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Autore: LadyPalma    03/01/2013    1 recensioni
Enrico ha perso la testa dietro Anna Bolena e i giorni di Caterina stanno per volgere al termine. Ma davvero tutto è come sembra? Oppure c'è ancora qualche speranza per il Re e la Regina? // Piccola long-fiction sulle note di "Love the way you lie" di Rihanna e Eminem.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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4.In smoke with all our memories

 

So maybe I'm a masochist
I try to run but I don't wanna ever leave

Una borsa, poi un’altra, ormai era tutto pronto per l’imminente partenza che non poteva essere più rimandata; non c’era stata grande scelta a dire il vero, sia perché le era rimasto ben poco di suo e sia perché quel poco che aveva, doveva portarlo tutto, dal momento che non avrebbe più messo piede a Palazzo. Lo sapeva anche lei. Sarebbe partita molto presto il giorno dopo, in compagnia di un gran numero di dame e servitori ad ogni modo, e quella sarebbe stata la sua ultima notte come Regina, senza il Re al suo fianco naturalmente.

“Vostra Maestà!” la richiamò la sua fidata Elizabeth.

Caterina arrestò il passo e si voltò lentamente, non se ne era quasi accorta ma aveva raggiunto la porta, con tutta l’intenzione di lasciare i suoi appartamenti.

“E’ notte… Non dovreste girare per il Palazzo, è buio” l’ammonì la dama in tono apprensivo.

“Allora, vorrà dire che la prossima notte resterò nei miei appartamenti di Regina” ribattè prontamente la Regina con più asprezza di quanta ne avesse voluta usare.

Non ci sarebbe stata una prossima notte e quella sarebbe stata la prima e anche l’ultima notte che lei avrebbe infranto il protocollo reale.

Elizabeth Darrell chinò la testa a quell’amara ironia, per poi avvicinarsi alla sedia a dondolo e afferrare rapidamente una mantellina verde.

“Prendete questa almeno… Fa freddo” disse accennando un sorriso e poggiando la stoffa sulle spalle della donna più anziana.

Quest’ultima sorrise di rimando e mormorando un ringraziamento, riprese la sua strada verso l’ignoto.

Perché questo era il Palazzo di notte per lei: ignoto. Qualsiasi tipo di intrattenimento, cui lei ad ogni modo non aveva partecipato, era finito da un pezzo e tutto sembrava immerso nel silenzio. Aveva ragione Elizabeth: era buio e faceva freddo, davvero troppo. Strinse di più la mantellina e spostò la candela per fare più luce per indicarle la via: quel palazzo era un vero labirinto e l’ avervi abitato per quasi vent’anni non aveva aiutato a renderlo meno complicato.

“Chissà cosa starà facendo Enrico” si ritrovò a pensare mentre avanzava a passi incerti; sfiorava con il palmo della mano il muro, osservava attenta le scale e le stanze davanti cui passava, sorrideva perfino alle guardie e i pochi servitori notturni che incontrava, cercando avidamente di costruire ultimi ricordi, finché ogni senso andava a perdersi lontano, nei ricordi che già aveva. Finchè all’improvviso la candela non andò a fare luce su una figura familiare, seduta a terra con la schiena appoggiata al muro; forse era una mera allucinazione, eppure ad ogni passo sembrava sempre più reale. Doveva essere reale.

“Enrico!” si riscoprì a chiamare, colta dalla sorpresa di quell’apparizione.

 “Caterina…” mormorò la figura, apparendo più disperata che sorpresa.

Fu così che la Regina vide il Re, come un fantasma alla luce di una candela.

Fu così che il Re vide la Regina, come un angelo nel buio.

“Enrico…” lo chiamò nuovamente lei coprendo la distanza tra loro e abbassandosi accanto a lui, per quanto l’ingombrante vestito consentisse “pensavo che tu fossi…”

“A caccia?” completò lui con un ironico sorriso “Sono tornato poco fa e nessuno ancora ne è a conoscenza… non volevo svegliare la Corte”

“Non volevate svegliare la Corte o non volevate farlo sapere a me?” chiese lei amaramente, comprendendo immediatamente il reale significato delle sue parole.

Enrico sorrise semplicemente, senza dire nulla, senza neppure tentare di sostenere quella scusa che suonava falsa pure a lui.

 

Til the walls are goin' up
in smoke with all our memories

 

E poi all’improvviso si udì un singhiozzo, frammento di un pianto soffocato e non si capiva a chi dei due sovrani fosse sfuggito. Forse erano stati entrambi o forse nessuno e quel lamento era esistito solo nelle loro menti, memore di pianti lontani. La morte del primo figlio il piccolo Enrico, e poi via via tutti gli altri uno dopo l’altro, le amanti del Re e la spinosa questione del divorzio. Ma non era questo quello che volevano ricordare: non era il dolore quello che Enrico voleva lasciarle, non era il rimpianto quello che Caterina voleva portare con sé.

“Il giorno del nostro matrimonio, com’eravate bella…” sussurrò Enrico mentre un sorriso si formava sulle sue labbra “Le passeggiate, i balli e la nascita di Maria… E le tendine della giostra, ve lo ricordate?”

Una lacrima non vista scese sulla guancia della Regina e un singhiozzo le uscì stavolta per davvero: “Eravamo felici”.

“Non voglio che partiate…” mormorò il Re precipitosamente, allungando una mano nel semibuio e trovando immediatamente quella della moglie.

“Siete voi a volermi mandare via” fu la dura risposta di lei.

Enrico si mosse e si fece più vicino, fino a stringerla in un delicato abbraccio, come se avesse paura di farle del male, come se non gliene avesse già fatto fin troppo.

“Cosa devo fare? Io vi amo, Catalina, come il primo giorno e il pensiero che siete stata di mio fratello mi ha fatto impazzire per tutti questi anni… Non voglio che partiate, restate con me…”

Le lacrime scendevano copiose sul suo volto e le parole gli erano uscite dritte dal cuore, prima che il cervello ne desse il consenso. Perché era questo che gli succedeva quando ce l’aveva di fronte: tutte le accuse che le rivolgeva contro evaporavano nel cielo dei suoi occhi e l’unica cosa che provava era amore e paura, paura di vivere senza di lei.

“Anche io vi amo..” mormorò lei in risposta, suonando vagamente incerta e non per i suoi sentimenti, ma perché sapeva che le belle parole che sentiva adesso nel buio, con la luce del giorno sarebbero sparite di nuovo.

“Restate con me stanotte” le sussurrò con voce carica di desiderio, iniziando a baciarla e facendo perdere le sue mani sul corpo di lei coperto dai vestiti, che dopo vent’anni restava ancora sempre misterioso.

“Come ultima notte?” chiese lei bloccandogli le mani per un attimo e fissandolo negli occhi.

Enrico non rispose e Caterina non chiese altro, lasciandosi ingannare ancora e ancora.

 

   
 
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