace.’

Braydan scosse la testa, come se volesse informare sua madre del fatto che la sua sorellina sarebbe sempre rimasta Oli per lui. Joey scoppiò a ridere, sorpresa dalla dolcezza del suo bambino, dimenticandosi per un solo secondo l’inferno interiore che stava vivendo.
 
 
 
   
 
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