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Autore: ButnowIamfeelinggood    03/01/2013    1 recensioni
Un crimine da risolvere, un uomo spietato da rinchiudere. Enea riuscirà a scoprire l'identità dell'assassino di molti suoi cari? E in più, odierà il suo colore preferito, ovvero il rosso?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sulla mia gondola il tempo sembrava non passare mai. Solo quella telefonato mi destò dai miei sogni incantati per farmi ritornare alla dura e cruenta realtà. Rosso, rossa sangue, in casa mia.

Corro sulla mia moto così velocemente da non accorgermi quasi di essere già arrivato a casa.

La porta è aperta.

Vedo solo confusione.

C’è solo questo, dentro di me e davanti ai miei occhi.

La mia splendida Clara stava preparando la cena.

Rosso.

Il fuoco era acceso e la tavola apparecchiata.

Rosso.

In casa mia.

Rosso.

Nella mia cucina gialla come la farina.

Un déjà vu.

Il sogno di poche notti prima.

Lì c’era mio padre, qui c’è Clara.

Ma il resto è identico.

La tovaglia a quadretti blu e gialla, i bicchieri di cristallo, la pasta nella pentola.

Uguale.
 
 
«I vicini avevano sentito dei rumori strani e ci hanno chiamato subito: siamo arrivati il prima possibile ma invano».

«Che tipo di rumori?», chiedo senza neanche accorgermene a Silvia.

La mia mente non vuole concentrarsi.

Non vuole realizzare l’accaduto.

Non voglio realizzare l’accaduto.

Non sento cosa dice, le parole sembrano rumori di sottofondo.

Non riesco a distogliere lo sguardo dal pavimento.

Il suo corpo.

Il corpo di mia moglie.

Ha le palpebre chiuse e i capelli sporchi del suo stesso sangue.

«Dicono anche di aver sentito il rumore di qualcosa che cadeva».

Capisco solo questo del lungo discorso di Silvia.

Corro.

Corro.

La camera verde.

La camera del nostro bambino che non abbiamo avuto né avremo mai.

Avevamo comprato un mappamondo.

 
«Ti piace, Clara?»
«Mi piace quanto mi piaci tu»
 

Nei miei pensieri ritornano le parole di quel giorno: non eravamo ancora sposati, ma ci piaceva andare in giro per i negozi come se lo fossimo.

È distrutto.

Ha avuto il coraggio di distruggere l’oggetto a cui ero più affezionato.

Un altro dèjà vu.

Il secondo sogno.

La paura mi mangia, divora il mio stomaco e risucchia lentamente la mia anima.

Urlo.

Tutti mi guardano attoniti, come a dire: «Ma che sta facendo?». Mi comprendono solo Roberto e Silvia, che si scambiano occhiate fugaci e poi, all’unisono, si voltano verso di me.

Roberto ha gli occhi verdi come l’erba al mattino, quando si riesce a distinguere la rugiada in ogni foglia.

Silvia è nera: occhi scuri come il buio di una caverna.

Mi comprendono con uno sguardo lungo e intenso, facendo andar via tutti gli altri.

Hanno portato con sé il corpo di Clara, la mia Clara.

Sul pavimento rimane solo una macchia di sangue, piccola: sembra quasi la puntina di una “i”.

La scruto, mi ricorda vagamente un numero.

Mi avvicino cautamente.

Numero “1”.

La prima vittima di tante altre che la seguiranno.

Devo riuscire ad scovare l’identità di quest’assassino.

Devo salvare tutte le altre persone che saranno uccise da questo carnefice.

Devo: è una questione di principio.
  
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