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Autore: DarkSide_of_TheRunes    04/01/2013    2 recensioni
«La Punta di Lancia!» esclama Fionn «guarda come brilla forte stasera. Quando la stella della tua casata brilla così, sta per avvicinarsi la fortuna».
All’udire quel nome, Erech non può che richiamare lo sguardo verso la stella, sollevando appena il capo per poter incontrare quella luce così alta e luminosa nel cielo, più bella tra tutte. La osserva in un silenzio prolungato, prima di chinare lo sguardo, quasi vergognoso di appartenere ad una Stirpe di cui non si sente più degno. 

«Brillava così anche quella notte, Fionn. Brillava anche quando i miei uomini furono trucidati, quando mio padre soccombette sotto la lama dell’Usurpatore. Ho timore delle stelle, soprattutto quando emanano una luce così forte».

Erech Carandir è un fuggiasco, ultimo superstite di una dinastia distrutta diciotto anni fa. Gli dèi gli hanno mandato un sogno profetico: se la Lancia Spezzata della sua stirpe sarà ricomposta, allora potrà tornare a regnare su Garth, come i suoi avi prima di lui. Con un giovane convinto di parlare con l'Unico come solo alleato e due principesse recalcitranti come ostaggi, riuscirà Erech a tornare sul trono che gli spetta di diritto?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Lancia Spezzata

I
La voce di Dio


 

Le ultime fiamme si nascondono tra le ceneri ancora calde, accompagnate dai pezzi di rami secchi che sono stati quasi del tutto consumati. Ed è lì che il calcio di Erech va a sfogarsi, per celare la fioca luce che sta per scomparire del tutto.

Gli occhi azzurri, simili a lame di ghiaccio, si incastonano tra le stelle che ricoprono il manto nero privo di luna. Il vento della notte sopraggiunge, sfiorando prima gli alberi che circondano la macchia verde della foresta, per insinuarsi poi tra i suoi lunghi capelli neri e la folta barba, lasciata crescere incolta. Un tempo, quando la gioventù scorreva vigorosa tra le sue membra, non avrebbe mai usato abbandonare la cura e l’interesse per il proprio aspetto. Un tempo, il suo comportamento rispecchiava la sua essenza. Ora invece sembra che non abbia nulla a cui appellarsi: di ciò che ha lasciato sulla sua strada, non porta alcun ricordo visibile nell’ombra dei suoi occhi. Che ami o meno quel cambiamento, di certo rappresenta un'estrema fuga verso la libertà.

Si costringe ad alzarsi in piedi, dormire non gli avrebbe giovato per il resto di tutta la notte. Calpestato il mantello su cui poco prima aveva costruito un giaciglio approssimativo, si copre con il pesante manto di pelliccia. L’inverno è appena iniziato, ma la neve ancora non si lascia scorgere, probabilmente nella sua vecchia casa essa già si è posata sui manti erbosi che d’estate sono verdi e colmi d’alberi in frutto.

Per una volta in tutti quei lunghi anni è lieto di non trovarsi da solo nel suo cammino, felice che Fionn si trovi assieme a lui. Quanto durerà quel bisogno di solitudine? Quanto ancora si nasconderà dietro la maschera che si è adagiato sul viso? Sa di non essere più, forse un giorno sarà.

Volta lo sguardo distrattamente verso il suo compagno, intento ad osservare le stelle. Sembra che le stia contando, come ogni sera.

Lo vede grattarsi il naso, prima di puntare il dito verso una stella particolarmente luminosa.

«La Punta di Lancia!» esclama Fionn «guarda come brilla forte stasera. Quando la stella della tua casata brilla così, sta per avvicinarsi la fortuna».

All’udire quel nome, Erech non può che richiamare lo sguardo verso la stella, sollevando appena il capo per poter incontrare quella luce così alta e luminosa nel cielo, più bella tra tutte. La osserva in un silenzio prolungato, prima di chinare lo sguardo, quasi vergognoso di appartenere ad una Stirpe di cui non si sente più degno.

«Brillava così anche quella notte, Fionn. Brillava anche quando i miei uomini furono trucidati, quando mio padre soccombette sotto la lama dell’Usurpatore. Ho timore delle stelle, soprattutto quando emanano una luce così forte».

«Secondo me non brillava così forte. Ero un bambino, mio signore, ma me lo ricordo bene» Fionn si stringe nelle spalle, sembra che stia riflettendo su qualcosa che solo lui può conoscere o ascoltare. «Il Grande Vecchio non vorrebbe che tu temessi le stelle, mio signore. Sono i suoi messaggi, e noi dobbiamo solo imparare a leggerle».

«Ah, certo. Il Grande Vecchio» Una risata lugubre esce dalle labbra nascoste sotto la barba, vivere fuori dal suo Regno per così tanto tempo gli ha fatto dimenticare tutto ciò che di nobile possedeva. «Se il Grande Vecchio ci avesse mandato un messaggio simile quando ci serviva, saremmo tutti nelle nostre case ora, in Grazie e Giustizia. Non mi hanno dato ascolto i miei Dèi, perché mai dovrei voler ascoltare i messaggi del tuo?»

Alla fine della frase sputa a terra con disanimo. 
Vede il compagno scuotere la testa.

«Beh, il mio Dio è più simpatico dei tuoi dèi. E non brandisce lance.»

«Non dirmi che il tuo Dio opera secondo Giustizia ed Amore, come siete soliti predicare tutti, con assenza di sangue e guerra, perché sono pronto a dirti che esso vale meno di niente».

Fa vibrare quelle parole tra i denti, togliendo lo sguardo dalle stelle e volgendolo verso quello di Fionn che sembra al contrario così tranquillo, dai lineamenti rilassati e sereni. A volte non sa chi ringraziare che lui l’abbia seguito per così tanto tempo, altrimenti ora si ritroverebbe da solo contro il mondo, o contro se stesso.

Le parole acri muoiono sul nascere, così Fionn rivolge gli occhi al cielo prima di domandare «Quanto manca ancora, all’alba?»

Erech si sofferma a guardarlo per qualche istante, ancora dalla sua posizione alta e robusta, non riesce a comprendere se quella domanda sia volta a lui, ma sente di dover dire qualcosa.

«Poche ore, partiremo non appena sarà sorto il sole. Ma io non ho sonno, se vuoi riposare, ti sveglierò appena sarà ora di andare. Monterò la guardia fino a mattina».

Fionn riporta lo sguardo su Erech, lasciando trasparire un’espressione quasi sorpresa. Impiega diversi istanti per registrare la sua presenza, come se per un attimo l’avesse dimenticata, ma poi replica: «Se tu vegli su di me, chi veglierà su di te?»

Solo allora Erech comprende che la sua domanda era rivolta altrove, verso le Stelle luminose del cielo, forse. Sospira, evitando di incorrere in una nuova discussione sprezzante sul suo Unico Dio. Quante sciocchezze, voler affidare il destino del mondo ad uno solo.

«Non ho bisogno che qualcuno vegli su di me, Fionn.»

«Ah, sciocchezze, ne hai bisogno come tutti, mio signore» ribatte spostando le braci con un bastone, con fare pensieroso, prima di aggiungere «Tu te la ricordi, tua madre?»

Che strana domanda, sopraggiunta così all’improvviso a rischiarare le acque tenebrose creatosi nel suo cuore. Sua madre, come non ricordarsi di lei?

«Sì, me la ricordo. Ella era bella, dalla voce melodiosa e sincera. Aveva lunghi capelli castani intarsiati d’argento, ninnoli di famiglia. Le chiamavano Stelle di Luce, che assurdità. Eppure mi piaceva guardarle la sera, tra i suoi capelli, prima di andare a dormire. Sembrava di poter vedere il cielo in una stanza. Ma perché mi poni questa domanda?».

Il compagno sembra ascoltare il suo racconto con attenzione, come se fosse concentrato sull’evocare il ricordo della Regina.

«Stelle di luce. Il cielo dentro la stanza» annuisce, per poi poggiare la bocca sulle mani giunte «Niente, cercavo di ricordare la mia. Il Vecchio non mi aiuta molto, in questo. Però mi assicura che era una donna bellissima. Com’è che tutte le madri sono sempre bellissime?» Accenna ad un sorriso. «Tu te la ricordi, mia madre? Era davvero bellissima, o il Vecchio lo dice per farmi piacere? Io sospetto che sia così».

Erech si sofferma per un attimo, conducendo lo sguardo verso le braci ancora calde, corrugando la fronte con fare pensieroso. No, lui era un principe mentre Fionn non era che il figlio del siniscalco del Re. Ricorda suo padre, certo, un uomo importante a corte ma non può rimembrare il viso di sua madre.

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«Tuo padre non ti lasciò nemmeno un ritratto?» chiede quasi d’incanto, con voce addolcita.

Fionn si ferma a riflettere, prima di ripetere: «Siamo noi a renderle belle…», poi scuote il capo. «No, nemmeno un ritratto. Però so che si chiamava Aimèe.». Chiude gli occhi. «Me la ricordo, la notte in cui l'usurpatore ha preso il tuo regno. Mio padre mi ha preso per mano e mi ha messo tra le braccia della balia. C'era il rumore del metallo sui gradini di pietra. Gli strali delle catapulte sulle mura. I corridoi vibravano, credevo che mi sarebbero caduti sulla testa.» Apre gli occhi, per fissarlo con serietà. «Ricordo quando tu ci hai guidati in salvo, noi gente del borgo. Eri coperto di sangue e fuliggine, ti tenevi il braccio ferito, ma non ci hai lasciati al nostro destino, anche se non eravamo importanti. E’ per questo che ho giurato di proteggerti. Nel caso te lo stessi chiedendo. Non ricordo se te l’avevo mai detto, ma ora lo sai. Non ricordo mai se ho già detto le cose importanti. Ma è meglio ripeterle, nel caso. Non credi?»

«Aimèe, uno splendido nome, delicato come quello di un fiore» risponde Erech in un sussurro, prima di passare una mano tra i capelli, facendo un giro intorno alle braci, calpestando il terriccio secco e caldo. Poi, ecco i ricordi affiorargli nella mente, trasportandoli in espressioni del viso punte di rammarico. 
«Mio padre mi incaricò di portarvi in salvo, prima della fine. Non avrei desiderato abbandonare la battaglia proprio in quel momento, ma c’era bisogno di qualcuno che avesse il sangue freddo per portarvi via e difendervi, o sareste morti. Rimpiango ancora tutta quella gente che non ebbi modo di portare in salvo, erano troppi ed io mi sentivo…solo.»

Come non ricordare quei bui e tetri momenti, le urla delle donne e dei bambini, gli uomini che invece correvano verso la battaglia per difendere se stessi e le proprie case? Le lance contro gli scudi nemici, le lame delle spade spezzate e colme di sangue, quella ferita al braccio che bruciava in profondità, ma sembrava esser stato il cuore ad aver ricevuto una ferita ben più profonda. Porta ancora quella cicatrice, ma è ben nascosta, come se fosse motivo di vergogna.

«Io mi ricordo di te, Fionn» A seguire quel turbinio di pensieri avanza ancora, avendo il bisogno di comunicarli. «Avevo gli occhi intorpiditi dal calore delle fiamme, dai fumi che si levavano alti nel cielo. Sì, mi ricordo. I tuoi occhi sono inconfondibili, non avevi un briciolo di paura, nonostante fossi tra le braccia della tua balia. Così fiero e sicuro. Sei tu che mi hai dato la forza per andare avanti, combattere. E non hai nemmeno avuto bisogno di parlare.» Compare un sorriso sulle labbra disegnate sotto la barba «Certe cose è meglio che non vengano dimenticate, mai. Ribadirle significa aprire le ferite, ma che importa? Esse rimangono sulla nostra pelle».

Fionn sembra accennare ad un sorriso prima di abbassare gli occhi. «Io ti ho dato la forza? Accidenti.» Scrolla le spalle, continuando a stuzzicare il fuoco, come se amasse veder scoppiettare le scintille sulle fiamme. Porta distrattamente la mano sotto i piedi, dove tiene il suo arco non ancora incordato.

«Sì, tu Fionn. I tuoi occhi parlarono chiaro quella notte, avevo il compito di portarvi tutti in salvo e solo dopo avrei potuto adempiere al mio dovere.»

Una risposta così fugace, colma di rammarico, gli fa stringere gli occhi, come per cercare di dimenticare quelle immagini che lo fanno ancora sussultare.
«Parlavi già col tuo vecchio Signore?» aggiunge, desideroso di cacciarle via, mentre decide di sdraiarsi sul tronco di un albero caduto, abbastanza spesso da poterne contenere schiena e gambe incrociate.

«No. La prima volta che mi ha parlato è stato quando ho preso in mano un arco» Fionn sorride entusiasta al ricordo «Pensavo fosse la voce dell’arco! Lui mi ha detto come incordare, come incoccare, quando lasciare andare la freccia. Devi ringraziare l’Unico, sai, se oggi sono in grado di combattere al tuo fianco!»

«Ti ha insegnato persino ad usare l'arco...è incredibile, sono preziosi i suoi consigli, a volte» lo canzona, continuando a tenere gli occhi ben chiusi, come per proteggersi dalle parole e dalle immagini, dalla luce della stella che continua a brillare nel cielo, ma meno luminosa di prima. 
Poi, d'improvviso, con la stessa voce infantile Fionn dice: «Ricordami cosa faremo quando avremo tra le mani l’usurpatore».

Erech sa che non è casuale quell’affermazione, oltre al voler volgere l’argomento verso un’altra direzione.

«Lo uccideremo, dissanguandolo e strappandone le carni.» E' il suo più brutale desiderio, sanguinario e animale. Sì, lo desidera più di ogni altra cosa. Ma poi non diverrebbe altro che una belva, una delle peggiori fiere dell’umanità. Sospira, scuotendo il capo e modificando la sua risposta. «Lo cacceremo via, per sempre».
Non può vedere l’espressione di Fionn, da quella posizione, ma immagina in quali riflessioni possa esser caduto.

«Sarai un re migliore di lui, mio signore. Migliore anche di tuo padre» Il ragazzo volge gli occhi al cielo «anche Lui è d’accordo».

All’udire quelle parole sente gli occhi bruciare, come immersi in una lava vulcanica. Cosa sono, lacrime forse? Sì, le riconosce le maledette che per anni hanno cercato di infondersi tra i suoi occhi e il suo viso. Le caccia via con un movimento brusco, impedendogli di scendere. Sente l’animo vibrare all’interno delle sue carni, fremere per la vendetta e per rivendicare il Sangue che è stato sparso, il suo stesso sangue che non ha saputo proteggere. 
Dove ed in chi troverebbe la forza se Fionn non gli fosse così fedele, così amico? Eppure mai lo aveva ringraziato fino ad ora, mai nemmeno una parola carica d’amicizia, alcun gesto d’affetto fraterno. 
Il bruciore appena spostatosi in gola gli rende la voce più scura, quasi da oltretomba.

«Questo non sarà il tuo Dio a deciderlo, né io né tu. Che ci sia almeno propizio insieme agli Dèi tutti per questa ardua missione. Ora siamo soli, ma dovremo recuperare altri volontari. Altri che possiedono la nostra stessa affinità di sentimenti».
Avverte il rumore di un ramoscello gettato nel fuoco che attecchisce nelle fiamme, arde e si annerisce consumandosi lentamente.

«Mio signore, gli dèi non decidono. Sanno e basta» Lo sente alzarsi in piedi, scrollandosi le vesti dalla cenere «In questo posso aiutarti ancora meglio. La gente mi ascolta, quando predico» ora si ferma, come non si stesse rivolgendo solo al suo interlocutore terreno «Va bene, va bene, ascolta Te che parli attraverso me. Ma non è la stessa cosa?» Si volta verso Erech spalancando le braccia <

Un nuovo sorriso, ben nascosto, compare sulle labbra, divertito dal fare eccentrico dell’amico. Apre un occhi solo per poter incrociare il suo sguardo.

«Fionn, ci sono diverse cose che continuo ad ignorare di te. Ad esempio, mi son sempre chiesto come tu possa vivere assieme ad una voce che continua a ronzarti nelle orecchie. Non è già abbastanza faticoso esser il compagno di se stessi?».

Intanto si rende conto che la luce del mattino inizia a distogliere l’imbrunire della notte, quasi non si è reso conto che i colori iniziavano a divenire più opachi e freschi, più luminosi e bianchi.
Sospira, costringendosi ad alzarsi di nuovo, prima di aggiungere «Inoltre, non so fino a che punto io sia intenzionato ad ascoltare le parole del tuo Vecchio Signore».

«Beh, tu come fai a vivere con i tuoi pensieri? Come fai a respirare?» Fionn si gratta la barba un po' ispida, ed Erech inizia a rendersi conto di quanto comincino a rassomigliarsi nei comportamenti e nell’aspetto. Batte le palpebre, abituandosi alla luce che inizia a dilagare sciogliendo la notte. «E' una cosa così semplice. A volte è anche riposante.» Il ragazzo inarca un sopracciglio, iniziando a raccogliere i suoi pochi averi «Non è importante che tu le ascolti, mio signore. L'importante è che le ascoltino i contadini...se sapranno che il mio Vecchio è con noi, forse saranno più disposti a seguirti» conclude, legando con particolare attenzione l'arco alla bisaccia. 
Così anche Erech lo imita, raccogliendo le sacche prima di spegnere del tutto le braci, per estrema sicurezza. Scrolla le spalle mentre raccoglie da terra il mantello sgualcito, battendolo dalla polvere, e se lo lega al collo per poi indossarne il cappuccio che finisce per adombrargli il viso, nonostante corra fuori la sua lunga barba.

«Se i contadini ti ascolteranno, forse potremmo ritenerci già avanti con la nostra Missione. Ma saprai farti ascoltare?»

Gli volge le spalle solo per potersi avvicinare al carro che hanno trafugato tempo fa, gettandovi dentro le bisacce e recuperando il pugnale che aveva lasciato incustodito. Certe attenzioni dovrebbero essere primarie.

Fionn dà un colpetto amichevole all'arco, prima di avvolgerlo nella coperta per nasconderlo. Sale in cassetta con un balzo. «E tu, saprai non spaventare la gente con quello sguardo torvo? Sorridi! L'Unico» strizza l'occhio verso l'alto «sta per predire alle folle il tuo avvento al trono.»

Erech sale immediatamente sul carro, afferrando le redini dei cavalli da tiro che fino ad ora non hanno mai dato alcun disturbo. «Sorriderò solo quando riavrò quel che mi spetta, quando ne varrà davvero la pena» Eppure sotto la sua folta ed incolta balba, si ricalca un lieve sorriso temperato. Dà il comando di avanzare ai cavalli e l’impatto lo fa quasi sospingere indietro, ma prontamente aggiunge «Con o senza l’aiuto del tuo Dio».

Fionn non riesce a fare a meno di lanciare un verso entusiasta quando i cavalli partono, come un ragazzino eccitato per un viaggio fuori dal villaggio. Da quanto tempo sono solo loro due, che girano come rinnegati di nascondiglio in nascondiglio con lo scopo primario della sopravvivenza?

«D'accordo, mio signore. Andiamo a far sentire la voce di Dio!»

 


 

Note delle Autrici

Ciao a tutti! Siamo Laura e Giulia, in arte Dark Side (Giulia) of the Runes (Laura). Siamo già presenti su Efp con account singoli, ma questa è la prima volta che pubblichiamo qualcosa che abbiamo scritto a quattro mani. Emozioooone! ^_^

La particolarità di questa storia è che nasce da un gioco di ruolo su facebook. Giulia ed io (in questo momento è Laura che parla) ruoliamo insieme già da un paio d'anni, ma questa volta, per una serie di coincidenze astrali, abbiamo deciso di provare a rendere sotto forma narrativa il risultato delle nostre amate ruolate. Speriamo di cuore che il testo risulti abbastanza scorrevole: è dura tagliare il punto di vista di uno dei personaggi in gioco per uniformare il capitolo il più possibile, ma stato piuttosto è interessante vedere come cambia la scena quando è raccontata soltanto da un protagonista :)
"La Lancia Spezzata" nasce dalla nostra comune passione per le storie alla Robin Hood, commedie avventurose e un po' romantiche, con qualche punta di conflittualità, tanto onore, lealtà e cavalleria. Speriamo che vi andrà di seguirci, per incontrare due principesse (apparentemente) dolci e un po' sprovvedute nel prossimo capitolo: "L'amore è come un germoglio".

 

Saluti e ossequi! ^_^

 

DarkSide e Runa 

  
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