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Autore: potters_continuous    08/01/2013    8 recensioni
Doctor!Kurt|Doctor!Sebastian|Patient!Blaine
All'Allen Pavillion Hospital Sebastian Smythe è un (sexy) neurochirurgo, mentre Kurt Hummel lavora in pediatria. Rachel Berry comincia ad ottenere i primi successi lavorativi, nel frattempo la relazione tra i due medici è alle strette. Finché non viene ricoverato un certo Anderson...
Genere: Angst, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Rachel Berry, Sebastian Smythe, Thad Harwood, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Karma'
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“Non puoi comportarti così!" lo rimproverò Kurt, sull'orlo dell'esasperazione:"Sono pazienti e tu sei un dottore." Sebastian ringraziò con un cenno del capo la signora della mensa, rigirò la mela tra le mani, poi l'addentò: "Dimmi qualcosa che non so, Hummel. " L'altro lo fulminò con lo sguardo.

"Siamo in sindrome premestruale, miss Elizabeth?" gli sorrise Sebastian, alzando le sopracciglia.

"Tu trapeli simpatia da tutti i pori, invece." ribattè stizzito il più basso. Ignorò il suo "Sì, infatti." e alzò la voce: "Vuoi la verità, Bas? Stamattina ho dovuto dire alla madre di un bambino di sei anni che suo figlio ha il cancro, lei continuava a piangere e-

 "Fa parte del nostro lavoro, Porcellana. Credi che io sia felice quando un intervento va male? Così mi focalizzo su quanta sofferenza provoco se sbaglio, e miglioro." lo interruppe bruscamente il neurochirurgo.

"Fantastico, peccato che esistano le malattie terminali e che la mia 'bravura' non possa farci niente!" sibilò Kurt, stringendo i pugni per la rabbia.

"Potresti evitare di farti venire una crisi ogni volta, ad esempio! E’ il tuo lavoro da 4 anni!”                                                                    

 Kurt aveva iniziato a lavorare come pediatra all’Allen Pavillon subito dopo la fine dei suoi studi e dell’apprendistato all’età di 25 anni. Aveva deciso di iscriversi alla facoltà di medicina poco dopo il suo trasferimento a New York, più o meno quando suo padre si era ammalato, forse era stato proprio  quello il motivo della sua decisione.

“Questa non è né la prima né l’ultima mamma che viene a sapere una cosa del genere…Andiamo, il mondo non è tutto rose e fiori." disse il francesino, mentre scribacchiava qualcosa su un block notes.

"Rose e fiori?! E quando lo è stato per me?! Mia madre è morta quando avevo 8 anni, sono stato vittima di bullismo per tutti gli anni del liceo, papà se n'è andato prima di vedermi con il camice e-" il rumore del cercapersone di Sebastian lo frenò, lasciandolo con gli occhi umidi, un lieve affanno e una fitta dolorosa al centro del petto.

"Devo andare. A quanto pare qualcuno se la passa peggio di te."  disse dopo aver controllato velocemente il piccolo schermo. Si fermò dopo pochi passi: "Dimenticavo!" esclamò, sorridendo nel più stronzo dei modi e lasciando scivolare il piccolo foglio sul tavolo della mensa ospedaliera. Kurt lo prese e lesse: "Cyclodynon, per dolori mestruali, due volte al giorno." Appallottolò il foglio e lo tirò cercando di colpire Smythe.Aveva conosciuto Sebastian proprio in quell’ospedale. Kurt era rimasto immediatamente colpito dal suo fascino e dal fatto che fosse sopravvissuto anche lui all’Ohio, forse un po’ meno dal suo narcisismo e dalla sua capacità di parlare sempre e solo di sé, incredibilmente lievitati da quando era stato promosso caporeparto, uno dei più giovani caporeparto che quell’ospedale avesse mai avuto, ma, ciò nonostante, era ugualmente caduto nella sua trappola. Uscivano insieme da ben quattro mesi.

***

Kurt tentava di infilare la chiave nella serratura da un paio di minuti. Aveva la mente altrove e la sua coordinazione oculo-manuale non era efficiente. Condivideva, sin da quando era arrivato nella Grande Mela, l’appartamento (se così potevano definirsi  alcuni dei posti dove avevano vissuto) con Rachel Berry; si sentiva un eroe  per essere riuscito a non ucciderla durante i nove e lunghi anni di convivenza. Fortunatamente la ragazza venne in suo soccorso, ma non gli diede il tempo di entrare, saltandogli subito addosso. “Rachel…?” rantolò Kurt, ancora stretto nell’abbraccio: “Ci tengo alla mia cassa toracica, sai…!” Lo lasciò respirare, cominciando a saltellare euforica per la stanza e a battere le mani come una bambina.

“L’ultima volta che ho visto una scena simile è stato stamattina all’ospedale, quando ho dato un lecca-lecca a Claire” rise il ragazzo “E lei ha cinque anni, Rach!”

“Ce l’ho fatta, Kurt!” trillò, quasi sbattendogli in faccia una lettera. Lui sgranò gli occhi, ma si impose di restare calmo mentre apriva il foglio. Tentativo Fallito: “OH SANTISSIMO CIELO, SEI MARIA! …West Side Story! A Brodway!” Rachel scoppiò a piangere e si gettò nuovamente addosso al poveretto, che non era neppure riuscito a togliersi la giacca. Il fatto che fosse riuscita ad ottenere quel ruolo era qualcosa di formidabile, ci provava ormai da anni, dal suo diploma alla NYADA, per essere precisi. Finita l’accademia, Rachel aveva trascorso un anno infernale per lei, ma soprattutto per quel pover’uomo che aveva dovuto subire i suoi infiniti pianti ogni volta che le dicevano “ Le faremo sapere” e poi nessuno chiamava. Poi c’era stata quella che Kurt aveva definito “La svolta”: Cassandra July, durante una delle sue crisi isteriche con più liquore in corpo che sangue, aveva lanciato una sedia contro una povera ragazza, che l’aveva prontamente denunciata, facendole perdere la cattedra. Da quel giorno Rachel era diventata una specie di martello pneumatico nelle orecchie della Tibideaux, o meglio, nelle sue svariate segreterie telefoniche. Finché la povera donna, conscia del fatto che neppure eliminare fisicamente la Berry l’avrebbe fatta desistere, le aveva dato il posto.

“Un telefono! Un telefono! Ora!” urlò la bruna, staccandosi dall’amico e cominciando ad agitare le braccia in maniera del tutto inconsulta.

 “Rach, non farti prendere dalla fama… Il telefono è su quel mobile e non ti salterà in mano!” la prese in giro Kurt, togliendosi la giacca.

“ Devo chiamare i miei papà! Se non lo faccio subito non riusciranno ad essere qui per la prima!” e corse a recuperare il cordless.

“A proposito, quand’è?” chiese lui, cominciando a cercare qualcosa di vagamente commestibile nel loro frigorifero.                                   

“Il 10 Gennaio. Ci sarai, vero Kurtie?” domandò, avvicinandosi al ragazzo con un’aria leggermente preoccupata. Non avrebbe mai retto una giornata simile senza il suo miglior amico. Kurt ci pensò su, fingendosi particolarmente interessato alla data di scadenza delle uova.

“Non so… 10 Gennaio hai detto?  Pensavo che... Forse ho…” La ragazza non lo fece neanche finire, prese semplicemente un uovo dalla confezione e lo usò per minacciarlo.

“Tu ci sarai, anche a costo di lasciar morire i bambini!”

 “ Certo che ci sarò, nana.” rise, poi si chinò per baciarle la fronte. “Davvero uccideresti….” Iniziò, poi si rese conto che Rachel stava già componendo il numero, probabilmente scegliendo la maniera più scenica per comunicare la notizia.

***

Kurt guardò per l’ennesima volta l’orologio, Rachel l’avrebbe scuoiato vivo se avesse fatto anche un solo minuto di ritardo. E, per la prima volta nella sua vita, lui non era intenzionato a farlo. Era colpa di Sebastian, in quei due mesi Kurt era quasi arrivato alla conclusione che qualunque cosa accadesse nella sua esistenza fosse colpa di Sebastian. Prese il telefono e decise di chiamarlo.                                                                      “Pronto?” rispose con tutta tranquillità il neurochirurgo.                                

“DOVE DIAVOLO SEI?!” sbraitò, tutt’altro che calmo, il più piccolo.             

“Calma. In ospedale, dove altro dovrei essere?”                                              

“QUI! Sai che giorno è oggi? Il 10 Gennaio! Di cosa ti parlo da mesi?!”

“Di qualcosa che non mi interessa e che quindi non mi sforzo neppure di capire?”

“Ciao, Seb. Ciao. Fammi solo una cortesia: vai a fanculo!” e attaccò il telefono. Poi combattè contro se stesso per non farsi venire una crisi di nervi, prese il mazzo di fiori che aveva comprato per Rachel e uscì di casa sbattendo la porta. 

 

 

 

*Revisione autrici*

Questo è più un prologo che un capitolo vero e proprio: è davvero corto! Abbiamo aggiustato l’html ^-^

   
 
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