049. Cold hands
Mani fredde
“Che gelida manina!
Se la lasci riscaldar.
Cercar che giova? Al buio non si trova.
Ma per fortuna è una notte di luna, e qui la luna l'abbiamo vicina.”
La Bohème, Giacomo Puccini
Dicembre. Fuori faceva freddo. Non abbastanza
perché nevicasse. Pioveva, forte, con tuoni e fulmini. Riza e Roy se ne stavano
nel piccolo salotto di casa Hawkeye. Fuori il vento ululava e la pioggia
batteva contro i vetri delle finestre. Roy cercava di leggere un noioso e lungo
tomo di alchimia mentre Riza ricamava. Fiorellini gialli e rossi. Incredibile
come riuscisse a vedere e a infilare un punto dietro l’altro con la scarsa luce
della stanza. Aveva davvero una vista fenomenale.
Roy ben presto si stufò del libro; lo chiuse con
un tonfo e lo depositò in terra, sopra a fogli sparsi di appunti presi alla
rinfusa. Non aveva voglia di mettere ordine. Le giornate di pioggia lo
rendevano particolarmente apatico.
Sbuffò, accavallò le gambe e piantò un gomito nel
bracciolo della poltrona. Riza non distolse lo sguardo dai suoi punti nemmeno
per un secondo. Le sua mano destra si muoveva rapida e aggraziata sopra la
tela, sotto la tela, sopra la tela. Sembrava quasi danzasse. L’ago con la punta
smussata poteva essere una spada, armeggiata dal più esperto maestro d’armi.
Roy trovava tutto questo molto affascinante. Non
riusciva a distogliere lo sguardo da quel lavoro meccanico e artistico. Chissà
da chi aveva imparato. Voleva proprio chiederglielo.
Un fulmine abbagliò i due ragazzi, che non contarono
nemmeno un elefante prima di sentire il rombo di un potentissimo tuono
abbattersi a poca distanza dalla casa. Entrambi sobbalzarono, la luce del
salotto si spense, il ricamo di Riza cadde a terra e Roy tirò un calcio al suo
libro, spargendo appunti per tutto il pavimento.
Solo il fuoco del camino era rimasto quieto,
indifferente alla tempesta che si stava scatenando fuori. La debole luce che
proveniva da esso era sufficiente a Roy e Riza per raccogliere i fogli a terra e
riassettarli in un pila, questa volta sul tavolo.
Riza recuperò il suo lavoro di ricamo, ma, ahimè,
l’ago era scivolato via. L’elettricità era saltata e sembrava poco intenzionata
a tornare.
A gattoni, tutti e due, alla cieca cercavano
l’ago, battendo i palmi sul pavimento. Fu Roy a trovarlo. O meglio, l’ago trovò
Roy, che imprecò per poi ficcarsi il medio della mano destra in bocca e
succhiare il sangue. Con l’altra mano raccolse l’arma dal pavimento per
porgerla a Riza. Lei infilò l’ago nella tela, abbandonando il ricamo sulla
poltrona su cui prima era seduta.
«Fammi vedere» ordinò perentoria a Roy, che
continuava a succhiarsi il buchetto lasciatogli dall’ago sul dito.
Gli prese la mano tra le sue, avvicinandosi al
fuoco per vedere meglio.
Com’erano fredde la mani di Riza! Due sculture di
ghiaccio.
Ma erano anche gentili e delicate. In fondo a Roy
non dispiaceva quel contatto, per quanto freddo.
«Buone notizie! Non perderai il dito!» disse con
un sorriso bello caldo.
«Bene, perché ci sono parecchio affezionato».
Entrambi risero e Riza lasciò andare la mano
ferita di Roy, che decise di ricambiare quella gentilezza. Prese le mani della ragazzina,
ci soffiò sopra per riscaldarle e infine se le portò sotto le ascelle. «Sono affezionato
anche alle tue mani. Non vorrei ti cadessero per il freddo!» scherzò.
Riza arrossì. E per fortuna che la luce era saltata!
NOTE FINALI:
Liberamente ispirata a "La Bohème" del grande maestro Puccini. (qui il link che rimanda all'interpretazione di Pavarotti del brano
Luciano Pavarotti sings "Che gelida manina"). Che volete farci, la lirica ha sempre un posticino speciale nel mio cuore!
So
che è un theme breve, ma è pieno di fluff, perciò
dovrebbe andare bene comunque. Che altro dire... non mi ricordo!
La cara Teresa è venuta a farmi visita...Perciò non mi resta che ringraziarvi e a risentirci al prossimo theme!