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Autore: Scarlet Angel    15/07/2007    8 recensioni
Tell them it's me who made you sad. Tell them the faitytale gone bad.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un’auto si fermò davanti alla casa

Disclaimerone grande come una casa. I gemelli Madden non mi appartengono e neppure la deliziosa signorina Duff. Tutto quello ce è scritto qui sotto è frutto della mia mente molto malata e non spero di farci nemmeno un centesimo, quindi non è a scopo di lucro.

So benissimo che i due ex piccioncini si siano lasciati, ma siccome a me è venuta in mente questa storia, me ne frego altamenteXD.

Ringrazio la mia onnipresente beta Ele e voglio anche ringraziare Ari, o Chucky92 o come diavolo si firma ora nelle recensioni, che ha ascoltato tutta la trama a suo tempo. Ringrazio anche le sorelle pazze che l’avrebbero voluta leggere in anteprima, ma complice un computer( o due?) che non funziona bene tutto ciò non è stato possibile.

Dopo questi ringraziamenti infiniti, manco fossi una star, vi lascio alla mia storiella. Buona lettura.

p.s. Mile le Malboro rosse sono, ovviamente, quelle che abbiamo rubato a LiukoloXD

 



"Out of my life, Out of my mind
Out of the tears that we can’t deny
We need to swallow all our pride
And leave this mess behind
Out of my head, Out of my bed
Out of the dreams we had, they’re bad
Tell them it’s me who made you sad
Tell them the fairytale gone bad"     
  Fairytale gone bad- Sunrise Avenue

 

Un’auto si fermò davanti alla casa. Le luci dei lampioni illuminarono la persona che ne scese, dandole un’aria spettrale.

La villetta era illuminata a giorno dalle lucine natalizie. Forse chi vi abitava aveva cercato di darle un’aria normale e quotidiana, di ricreare un classico quadretto familiare americano. Il risultato poteva essere accettabile, se non fosse stato per le urla che provenivano dal soggiorno, nel quale s’intravedevano due figure occupate in un furioso litigio.

-Non capisci nulla di me! Come quando ti offendi perché non voglio avere figli.- si sentì una voce di donna urlare.

-Ecco, sempre su questo punto devi cadere! E basta! Non è possibile che ogni cosa debba riguardarecon i nostri progetti per il futuro.- fu la risposta di un uomo.

E così erano già arrivati all’argomento più spinoso del loro matrimonio, pensò Benji. Conosceva perfettamente ogni loro litigio. Perché, bene o male, uno dei due glielo avrebbe raccontato di sicuro.

Si appoggiò alla macchina, cercò nella tasca ed estrasse un pacchetto di Marlboro rosse e un accendino. Pessima abitudine, lo sapeva, ma in certi momenti la nicotina era la sua unica fonte di salvezza.

Accese la sigaretta e si concesse un lungo sospiro: a volte si chiedeva perché suo fratello e Hilary si fossero sposati. La motivazione più ovvia, perché si amavano, sembrava non bastare più, dato che già all’alba del terzo anno la rottura sembrava vicina.  Ma forse, ragionandoci sopra bene, il loro matrimonio si era crepato molto prima…il fatto che suo fratello da due anni camminasse con un palco di corna sopra la testa era molto esplicativo. E il fatto che l’autore fosse Benji stesso era un argomento sufficientemente spinoso da non essere nemmeno preso in considerazione. Sapeva che se avesse iniziato in quel modo la scia dei suoi pensieri lo avrebbe portato dove non voleva: ai sensi di colpa. E la sigaretta era pure finita. Decisamente meglio concentrarsi sulla figura che stava sopragiungendo .

Era una ragazza sulla ventina, bionda e abbacchiata. Guardava fisso per terra, stringendosi nel cappottino nero che indossava. Singhiozzava, ma così piano che un occhio poco vigile non se ne sarebbe mai accorto.

Abbandonato ai suoi pensieri doveva essersi perso la battuta finale. Chissà qual era stata quella sera. Chi era stato il primo a troncare la lite? Con quale scusa se n’era andata lei? O era lui che l’aveva cacciata, per una volta? Domande inutili.

Le andò incontro e le sollevò il mento.

-Che c’è baby? -

Ma poteva fare una domanda più stupida? Sapeva benissimo cosa c’era. Non era certo rassicurante che dopo tutti gli anni che si conoscevano, dovesse ancora rompere il ghiaccio come quando si erano appena incontrati. Con una domanda stupida, appunto.

La ragazza si lasciò andare ad una risatina nervosa e lo guardò con disapprovazione:

-          Un po’ più vicino potevi venire! Joel potrebbe essere alla finestra che ci guarda! E i vicini ormai mormorano! Sei uno stupido!-

Lui si scostò e alzò le mani in segno di resa. Con un sorriso beffardo le ricordò che le stupidaggini le diceva suo fratello, non lui. Quindi avrebbe dovuto togliere quel broncio dal suo stupendo visino e prepararsi per una stupenda serata, quella che lui le avrebbe fatto trascorrere di li a poco.

Ed era sempre lui quello che la consolava dopo i loro litigi. E con una faccia di bronzo invidiabile, da attore consumato, finiva a consolare anche il fratello.

Benji diede una veloce occhiata alla casa…nessuno in vista. Potevano partire. Se il signore gliel’aveva mandata buona, nessuno lo aveva notato appostato nel giardino della casa come un avvoltoio in attesa della sua preda. Tanto meno suo fratello joel…perlomeno sperava.

La ragazza era già in macchina e gli fece segno di salire velocemente. Finora gli era andata bene, ma ciò non significava che sarebbe andata bene anche nei minuti successivi. Meglio togliersi dalla visuale di vicini curiosi…

Salì e accese, senza fermarsi ad osservare il viso di lei. Non sentiva più singhiozzi e questo non poteva essere altro che un buon segno.

Ingranò la marcia e partì. Verso dove lo sapeva solo Dio.

No, in realtà aveva qualche precisa idea, ma era la serata di Hilary e Hilary avrebbe scelto. Come sempre, era lei che decideva. Quando incontrarsi, dove incontrarsi, come incontrarsi…gli lasciava solo la possibilità di scegliere perché.

-Dove andiamo?-

-Non m’importa. Dove ci possano vedere.-

Lui alzò lo sguardo dalla strada, preoccupato, e si girò verso di lei, sorpreso.

-Cosa ti salta in mente?-

 Nessuna risposta. Solo silenzio. Solo la vista di uno sguardo assorto nel cielo nero del Maryland.

Presto la band si sarebbe ritrovata per un nuovo cd, dopo lunghi mesi di pausa. E Benji non aveva proprio voglia di spiegare a gli altri ragazzi che non si sarebbe fatto niente perché era andato a letto con la moglie di suo fratello… decise che sarebbero andati al solito posto, dove avevano tutti un debito con lui sufficiente da garantire il loro silenzio.

Il “Dying Love” era un posto tranquillo, di poche pretese. Piccolo pub di periferia, frequentato dai cosiddetti “alternativi”.  Punk nostalgici,  Goth e qualunque altro gruppo che la classe media americana non vedeva di buon occhio. Tutti lì s’incontravano, tutti troppo ubriachi o presi dai loro pensieri per preoccuparsi dei nuovi arrivati. Non proprio nuovi, a dire la verità: La bionda e il moro, come li chiamava affettuosamente Becky, la padrona del pub. Se il locale non era affondato sotto il peso dei debiti di gioco di suo marito, lo doveva solamente a un gentile prestito a fondo perso di Benji. Soldi in cambio di silenzio, in fin dei conti era sempre così.

La ragazza lo prese per mano e lo condusse al loro tavolo, nascosto in un angolo.

Bel controsenso, voleva farsi vedere e lo portava al tavolo più nascosto. Ma in effetti la vita di Hilary era costruita sui controsensi, a cominciare dall’essere sposata a un gemello ma portarsi a letto e, a detta di lei, amare l’altro.

Becky venne a prendere l’ordinazione, con il sorriso di circostanza appannato dalla stanchezza. Un Whisky per lui, un Bloody Mary per lei.

Quando la barista se ne andò calò un silenzio imbarazzante. Le parole di lei non lasciavano la mente di Benji. “Dove ci possano vedere”. Quanto significato avevano

Come la tranquillità del mare prima della tempesta, l’uomo sapeva che il silenzio di Hilary era solo il preludio al disastro.  Se disastro sarebbe stato. Di sicuro qualcosa sarebbe successo.

-Benji…- l’inizio.

-Dimmi.-

- Così non si può andare avanti. Io non reggo più questa situazione.- le gote arrossate e gli occhi lucidi tradivano la sicurezza con la quale parlava- Sono stufa. Stufa Marcia. Stufa di litigare. Stufa dell’ottusità di tuo fratello. Stupida di vivere divisa fra voi due. Stufa di dovermi nascondere come una ladra in bettole come questa. Stufa di temere l’uscita di ogni giornale, l’aggiornamento di ogni sito e l’inizio di ogni programma di gossip. –

Gli prese una mano, lo cercò con gli occhi, ma lui non ebbe il coraggio di sostenere lo sguardo. Prevedeva dove sarebbe andata a parare. E non gli piaceva.

-          È arrivato il momento di mettere la parola fine. Il mio matrimonio non ha funzionato. Punto e basta. E poi ci sei tu. Non meriti anche tu forse di essere libero? Insomma, sono anni che andiamo avanti con questa relazione…-.

Si, erano anni. Due per la precisione. Dal primo vero litigio. Dalla fine della novità. Pochi momenti rubati. Visite nei backstage. Perché lui era il suo migliore amico, tutti credevano questo. Anche Joel credeva questo.  E invece… era molto più di un amico.

-          Mi stai ascoltando?-

- No, non ti sto ascoltando. Sto pensando…-

- Cos’è, non ti va? Pensi che sia una stupida bambina capricciosa?-.

Le cose si stavano mettendo male. Molto male. La rabbia le stava crescendo dentro. O forse c’era già da prima. Fatto sta che la stava sfogando su di lui. Che non c’entrava niente. O quasi…

- No, hai tutte le ragioni di questo mondo di voler lasciare Joel. Però non possiamo subito uscire allo scoperto. Con che coraggio potrei guardare in faccia mio fratello? Sapendo che gli ho rubato la donna che ama?-

Hilary lo fissò con aria sconvolta. Si accorse anche lui che quello che aveva appena detto era un controsenso. E finora come aveva fatto a guardarlo in faccia?  Finora che aveva fatto? Non gliel’aveva portata via? Solo che Joel non lo sapeva. Comodo. Molto comodo.

- E finora che hai fatto?-

Già, finora. Adesso era il caso di pensare al presente. Benji sbuffò, non sapendo che rispondere. Aveva fatto esattamente quello che non avrebbe mai voluto fare. Che bel giro di parole per definire il gioco sporco…

- Ho fatto esattamente quello che non avrei dovuto fare. Non me ne pento, per carità. Ti amo e non tornerei indietro. Però non riesco a cacciare i sensi di colpa…-

-Basta!Basta! Ho capito. Basta. Rimandiamo. Ancora. Continuiamo con questo giocare a guardia e ladri, con questo pugnalare Joel alle spalle, con questo ucciderci ogni minuto che passa. Continuiamo. Tanto ho tempo. C’è tempo per tutto. E ora brindiamo. Brindiamo ad un’altra occasione persa. O forse guadagnata.-

Benji guardo stupito la ragazza. Quella sera non aveva fatto altro che guardarla stupito. Era un sera troppo strana. Una serata incomprensibile. Una serata in cui qualcosa era cambiato in entrambi.

 Ordinarono ancora. Un Bloody Mary per lei, un Gin per lui. Poi una Tequila per entrambi. Poi una vodka. E poi un’altra. Senza pensare ad altro, senza pensare a nulla.

Solo tentare di affogare nell’alcool. Un’altra di quelle cose che Benji non avrebbe mai voluto fare. Ma evidentemente la sua vita non era nelle sue mani. Il fato lo trascinava dove voleva, senza tenere conto di ciò che un ragazzo di sedici anni si era ripromesso di non fare mai: diventare  un alcolizzato come suo padre e tradire il fratello.

I minuti e le ore passavano…il tempo come sempre loro nemico le faceva scivolare via veloci. O forse era meglio che questa notte stesse durando poco. Forse non era notte da vivere. Era notte da dimenticare.

Senza accorgersi di quello che stava facendo Hilary si alzò e prese il braccio di Benji, intenzionata a dirigersi verso il piano superiore. Ma in uno sprazzo di lucidità, dove l’alcool probabilmente o aveva resuscitato qualcosa della volontà di Benji  o aveva distratto il fato, lui si divincolò e si diresse verso la porta.

Sentiva qualcosa dentro di sé che non gli piaceva. Era troppo simile a quel nodo che ti prende alla gola quando vuoi piangere. E lui non poteva piangere. Perché lo dice anche un detto, sopra al latte versato non si piange. Perlomeno non doveva farsi vedere da lei…voleva tornare a casa. Voleva stare male, soffrire per la sbornia, espiare la sua colpa vomitando e tenere quel mal di testa come promemoria del suo errore.

Raggiunsero la macchina e vi salirono. Entrambi abbastanza ubriachi per essere convinti di poter guidare la macchina, entrambi non abbastanza sobri per rendersi conto che questa capacità era solo un’utopia.

Misero in moto e imboccarono la strada. Hilary ruppe il silenzio imbarazzante accendendo la radio.

 

These are the chronicles of life and death and everything between.
These are the stories of our lives, as fictional as they may seem.
You come in this world, and you go out just the same.
Today could be the worst day of your life

 

- Ti prego cambia.  Non ho voglia di ascoltarla.

 

“But these are the chronicles of life and death and everything between.”

 

La voglia di litigare di lei si ripresentò, portandola a ribattere:

-A me va eccome! Quindi rimane su questa stazione.-

 

“These are the stories of our lives, as fictional as they may seem.”

 

-Per favore cambia.-

 

“ You come in this world, and you go out just the same”

 

 

-No! Mi piace.-

 

“ Today could be the best day of,”

 

-Cambia!- urlò, girandosi verso di lei di colpo.

 

“ Today could be the worst day of,”

 

 La fissò negli occhi rabbioso. Fissando lei non vide il semaforo diventare rosso.

 

“Today could be the last day of your life.
It's your life, your life”

 

                                                                            The Chronicles of Life and Death- Good Charlotte

 

  
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