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Autore: Justanotherpsycho    09/01/2013    0 recensioni
Può l'orgoglio di un Dio e la sua sete di gloria e potere aizzarlo contro suo Padre? Verrà l'Olimpo scosso dall'ultima e più grande delle Tre Guerre Divine, quella mai narrata?
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 23 - Sfinge, divoratrice di uomini Giunto sull'isola indicatagli dal Generale dei Satiri Ares atterra con un po' d'impaccio, d'altro canto già non si spiega come faccia a saper usare quelle ali posticce che ha praticamente solo indossato.
L'isola è un'enorme collina interamente ricoperta di rose rosse. Su questo mare cremisi spunta un candido luccichio in cima alla china.
Attrattovi come una falena dalla luce, prima che se ne possa accorgere, Ares vi è condotto dalle sue gambe.
Il luccichio proviene da un ammasso di piume bianche come la neve che riflette diffusa nell'aere maligno. Prima che il Dio possa indagare ancora sulla sua natura, quella candida figura si svolge, sollevandosi da terra: è il mantello piumato di una giovane e bellissima fanciulla.
Questa, con le spalle verso Ares, si è appena rialzata dacché stava raccogliendo i vermigli boccioli, e con un gesto sensuale li annusa da sotto il suo abbagliante ammanto.
«Ti piace il profumo delle mie rose bianche?» chiede con voce sottile e delicata, prima che il visitatore possa proferire parola.
«Ma... sono rosse» risponde egli, prima di pensare che non è la cosa più importante al momento.
«Perché le guardi attraverso gli occhi del desiderio... Lussuria... - respira profondamente di quel profumo che pare inebriarla - Sapevo che non era possibile che mia madre fosse scesa fin qui... tuttavia il mio olfatto non mente mai: tu... hai il suo profumo addosso... mischiato a pura fragranza di virilità...»
Si volta di scatto. Ora il suo viso appare al Dio nella sua intera bellezza, come un'alba che rischiari infinite lande da tempo ottenebrate. Quella bellezza cancella ogni altra immagine di donna mortale o divina, persino quella della Pizia e di Venere, ma non le batte al loro gioco: non è semplice bellezza, di quella che viene immortalata dall'arte e celebrata nei canti, non è quella che gli uomini cercano con tanto affanno, anzi, è quel tipo di bellezza che spaventa e attrae insieme.
Questo duplice anelito non è causato da ragione logica alcuna, giacché, da un punto di vista meramente estetico, oggettivo, quel viso è sì bellissimo, ma formalmente non ha gioco contro quello delle sopra citate. Quegli occhi, invece, profondi, rossi quanto quelle rose bianche... ecco! Echidna! E' lei che si nasconde dietro quegli occhi! Li ricorda bene, ed è lo stesso sensuale mistero che avvolge entrambe le figure, ma più forte e totalizzante nella figlia.
«Tu devi essere la figlia di Echidna, giusto?» cerca di ricomporsi l'Enialo.
«Indovinato, ma chiamami Sfinge. Le... assomiglio?» chiede sollevando gli occhi dal mazzo di fiori in cui ha immerso il viso, mescolandovi gli iridi fiammeggianti, che dal resto dei boccioli si distinguono solo per il baratro verticale che ha per pupille, che taglia in due i suoi occhi e ora cerca di ingoiare quelli del Dio verso cui punta.
Completamente incantato da questi, a stento l'Olimpico si accorge che ella gli si sta avvicinando con passo soave, elegante e seducente.
«Beh, in un certo senso...»
Quella emette uno strano, perverso gemito di gradimento, mordendosi le labbra e aspirandovi dell'aria attraverso.
Il Dio Empio ripensa all'epopea vissuta in poche ore dacché si è "congedato" dalla Strega Serpente: lo scontro con le Arpie e Cerbero, la lotta sullo Stige (e dentro lo Stige), i voli di andata e ritorno dalle stanze dei satiri e il massacro che vi è in mezzo, le varie trasformazioni... Com'è possibile che riesca ancora a percepire il suo odore?
«Sento le imprese che hai compiuto, ma sotto quegli strati avverto ancora l'odore della pelle squamosa di mia madre...» sussurra come per rispondere ai pensieri di Ares.
Ormai gli è addosso e il fiato che abbandona, gentile, quelle labbra rosse come gli occhi e le rose solletica il collo del Dio.
«C'è solo un modo per fissare così bene un odore su qualcuno, che la sua carne sappia di carne o di ferro... - continua - sesso... l'unione di due anime arriva dove nè fuoco, nè acqua, nè vento nè sangue possono mai arrivare... e una volta giunta vi esplode come un fiore che dissemini il suo polline dopo una brezza primaverile...» mentre pronuncia queste parole molto lentamente, con lo stesso ritmo avvicina la bocca a quella del suo interlocutore, risalendo, quasi sfiorando, il suo collo, finchè alla fine della frase le labbra dei due si incontrano.
Stranamente trasportato dall'emozione, Ares abbassa ogni guardia e il suo cervello viene sgomberato da ogni proposito bellico. Questo potrebbe bastare a dare l'idea del potere di quel bacio: far dimenticare la guerra al Dio della Guerra... ma il vuoto che crea viene riempito da altri pensieri, altre immagini, odori, sapori. Ma condividerli con altri sarebbe un insulto al suo orgoglio, che forse mai si riprenderà dalla mossa con cui ora quella lo disarma.
Dopo un tempo indefinito, però, qualcosa interrompe quell'idillio, un tocco, a livello dello stinco sinistro del Dio gli fa aprire gli occhi e abbassare lo sguardo: una coda da leonessa avvinghiata sotto il suo ginocchio. Risvegliato da quell'incantesimo Ares nota ora anche il paio di zampe leonine che spuntano da sotto il "mantello" e gli trafiggono la cerne con i loro artigli all'altezza del petto.
Sorpreso, il Dio interrompe il contatto e arretra.
«Come ho potuto dimenticare che sei un mostro!?» prorompe egli.
«Questo non sembra averti fermato con mia madre... Forse non sono bella quanto lei?» chiede con voce ammaliatrice mentre apre il mantello rivelando che sono in realtà due enormi ali piumate, che come un sipario si aprono sul suo corpo leonino ma dalle forme femminili.
«Non c'è tempo!» risponde scuotendo la testa a scacciare quei pensieri, e a ritrovare quelli soliti.
«Perché questa fretta?» chiede il mostro, sconsolata.
«Io e tua madre abbiamo stabilito un'alleanza per attaccare l'Olimpo e spodestare Zeus...»
«Interessante - commenta quella ricominciando ad avvicinarsi con passo felino - mi piacciono gli uomini intraprendenti... e quindi sei qui per chiedere il mio aiuto... e immagino anche quello dei miei fratelli... e vuoi che io ti conduca da loro, vero?»
«Perspicace...»
«Beh... confesso che questo posto è una tortura anche per me... Sai, io ho un problema: ho un enorme... "appetito"... e non faccio che tentare di saziarlo tutto il giorno con questi dannati... Anche loro avevano il mio problema, anche se a mio confronto erano dei santi... Il mio appetito è molto più profondo, più forte, più insaziabile! E loro... hanno dei corpi finti, freddi, insapori... E ciò offende il mio appetito, ché più provo a soddisfarlo più cresce e mi divora! Così, presa dalla foga e dalla rabbia dell'insoddisfazione, dilanio questi corpi ignobili e getto via le loro carni a concimare le mie rose bianche... Ho portato io le prime due rose: ho popolato questa collina in origine deserta... almeno loro si sono divertite... Se non mi sazierò a breve, potrei impazzire del tutto!»
Dopo aver dato un'occhiata intorno ed essersi accorto che non c'è traccia di dannato, Ares replica:
«E vieni con me, allora! Ti prometto che avrai corpi caldi e bellissimi, e spiriti forti e volenterosi che li animano, i migliori di tutta l'Ellade. E se non ti basteranno o se sarai stufa di veder morire il tuo amante sotto i colpi della tua libido, posso procurarti anche della carne immortale...»
«In effetti io mi accontenterei anche solo di te... ma dato che fai il prezioso non mi resta che accettare» detto questo, lancia, con fare provocatorio, le rose addosso ad Ares, che gli sporcano il volto del loro colore.
Subito dopo la leonessa si volta, accarezza con la coda il corpo del Dio per tutta la sua lunghezza dal basso verso l'alto e spalanca le grandi ali sollevando una lieve brezza.
«Seguimi» ammicca.
Poi sbatte le piume perlacee sollevando un vento poderoso, e un accecante bianco le esplode sotto i piedi appena essi abbandonano il terreno, quando l'aria spostata dalle sue ali rivela il vero colore dei fiori sotto lo strato di sangue rosso.Ares non se lo fa ripetere due volte, e con molta meno grazia e teatralità, ricorre nuovamente alle ali posticce per sollevarsi da terra e mettersi a convoglio della Sfinge.



Il Cantuccio: scusate le luci "quasi rosa porcellino" (cit. Marge Simpson), ma ci stavano sull'Isola dei Lussuriosi (ebbene sì, non l'avevate capito che era l'isola dei lussuriosi? :D)
Comunque, ecco il nostro primo figlio di Echidna, che ne pensate? L'associazione Sfinge-lussuria non me la sono inventata io, ho studiato: sebbene tutti la associno agli indovinelli (e quindi magari potrebbe sembrare più appropriata a presidio di una Isola degli Ingannatori [spoiler]) avevo letto da qualche parte che rappresenta l'istinto sessuale perverso, dato poi che la sua apparizione più famosa nel mito greco si trova nella storia di Edipo, basata sull'incesto... Giuro che l'avevo trovato da qualche parte anche se adesso non ci riesco più XD volevo aggiungere le altre argomentazioni che avevo trovato ma, appunto, non le trovo più XD
  
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