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Autore: Ilune Willowleaf    25/07/2007    11 recensioni
Alla fine dell'anime, Roy è convalescente, e Riza come al solito è al suo fianco. E un rapporto cresciuto all'ombra della divisa finalmente ha modo di crescere con naturalezza e spontaneità, malgrado gli ostacoli interni ed esterni. RoyxRiza a tutto spiano! Occhio, l'ultimo capitolo conterrà spoiler del film! ATTENZIONE: ho modificato leggermente i primi 2 capitoli!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Il fiore più bello

Il fiore più bello

Una fanfic RoyxRiza

Di Ilune Willowleaf

Attenzione: questa fic è basata sui fatti del cartone (che mi sono vista per intero), che sono molto diversi da quelli del manga (sembrano due universi paralleli!). Però, per l’adolescenza di Roy e Riza, mi sono basata su alcune cose che Riza racconta a Ed nel manga, colmando le eventuali lacune con le mie interpretazioni.

Roy, Riza, e tutti i personaggi che compaiono qui non sono miei, ma di Hiromu Arakawa! (tranne una comparsa psicotica, un caccianaso graduato che ho messo per dare un po’ di sapore e un tenente generale vittima delle circostanze ^_^)

Capitolo 1 - germogliare

Luce.
Roy Mustang si svegliò, destato dal raggio di luce che gli finiva dritto sull’occhio destro.
Sentiva qualcosa sopra l’occhio sinistro, e la testa compressa… fasciata.
L’ultima cosa che ricordava, era stato lo scontro tra lui e Archer, cui metà del corpo devastato era stato sostituito da assurdi automail-armi.
Era stato ferito, e aveva sentito in bocca il sapore del suo stesso sangue, assieme a un dolore terribile alla testa e all’occhio, prima che le tenebre calassero su di lui.
Ricordava confusamente di aver visto il tenente Hawkeye dietro Frank Archer, con la pistola in mano, scaricare su quel pazzo l’intero caricatore della sua calibro 9.
Beh, se era vivo, voleva dire che Hawkeye, per l’ennesima volta, gli aveva salvato la vita.
Aveva perso il conto di quante volte l’aveva fatto.
Ma non era stato forse lui a chiederglielo, quel giorno di tanti anni prima, quando aveva cominciato a formare il suo staff di fedelissimi?
Voltò lentamente la testa, per cercare di capire di preciso dov’era.
Pareti bianche, letto in legno molto semplice, anonime coltri bianche e verdine… ospedale.
Ospedale militare, dallo stemma stampato sulle lenzuola.
Capelli biondi…
Eh?
Sforzandosi per girare la testa irrigidita, si voltò finché nel suo campo visivo dimezzato entrò la proprietaria di quei capelli biondi.
Il Tenente Hawkeye, in borghese, con i capelli sciolti, era addormentata con la testa sulle braccia incrociate, in una posizione ai limiti dell’anatomicamente possibile. Infatti, era seduta su una scomoda sedia di ferro, di quelle da ospedale, ed era chinata in avanti, il capo poggiato sull’orlo del letto, sul braccio sinistro.
Il braccio destro era posato anch’esso sul letto, ma spiccava la benda che glie lo tratteneva al collo.
Sul volto si leggeva la stanchezza, la preoccupazione, notti insonni.
Alla vita, aveva la cintura con la fondina e la pistola d’ordinanza. Doveva esserci anche la sua piccola portatile, nella borsetta appoggiata accanto a lei, a portata di mano.
Quella era una donna che teneva la pistola nella borsetta anche per fare la spesa.
Diversi maniaci sessuali erano stati accolti da una scarica di proiettili, quando avevano provato a infastidire quella ragazza dall’aria tranquilla e indifesa.
Roy si cullò per un istante nella intima soddisfazione di essere il solo… si, il solo, ormai, ad aver conosciuto Riza Hawkeye quando era ancora davvero piccola e indifesa.
Era successo così tanto tempo prima, che pareva la vita di un’altro.
Era la figlia del suo maestro di alchimia.
Sempre riservata e cortese, gli dava del lei e lo chiamava "signor Mustang".
Dava del voi anche al padre.
I primi tempi gli aveva fatto impressione, che una ragazza pochi anni più giovane di lui lo trattasse così. Ma poi, vivendo a casa Hawkeye, aveva imparato a capire che non era freddezza nei suoi confronti, la sua. Era stata cresciuta con cura, ma con poco affetto, e ancor meno espansività, e la grande e severa casa non era certo l’ambiente in cui una ragazza tanto bella e delicata potesse ridere e correre gioiosa.
Il flusso di ricordi lo portò all’ultima volta che l’aveva vista così indifesa…
Al funerale del maestro Hawkeye.
Gli era parsa così fragile e innocente… avrebbe voluto abbracciarla, consolarla…
Ma non l’aveva fatto.
Per molto tempo si era chiesto perché.
Forse, se l’avesse fatto, le loro vite sarebbero state differenti.
Poi, Ishbar.
E lì, l’immagine della ragazzina che con sguardo triste gli diceva che non aveva altri parenti al mondo a parte il defunto vecchio padre, si era frantumata, mostrando una Riza Hawkeye precocemente cresciuta, all’ultimo anno di addestramento militare, con una divisa mimetica, un fucile in grembo, e lo sguardo di chi ha visto troppi morti in troppo, troppo poco tempo.
Tutti loro avevano quello sguardo.
Lo sguardo di chi non ne poteva più della guerra.
Ma la Riza fragile che aveva visto al cimitero, l’aveva rivista dinnanzi alla tomba del bambino di Ishbar che lei aveva seppellito una sera, chiedendogli poi in lacrime perché, perché la vita era così, perché lei si era arruolata per proteggere le persone, e invece doveva ucciderle.
Le domande che lei gli aveva rivolto, lui se le poneva già da tempo. Da quando gli era stato ordinato di uccidere quei due dottori, che altra colpa non avevano se non di curare tutti indistintamente.
E poi, la decisione di diventare Fhurer. Di arrivare così in alto che nessuno, NESSUNO avrebbe potuto più dargli ordini.
E, poi, portare la pace e aiutare Amestris a diventare una vera democrazia.
Certo, era un po’ una zappata sui piedi, diventare capo dell’esercito e poi far si che l’esercito perdesse potere. Ma allora era giovane e idealista, e voleva davvero un mondo migliore.
Beh, forse un po’ lo era ancora.
Era ancora incosciente come in gioventù…
Esattamente come Edward Elric che si incavolava quando gli dicevano che era basso, a Roy venne una venuzza pulsante, dandosi un metaforico calcio negli stinchi…
Lui non era vecchio!
Aveva solo trenta anni!
Beh, quasi trentuno. Ma era una cifra che gli faceva paura. Era l’inizio della seconda metà della vita…
Ma nella sua nera chioma non c’era ancora un singolo filo bianco, e gli bastava sempre sorridere e strizzare un occhio per far cadere ai suoi piedi le donne.
Beh, ora non avrebbe più potuto fare l’occhiolino, per un po’.
Si toccò dubbioso la testa fasciata e l’occhio bendato, accorgendosi poi che anche la mano era fasciata, e le fasciature parevano risalire un bel po’ sul braccio, sotto il pigiama.
Sospirò, e un acuto dolore gli ricordò che si era beccato anche qualche pallottola in vari punti del corpo, per non parlare delle ferite infertegli da Bradley e della spalla trafitta, poco sopra il cuore.
Malgrado il dolore, allungò una mano, verso i capelli di Riza, sparpagliati come oro sulle coltri.
Era da… anni, che desiderava toccarli, sentire se erano ancora sottili e setosi come quando era ragazzina, e li portava corti…
-Non la svegli, Brigadiere Generale. Sono tre notti che non dorme. -
Roy ritirò di scatto la mano, come un bambino sorpreso ad allungare la mano sul vaso di marmellata.
Brigadiere Generale? Ah, si, era stato promosso e spedito al nord. Gli pareva passato un secolo.
-Prego?-
-Il tenente Hawkeye non si è allontanata dal vostro capezzale da quando siete stato portato qui, tre notti fa.-
-Tre notti fa?-
-Avete dormito per tre notti e due giorni. - il medico era un uomo sui quaranta, ma con profonde rughe incise sul volto. Gli occhiali tondi gli davano un’aria… da dottore. Il camice era immacolato e ben stirato.
-E se non fosse stato per lei, i nostri sforzi per ricucirvi sarebbero stati vani: l’altra notte uno dell’esercito si è intrufolato qui e ha cercato di uccidervi, ma il tenente l’ha fermato piantandogli tre pallottole in corpo, e ora è tre stanze più in là, piantonato da due guardie.
L’insurrezione che avete provocato ha dato fastidio a molti, e molti altri sono furiosi con voi, perché i vostri documenti hanno smascherato un bel po’ di carne marcia nell’esercito!- il medico continuava a parlare sottovoce.
-Documenti?- Roy era confuso.
Forse aveva battuto la testa troppo forte, cadendo.
-Oh, già, voi non ne sapete nulla. In seguito agli avvenimenti accaduti, tre giorni fa, il tenente Hawkeye ha mandato alcuni membri del vostro staff a rendere pubblici i documenti che provavano la corruzione e la conoscenza di esperimenti proibiti da parte di alcuni alti graduati dell’esercito, e ci sono state delle vere rivoluzioni interne… alcuni sono stati passati per le armi, altri incarcerati in attesa di processo. -
-Ah… capisco…- mormorò Roy.
In effetti, aveva, in una cassetta con lucchetto, dei documenti che lui e il suo staff avevano raccolto, prove, testimonianze, della corruzione e degli scheletri negli armadi di molti graduati dell’esercito.
Li teneva per ricattarli, o eliminarli se necessario.
Riza era stata davvero furba.
Ovviamente aveva la chiave, lui glie ne aveva affidata una copia quando avevano iniziato a preparare questo "paracadute" .
Sorrise di nuovo, ma era il sogghigno che i suoi subordinati conoscevano bene, non il sorriso dolce che gli era affiorato inconsapevolmente poco prima, quando era stato solo con Riza.
-Il mio staff è composto da gente in gamba. E il mio luogotenente in particolar modo. -
Un sonoro gorgoglio allo stomaco gli rovinò però l’immagine da duro…
-Resistete, generale, tra una mezz’oretta passeranno le infermiere con la colazione! Più tardi verrò a farvi un controllo generale, adesso che siete sveglio!-
E, ridendo, il dottore se ne andò.
Roy si lasciò cadere sui cuscini, e il leggero movimento del letto svegliò Riza.
La ragazza sollevò lentamente il capo, spalancando poi gli occhi, meravigliata e felice, alla vista di Mustang sveglio.
-Buongiorno tenente. Un dottore mi ha detto che mi hai salvato la vita l’ennesima volta, qui in ospedale…-
-Occielo… mi sono addormentata! Le chiedo scusa colonn… Brigadiere Generale!- scattò in piedi, sull’attenti.
-Scusa? Santo cielo, Hawkeye, mi hanno detto che sei stata sveglia tre notti e due giorni… sono io che devo chiederti scusa per non essermi svegliato prima!- sorrise lui -Che ti è successo al braccio?-
-Una pallottola. Me l’hanno estratta due giorni fa, ho una prognosi di un mese. -
Un’altra ferita, a causa sua. Roy avrebbe voluto prendersi a pugni: non era giusto che, per colpa sua, le persone che gli stavano accanto venissero ferite… o, peggio, uccise.
Allungò una mano, anche se l’intero suo corpo protestava per lo sforzo, e, con gentilezza, la fece sedere. Sulla sponda del letto.
Avrebbe voluto dirle tante cose… grazie per tutte le volte che mi hai salvato, scusa perché ti esponi sempre a troppi pericoli per me, quando dormi sembri ancora la ragazzina che ero troppo cieco per vedere quanto era bella e dolce, non azzardarti più a fare tante notti in bianco per me che se una donna non dorme abbastanza poi le vengono le rughe e io non voglio che ti vengano le rughe perché sei troppo perfetta così…
-Vai a casa a farsi una bella doccia e un bel sonno, tenente. - disse invece. Ma sorridendo.
-Ma…-
-Ora sono sveglio, e ti assicuro che il primo che entra qui con l’intenzione di uccidermi, diverrà un carboncino. -
-Con quali guanti, signore?- replicò lei, facendogli implicitamente notare che non aveva nulla per provocare la scintilla, né il cerchio alchemico.
-Ehm… -
In quel momento, arrivarono le cameriere che distribuivano la colazione.
Salvato in corner.
Contrariamente al suo solito, Roy non fece il cascamorto con le infermiere, malgrado fossero molto carine. Mangiò in silenzio, rendendosi conto solo in quel momento quanto fosse affamato.
Se non ricordava male, erano quattro giorni che non metteva nulla nello stomaco.
Il latte gli parve paradisiaco, e incidentalmente si chiese come mai il fullmetal lo odiasse tanto.
Ridacchiò.
Riza lo guardò con aria interrogativa, e lui, leggendo l’implicita domanda nello sguardo, le rispose -Se il fullmetal si ostina a non bere latte, non diverrà mai affascinante e alto come me!-
Riza sorrise. Ma il suo era un sorriso triste.
-Edward Elric è disperso. Non lo si trova da nessuna parte. In compenso, Alphonse è stato trovato… col corpo e l’aspetto che aveva quando aveva dieci anni.-
Roy sgranò gli occhi. Anzi, l’occhio.
-No… non ci credo!-
-È così. Ma Alphonse sostiene che suo fratello sia ancora vivo. Anche se non ricorda nulla degli ultimi quattro anni. -
Roy abbassò lo sguardo. Non lo avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura, ma era affezionato a Edward Elric, anche se svariate volte gli aveva procurato più grattacapi che altro.
E, in fondo, era solo merito suo per quel che era accaduto.
-Sono sicura che è vivo. Quello non muore neanche se lo ammazzano. - fece Riza, gentilmente, posando la mano su quella di Roy.
Per un istante, i due fissarono la mano dalle unghie curate di lei su quella di lui.
Poi, Riza si alzò di scatto -C… credo che accetterò il suo consiglio e andrò a casa a lavarmi e dormire, Generale… Manderò Breda o Fury… o uno degli altri, a tenerle compagnia!- le parole le si precipitarono fuori della bocca, e con la stessa imbarazzata fretta, lei lasciò la stanza, lasciando un Roy stupefatto.
Si guardò di nuovo la mano, e il tepore di quella di lei parve aleggiare ancora sulla pelle.
Molte volte gli aveva stretto la mano, ma erano strette formali.
Non era stata la tenente dagli occhi duri, ora, ma la Riza dei suoi ricordi più teneri a sfiorargli la mano, in un gesto di conforto.
Una doccia bollente non cancella la stanchezza di tre giorni e tre notti insonni e piene di adrenalina, spari, corse, pericoli mortali e paura, ma diciamo che è un’ottima cosa, e trasforma spesso la devastazione totale in una più accettabile stanchezza estrema.
Riza, immobile, lasciava che l’acqua calda lavasse via il sudore, il sangue, la stanchezza dal suo corpo dolorante e pieno di lividi e graffi.
Con una smorfia, toccò la fasciatura sul braccio destro, coperta con della stoffa impermeabile prima di fare la doccia.
Quella maledetta pallottola le aveva sfiorato l’osso e l’arteria, avevano detto i medici. Un centimetro più in qua, e le avrebbe spappolato la vena, facendola morire dissanguata in pochi minuti. Un po’ più in là, e le avrebbero dovuto cavare diecimila schegge d’osso dai muscoli del braccio, e probabilmente non avrebbe più potuto sparare con quel braccio.
Era stata maledettamente fortunata.
A Roy era andata peggio.
Santo cielo!
Quando l’aveva visto in quel lago di sangue, privo di sensi… per alcuni terribili minuti, aveva temuto che le morisse tra le braccia.
Poi si rese conto di una cosa.
Roy.
Era dal suo risveglio, che non pensava a lui come al "colonnello" (anzi, al "Brigadiere Generale", si corresse mentalmente), e neanche come al "Signor Mustang", come lo chiamava in adolescenza. Ma come a Roy.
Scosse la testa.
Si, Mustang aveva ragione, doveva riposarsi e dormire.
Il mondo appare meno confuso, quando si è bel riposati.
Infilandosi con un sospiro di piacere il pigiama pulito, si infilò nel letto, sentendo un po’ la mancanza di Black Hayate, che cercava sempre di infilarsi sotto le coltri con lei. Lo aveva temporaneamente affidato al Maggiore Fury, che aveva un debole per il cane.
Si addormentò quasi subito, e si fece un lungo sonno di sedici ore filate.
Quando riaprì gli occhi, era buio.
A tentoni, accese la lampada sul comodino, e guardò la sveglia.
Mezzanotte!
Accidenti, ora non sarebbe più riuscita a riprendere sonno…
Si voltò nel letto, sussultando quando toccava questo o quel livido o graffio o sbucciatura.
Ma non riusciva proprio a prendere sonno.
Alla fine, si alzò, e andò a cercare la sua pistola.
Quando era nervosa o insonne, puliva sempre le sue armi.
La aiutava a calmarsi. Anche se, probabilmente, non faceva di certo rilassare chi le stava attorno.
Pulì la nove millimetri che aveva con sé all’ospedale e quella, incrostata di tutto, che aveva lasciato a casa in attesa di un momento propizio per pulirla con cura. Smontò, pulì e rimontò la piccola pistola che portava sempre con sé. Aprì l’armadio e tirò fuori il fucile da cecchino e la sciabola dell’alta uniforme, e li pulì con cura maniacale.
Alle tre di notte, non aveva ancora sonno, né si era calmata.
Alla fine, si sedette sul divano con una tazza di tè.
Accese la radio, ascoltando senza troppo interesse i programmi di musica da camera che trasmettevano a quell’ora da nottambuli, e alla fine si appisolò, con una coperta in grembo.
Roy Mustang aveva fatto colazione, e poi il dottore era venuto a visitarlo, come annunciato.
Aveva una notizia buona e una cattiva.
-Prima la buona, dottore. -
-Quella buona è che vi ristabilirete completamente. -
-E quella cattiva?-
-Che vi ci vorrà almeno un anno di convalescenza. Siete stato ridotto come un colabrodo. -
Roy crollò le spalle, pentendosi poi del gesto, a causa della fitta del dolore.
-Me l’immaginavo… ouch, non riesco quasi a respirare senza sentire dolore da qualche parte!-
-Vi farò somministrare dell’anestetico, però non vi strapazzate troppo, o le vostre ferite potrebbero riaprirsi. -
-Non si preoccupi che appena il Tenente tornerà, fresca e riposata, mi legherà al letto. - sogghignò Roy. Se stava così male, conoscendo Riza, avrebbe ignorato i suoi ordini di lasciarlo andare e l’avrebbe davvero legato a letto.
Non sarebbe stato necessario legarlo, comunque: il semplice stare seduto sul letto e alzare le braccia e farsi esaminare le ferite lo avevano sfinito.
Resistette per puro orgoglio mentre gli cambiavano le fasciature, e quando si poté rimettere la casacca del pigiama, si sentiva esausto.
Crollò sul cuscino, socchiudendo gli occhi e sprofondando in una via di mezzo tra sonno e veglia.
Frammenti di ricordi gli turbinarono davanti. Ricordi belli e ricordi brutti.
I suoi genitori, tanto orgogliosi del loro bambino prodigio… forse era meglio farli avvisare che era vivo e più o meno intero… chissà come doveva essere in pensiero sua madre. La rivide nel ricordo, una donna impeccabilmente elegante, dal trucco curato, accanto a suo padre, dieci anni più vecchio di lei, coi capelli neri come l’ala di un corvo, sempre affascinante anche dopo i cinquanta. Roy aveva sempre desiderato assomigliare a suo padre, dal punto di vista fisico.
La visione di suo padre sfumò in quella di un altro padre, quello di Riza. Il volto magro e dai lineamenti duri, lo sguardo freddo, malgrado studiasse l’alchimia di fuoco… quando guardava Riza, non un cenno di tenerezza spuntava in quegli occhi castani.
La Riza di quattordici anni che a pranzo sbucciava la mela, la tagliava a fettine, e poi la mangiava, con movenze eleganti da vera signora.
Riza che si pungeva con una rosa, in giardino, e rimaneva a guardare la goccia di sangue sul suo dito, e le mani di Roy che le pulivano il sangue, mentre lui la rimproverava dolcemente, perché una donna non deve avere cicatrici, neanche quelle causate dalla puntura di una rosa…
E la cicatrice vetrosa e biancastra sulla sua schiena, che le deturpava il corpo altrimenti perfetto… la cicatrice che lui le aveva lasciato, per cancellare almeno parte di quel tatuaggio.
"Perché io possa smettere di essere la testimonianza scritta degli studi di mio padre, e possa rinascere dal fuoco come Riza Hawkeye", aveva detto, quel giorno di otto anni prima, sulla tomba del bambino di Ishbar.
Roy si passò una mano sul volto.
Perché continuava a pensare a lei?
Si rese conto che non l’aveva pensata come "il tenente" o "Hawkeye": dal suo risveglio, pensava a lei come, semplicemente, a Riza.
Il rumore della porta che si apriva lo fece sobbalzare e, istintivamente, memore del fatto che avesse già subito un attentato, strofinò le dita.
Non aveva i guanti.
Comunque, era Breda.
Aveva sottobraccio una scacchiera, un libro e un cesto di frutta.
-Brigadiere Generale Mustang, il Tenente Hawkeye ci aveva avvertito che si era svegliato…-
-E vedo che ti hanno mandato al suo posto ad assicurarti che non tiri le cuoia…-
-So che preferirebbe ora avere Hawkeye a farle da guardia del corpo, Generale, ma temo che dovrà accontentarsi di me, anche se non posso sfoggiare le belle gambe del tenente!-
Risero assieme, anche se ciò causò a Roy un’altra fitta al petto.
-Accidenti, Breda, non farmi ridere… sono conciato come un colabrodo!-
-Ah, dimenticavo. Questo lo mandano i ragazzi, - posò il cesto di frutta, da cui spuntavano delle banane e dell’uva in mezzo a un paio di mele e qualche arancia -questo Sheska… a proposito, sa che Havoc l’ha invitata a uscire? Stavolta non gli freghi la ragazza da sotto il naso, però…-
Roy sorrise. Certo che no! Sheska era carina, ma ora non era proprio in condizioni di sedurre le ragazze.
-E questa glie l’ho portata io, così non si annoierà troppo.- aprì la scacchiera e iniziò a disporre i pezzi.
Beh, Breda poteva essere grande, grosso, rozzo, ma, al contrario di quanto non potesse apparire alla prima occhiata, era intelligente. E maledettamente bravo coi giochi di strategia.
Lui e Mustang rimasero a giocare a scacchi fino a sera, quando il sergente maggiore Fury venne a dare il cambio a Breda.
Fury dormì lì: con il suo faccino da bravo ragazzo, era riuscito a convincere un’infermiera a portare una branda nella stanza.
-Il tenente Hawkeye si è raccomandata di non lasciarla mai solo. Ha detto che i suoi nemici si sono decuplicati. - spiegò, il mattino dopo, a un perplesso Roy, che era dai tempi in cui viveva nei dormitori della caserma che non dormiva in stanza con un uomo.
Già, le sue ultime azioni dovevano avergli procurato una marea di nemici nell’esercito. Paradossalmente, però, era più al sicuro nell’esercito, con la sua squadra a guardargli le spalle, che non fuori.
Parlando di guardargli le spalle, la principale incaricata, il tenente Hawkeye… Roy sorrise appena. Avrebbe voluto avere lei vicino, e non solo per la sua abilità con le armi da fuoco. La ragazza era esausta, e lui si rendeva conto che non poteva permettersi di chiederle di restare ancora lì finché non si fosse riposata a dovere.
-…anche se io, se fossi in lei, non passerei tanto spesso la notte qui, ora che si è ripreso. - stava dicendo Fury.
-Cosa?-
-Beh, si… non sa cosa dicono di lei le altre donne dell’esercito?-
-Di chi?-
-Ma del tenente Hawkeye! Generale, mi vuol dire che non sa delle voci che circolano su Hawkeye? O.o-
Il sergente maggiore Fury si ritrasse istintivamente quando Mustang iniziò a strofinare nervosamente le dita, e se avesse avuto i suoi guanti addosso, senza dubbio sarebbero volate MOLTE scintille. Era l’inequivocabile segnale che stava meditando di commettere uno o più omicidi.
-CHE COSA SI DI DICE DI HAWKEYE E CHI LO DICE?!-
-Ehm… forse è meglio che non glie lo dica… non le fa bene agitarsi nelle sue condizioni, generale…- tentò di minimizzare il poveretto, ma uno sguardo incendiario di Roy, che annunciava che se non avesse parlato ci sarebbe stato qualcos’altro di incendiario, gli sciolse la lingua.
-Ecco… Ross e Sheska mi hanno riferito che alcune tra le donne che sono entrate in accademia con Hawkeye diffondono voci molto maligne su di lei… per il fatto che ha fatto carriera velocemente e che è il suo luogotenente…-
-Che voci maligne?- la voce di Mustang era diventata così gelida che avrebbe potuto congelare un pinguino.
-Che… che sia andata a letto con mezzo Comando, signore, lei in primis…- terminò con un filo di voce Fury.
-PORTAMI I MIEI GUANTI!-
-Non posso signore, Hawkeye…-
-PORTAMI I MIEI GUANTI CHE DEVO ANDARE A INCENERIRE QUALCUNO!!!-
-Ma Hawkeye ha detto…-
-PER CHI CREDI CHE STIA ANDANDO A DISINTEGRARE QUALCUNO, IDIOTA?!-
Riza posò la mano sulla maniglia della porta, indecisa se entrare o meno.
E lei adesso che c’entrava con le sclerate di Mustang?
Entrò, e si trovò di fronte a una scena quasi comica: il minuto Fury che cercava di trattenere Roy Mustang, il quale aveva un’espressione assassina che raramente la ragazza aveva visto.
-Generale Mustang, se non torna a letto, mi obbligherà a legarcela. - disse tranquillamente, poggiando la borsa e una busta su una sedia e posando gentilmente la mano del braccio sano su una spalla di Roy, costringendolo a tornare a stendersi.
-Le si è anche riaperta una ferita. - disse in tono di rimprovero, indicando una fasciatura che si stava arrossando in fretta.
-…-
In quel momento, Roy si rese conto quando gli faceva male la spalla.
Si lasciò rimettere a letto… tanto non avrebbe avuto comunque la forza per alzarsi.
-Sergente maggiore Fury! -
-Sissignore!- il ragazzo scattò sull’attenti.
-Voglio che tu scopra di preciso chi è che mette in giro queste voci e me lo riferisca quanto prima!-
-Sissignore!-
-Può andare, Fury!-
-Sissignore!-
Il sergente maggiore fu bel lieto di squagliarsela. Nello staff di Mustang, tutti sapevano che il tenente Hawkeye non esitava a fare le ramanzine al colonnello, sia pur in tono formale e educato. Ma non era una cosa buona per la salute di chi stava attorno assistervi.
Non potendo né volendo sfogare la sua stizza sulla sua subordinata preferita (di questo se n’erano accorte anche le pareti, nel loro ufficio!), Mustang tendeva a sfogarsi trattando a metaforici calci nel sedere chiunque altro gli stava attorno.
Riza sbatté sul tavolino il sacchetto di carta con della frutta, delle riviste e un piccolo mazzo di fiori.
-Chi è di preciso che vorrebbe incenerire per me?- fece, glaciale.
Molti non lo sapevano, ma lei aveva salvato dall’incenerimento da parte di Mustang non pochi militari, in quegli anni.
Roy fece un sorrisone innocente.
-Che dici, tenente?-
-Non faccia lo gnorri con me: ho un ottimo udito, e lei urlava così forte che lo si sarebbe potuto sentire dalla portineria.-
-Oh, ha portato qualcosa da leggere… "pistole e fucili", avrei preferito "playboy" ma anche questo non è male…- tentò di glissare lui.
-Crede che sia tanto stupida da non notare che c’è qualcosa che l’ha fatto infuriare oltremisura?-
-…e la frutta, tenente, lei è il mio angelo, quella che passa l’ospedale fa schifo, devono essere gli avanzi degli avanzi…- i tentativi di sviare il discorso di Riza fallivano miseramente,
-ROY MUSTANG!-
Ahi.
Quando lo chiamava per nome e cognome, o era preoccupata da morire per lui, o era così furiosa che di più non si può.
Si sedette sul letto, piantandosi di fronte a lui e fissandolo in faccia.
-CHI è che vorrebbe incenerire?!-
Roy lasciò cadere la rivista con cui aveva invano tentato di proteggersi dalla furia di parole della sua luogotenente.
-Niente di che, solo una dozzina di malelingue che sparla di te per invidia. - fece, di colpo serissimo. Poi sorrise, il suo solito sorriso da malandrino che faceva crollare ai piedi tutte le donne.
Tutte tranne una: Riza c’era abituata, e lo ignorò.
-Se si riferisce alle voci discordanti secondo le quali sarei frigida o una sgualdrina che l’ha data a mezzo comando militare, ne sono già a conoscenza. Girano da quando mi ha scelta nel suo staff con l’incarico di "guardaspalle". Le seconde le ha messe in giro una che ha lasciato l’esercito due anni fa, per sposarsi, dopo nove anni senza aver fatto carriera e dopo essersi fatta mettere incinta da un superiore. Sperava di essere scelta lei, ma aveva una mira pessima, era pettegola e, lei si, era una sgualdrina. Le prime le hanno messe in giro persone che mi avevano paventato una promozione in cambio di… favori personali. - disse tranquilla Riza, prendendo una mela dal sacchetto e iniziando a sbucciarla -Come se potessi cadere così in basso…-
Le sguardo di Roy cadde su quel gesto così semplice, che lo riportò a più di tredici anni prima, quando pranzavano assieme nella austera sala della casa del padre di lei.
-E tu lasci che dicano queste cose di te senza fare nulla?- chiese interdetto, e stupito. Lui al suo posto avrebbe già fatto una strage.
-Che cosa potrei fare? Andare e sparare a tutti? Ci sono donne che, pur essendo di grado inferiore al mio, hanno… conoscenze di letto abbastanza in alto. E pensano che sia logico dedurre che anche io ne abbia, avendo fatto carriera molto in fretta. Ovviamente, non si vedono mai più dello stretto indispensabile al poligono di tiro. - ora affettava la mela in otto spicchi, come da ragazza. Solo che, anziché portarsele alla bocca, ne cacciò uno spicchio in bocca a Mustang.
-Ecco, mangi e cerchi di farsi passare gli istinti piromani. -
Roy mangiò, ubbidiente, ma la sola idea che qualcuno avesse osato fare delle avances in cambio di promozioni alla sua Riza lo faceva ribollir…
La sua Riza?
Umh, forse aveva battuto la testa davvero troppo forte.
Certo, il tenente era una bella donna, e si conoscevano da tantissimi anni.
Lei era sempre stata fedele e pareva essersi presa a cuore come una cosa personale salvargli la pellaccia e portarlo in alto.
Ma da qui a poter affermare che fosse solo sua…
Ma, d’altra parte, non era ancora desolantemente single? Non passava le sue giornate dividendosi tra il suo lavoro di militare e le serate a casa col cane? Come una amante, ma al contrario. Una amante che divide le fatiche, i pericoli, i segreti, il lavoro del compagno, ma non la tenerezza e l’affetto che meriterebbe.
Le prese una mano tra le sue.
-È così assurdo che io cerchi di proteggere chi mi sta accanto? Mi hai sempre guardato le spalle, aiutato anche nelle missioni più difficili, in quelle suicide, anche a rischio della tua vita. Permettimi almeno di salvaguardare il tuo onore all’interno dell’esercito. -
Riza distolse lo sguardo, ma non ritirò la mano.
-Me la sono sempre cavata da sola. Sono io che devo proteggere lei, non il contrario. -
-Riza… Riza, guardami. - la mano sinistra di lui le sollevò e voltò il volto, affinché lui potesse guardala negli occhi.
-Prima di morire, tuo padre mi ha raccomandato di aver cura di te. Ero troppo accecato dall’ambizione, allora, e non lo feci. E quando ti ho rincontrata, a Ishibar… sei stata tu a proteggere me. - sorrise -Il maestro mi abbrustolirebbe su fiamma viva, se vedesse che non riesco a salvaguardare neanche il tuo onore di donna. -
-Non sono più una ragazzina bisognosa di protezione. - replicò lei -Né di un padre, né di un fratello maggiore. -
-Già… a volte mi domando se, quel giorno, al cimitero… se ti avessi abbracciata e stretta a me, le cose sarebbero andate diversamente. - disse lui in tono malinconico.
-Chi lo sa? È inutile recriminare sul passato. - fece lei. La conversazione stava prendendo una piega che, non è che non le piacesse, ma la inquietava.
-E a volte mi sento in debito con te per quell’abbraccio consolatore che non sono riuscito a darti. -
-Neanche mio padre mi ha mai abbracciato… e già allora le davo del lei…-
Improvvisamente, senza darle il tempo di reagire, Roy allungò le braccia (anche se ogni muscolo protestava per il movimento improvviso) e l’attirò a sé, in un abbraccio, con l’occhio sano contro la sua guancia.
-Generale… ma cosa…- tentò di protestare lei.
-Ssshhh… ti prego. Sono in debito di un abbraccio consolatore. -
Riza non si mosse, sentiva il cuore batterle a martello nel petto, e l’unica cosa che riusciva ad avvertire era il contatto con la pelle calda del volto di Roy, quasi febbricitante, il tessuto della casacca del pigiama sotto le sue dita, e il respiro dell’uomo sul suo collo.
Dopo una decina di istanti, lui sciolse l’abbraccio.
-Non era necessario…- mormorò lei. Per qualche istante Roy si cullò nell’illusione che lei si riferisse allo sciogliere l’abbraccio, non al cominciarlo.
-Pensi se qualcuno ci avesse visto… allora si, che si spargerebbero delle gran brutte voci!-
-Per i prossimi dodici mesi non credo proprio che ci sarà da preoccuparsi: sono in congedo temporaneo per malattia, o meglio, per convalescenza. -
-Non significa nulla. Io rimango sempre il suo tenente, quindi una sua sottoposta, ergo una relazione che non sia professionale al 100% tra noi due potrebbe danneggiare entrambi. Molti generali e colonnelli mi vorrebbero nei loro uffici a fare da segretaria in minigonna…-
-Umh, confesso che sarei tra coloro che voterebbero per vederti in minigonna almeno una voltaaaaahiahiahiahiahi!!!-
Con una venuzza pulsante sulla tempia, Riza aveva assestato un bel sganascino a Roy.
-Già l’alta uniforme con quella gonna lunga e stretta è di una scomodità assurda. -
-Ma la minigonna ti lascerebbe libera di camminare con comodo…-
-E poi in ufficio nessuno lavorerebbe più ogni volta che mi alzo dalla scrivania!-
-Ma nascondere quelle belle gambe che hai è un delitto contro natura!-
Riza sospirò: quell’uomo era impossibile. A volte si chiedeva perché, perché ancora lo seguiva e lo sosteneva.
Semplice, le rispose una piccola parte di lei, nascosta: perché gli sei affezionata. Perché lo ammiri, non solo come militare, ma anche come uomo. Perché è un maledetto bastardo, ma il mondo ha bisogno di bastardi come lui. Minigonne a parte.
Come si era arrivati a parlare delle sue gambe?
Beh, comunque, ora che la discussione si era spostata su quel piano, lei si sentiva più a suo agio.
Mustang non fece altre "avances" o discorsi inconsueti, per quel giorno, né per la settimana successiva.
Si comportava più o meno come al solito…. Più o meno.
Riza poteva giurare di vederlo sorriderle più di frequente.
Sempre più di rado la chiamava tenente, per un più familiare "Riza".
Più di una volta lei sentì se aveva la febbre… perché, dai discorsi che faceva, temeva davvero che fosse febbricitante.
Ad esempio, aveva iniziato a rivangare con lei i ricordi comuni degli anni passati assieme a casa del padre di lei.
Un pomeriggio, Riza era tornata a casa per cambiarsi e lavarsi, e Roy aveva assicurato che, una volta riavuti i suoi guanti speciali, non aveva problemi a restare qualche ora da solo.
Havoc gli aveva portato riviste… "per soli uomini", cosa che il Brigadiere Generale aveva apprezzato enormemente.
"Cosa farei senza di voi, miei uomini…" aveva detto, commosso.
"Si procurerebbe uno staff di donne, signore". Aveva replicato Havoc. E aveva avuto la terribile impressione che Mustang ci stesse pensando veramente.
Era poi andato a fargli visita una vecchia conoscenza: il brigadiere generale Rehack, conosciuto durante la guerra a Ishbar, e mandato poi nel distretto del sud. L’aveva rivisto per breve tempo a Central City e poi nell’est, ma, sebbene lo stimasse come soldato, non aveva altrettanto stima dell’uomo sotto la divisa.
-Brigadiere Generale Mustang… a quanto pare, è messo molto meglio di quanto le voci di corridoio dicono. La danno per moribondo, o in stato vegetativo, sa?- disse l’ospite, sedendosi sulla sedia. Roy provò un immediato senso di fastidio: quella era la sedia dove di solito si sedeva Riza.
-Le voci di corridoio esagerano sempre. - replicò Mustang, posando le riviste che stava sfogliando… anzi, consumando. Una graziosa morettina in costume da bagno occhieggiava maliziosa dalla copertina di una di esse, e Rehack la notò, allungano la mano a prendere la rivista.
-La sua affascinante luogotenente non le basta più, che deve rivolgersi alle riviste? Oppure aspetta di essersi rimesso in forze e intanto si gode i piaceri intellettuali?- fece, in tono complice.
-Prego?-
Se due sillabe potessero partecipare alla gara "temperatura più bassa", quel "prego" interrogativo di Roy avrebbe battuto tutti raggiungendo lo zero assoluto.
-Ma si, Hawkeye… non è la sua amante, oltre che segretaria?-
Fortuna che non aveva i guanti. Fortuna che non aveva i guanti!
Riza glie li aveva messi nel cassetto, e per fortuna, perché Roy iniziò a strofinare le dita senza accorgersene.
-Generale, tenga bene a mente alcune cose riguardo al tenente Hawkeye.
Primo, non è la mia amante, né lo è di alcun altro. I gradi che ha se li è guadagnati sul campo, non nel letto, al contrario di certi altri graduati.
Secondo, svolge il ruolo di segretaria solo incidentalmente, e solo perché è molto più brava di quelle ragazzine cotonate che mi avevano mandato in precedenza. Il suo compito principale è quello di guardia armata.
Terzo, il primo che sentirò parlare ancora male di Hawkeye, potrà essere raccolto con una paletta e ficcato in un vaso per fiori…-
-Calma, calma, Mustang… è solo che… è quello che dice la gente. Del fatto che lei la tratta con grande familiarità. - non era consigliabile far arrabbiare l’Alchimista di Fuoco, detto segretamente anche "il piromane arrivista"…
-La conosco da anni, e quindi posso permettermi di trattarla con familiarità, dato che lavoro con lei da dieci anni; inoltre, diversamente da altri uomini dell’esercito, non la sfiorerei nemmeno con un dito, dato che io rispetto la dignità delle donne e il loro onore. E le posso garantire che lei non si lascerebbe sfiorare con un dito neanche per avanzare di grado. Quindi riferisca alle malelingue invidiose che sparlano di Hawkeye, che prima di potersi permettere di farlo ancora, pensino alle fiamme dell’Alchimista di Fuoco!- nell’impeto della rabbia, Roy si era alzato a busto ben eretto, e aveva addirittura afferrato il colletto della giacca del generale Rehack.
-Generale Mustang! Sa che non deve agitarsi, o le ferite si riapriranno!- lo sgridò dalla porta una voce familiare.
Riza aveva smesso di tenere la divisa tutti i giorni, per fargli da guardia in ospedale, e indossava una camicetta color avorio su una gonna color tortora, lunga fino al polpaccio, ma con uno spacco discreto fino al ginocchio. La giacchetta del completo, dello steso colore della gonna, aderiva piacevolmente al corpo, mettendone in risalto le linee femminili, solitamente nascoste dalla divisa.
Aveva una borsetta bianco avorio, ma Mustang era certo che non contenesse un portacipria, ma una fondina con tanto di pistola.
E il rigonfiamento sotto l’ascella ne indicava una seconda.
La ferita al braccio era già guarita abbastanza per permetterle di non usare più una benda per tenerlo al collo.
-Se mi si riapriranno sarà un piccolo prezzo da pagare, per mettere le cose in chiaro, tenente! - abbaiò lui.
Il brigadiere generale Rehack guardò Riza, poi Mustang, e gli lanciò un’occhiata, come a dire "E ha il coraggio di affermare che non è la sua amante?"
-Beh, credo che l’orario delle visite sia finito, generale Mustang. Stia bene e guarisca presto. - si portò appena la mano alla testa, nel saluto militare, e Mustang rispose.
Quando passò, Riza fece il saluto militare, schivando abilmente la mano morta del generale.
-Generale Mustang, metta via i guanti. - disse, udendo il cassetto del comodino aprirsi.
-Come hai fatto a capire che…-
-Ho sentito tutta la conversazione, e poi il brigadiere generale Rahack ha tentato per l’ennesima volta di fare mano morta. -
-Cos… vuoi dire che ci ha già provato in passato?! MA IO LO CARBONIZZO!!!-
Ancora una volta, la mano gentile ma ferma di Riza lo spinse nel letto.
-Sembra quasi geloso, Brigadiere Generale Mustang. - sorrise lei.
-Non dovrei, forse? Ho promesso a tuo padre-
-di proteggermi, lo so. Ho schivato per anni le manomorte dei superiori. Non c’è bisogno… davvero. -
-Non riesco a sopportare l’idea che parlino male di te. - confessò lui -Mi fa bruciare dentro…-
D’improvviso, Riza si accorse che i fiori DOVEVANO avere dell’acqua fresca, così afferrò il vaso e portò i poveri garofani in bagno, cambiando l’acqua.
Roy sorrise: era arrossita.
continua...
Questa è la prima fic che scrivo su Fullmetal alchemist, a parte una flashfic brevissima su Roy e la sua abitudine a fare il donnaiolo.
Appena finito di guardarmi l'anime in una megamaratona, mi sono perdutamente innamorata della coppia RoyxRiza (detta anche Royai), e, constatata la terribile penuria di fanfic riguardo a questi due in internet, a favore di una coppia (per me terribilmente OOC) come RoyxEd, ho deciso di scrivere questa storia...
Tra l'altro, ero pure sotto esame. Si, perché le idee migliori mi vengono sempre e solo quando sono sotto esami. Strano, eh?
Spero che vi piaccia, cari lettori, e di non essere andata OOC (il mio grande incubo!)
EDIT: ho editato il primo e il secondo capitolo a causa di casini fatti con le età. Spiegazioni alla fine del capitolo 3.
Comunque, per la cronaca, Roy aveva 23 anni alla fine della guerra di Ishbar, 27 all'inizio di FMA; 31 alla fine, e 33 circa in Conqueror of Shamballa. Di Riza non si sa nulla, né che differenza di età c'è tra lei e Roy, ne quanti anni avessero i due quando Roy iniziò l'apprendistato presso il padre di lei o quando questi morì o quando Riza è entrata in accademia militare. Si sa solo che Riza era all'ultimo anno di cadetto quando è stata spedita a fare da cecchino a Ishbar. Dovevano essere proprio alla frutta, eh, per mandare i cadetti!
  
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