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Autore: Coffee and roses    07/01/2013    3 recensioni
Questa è la mia prima fanfiction su NCIS.
E' una storia a parte che comprende i personaggi principali della serie più alcuni di mia invenzione, non vi sono spoiler in quanto questa fanfic non è collocata prima, dopo o durante avvenimenti della storia principale di NCIS.
Breve trama: Elle Brown si sentiva fuori luogo, da quando sua madre aveva sposato quell’essere borioso di nome Anthony DiNozzo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Anthony DiNozzo
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La metropolitana era in ritardo. Il binario 3 era, come sempre, colmo di gente, molti ragazzini risalivano in superficie, chi in cerca di aria fresca chi per un panino da King’s, prima dell’arrivo del treno successivo.
Nel caos di colori e suoni dell’underground, Elle Brown si sentiva fuori luogo, da quando sua madre aveva sposato quell’essere borioso di nome Anthony DiNozzo e lei era stata costretta a lasciare la sua scuola a Brooklyn e trasferisti nella capitale del paese, a casa del suo nuovo fratellastro.
 
Quando il treno si fermò, una calca di pendolari si ammassò davanti alle porte, volevano salire tutti sulla prima metro.
Era mezzogiorno passato quando Elle arrivò al portone della casa che divideva con il fratello, il figlio del portiere, William Paige, la seguì con lo sguardo fino a quando lei non scomparve dentro l’ascensore.
“Oh Billie, Billie… - pensò la ragazza – Quanto devo aspettare prima che tu ti decida ad invitarmi a uscire?” arrossendo all’idea di un appuntamento con il ragazzo occhialuto, aprì la porta di casa.
“Tony? Sono arrivata!”
Non ricevendo risposta, Elle si tolse la giacca e accese lo stereo.
“I wonder to myself could my life ever be sane again?”
La voce di Morrissey riempì l’appartamento e, sulle note di Panic, accese il bollitore per farsi un tè.
Seduta sul divano, avvolta nel pile verde, con una tazza di Early Grey fumante e Le Fleurs du Mal aperto, Elle si sentiva finalmente a casa.
Il rumore della serratura la fece risvegliare dal torpore nel quale era caduta, una voce maschile parlava flebilmente. La ragazza si alzò dal divano e, stiracchiandosi, si avvicinò alla porta.
Quando questa venne aperta, Elle vide suo fratello Tony avvinghiato ad un ragazzo, a lei sconosciuto.
“Tony?” si limitò a dire con aria interrogativa.
L’agente sobbalzò e si staccò dal ragazzo in giacca e cravatta che stringeva, “Elle! – disse colto alla sprovvista – Cosa, cosa ci fai a casa? Lui è – si grattò distrattamente la testa – lui è un collega!”
Il giovane lo guardò stupito e allungò la mano verso di lei, “Piacere di conoscerti. Elle, giusto? Andrew Payne, lavoro con tuo fratello.”
“Bel modo di lavorare che avete – sogghignò – ma questi non sono affari miei.”
Dando le spalle ai due uomini si avviò verso la cucina, quella scena inaspettata le aveva fatto venire un’intesa voglia di ridere. Appoggiata al lavello cominciò a sfogarsi, il petto le sussultava silenzioso mentre i lunghi capelli biondi erano dolcemente scossi dal movimento dondolante della testa.
Tony e Andrew entrarono in cucina, Elle si ricompose e, dopo essersi asciugata gli occhi con la manica del maglione nero, guardò i due ragazzi.
L’agente DiNozzo prese parola per primo, “Elle, ti prego non dire nulla. – disse in tono grave – Certe cose non sono bene accettate in…” la ragazza lo zittì con un gesto della mano.
“Andrew, Tony – disse guardandoli negli occhi – non ho nessun problema con quello che fate, ma dovete tener conto di una cosa. La vecchietta della porta accanto è una gran pettegola. Il pianerottolo non è il posto miglior per le effusioni amorose.”
Dal tono serio usato, Elle sperava davvero che capissero il suo pensiero.
“Essere gay oggi equivaleva ad essere neri, in Sudafrica, durante l’Apartheid.”
Tony sorrise e si avvicinò alla ragazzina, “Per avere diciassette anni sei proprio sveglia, la sorella perfetta!” disse abbracciandola.
Elle sorrideva, con il viso nascosto tra le pieghe della giacca del fratello. Il matrimonio di sua madre aveva anche aspetti positivi.
 
IL GIORNO DOPO
 
L’orologio sul muro scandiva il passare del tempo con un rumoroso ticchettio, l’aula era pregna di un odore stantio di muffa e candeggina. L’umidità aveva oramai segnato le pareti con lunghe strisce verdastre.
I ragazzi e le ragazze seguivano, annoiati, il robusto professore che si dilungava in un racconto di gioventù mentre Elle aveva la mente impegnata da Bill.
Le lancette si stavano avvicinando all’ora della pausa pranzo, la ragazza fremeva al solo pensiero della campana.
Quella mattina, nascosta in bagno, aveva sentito quella snob di Daisy Buckett parlare di William Paige.
L’innato interesse di Daisy verso il diciasettenne nerd e occhialuto aveva indispettito Elle, la quale pensava che, essendosene innamorata per prima, lui le spettasse di diritto.
 
La fila per la mensa era così lunga che Elle dovette aspettare quasi un’ora prima di poter riempire il vassoio.
Mentre si recava in un angolo vuoto del cortile, scrutò tutti i tavoli alla ricerca di Billie. Passò vicino al tavolo degli scacchisti, a quello del club di matematica e anche a quello degli sportivi e delle cheerleader, ma di lui nemmeno l'ombra.
Ormai rassegnata, si sedette sotto un grosso pioppo, ma quando l’altoparlante chiamò i loro due nomi a gran voce, lo stomaco di Elle si chiuse e le guance le avvamparono.
 
Tutti, nella scuola, sapevano che essere chiamati nell’ufficio del preside era sinonimo di pericolo.
Una chiamata durante il pranzo equivaleva all’espulsione.
Elle ripercorse tutta la sua giornata cercando qualche atto che l’avesse potuta mettere nei pasticci, ma non ricordò nulla.
Arrivò davanti l’ufficio, la scritta “Presidenza” troneggiava dall’alto della porta, si sedette sulle poltroncine e aspetto.
“Ehm, ciao… - una voce la svegliò dai suoi pensieri – Sono Billie, non so se mi conosci, viviamo nello stesso palazzo.”
“Diamine se ti conosco!” pensò Elle, mentre gli stringeva cortesemente la mano.
La ragazza non potè fare a meno di notare i lividi malamente nascosti dalle maniche della maglietta e provò un'irrebrenabile voglia di abbracciarlo.
Bill la fissò per qualche secondo prima di chiederle il motivo della sua convocazione.
Non sapendo come, Elle balbettò una frase incoerente e deviò il discorso con la sua solita domanda, “Ti piacciono gli Smiths?”
Il ragazzo sistemò gli occhiali e sorrise, “Adoro gli Smiths.”
Una figura massiccia comparve da dietro la porta del terrore, il preside.
"Paige, Brown. Con me."
 


*Nota dell’autore*
Non picchiatemi per lo stile scarno, è la mia prima fanfiction…
Spero che abbiate gradito il primo capitolo,
un bacione, Pervinca ♥
  
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