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Autore: minerva74    30/12/2012    7 recensioni
L’altro non ride. Si limita ad allontanarsi, appoggiandosi all’ombrello. “Sono semplicemente tuo fratello, Sherlock. Un tempo, ero il tuo fratello adottivo.” Si volta, lo fissa in viso. “Adesso sono tuo fratello di sangue.”
O.s.t. consigliata: Ovviamente l'omonima canzone degli Evanescence
*dedicata alle autrici del TCATH. Alla mia beta Lucia, Jess, Claudia, Alice, Viviana, Giulia, Monica, Simona, Andrea, Cristina, Elisa, Sara...insomma... a tutte voi. Semplicemente, grazie.*
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Molly Hooper
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Freddo. Il freddo che sente è profondo, intimo, gli impregna le ossa. Come se fosse rimasto a lungo immerso in una vasca di acqua gelida e il gelo si fosse impossessato delle cellule.
Il corpo vibra. Una scossa calda, che amplifica la sensazione dolorosa che paralizza le membra.
Eppure le dita si muovono. Si stringono.
Qualcosa all’interno del corpo si muove, ma è una sensazione strana, opaca, che l’uomo non riconosce.
Un uomo? È un uomo?
La consapevolezza sbatte contro un muro nero. Gli occhi della mente e quelli del corpo sono spalancati sul buio.

Buio.
L’uomo ansima. Le braccia, spinte da un impulso che non si rende conto di provare si alzano, cercano di strappare il sudario di tenebre che gli avvolgono il viso e la coscienza. C’è qualcosa al di là di quella notte densa e pesante, ui lo sente. Lo sa. Non sa come, o perché… ma sente che oltre il nero c’è qualcosa.
Nozioni. Sapere. Conoscenza. Consapevolezza.

Luce.
Le mani toccano freddo. Pareti lisce, appena velati di brina. La consapevolezza aumenta. E’ disteso su…qualcosa, ed è stretto, un… nastro? Una corda? Lo trattiene a cosa… COSA?
Devo uscire. DEVO USCIRE.
Quella frase si dilata nel cervello, lo lacera, lo uccide e si sovrappone al dolore che lo impregna tutto. Ossa,pelle, carne, muscoli.
Scalcia. Grida. Urla.
Tutto pur di uscire, pur di ignorare la domanda che gli rimbomba nel cranio e che gi sta strappando le viscere.
Chi sono io?
 
Luce.
Una lama di luce bianca penetra attraverso il sudario, lo dissolve. Il chiarore gli inonda gli occhi e l’uomo li copre. Si accartoccia su se stesso con un gemito, rotola a terra.
Il pavimento è appiccicoso. Puzza di disinfettante e di… di ferro. E olio fritto. Ed escrementi. E latte. E cibo avariato. E fiori.
Sangue.
Lo sente, è in bocca. Un’altra scossa, più violenta. Parte dai capelli, si propaga sottopelle fino a giungere al centro del petto.
L’uomo inala con forza e l’aria gli ferisce i polmoni. Si raccoglie a terra, le braccia sulla testa. Ansima, ma non prova alcun sollievo nel sentire l’aria che gira nel petto e che gli graffia la gola.
“Ma… maè giusto che sia così?”
Una voce femminile. E’ esitante, piena di preoccupazione.
Un’altra risponde. Un uomo. Calmo, rassicurante. Amaro.
“Oh sì, miss Hooper. Un sospiro pesante. “E’ così che accade.”
L’uomo su pavimento stringe le ginocchia al petto. Si tocca la testa, infila le dita tra i capelli. Sotto i polpastrelli, una cicatrice. Punti di sutura. Ora lo sa, sa che è sotto choc. Un lembo del velo che avvolge la sua mente intorpidita sta scivolando via.
Una mano gentile si muove su di lui. E’ nudo, lo comprende dal tocco caldo sulla schiena, dai polpastrelli che indugiano sulla sua gola. L’odore di sangue diventa più forte, lo avvolge, lo costringe ad aprire gli occhi.
Neon. Metallo lucido. Tavoli che si innalzano dal pavimento come alberi di alluminio grigio. Pareti bianche.
Una mano, quella mano piena di tenerezza gli sfiora il volto.
“Si allontani, miss Hooper. Le prossime ore potrebbero essere difficili per lui.” Di nuovo, un altro brivido.
La mano si chiude in un pugno. Scompare.
La donna si allontana.

L’uomo spalanca gli occhi. La consapevolezza è arrivata all’improvviso, un fiotto caldo che ha rimesso in moto il cuore. La mente si è spalancata e, come un’orchestra, ha prodotto un unico accordo.
Una sola, magistrale deduzione.
L’uomo a terra si puntella sul gomito. E’ debole, la gola è arsa, la pelle duole come se fosse ustionata ma passerà.
Lo sa. Lo ha sempre saputo.
Si rimette in piedi, a fatica. Barcolla, si appoggia alla parete di acciaio. Sul metallo non rimane alcuna impronta.
Si volta.
La donna lo guarda a occhi spalancati. Ha un pugno sulle labbra, forse per bloccare un singulto, forse per impedirsi di urlare. Il volto è teso, diviso tra incredulità, l’orrore e il sollievo.
L’uomo accanto a lei, invece, lo studia con interesse. Un sorriso appena accennato sembra riscaldare la sua espressione glaciale e insondabile. Lo guarda con attenzione, scruta i muscoli, il torce coperto di ecchimosi, la lunga cicatrice seminascosta dai capelli. Accarezza l’impugnatura dell’ombrello stretto tra le mani guantate.
Ma nessuno si avvicina. Nessuno si muove.

Senza guardarla, l’uomo dall’ombrello sussurra alla donna. “I suoi abiti?”
Molly annuisce. Corre via, in fretta. E’ quasi lieta di poter sparire, di potersi allontanare da quel… quel…
Era suo amico, un tempo. Fino a pochi giorni prima.
Era stato molto di più, forse.

I due uomini si guardano nella sala livida di neon e acciaio. L’uomo ferito non abbassa gli occhi, anzi. Si guarda attorno con curiosità, come se vedesse quella stanza a lui così familiare per la prima volta.
Poi torna a fissare l’altro. Inclina il capo in un gesto di saluto.
“Ci sei riuscito, finalmente. Sangue del tuo sangue. E’ così che si dice, no?” Nessuna recriminazione. Solo una costatazione. C’è una labile traccia di curiosità nella voce, ma è solo un accenno, cancellato dallo scherno nascosto in quella domanda.
Un sospiro teatrale è la risposta. Le dita danzano sull’impugnatura dell’ombrello.
“Era questione di tempo. Anche tu fai parte della famiglia, adesso.”
“Io sapevo. Gli Holmes sapevano. I tuoi datori di lavoro lo sanno?” Altro sarcasmo, più forte.
“Da sempre.” Un’alzata di sopracciglia. Compiacimento. “I monarchi passano. Noi, no.”
Un accenno di riso spezza il silenzio secco. “E come dovrei chiamarti, adesso? Mycroft… o Mr. Snow?”
L’altro non ride. Si limita ad allontanarsi, appoggiandosi all’ombrello. “Sono semplicemente tuo fratello, Sherlock. Un tempo, ero il tuo fratello adottivo.”
Si volta, lo fissa in viso. “Adesso sono tuo fratello di sangue.”
 

   
 
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