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Autore: IamShe    28/12/2012    13 recensioni
Shinichi è rimasto adulto, ma non sa né come né perché né quanto durerà l'antidoto. Sebbene cerchi di godersi questi attimi preziosi nel suo corpo originale, un vortice arriva a sconvolgergli la vita: una giornalista ha scritto un articolo su di lui e sul suo ultimo caso risolto, e Ran comincia a nutrire dei seri sospetti sulla sua doppia identità. E chissà che tutto ciò, non giunga alle orecchie sbagliate....
•••
“Rimani?” chiese lei di rimando, velocemente. Non voleva una vera risposta, voleva solo ascoltare la sua voce. Voleva solo sentirlo parlare. Perché sapeva che ogni cosa, ne avrebbe nascosta un’altra. Ogni verità, avrebbe nascosto una bugia. Una scia di luce, forse quella di prima, forse quella che si era persa nell’oscurità, forse quella che aveva cercato costantemente, passò negli occhi di Shinichi.
Ran non seppe interpretarla, ma non le importò.
“Sì.”
La bastò solo quello: credere alle sue bugie.
Genere: Generale, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Your Lies


2.
L'azoto

•••
 

 

* I periodi in grassetto corsivo sono flashback.
* I periodi fra due trattini (- ; -) ed in corsivo sono pensieri personali.



 
“Non... ci... posso... credere!”
Al suono della voce sorpresa e stupita di Sonoko, e all’indirizzo dei suoi occhi, un corridoio di ragazzi s’aprì dinanzi all’investigatore che, come su una passerella, sfilava tra sguardi innamorati di ragazzine invaghite, urla spropositate di vecchi amici di calcio, e professori stupefatti, increduli di poterlo rivedere per davvero.
“Oh! Oh! Guarda chi si rivede!!”
“Kudo! Appena tornato e già arrivi con la mogliettina, eh?!”
Alla sua destra Ran abbassò il capo, leggermente in imbarazzo, ma continuò a camminare e lasciarsi guidare dal corpo di Shinichi che, come Mosè, sembrava spartire le acque del corridoio e crearsi un sentiero indipendente. Arrivarono in aula qualche secondo dopo, ma la folla non tendeva a scemare nemmeno lì: i liceali attorniarono il detective come dei fan circondano il loro idolo, e proprio come degli appassionati, gli fecero mille e più domande.
Ma lui rispose perlopiù con dei sorrisi che con delle vere risposte. Anche perché, delle vere risposte, non le aveva nemmeno per sé.
“Il tuo maritino è qui e non mi hai detto nulla?!”
La voce che la stuzzicò fu la stessa che per prima aveva avvertito gli altri del ritorno dell’investigatore: quella di Sonoko. Ma stavolta fu diretta solo a Ran, che prese posto al suo solito banco, poggiando lo zaino sopra di esso.
“Non lo sapevo nemmeno io, pensa un po’...” La avvisò la karateka, cominciando a sfilare i libri che le servivano dalla cartella. Fermandosi, dopo qualche secondo, assottigliò gli occhi. “E non è il mio maritino!”
“Voglio tutti i dettagli di quello che è successo! Racconta! Racconta!”
“Cosa dovrei raccontarti? Non è successo nulla!”
“E dai!” La pregò quasi, sorreggendosi al banco con i gomiti. “Dove vi siete rivisti? Ti ha chiamato lui? E per quanto tempo rimarrà, te l’ha detto?”
Ran poté quasi avvertire una lampada conficcata nei suoi occhi: le sembrò di trovarsi in questura.
Sbuffò, e ripensando agli ultimi eventi, stette attenta a non lasciarsi trascinare dai ricordi e dalle emozioni.
“L’ho rivisto al villaggio Higashi-Okuho qualche giorno fa, in seguito ad un caso... non mi aveva chiamata, non mi aveva avvisata... e mi ha solo detto che, sì, rimarrà...”
Sonoko si strofinò il mento con le dita. “E non vi siete parlati?”
“Certo.” La karateka aprì il libro di analisi, ma ci diede poca attenzione. Mentre duettava con l’amica, continuava a lanciare occhiate verso Shinichi, che tentava invano di liberarsi dall’assedio degli amici. Per quanto sarebbe ancora durato tutto quello?
La risposta gliela diede il suo cervello: poco. Ma lei scosse la testa, e lo ignorò.
“Ran allora?!” la richiamò l’ereditiera, snervandosi. “Che cosa vi siete detti?!”
“Niente di importante.” Ribatté poi, lasciando che Sonoko si sedesse al suo posto sospirante e delusa. Ma nella sua mente, viaggiavano come schegge le parole che si erano rivolti qualche sera prima...
“Anche io ho delle cose da chiederti e da dirti... perciò aspettami!”
“Secondo la mia deduzione, probabilmente, sono le stesse che tu vorresti chiedere a me...”*
Eppure a lui era bastato guardarla per capirlo; l’aveva fissata per qualche secondo, ed aveva compreso. Ran arrossì di botto: doveva dedurre che Shinichi sapesse? Sapesse cosa provava lei per lui?
Si attorcigliò i capelli intorno ad un dito, ed osservandolo prendere posto in quel banco dietro lei, che troppo tempo era restato vuoto, sorrise. Ma fu un sorriso amaro, stentato e sofferto.
- Sì, certo che lo sai... -
 
•••
 
“Torni a casa con me?”
Sebbene amasse sentirglielo dire, le sembrò così strano che lo avesse rifatto ancora dopo tutto quel tempo. Alzò il capo e si ritrovò negli occhi azzurrini del suo amico d’infanzia, accostato al suo banco con le mani nelle sacche dei pantaloni, e sulle spalle lo zaino. Il sorrisetto la diceva lunga, ma Ran cercò di non imbambolarsi a fissarlo; era tremendo soccombere a quell’attrazione.
Sorrise anche lei, come per acconsentire alla sua domanda, ma perse volontariamente del tempo nel prepararsi: voleva gustarsi quel momento di inaspettata pace. Sul finire della giornata scolastica tutti tendono a correre, a fuggire, a tornare a casa; in classe sarebbero rimasti soli, lui e lei. Arrossì all’idea, ma le piacque: amava stare con lui.
“Se hai finito di fare l’idiota, certo.” Lo sfotté, leggermente irritata per il suo atteggiamento. Certo, ad essere strano nell’ultimo periodo era strano; ma quando si trattava di pavoneggiarsi e farsi grande dinanzi a tutti non sembrava subire mutazioni: rimaneva il solito Shinichi sbruffone ed esaltato.
“Io? Idiota? E perché mai?” Si finse ignaro, sebbene avesse capito benissimo. Un sorrisino spavaldo provò a nascergli in viso; e nonostante lui tentasse di sopprimerla, la voglia di agguantare nuovamente quel suo ego represso per troppo tempo crebbe fortemente in lui.
“Solo per aver firmato qualche autografo, fatto qualche foto con i miei fan, ed averli intrattenuti per tutta la giornata?”
“Ma smettila!” Ran gli diede un buffetto sulla guancia, che lo allontanò un po’ da sé. Il giovane, però, le afferrò il polso e l’attrasse al suo corpo, senza darle nemmeno il tempo di rendersene conto.
“Tu non lo vuoi il mio autografo?”
“No, grazie... non ci tengo.” Lo sfotté, mentre il suo viso cominciò a sfumarsi di rosso.
“Non vuoi nemmeno una foto?”
Lei scoppiò a ridere, appoggiando il capo al suo petto. “Beh...” ci pensò un attimo, staccandosi di nuovo. “Ultimamente ho potuto vederti solo nelle foto...”
Lui sorrise, stringendo le sue dita attorno a quelle esili di Ran. Si stavano avvicinando l’uno all’altro senza nemmeno rendersene conto.
“Facciamo così. Ce ne facciamo una nuova stasera, così potrai guardarmi in un’altra posa...” il suo tono s’abbassò e si incupì d’un tratto. “...quando non ci sarò.”
Lei chiuse le palpebre, sospirando. “E’ un modo carino per dirmi che scomparirai di nuovo?”
“No, è un modo carino per dirti che stasera sei invitata a cena a casa mia. E a cucinare sono io.” Le fece l’occhiolino, sorridendole.
Lei ridacchiò, appoggiandosi quasi involontariamente al suo petto. Si rese conto solo dopo di ritrovarsi appiccicata ai pettorali di Shinichi, e ai suoi muscoli. Più sodi che mai. La nuca alzata, gli occhi fissi e guardare i suoi, le mani nelle mani e le labbra che distavano qualche centimetro, talmente pochi che i loro respiri, caldi e deboli, s’infrangevano sulla pelle fredda. Un velo di rossore si poggiò sui volti di entrambi, ma Shinichi e Ran non ci badarono; si persero in quel momento, come estraniati dal mondo intero.
“Ehm... scusate?”
Dall’entrata dell’aula giunse loro una voce divertita, accompagnata ad un sottofondo misto di mormorii ilari. I due, voltandosi, si ritrovarono un ragazzo di fronte, e i loro amici di classe ad osservarli con smorfie sarcastiche e maliziose dipinte in viso.
Alla loro vista, Shinichi e Ran si staccarono violentemente, spingendosi l’uno dall’altro. Tentarono di non arrossire, ma non potevano sapere che i loro volti erano già paonazzi. Facce che si accesero ancora di più nel sentire i commenti, che i tanto cari amici rivolgevano loro.
“Andate in albergo ragazzi!”
“Oppure in palestra, lì non c’è nessuno!”
“No, no... lasciamoli soli, che qui tra poco se ne vanno tutti!”
Shinichi li fulminò con lo sguardo, assottigliando le palpebre seccato. “Tacete voi!”
“Ehm... scusa?”
La stessa voce di prima, quella che l’aveva bloccati, provenne da un ragazzo dalla divisa un po’ stropicciata ed usurata. Il giovane, dalla carnagione olivastra, gli occhi verde smeraldo e le palpebre leggermente tirate, i capelli che sfidavano la forza gravitazionale, issandosi verso l’altro in mille punte, tentava invano di comunicare con Ran nella baldoria generale della classe. La karateka lo notò e si avvicinò a lui, suscitando l’attenzione improvvisa di Shinichi.
“Dimmi!”
“Io ho da poco cominciato a far parte del gruppo di karate scolastico, e...” guardò altrove con gli occhi, leggermente in imbarazzo. “Avendo visto quanto sei brava, mi farebbe davvero piacere se mi dessi delle lezioni private per raggiungere il livello di tutti.”
Ran spalancò gli occhi, sorpresa. L’amico d’infanzia invece simulò una smorfia.
“Ti... ti pago eh!” aggiunse, repentino. La ragazza scoppiò a ridere, mostrandogli un sorriso che lo illuminò.
“No, non devi pagarmi... non preoccuparti!” Lo rassicurò poi, facendogli l’occhiolino. “Dimmi quando vorresti incontrarmi che mi organizzo.”
La gentilezza dell’amica fece storcere il naso a Shinichi, che, abbandonando completamente le battutine sarcastiche dei compagni di classe, si era immerso nella conversazione tra Ran e il giovane, cominciando a provare un leggero fastidio.
“Oh, benissimo!” esclamò lui, gioioso. “Allora... domani, va bene?”
Lei annuì, porgendogli la mano. “Piacere, Ran Mouri.”
“Saigo Yami” pronunciò fiero il suo nome, presentandosi. “Il piacere è tutto mio.”
 
•••
 
“Papà, sono tornata!”
Ran spalancò la porta dell’ufficio investigazioni, e salutando Kogoro, seduto alla scrivania con una radiolina pendente dai pantaloni, lasciò cadere la borsa sul divano. Osservandola compiere movimenti veloci e distratti, il padre s’infastidì. Senza ombra di dubbio, era così in fermento per la presenza di quel detective.
“Ran sai dov’è il moccioso?” le chiese distrattamente, riferendosi al piccolo Conan, che da un giorno all’altro sembrava misteriosamente scomparso.
“Ad Osaka” gli rispose la figlia, piegando repentinamente uno ad uno gli asciugami appena asciugati.
Ci pensò un attimo su, poi serrò gli occhi, sorpreso. “Come ad Osaka?!”
“Shinichi mi ha detto che ha contratto una malattia infettiva ed è partito stamane con Hattori” approfondì la questione, ma parlò talmente a bassa voce che Kogoro stentò a capirla.
“Malattia infettiva?!” sbiancò quasi l’investigatore, toccandosi il petto. “Quel moccioso porta germi!”
La karateka assottigliò le palpebre, scuotendo il capo.
“Papà, tu sei sano come un pesce, non preoccuparti. E poi Shinichi mi ha detto che non è nulla di grave.” Lo rassicurò, facendogli l’occhiolino.
Kogoro si mordicchiò un labbro, non convinto.
“E l’altro moccioso che si crede un detective?”
“Ha un nome... si chiama Shinichi.”
 “Sì, lui.” Alla voce accompagnò uno sbuffo, tanto per dimostrare quanto gli fosse simpatico il giovane Kudo.
“Si chiama Shinichi.” Ripeté la figlia, seccata.
“Non mi interessa come si chiama... vorrei solo che non ti coinvolgesse in idee strane.”
La karateka incurvò un sopracciglio, e simulò una smorfia. “Idee... strane?”
“Sì, quel ragazzino mi ha fatto sfasciare l’auto...” ribadì il concetto, come se tutte le volte che l’aveva fatto non erano bastate. “Non mi sorprenderei che si cacciasse in qualche altro guaio.”
La figlia sobbalzò, come se avesse avvertito qualcosa.
“Shinichi non è un teppista.” Lo difese velocemente, tentando di convincerlo.
“E fa cose che non dovrebbe fare.” La ignorò volutamente, ticchettando le dita sulla scrivania.
Ran inarcò un sopracciglio, esterrefatta. “Che?”
“Eh! Lo so io, lo so.” Pronunciò con rabbia poi, ripensando alla conversazione che aveva volontariamente sentito in auto prima dell’impatto con l’altra auto. Quel ragazzino aveva sbirciato qualcosa di troppo...
“Cosa sai?”
“Che è troppo spinto per i miei gusti.”
“Spinto?”
“Sì, prova continuamente a sedurti.”
Ran divenne paonazza, e sobbalzando dal salotto, gli si parò contro. “Shinichi non prova a sedurmi!”
“Non ancora, forse... e per questo mi piacerebbe comunque che...” cominciò, ma non trovò il coraggio di continuare a parlare.
“Che?” Lo invitò a proseguire lei, irritata.
Kogoro sbuffò ancora, e giocherellò con la cuffietta della radio, fissandola intensamente. Non riusciva a guardarla negli occhi.
“Insomma... che non lo frequentassi.” Sputò velocemente, sebbene se ne pentì subito dopo. Il suo istinto di padre gli diceva d’avvertirla che quel tipo non gli piaceva, che lei meritava di più, ma nonostante ciò, sentiva comunque che stesse sbagliando.
“Ma cosa stai dicendo!?”
“Ran...” la interpellò, come per prepararsi un discorso. “Lo so che alla tua età ci si sente pieni di vita, con gli ormoni in subbuglio,” tossicchiò a quella voce dell’elenco “che si ha voglia di provare, di fare esperienze, ma secondo me quel tipo non fa per te. Insomma, non c’è mai e non sai cosa fa e dove sta, compare e scompare all’improvviso... a mio parere... meriti di meglio...”
Restò ad ascoltarlo incredula, senza parole. “Papà, decido io cosa è meglio per me!”
“No, sei troppo piccola per decidere, non riesci a capire!”
“Capire cosa!?” gli chiese di rimando, certa che lui non avesse la risposta. “Decidere cosa?!”
Kogoro sbuffò ancora, dovendogliene dare atto. Effettivamente, lui non capiva granché di persone giuste e non. Era innamorato da sempre di una donna, ma per orgoglio e testardaggine, non riusciva a confessarglielo. Chi era lui per dare consigli ad una ragazza? Insomma, una ragazza come sua figlia: così dolce e gentile, aperta e disponibile a tutti, fotocopia della madre ringiovanita... che un simile angelo che correva appresso ad un ragazzino qualunque, non gli garbava.
“Stasera non ci sono... preparatela tu, la cena!”
E cacciando fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni, raccolse la borsa e filò dritta di sopra, senza salutarlo.
Kogoro la guardò andarsene: gli sembrò Eri da giovane. Era cresciuta, doveva pur rendersene conto.
Ma lei, lei era troppo piccola per rendersi conto di quanto lui le volesse bene, quanto fosse preoccupato, e quanto, forse, fosse anche un po’ geloso.
- Aspetta... che significa che devo prepararmi io la cena?! -  
•••
 
“Ciao Shinichi!”
Il professore Agasa spalancò l’entrata, ed accolse con grande gioia il suo giovane amico; lo invitò ad entrare, e gli offrì un bicchiere di tè che il detective accettò molto volentieri. Si sedette alla scrivania, facendo dondolare leggermente le gambe avanti e indietro, in attesa che Haibara, terminati gli studi, gli svelasse cosa gli stesse accadendo.
“Ha scoperto qualcosa?” domandò speranzoso all’amico anziano, che deglutendo il tè, annuì leggermente col capo.
“Sì, e mi è costato un giorno di elementari.”
Dal seminterrato, ormai immerso nel buio, salì con flemma la ragazzina dai capelli ramati; il camice bianco addosso, e qualche foglio tra le mani esili e piccole, le donavano un senso di professionalità che spesso mancava anche ai migliori professionisti.
Shinichi ridacchiò, osservandola. “Povera... oggi dovevano spiegare le moltiplicazioni. Come potrai mai recuperare?”
Ma Ai gli regalò un’occhiata truce, che tentò, invano, di smorzare quell’entusiasmo. Ci avrebbe scommesso milioni di yen che riavere il suo corpo originale gli avrebbe innalzato l’umore alla stelle, ma sperò solo che tutto ciò non potesse ritorcergli contro.
“Taci Kudo. Ho passato una mattinata a cercare di capire cosa ti sta succedendo, e i risultati non sono dei migliori.”
“Beh, ho il mio corpo... qualsiasi notizia sembrerà più bella di quella che è realmente.”
Lei sbuffò, porgendogli i fogli bianchi che aveva in mano.
“Questi sono articoli di giornale riguardo il lago del villaggio Higashi-Okuho dove ti sei fatto quel bel bagnetto.” Lo avvisò, mentre Shinichi leggeva distrattamente le informazioni che più gli saltavano agli occhi. “Hai bevuto quando sei caduto?”
Lui annuì, senza alzare il capo.
“L’acqua di quel lago ha un’eccessiva percentuale d’azoto e di fosforo per millimetro cubo. Ingerendone, l’azoto ha la capacità di rallentare la pressione sanguigna, e di conseguenza, diminuire i processi intermolecolari. Ogni volta che prendi un antidoto, esso combatte con gli anticorpi che l’apotoxina ha formato, fallendo miseramente. Ma essendo i processi rallentati, allo stesso modo l’aptx ha perso... come dire...” ci pensò un attimo su, guardando in alto. “...energia. La prima volta è riuscita a
vincere, ma la seconda volta si è ritrovata indebolita.”
“Ciò vuol dire che finalmente avrò per sempre il mio corpo?” si illuminò Shinichi, entusiasta.
“No. Anche in questo momento i tuoi anticorpi stanno lottando per la vittoria, e quindi...”
“Da un momento all’altro potrei tornare Conan.” Completò la frase il detective, mutando il tono.
Lei annuì, osservandolo. “Però, sulla base di ciò, potrei sperimentare un nuovo antidoto, che potrebbe essere quello definitivo.”
Shinichi sorrise di nuovo, poggiando i fogli sul bancone. “Davvero? Ma è una bellissima notizia!”
“Sì, ma...” s’incupì lei, abbassando il capo. “Come i nitrati e i nitriti reagiscono con l'emoglobina, causando la diminuzione della capacità di trasporto dell'ossigeno del sangue... l’azoto ha un’alta capacità di formazione delle nitrosammine, che sono note come...” si fermò un attimo, mordicchiandosi il labbro. “...una delle cause più comuni di cancro.”
“E allora?”
Lei spalancò le palpebre. “Ma come? Avrai il tuo corpo, ma potresti morire di tumore!”
Lui sorrise, spavaldo. “Non mi interessa.”
“Shinichi...” lo chiamò il dottore, con preoccupazione. “Ragiona... potresti continuare la tua vita da Conan, crescere e riavere comunque il tuo corpo...”
Lui scosse il capo, sorridendo. “No. Non se ne parla. Mi sarei arreso.”
“Come?”
“Io non voglio riavere il mio corpo, ma la mia vita. E’ il mio obiettivo, proprio come quello di sbattere in galera quei bastardi dell’organizzazione. E come un sogno, necessita d’essere raggiunto. Non mi arrenderò, nemmeno di fronte alla paura.”
Ai sospirò, incrociando le braccia.
“Riavrò il mio corpo anche a costo di dover combattere un cancro. Io non sono un codardo, non scapperò dal mio destino.”
La scienziata sorrise; quelle parole le aveva già sentite.
“L’antidoto potrebbe non funzionare.” Lo avvisò, tagliente.
“Non mi interessa, ci proverò di nuovo.”
“L’antidoto potrebbe alterare dei meccanismi del tuo corpo.”
“Non mi interessa, lo ha già fatto l’aptx.”
“L’antidoto potrebbe farti morire direttamente.” Continuò Ai, quasi volendo testare la sua tenacia.
“Non mi interessa vivere...” Sorrise: il suo pensiero andò a Ran. “...se non da Shinichi Kudo.”
 
•••
 
- Che nervi! -
Salendo velocemente le scale, Ran sfogò la sua rabbia nei pugni, stringendoli con violenza, fino a far sbiancare le nocche.
- Come può credere di gestire la mia vita!? La mia vita! -
Estraendo il cellulare dalla tasca destra, ne scrutò l’orario sul display: erano le 17 passate. Sullo sfondo una foto di lei e Sonoko impostata dall’ereditiera, con dietro i fuochi d’artificio di fine anno che illuminavano i loro volti di mille colori accesi. Riguardando l’immagine, le venne una gran voglia di chiamare l’amica, e consolarsi tra le sue parole; ma ripensando a ciò che le aveva detto il padre, e al parere che la Suzuki avesse di Shinichi, pensò che forse non fosse proprio la persona adatta a calmare gli animi.
Disfacendo lo zaino sulla scrivania, ne mise a posto il contenuto. Ma tra un libro ed una matita, cadde a terra l’unica cosa che aveva avuto il potere di turbarla seriamente quella mattina, e che l’aveva attratta così violentemente che non poté fare a meno di appropriarsene.
L’amuleto di Heiji le sussurrò ciò che il suo cuore avrebbe voluto sentire; e le regalò la forza che da sempre avrebbe voluto avere.
- Ok, la chiamo... la chiamo... -
 
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‘Gli occhiali da sole gli davano un’aria più seria’ aveva sempre ripetuto a se stesso. Non li dimenticava mai, e ne aveva anche un paio di scorta, casomai si rompessero. Li apprezzava perché gli permettevano di osservare il mondo con quel velo di nero e d’oscurità che da sempre l’attraeva e lo spingeva a sentirsi più sicuro e più forte – era quello di cui si convinceva sempre. Vetri neri, non per ripararsi dal sole ma per combatterlo, perché secondo lui, la vera energia risiedeva nell’oscurità. Quel giorno camminò a piedi per la capitale, poiché, dovendo svolgere un servizio di poco conto, aveva preferito lasciare il suo capo nella loro tana, affinché non si scomodasse. E mentre il vento gli tagliava il viso, notò, in un ammucchio di giornali e riviste, un quotidiano nazionale, dalla prima pagina dedicata ad un caso strano ed ambiguo. Si avvicinò di più, ed afferrandolo, con le mani cominciò a leggerlo. Avrebbe voluto farlo solo con la mente, ma i pensieri guizzarono così veloci che fuoriuscirono da essa.
“Shinichi Kudo e il suo sosia: l’amarezza degli equivoci” recitava la testata nera, al centro del foglio. Rimase a bocca aperta nel fissare l’immagine che ritraeva il detective.
Era quel ragazzo, quello di quella notte.
Velocemente prese il cellulare e compose un numero, allontanandosi dall’edicolante. Scambiò alcune parole col suo interlocutore, e si impegnò parecchio nel scandirle: dovevano essere dirette.
“Sono Vodka. Preparami la cartella di Kudo Shinichi.”

 
 
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Precisazioni:
* “Anche io ho delle cose da chiederti e da dirti... / sono le stesse che tu vorresti chiedere a me...”: Volume 63, File 1.
 

 
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Eccomi gente!!!!
Allora? Come sono andate le varie abbuffate, Natale, e i regali? Spero tutto bene... anche perché a me è andato tutto una schifezza XD
Alla Vigilia ho fatto un incidente stradale insieme al mio ragazzo... siamo usciti quasi illesi, ma la macchina è distrutta... va beh, cose che accadono.
Ritornando a cose più belle, parliamo del secondo capitolo :D Allora, cosa ne pensate? Partendo dal principio, Shinichi e Ran hanno i loro momenti dolci... Shinichi la invita a casa sua... cosa vorrà fare? ;) Ran litiga con Kogoro, che non sostiene Shinichi... Ai chiarisce meglio la situazione riguardo l’antidoto e ciò che potrebbe accadere e... dulcis in fundo, Vodka legge l’articolo. Cosa accadrà? Si prevedono guai!!!!
 
Ringrazio infinitamente shinichi e ran amore, LunaRebirth_, Hoshi Kudo, Nana Kudo, Martins, Junna, aoko_90, Delia23 e arya_drottningu per aver recensito il primo capitolo!
E a ciccia98 (ehilà!!! Da quanto tempo!!!) per aver inserito la storia tra le preferite, Kilamya per averla inserita nelle ricordate e... GiulyIchigo, ChibiRoby, Junna e Kirito per aver inserito la storia tra le seguite!!!
 
Ci vediamo al terzo, e mi raccomando, recensite!!!
A big kiss!
 
Tonia
   
 
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