Gli
ultimi raggi del sole si spensero dietro
l’orizzonte dando posto alla luna e alla sua luce misteriosa
che illuminava la
notte. Ben presto si alzò un leggero ma pungente vento e
Appa si accoccolò
maggiormente al fianco della madre. Nonostante non fosse più
un cucciolo e
avesse sufficiente pelliccia per proteggersi dal freddo da solo, il
bisonte non
aveva scordato quella cara abitudine e sua mamma, dal canto suo, non lo
aveva
certo forzato a staccarsene.
C’era
una strana inquietudine che aleggiava nell’aria
quel giorno; e il vento che si stava alzando sempre più ne
era la
dimostrazione.
Appa
non ci aveva fatto molto caso e aveva vissuto
anche quella giornata serenamente, senza pensare ad eventuali pericoli.
Eppure,
mentre le palpebre gli si facevano pesanti per
la stanchezza, ripensava al comportamento di sua mamma, irrequieto
più del
solito.
Poi,
finalmente, chiuse gli occhi abbandonandosi al
piacere del sonno.
-Appa…
svegliati, Appa!-
Spalancò
gli occhi, contrariato da quell’interruzione
inattesa. Ma quando vide chi aveva di fronte lo sguardo si
addolcì. Avrebbe
potuto riconoscere quella testa pelata fra mille.
-Scusami,
amico. Non c’è tempo per le spiegazioni.
Dobbiamo andarcene subito!-
Lui
non voleva e soprattutto non capiva. Non era la
prima volta che a Aang veniva la brillante idea di svegliarlo nel cuore
della
notte per andare a fare un giro. Ma sentiva che c’era
qualcosa di diverso.
Glielo diceva lo sguardo impaurito del bambino e il suo continuare a
guardarsi
intorno.
Appa
non si mosse, cercando di far capire all’amico che
no, forse per quella volta non era una buona idea. Ma lui non lo
lasciava in
pace.
-Appa
ti prego!- disse in tono implorante alla fine.
Il
bisonte sbuffò contrariato. Poi, in modo
incredibilmente silenzioso, si allontanò seguendo Aang.
Quando
furono distanti, il Nomade gli saltò in groppa
–Sarà solo per qualche giorno, Appa. Promesso. Ho
solo… bisogno di riflettere.-
il tono si era fatto triste.
Subito
dopo furono in volo. Entrambi sentivano già
nostalgia di casa. Quello che ancora non sapevano era che sarebbe
passato un
secolo, prima di poterci ritornare.
---
Ci
fu silenzio. Un silenzio fin troppo assordante alle
sue orecchie. Era buio intorno a se. Lo era stato per così
tanto tempo che
aveva creduto di non potere più vedere le luce. Mosse i
primi passi sentendo
cedere le ossa. Spostò alla cieca il fogliame che stava
intorno e poi
finalmente vide i primi raggi del sole. Si sentì bruciare
gli occhi ma continuò
ad avanzare desiderando ardentemente quella luce. Tirò fuori
la testa
respirando a pieni polmoni. Si fece forza e si lanciò nel
vuoto sentendo l’aria
riempire le attaccature tra le zampe e sostenerlo.
Casa
sua non era più come prima. Niente era come prima.
Lande desolate e case distrutte era tutto quello che era rimasto. Che
ne era
stato degli animale e delle persone? Dov’era la sua famiglia?
In cuor suo sperava
ancora che fossero riusciti a scappare o nascondersi. Ben presto aveva
capito
di essere rimasto solo.
Decise
che avrebbe aspettato. Avrebbe aspettato il
ritorni di qualcuno che lo avrebbe portato definitivamente via da
lì. Perché da
solo Momo non ne aveva il coraggio. Aveva paura di vedere il mondo
cambiare e
lasciarlo inevitabilmente indietro.
---
Con
l’alba a tingere di un rosa pallido il cielo,
l’Avatar
fissò per un attimo ciò che era rimasto del
Tempio dell’Aria. Aveva pensato
talmente tanto a quel lontano giorno in cui aveva deciso di andarsene
che aveva
perso il conto. Si sentiva in colpa per tutto, ma sapeva che
l’unico modo per
riscattarsi era fare ciò che per paura aveva rimandato per
troppo tempo.
Per
questo, con decisione e allegria, sorrise ai suoi
due amici. Giurò a se stesso che non avrebbe abbandonato
più nessuno.
Guardò
Momo nei suoi enormi occhi e gli parlò –Tu, io e
Appa. Siamo tutto quello che è rimasto di questo posto.
Dobbiamo rimanere
uniti.-
Poi,
di nuovo, Appa lo portò via. Gli sembrò di
rivivere la stessa scena di cento anni prima.
Con
la differenza che adesso non era più solo a
sostenere il suo fardello.
***
Fan Fiction creata durante un viaggio in treno di ritorno dall'università.
La nebbia che si scorgeva dal finestrino è stata fonte di ispirazione e malinconia.
Se vi va, commentate!
Un saluto,
Lain*