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Autore: elrohir    31/07/2007    2 recensioni
Una notte, un duello. Un angelo guerriero inchioda a terra il suo nemico. Dovrebbe ucciderlo. E non lo fa. L'amore fuorilegge e intenso tra un ragazzino ribelle, segnato dai lutti, e un soldato incaricato di reprimere i disordini della capitale. I luoghi sono gli stessi de Il ricamo di lacrime, se qualcuno l'ha letto. E anche gli eventi. Alla fine, tornano anche alcuni personaggi.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Lo spettro ha capelli biondi e un candido sorriso

Lo spettro ha capelli biondi e un candido sorriso.

Avanza con dolce eleganza, in movenze danzate, sciolte.

È alto, e bello, di una bellezza estranea e luminosa.

Appesi al suo collo, le bocche identiche e disordinate dei gemelli.

Giuliano resta fermo, incerto, guardandosi intorno. Nessuno avanza per dare il bentornato a Fortunato l'equilibrista, né per salutare i suoi straordinari accompagnatori.

Infine Iris si stacca dal gruppo e avanza. Scuote la testa, senza capire.

Fortunato resta avvinghiato al bianco spettro, come se temesse di perderlo. Poi timidamente allunga una mano e scivola nelle braccia del vecchio amico.

Sussurri di risate e ruscelli di tenerezza si rovesciano nelle loro orecchie.

Quello che pare il suo riflesso lo osserva con indulgenza, posa un bacio sul collo dello spettro.

Appoggia la guancia sulla sua spalla e resta così, felice, sorridendo alla sua gente ritrovata.

 

Fortunato siede sul tavolo e ride scuotendo i capelli.

Suo fratello è accucciato ai suoi piedi e tiene gli occhi socchiusi, ma non smette di vigilare sul loro spettrale compagno.

Desiderio, questo è il suo nome, resta un po’ in disparte, occupando il solito posto di Giuliano.

Questo esita nel raggiungerlo, poi lo fa simulando disinvoltura.

Il sorriso del giovane albino è accecante.

-È incredibile vederli ridere, vederli cantare. Non smetterò mai di stupirmi, di ringraziare il cielo per questo miracolo.

Giuliano risponde al sorriso senza capire. Desiderio annuisce e torna a volgere lo sguardo sui suoi amati fanciulli. –Conosco Dalj da due anni e non l'ho mai visto sereno. Certo, Elje deve sempre aver dato un'impressione diversa, eppure se lo si guarda a lungo negli occhi non si possono ignorare le ombre.

Giuliano ascolta, rassegnato a una nuova storia di dolore. Sa che il dolce compagno di Iris è differente dalla creatura che credevano di conoscere. Sa che addirittura il suo nome era falso, Fortunato, semplice maschera ingannatrice. Quello spirito libero è nato come Elje, e si è riappropriato del vero nome nello stesso momento in cui riabbracciava il gemello.

Giuliano ricorda la voce di Iris librarsi, raccontare la storia dell'equilibrista, del suo lutto profondo come l'urlo rimasto cacciato in gola. Desiderio ha ragione: le ombre negli occhi sono troppo oscure per permettere alla luce di filtrare.

-Come hai conosciuto suo fratello?

-Dalj è un regalo di mio padre. L'ha comprato in un bordello per festeggiare il mio diciottesimo compleanno. Non puoi immaginare la mia emozione nel vederlo. Coperto dall'ambra della lanterna, era la creatura più bella che avessi mai contemplato. Nonché la più ferita. Era come prigioniero dei suoi occhi, non permetteva più al suo spirito di uscire allo scoperto. Stava annegando nel dolore. Non è stato facile aiutarlo. Troppe volte l'ho odiato per il suo caparbio desiderio si soffrire, di perdersi nei labirinti della mente. L'ho odiato con una tenerezza pari solo a quella che ho provato nell'amarlo. Lui ha ripercorso negli incubi tutta la sua vita, i suoi dieci anni di libertà. Ma non ricordava niente di Elje. Il suo gemello era un'ombra indistinguibile, confusa agli abusi patiti. Io stesso, con tutta la mia abilità nel leggere le menti, non avevo mai percepito la sua esistenza. Quando riconobbe il proprio nome, credetti che il calvario fosse finito. Eppure lui sentiva il peso di questo tremendo vuoto, era come un coltello che rigirava nelle sue carni in continuazione.

Desiderio chiude gli occhi, quegli occhi incredibilmente candidi, e si agita sulla sedia. Prosegue senza guardare nulla. –La notte in cui ha riscoperto se stesso ho commesso un peccato imperdonabile. L'ho amato. L'ho preso tra le braccia per soffocare il suo dolore, il suo pianto, e l'ho baciato… come può tanta felicità nascondersi dentro un errore? Avevo giurato, quando l'avevo visto la prima volta, che non l'avrei mai toccato. L'ho fatto per rassicurarlo, per scongiurare il suo timore di uno stupro, ma sono sempre stato cosciente del fatto che, in quel momento, una divinità dura e intransigente era al mio fianco. E se io col passare dei giorni scordai il mio voto, lei di certo non lo dimenticò.

Giuliano rabbrividisce per il dolore di quella voce. Ma Desiderio sorride amaro, come un condannato a morte. –Ti stai chiedendo come possa essere tanto ingenuo da credere alle mie stesse parole? Eppure tu, Giuliano, conosci le maledizioni dei gitani. So che Iris ti ha raccontato di come secondo la leggenda sia stato originato questo mondo che occupiamo, di come l'oscurità sia scesa ad abitare quei corpi perfetti che tanto amiamo. Chi, vedendo danzare Elje, Dalj, Iris, potrebbe negare l'esistenza di sentieri non percorribili, perduti nelle loro iridi paurosamente immense? Chi, Giuliano? Tu non sei tanto sciocco, anche se come me sei nato tra i ciechi e come cieco hai vissuto, fino all'incontro con quell'angelo guerriero che siede appollaiato sul bordo della notte.

Desiderio tace, e osserva intensamente il suo minuscolo amante accucciato tra le gambe del fratello. Giuliano indovina tra i due un gioco di sguardi da cui il mondo intero sarà per sempre escluso.

Desiderio riprende a parlare, lentamente, senza staccare gli occhi da Dalj. –Inoltre, Giuliano, ho taciuto una parte della storia. Prima di abbandonare la mia casa per correre a sposare il mondo zingaro, ho ucciso mio padre. L'ho fatto per difendere Dalj, per non permettere a un gesto brutale di incrinare il delicato equilibrio da poco ritrovato, o alla lama gelida di un coltello di recidere la sua gola di fiore bianco. E anche forse per liberare quell'uomo estraneo dalla follia che lentamente lo divorava. Non ho dovuto muovere un dito: il dio testimone di quell'oscura promessa ha esaudito i miei voleri. Non ho dovuto muovere un dito, eppure ancora adesso sento il sapore del suo sangue marcio invischiare le mie mani di parricida. E da quella notte, un altro filo invisibile mi lega a quel demone servizievole: sarà questo a impedirmi di ignorare il suo richiamo, quando risuonerà nei cieli senza luna.

-Dalj sa di questa cosa?

Desiderio scuote la testa. –Dalj sa e non sa, la sua mente è un gioco di incastri incredibilmente sofisticato. La pazzia abita i suoi gesti, li riempie di languore. Chi lo avvicina non se ne accorge, resta affascinato dalla sua bellezza. Ma la sofferenza non può essere cancellata, né estirpata: ci ho provato, ma è una lotta impari, che io non posso vincere. Mi accontento quindi di vederlo allegro, felice, sereno, innamorato, cercando di ignorare l'oscurità che cova dentro, pronta a liberarsi come una tempesta. E non credere che il suo dolce fratello sia diverso: troppi incubi li avvicinano, troppi sogni li incatenano. Ad Elje è stato risparmiato l'incubo dello stupro; tuttavia la notte, quando le palpebre si abbassano a celare ombre e luci, i gemelli volano nello stesso luogo, e prigionieri di un solo affrontano le stesse esperienze. Se durante il sonno scuoti Elje, se lo desti e gli poni una domanda sulla vita di Dalj, su un frammento oscuro di quella vita che lui non può conoscere, ti risponderà senza esitare. Ma sotto i raggi del sole, con la mente sveglia a vigilare sulla porta che separa le loro menti troppo simili, neanche capirà di cosa stai parlando. Lo so perché l'ho fatto, ho provato: e in quel momento erano gli occhi del mio Dalj a sorridermi dal viso di suo fratello.

-Come fai a riconoscerli? Non ho mai visto creature più simili.

-Hai ragione, sono identici, e ogni giorno lo diventano di più. È come se i loro corpi si affannassero per tornare specchi perfetti. Ma io riesco a vedere nelle loro menti, so distinguere gli incubi di Dalj dalle ombre che popolano gli occhi di Elje. Gli amori che mi portano sono come due fuochi che bruciano diversi colori. La mia passione per Dalj è un sortilegio troppo potente per essere ingannato da questa somiglianza.

Dalj si alza in piedi e cammina verso di loro.

È piccolo, minuto, bellissimo. Le ombre lo attraversano, ma lui pare non farci caso.

Siede sulle ginocchia di Desiderio. –Mi porti a letto?

È un bambino, si sorprende a pensare Giuliano, un bambino con gli occhi da gatto.

-Elje resterà tutta la notte qui. Deve danzare, e bere, stordirsi di vino. Domani ci sarà battaglia, e lui aspetterà Zita e Aureliano.

-Tu non vuoi aspettarli?

-Io devo dormire- mormora il ragazzo, rifugiandosi nell'ampio petto di Desiderio. Questi lo solleva come se stringesse un fascio di orchidee. Quel corpo di uccellino pare avere lo stesso peso.

-Quando cala la notte, torna come bambino- spiega Desiderio a Giuliano, immobile con il bicchiere tra le mani.

Dall'altra parte della stanza, suo fratello si prepara ad accogliere l'alba.

 

***

 

Nota dell'autrice

 

Bene. Questa non è la fine, eppure non credo che scriverò altro.

In realtà sono quasi due anni che non prendo in mano Iris. Questo capitolo – che per via del mostruoso ritardo negli aggiornamenti giunge così tardi -  risale all'ottobre 2005.

Io nel frattempo sono cresciuta, cambiata, e ho perso questi personaggi. Mi dispiace perché li amerò sempre, ma così è.

Se qualcuno di voi fosse interessato, i personaggi che appaiono in questo capitolo – Desiderio, Dalj ed Elje – sono protagonisti di un'altra mia storia, Il Ricamo di Lacrime. Quel che qui racconto in poche righe, traverso le parole di Desiderio, è narrato in quelle pagine più diffusamente, e con molta più chiarezza.

Per il resto, non ho altro da dire.

Vi ringrazio di essere arrivati fino a qui. Mi scuso per non aver concluso la storia, senza averne nemmeno segnalato l'incompiutezza con l'apposito warning. Ma che volete farci: la speranza di un ritorno d'ispirazione non muore mai.

Un bacio a tutti, con tanto affetto. Roh

   
 
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