Tokyo.
Appartamento Tenou. Ore 22:00.
E poi c’erano
quelle sere estremamente – all’apparenza
- tranquille,
dove l’aria era fresca e calma. Solo una leggera brezza a
smuovere
l’aria.
Persone normali avrebbero detto che era la tipica ‘aria
di primavera’, ma lei sapeva che non era così.
La calma
prima della tempesta. Preparati.
Le aveva detto, Michiru,
quel pomeriggio prima di tornare a casa. E lei stava pronta, in
allerta, il lip rod stretto tra le dita affusolate, chiuse in un
pugno. Le nocche quasi bianche.
Paura?
Si, lo
ammetteva, aveva paura. Ma non per se stessa.
Da quando l’aveva
incontrata e – soprattutto –
da quando era diventata
guerriera, aveva iniziato a sentire la voce del vento e in quel
vento, l’odore del mare. Odore di lei. Ma
non solo, il vento
le portava anche i pensieri della guerriera di Nettuno. Non
espliciti, ma a seconda della brezza marina che le arrivava, sapeva,
capiva, cosa passasse per la testa ad essa.
E lei sapeva. Sapeva i
timori e le paure di Michiru.
Per questo voleva
proteggerla.
Haruka si alzò dal letto, andando lenta verso la
porta-finestra ed aprendola, uscì sul balconcino appoggiando
i
gomiti sulla ringhiera fredda.
‘Vento, cosa mi porti?’
Il
pensiero di Haruka fu seguito da una leggera alzata di vento. In
attesa.
Il vento, proprio come lei era in attesa. Ma si
chiedeva, quando accadrà? Nella notte? La mattina dopo? Nel
pomeriggio?
Non lo sapeva. Potevano passare minuti, ore e
giornate, prima dell’attacco e l’attesa la
estenuava. Quanto
ancora dovevano lottare per i talismani? Quanto avrebbero dovuto
attendere prima di-
Driiin. Driiin. Driiiin.
Haruka
rientrò in casa, chiudendo la porta e facendosi investire
dal calore
della stanza e guardò sul comodino: il cellulare le stava
squillando.
Appoggiò il lip rod e prese il piccolo oggetto tra
le mani, sul monitor una scritta che le fece saltare il cuore in gola
e fremere lo stomaco ‘Michiru’.
Pigiò il tasto verde
e rispose.
“Pronto.”
Calma e pacata, anche se dentro di
lei si era scatenata una rivoluzione.
“Haruka. Tutto bene?”
La voce di Michiru, dall’altro capo del telefono, traspirava
preoccupazione.
“Si. Perché me lo chiedi?”
Haruka tornò
sul davanzale, guardando le luci di Tokyo illuminare le strade.
“Il
mare. Sei preoccupata per l’attesa?”
Tono calmo. Deciso.
Ma c’era quella sfumatura – che ad Haruka non
sfuggiva – di
tensione.
Dopotutto, proprio come lei sentiva le voci del vento,
Michiru poteva sentire quelle del mare, ed aveva capito che la
situazione la stava logorando.
Sospirò pesantemente.
“Sì.
L’attesa è estenuante.”
Ammise. Con lei poteva.
“Vieni
da me?”
Tre semplici parole, che però la fecero
sorridere.
“Arrivo.”
Dopo un veloce saluto mise giù,
tornando nuovamente in casa e chiudendo la porta-finestra.
Prese
una borsa e ci infilò dentro il necessario: cellulare,
divisa
scolastica, un cambio per dormire – Per quanto lo avrebbe
usato. –
e spazzolino per i denti.
Aveva tutto.
Stava per uscire di
camera, quando nel voltarsi verso la porta, notò quel
piccolo
oggetto sul comodino. Il quale era stato appoggiato lì poco
prima
per rispondere al telefono.
Haruka si avvicinò, sfiorandolo con
la punta delle dita, sentendone la superficie fredda e
liscia.
“Quanto ancora dovrò usarti?”
La domanda le fu
spontanea, ma lo afferrò senza rispondersi e lo mise in
tasca con
leggera amarezza.
Uscì di camera e di casa, ma non prima di aver
preso le chiavi dell’auto e dell’abitazione.
Mentre percorreva
il tratto di ghiaia tra la casa e la macchina pensò, che
come
Michiru l’aveva chiamata, ogni tensione era svanita. Si era
calmata.
Sorrise.
Spesso lo pensava ma era proprio vero, con
Michiru al suo fianco niente la spaventava.
*
Tokyo.
Casa Kaioh. Ore 01:30.
Certe volte si
chiedeva come mai il destino avesse scelto lei ed Haruka.
Poggiò
le labbra sulla tazza di tè che si era appena fatta,
assaporando
l’aroma forte ed intenso del tè nero.
Forte. Intenso.
Haruka.
Sorrise, appoggiandosi allo stipite della porta,
pensando come ogni cosa le facesse ricordare la guerriera di Urano.
Sempre e solo lei.
Era sempre stato così. Fin da prima che la
conoscesse, lei non aveva mai amato nessun’altra. Magari
qualche
piccola attrazione o simpatia l’aveva avuta, ma nessuna
ragazza era
stata all’altezza.
Per intenderci, non che lei avesse bisogno di
chissà quale persona per star bene, lei in esse non cercava
ricchezza, bellezza, esagerato intelletto o cose del genere, ma il
suo comportamento veniva frainteso. Quando spesso aveva rifiutato
ragazze o ragazzi dicendo ‘Che non erano quello che
cercava’.
Ma sempre poco le era importato. Aveva sempre saputo che la
persona giusta sarebbe arrivata e infatti, dopo essere diventata
Sailor Neptune, le sue certezze si erano avverate.
Aveva iniziato
a sognarla. A sognare quella creatura bionda che adesso stava distesa
su un fianco a leggere sul suo divano, a pochi metri da lei.
Ed
Haruka Tenou – Sorrise – era tutto quello di cui
aveva bisogno e
voleva.
La osservò, aveva in dosso solo una camicia bianca,
sganciata sui primi tre bottoni ed un paio di slip candidi. La sua
pelle, toccata dai raggi lunari appariva candida, i biondi capelli
assumevano riflessi quasi bianchi e gli occhi smeraldo - anche se non
poteva vederli dalla sua posizione - appena socchiusi ed intenti a
leggere, poteva solo immaginarli intensi e profondi come non
mai.
Sorrise contro la tazza, rendendosi conto che tutto quello
che veramente voleva e desiderava era lei.
“Hai intenzione di
guardarmi ancora per molto?” Chiuse il libro e lo
appoggiò sul
tavolino di fronte a lei. “Cos’è, non ti
è bastato avermi avuta
per quasi due ore nel tuo letto prima? Mi pare che tu mi abbia
guardata abbastanza, Michiru.”
Disse in tono provocatorio e
leggermente divertito, facendole sussultare il cuore.
Una lieve
risatina si liberò dalle sue labbra, mentre a passi lenti si
dirigeva verso di lei.
“Lo sai. Non ne avrò mai, abbastanza di
te.”
Disse appoggiando la tazza affianco al libro e facendosi
posto accanto a lei, rannicchiando le gambe nude sotto di se.
Haruka
dal canto suo la osservò: indossava la sua t-shirt grigia
con la
stampa di una famosa band rock e un paio di pantaloncini - troppo
corti per i suoi gusti - che le lasciavano intravedere il sedere.
“Sai Michi, il rock non ti si addice proprio.”
Le disse,
accarezzandole una gamba.
“Ah no? Perché, non pensi che
potrei diventare una violinista rock?”
Scherzò.
“No.
Proprio no.”
Disse la bionda, accarezzandole una guancia e
perdendosi nei suoi occhi. Oceano.
“Amo i tuoi occhi,
Michi. Ogni volta mi ci perdo. Sembra quasi di annegare.”
Michiru
sapeva cosa intendeva, perché anche lei, quando incrociava i
suoi
occhi veniva risucchiata in un oblio senza fondo, dal quale mai
vorrebbe riemergere.
“Annegare, eh? Dopotutto, non è diverso
dal destino che ti ho fatto incrocia-. ”
Venne zittita dalle
labbra di Haruka, le quali le regalarono un forte brivido sulla
dorsale.
“Non dirlo. Non è così. Anzi, tu sei la
cosa più
bella che mi sia mai capitata.”
Haruka la poté sentire fremere
e sorridendole dolcemente, la fece sistemare sotto di lei.
“Michiru,
non voglio che tu dica cose del genere, io ti amo.”
Michiru
chiuse gli occhi, il suono delle due ultime parole che dolce le si
espandeva dentro, in un calore che le invadeva il cuore e
l’anima.
“Anche io ti amo, Haruka.”
Le sfiorò le labbra
con le sue, lentamente e con dolcezza. Senza furia, senza nessuna
fretta . Solo dolcezza.
Haruka giocò con i suoi ricci,
strusciando il naso sul suo zigomo e poi sulla guancia in un lento
movimento.
“Finché staremo insieme, andrà tutto
bene
Michi.”
Michiru la abbracciò, stringendosela contro, per
sentirsela addosso.
“Hai ragione, finché saremo insieme,
andrà
tutto bene.”
Ma ne era certa, Michiru sapeva che non era una
bugia. Qualunque sarebbe stata la sua fine, se vicina ad Haruka
sarebbe andata bene. Qualunque lieto fine, se al suo fianco, sarebbe
stato comunque perfetto.
E dopo quelle parole, seguirono solo
baci, all’inizio lievi e poi più passionali,
facendo si che ogni
loro problema si sciogliesse in essi, oppure in carezze, tra gli
ansimi o nel proprio orgasmo.
*
Tokyo.
Appartamento Kaioh. Ore 05.45.
Michiru non aveva
chiuso occhio. Era rimasta ad osservare Haruka dormire ed ancora la
osservava. Mentre dormiva sembrava quasi una bambina.
Sorrise
dolce, notando che fuori, l’alba si stava alzando.
Sospirò, già
sapendo che nessuna delle due, quella mattina sarebbe andata a
scuola, ma dopotutto, che importanza aveva?
Da i sogni – Incubi
- che faceva quasi ogni notte, il mondo sarebbe finito presto, se non
avessero trovato i talismani.
Pensò molto alla loro missione e il
pensiero che forse non ce l’avrebbero fatta le metteva paura.
Anzi
no, Terrore.
Dovevano trovare i talismani e risvegliare la
suprema essenza. Ce l’avrebbero fatta? Sarebbero riuscite in
tempo
a salvare il mondo?
Un amaro sospiro lasciò le sue labbra,
mentre si stringeva nell’abbraccio di Haruka, in quel calore
che
amava tanto e per cui avrebbe lottato con le unghie e con i
denti.
Sì, per Haruka avrebbe dato la vita, su questo ne era
più
che certa.
“A cosa pensi?”
Calda e roca, la voce di Haruka
le solleticò l’udito.
Alzò il suo sguardo, incrociando quello
verde di Haruka.
“Devo proprio dirtelo?”
Le sorrise,
ricevendo un cenno di negazione dalla bionda.
“Finché saremo
insieme andrà bene.”
Le disse, sfiorandole le labbra. E le
bastò.
Dopotutto, Haruka era tutto ciò che voleva in quella
vita e ne era certa, se fosse stata con lei, non avrebbe avuto timore
di niente.
“Sì. È così.”
Le rispose, unendo le loro
bocche.
Ed era vero. Vicina ad Haruka lei, non aveva paura.
Ringrazio di cuore tutti coloro che dedicheranno tempo a leggere la mia prima creazione. :)
YellowKlimt91