Capitolo
Uno - Primavera
Mio
caro
lettore.
O
forse dovrei
dire miei cari lettori. Non offenderti, tu che leggi queste righe, ma
spero
vivamente che non sarai il solo a soffermarsi su questa storia. Sono
abbastanza
conosciuto come l’aedo della Marsiglia, ma assai di rado mi
sono dedicato alla
scrittura. Ritengo che un racconto debba essere vissuto, assaporato,
visualizzato,
e niente meglio di una novella ben raccontata al tepore di una locanda
può
farlo.
Tuttavia,
questa
è una storia che voglio scrivere. Voglio che i miei lettori
possano sapere come
sono andate le cose anche quando la mia lingua sarà polvere
nella terra
consacrata. Voglio che questa storia mi sopravviva, e che il mito dei
suoi
protagonisti possa essere raccontato ancora e ancora, in Francia, in
Inghilterra, in Spagna, in America, in tutti i luoghi che i personaggi
di
questo racconto hanno toccato.
Se
vi è capitato
di fare un giro nelle locande vicino al porto, certamente avrete udito
la ballata
del coraggioso capitano Antonio e della fanciulla che gli
strappò il cuore.
Ebbene,
devo farvi
una confessione.
I
capelli della
fanciulla erano molto più corti, il suo carattere molto
più intrattabile, e il
suo nome molto più maschile. Si chiamava Lovino.
Ora
che ho
ammesso la mia piccola bugia, spero mi perdonerete e continuerete a
seguirmi in
questa breve narrazione.
Vi
ho mai detto
cosa amo delle stagioni? Probabilmente no. Parlo solo da poche righe e,
a meno
che la mia memoria non sia veramente fallace, non ve ne ho ancora
parlato.
Amo
le stagioni
perché ognuna di loro porta con sé colori, suoni,
sapori diversi. Pare di
vivere quattro vite differenti in un solo anno. Ma ciò che
adoro di più delle
stagioni è che, persino quando sono appena terminate, si ha
la certezza che
torneranno di nuovo.
Lasciate
ora che
vi parli dei doni, dei dolori e delle attese che le stagioni
marsigliesi hanno
elargito a questo umile racconto.
«Così
tu sei Lovino.»
L’italiano
non lo guardò con simpatia: non riusciva a capire
perché un francese fosse informato del suo nome.
Scrutò Antonio, come gli era
spontaneo ogni volta che qualcosa lo irritava, ma lesse lo stesso
smarrimento
sul volto dello spagnolo.
Il
marsigliese con i fiordalisi negli occhi e il grano nei
capelli conosceva tutti loro, almeno per nome: Antonio era un capitano
famosissimo, ma Consuelo e Diego erano comuni camerieri, e Lovino un
mozzo
senza infamia e senza lode.
«Me
lo immaginavo diverso» confidò ad Arthur, quando
l’italiano smise di fissarlo come un lupo selvatico pronto ad
attaccare. «Più
flessuoso. Più aggraziato. Insomma, ha conquistato un
corsaro che ha visto
tutto il mondo. Pensavo che la sua fosse una bellezza
mozzafiato.»
Arthur
si accomodò in una delle poltrone dell’atelier,
spossato.
«Forse
non potrai decantare le sue lodi fisiche in una poesia,
ma potrai parlare del loro amore.»
«Cosa
ti fa pensare che io costruisca racconti sulle
faccende altrui?» si finse offeso Francis.
«Ti
conosco, francese» il tono dell’inglese sprizzava
acido,
ma l’altro non vi badò eccessivamente. Anzi, ogni
goccia di fiele del capitano
addolcì il suo sorriso.
«Il
loro amore è così forte?»
s’informò con noncuranza
Francis, sedendosi su un bracciolo.
Ad
occhi chiusi e con una mano a proteggere le palpebre,
Arthur mormorò:
«Si
sono buttati nelle fauci dell’Inquisizione per salvarsi
a vicenda.»
Le
sopracciglia dorate scattarono verso l’alto, incredule e
interessate.
«Continua»
il francese si allungò sulla poltrona,
appoggiando un gomito esattamente di fianco alla testa
dell’inglese. «Sembra
avvincente.»
Le
dita del capitano si allargarono, e un occhio acquamarina
lo fissò indagatore.
«Puoi
trovarci una sistemazione, per la notte?»
s’informò,
ignorando lo sfavillio curioso negli occhi dell’altro.
Francis
scosse la testa con mossa astuta, per far ondeggiare
i suoi capelli mossi.
«Come
sai, il piano superiore di questo atelier ospita le
stanze dei dipendenti. Sfortunatamente, al momento sono tutte
occupate» lo
sguardo del capitano non si mosse: sapeva che il francese aveva un
debole per i
preamboli drammatici. «Tuttavia, c’è un
posto libero nella mia stanza. E
l’albergo qui di fianco può ospitare il resto
della tua ciurma.»
«Non
rimarrei qui da solo» replicò rapido
l’inglese. «Potrei
dare adito a strane voci.»
«Possono
rimanere anche i nostri eroi» ribatté
l’altro. «Così
mi racconteranno meglio la loro storia.»
«Se
vuoi farli restare, non tediarli con le tue domande. Non
credo abbiano voglia di rivivere quello che hanno appena
passato» lo sedò
Arthur. «E credo che il tuo vizio di spettegolare sui fatti
altrui ti stia
creando un piccolo inconveniente» aggiunse, indicando lo
stormo di sartine che
si era affollato attorno ad Antonio.
«Voi
siete il famoso capitano Fernandez Carriedo»
uggiolò
una biondina.
Antonio
annuì, paralizzato non tanto dall’entusiasmo
dilagante delle giovani quanto dallo sguardo con cui Lovino le stava
assassinando una per una.
«Quindi
deve esserci anche lei»
cinguettò un’altra, scatenando un coro di
strepitii eccitati.
«Lei?»
fece loro eco Diego. Lanciò un’occhiata alla
promessa
sposa, nonché unica femmina del loro equipaggio: non capiva
perché la presenza
di Consuelo potesse suscitare l’interesse di quelle cucitrici
francesi.
«La
vostra amata» evidenziò una terza, rallentando nel
parlare: credeva che lo smarrimento sparso sui volti dei presenti fosse
dovuto
alla velocità con cui parlavano in una lingua a loro
sconosciuta.
Lovino
ebbe un guizzo offeso nel sentirsi dare della donna,
ed il suo sguardo diventò plumbeo come un cielo invernale.
«Non
l’avete portata con voi?» si rammaricò
l’ultima,
sparpagliando occhiate indiscrete tutto intorno.
«Ragazze»
esordì con spudorata sfacciataggine il
responsabile di quel putiferio. «I nostri ospiti sono stanchi
per il viaggio.
Non assillateli con troppe domande.»
Arthur
nascose dietro la mano un ghigno derisorio: ironico
sentire Francis fare la paternale alle sue sottoposte quando, solo
qualche
secondo prima, progettava un interrogatorio ai danni di Antonio e
Lovino.
Le
sartine si inchinarono, rosse di vergogna per la loro
eccessiva esuberanza, e sciamarono alle loro postazioni di lavoro.
«La
vostra amata?»
sibilò Lovino, in una chiara pretesa di spiegazioni da
Antonio, dal francese o
dal muro, se necessario.
«Vi
domando scusa» il sorriso di Francis si estese con
un’innocenza disarmante sul suo volto. «Il mito del
capitano Antonio è vivo
nella nostra bella terra, e mi sono preso la libertà di
inventare qualche
storia su di lui. Per riscaldare le fredde veglie invernali,
capite.»
Antonio
non era certo di comprendere, e Lovino era
ostinatamente deciso a non voler
capire le motivazioni del francese.
«Non
inventate più storie, per cortesia»
sancì infine
Antonio, afferrando l’italiano per un braccio e
allontanandolo prima che
sfigurasse il francese a male parole.
«“Inventato”?»
lo riprese Arthur, non appena i due coinvolti
si furono allontanati. «Sarebbe più corretto dire
che hai messo i loro affari
sulla berlina e hai lasciato che la gente ci ficcasse le mani fino al
gomito.»
«Ouì, forse è
così. Ma temo che l’ira del nostro nervoso
italiano si sarebbe riversata anche
su chi ha reso pubblici quei fatti in primo luogo» Francis
gli pungolò la
guancia con l’indice. «Devo ricordarti chi
mi ha passato quelle informazioni, mon
capitaine?»
«Trovagli
una sistemazione per la notte, e forse Lovino non
ti staccherà la testa dal collo»
brontolò Arthur, scostando la mano fastidiosa
del francese.
Il
ghigno delle sirene che si apprestano a far schiantare
una nave solcò il volto di Francis.
«Farò
molto di più» assicurò, vellutato.
«Farò in modo che
tutta Marsiglia vi festeggi!»
***
Francis
mantenne la parola. Per quanto i presenti riuscirono
a ricordare.
Quella
serata, nel ricordo di tutti, rimase avvolta dai fumi
del vino francese e dal rosso dei calici pieni. Francis li
scortò con dovizia
in ogni singolo locale lungo la costa, raccontando le loro eroiche
gesta a
chiunque avesse qualche minuto disponibile per ascoltare, e svuotando
le
bottiglie degli osti incuriositi.
Continuò
il giro perfino quando i piedi cominciarono ad
inciamparsi tra di loro, e il suo racconto si fece man mano strascicato
fino a
diventare un echeggiare di rimbrotti avvinizzati.
Per
tutti questi motivi Arthur impiegò qualche secondo in
più del solito per costringere la sua mente imbevuta di
sbornia a collaborare,
la mattina seguente.
Si
svegliò con un mal di testa martellante, e
ringhiò
qualche insulto nella sua lingua madre mentre calciava da una parte le
coperte.
Il suo piede urtò contro qualcosa di morbido e di vivo, e, per un attimo, il suo schema
interno entrò in confusione.
Uno
sguardo circolare gli chiarificò la situazione.
Era
nella camera di Francis. Più specificatamente, nel suo
letto. I loro vestiti erano sparsi in un disordine casuale sul
pavimento, ed
aveva appena rimosso l’unico lenzuolo che lo copriva. Si
riappropriò con uno
scatto della coperta, e se la avvolse intorno al corpo nudo come una
toga
romana. Scese dal letto e cominciò a raccogliere i vestiti
in modo che, quando
il francese si dimenò nel dormiveglia, era riuscito ad
infilarsi perlomeno i
pantaloni.
«Bonjour»
sbadigliò Francis.
«Copriti»
ordinò secco Arthur, lanciandogli con poca grazia
il lenzuolo che fino a poco prima lo aveva protetto.
Il
francese fissò interrogativo la coperta appallottolata
che gli era appena piombata sullo stomaco e il capitano impegnato a
rivestirsi.
«Non
è la prima volta che mi vedi come la natura mi ha
creato» bofonchiò Francis, per nulla intenzionato
a nascondersi con il
lenzuolo.
«E
che faresti se qualcuno dovesse entrare?» il capitano
ebbe tempo di indossare la camicia mentre poneva la domanda.
«Gli
direi che ho navigato in acque inglesi tutta la notte.»
Il
bottone per poco non venne staccato di netto dalle dita
callose del corsaro. Preferì non offrire a Francis ulteriori
pretesti per
metterlo in imbarazzo, e continuò a vestirsi in silenzio.
Il
francese si decise infine ad imitarlo, e si infilò i
pantaloni. Aveva appena finito di allacciare il primo bottone quando
mormorò:
«Invidio
Lovino e Antonio.»
Arthur
gli scoccò un’occhiata dubbiosa, venata di
irritazione. Lovino era orfano, fuggito dalla sua patria e dalla terra
che gli
aveva dato asilo, e aveva vissuto l’incubo creato per lui da
Nicolas de
Torquemada; Antonio godeva di una notevole fama, ma era passato
attraverso le
forche dell’Inquisizione per due volte, e la cicatrice che
gli sfregiava la
gamba avrebbe continuato a tormentarlo fino alla fine dei suoi giorni.
Non
trovava nulla di invidiabile nella loro condizione.
«Loro
hanno avuto il coraggio di scegliere.»
Arthur
si ficcò la pipa in bocca e la accese senza indugio,
nascondendo il malinconico francese dietro una nube di fumo.
«Ne
abbiamo già parlato» gli ricordò
duramente, aspirando
una seconda boccata.
Francis
si mise a sedere sul letto, e l’azzurro degli occhi
si rannuvolò di rassegnazione.
«Ne
abbiamo già parlato» confermò, un
sorriso mesto
tremolante sulle labbra. «Tu sei il più importante
capitano della flotta
inglese, non puoi stabilirti a Marsiglia. E io sono un sarto francese,
non sono
in grado di sopportare i lunghi mesi per mare. E così, ogni
volta dobbiamo
aspettare una vita per vederci.»
«Faccio
spesso scalo a Marsiglia» confutò Arthur.
«Temo
che la tua concezione di “spesso” differisca dalla
mia»
considerò il francese. «Una volta ogni tanto,
quando il mare decide di
restituirti a chi aspetta. Non è
“spesso”, per me. Sarà sempre
così?»
«Così
come?»
«Tu,
lontano mille oceani, e io arginato sulla terra, in
attesa» Francis scosse la testa, risentito. «In
attesa di cosa, poi? Dovrò
aspettare
che
il mare abbia risucchiato la tua
giovinezza, la tua vitalità e accontentarmi di quello che mi
lascerà? Dei
rimasugli di tempo e delle briciole di vita?»
«Non
hai ancora smaltito l’ubriacatura» decise Arthur,
avviandosi verso la porta. Non riuscì ad aprirla: rimase con
una mano sul
pomello, pietrificato dall’improvvisa rivelazione del
francese.
«Io
sono innamorato di te. E tu?»
Trascorse
qualche secondo in cui l’unica cosa a muoversi in
tutta la stanza fu il fumo che fuoriusciva dalla pipa di Arthur.
«Lo
sai» masticò il capitano, il viso ostinatamente
rivolto
verso la porta.
«No,
non lo so, perché tu non me l’hai mai
detto» lo mise in
scacco Francis. «È doloroso farsi bastare
un’intuizione, nei mesi di attesa.
Anche se so che sei il tipo di persona che non parla volentieri dei
propri
sentimenti.»
Il
francese si chinò in avanti, i gomiti puntellati sulle
ginocchia
e le mani abbandonate nel vuoto. Rimase fermo qualche secondo, sperando
che
l’inglese dicesse o facesse qualcosa per riempire quel vuoto
imbarazzato.
Quando gli fu chiaro che il capitano non avrebbe mosso un ciglio per
porre
rimedio a quel silenzio opprimente, buttò fuori con un
sospiro:
«Immagino
che tu abbia degli affari da sbrigare al porto.»
Arthur
sistemò meglio le insegne della divisa e asserì,
conciso:
«Sì.
E temo di essere in ritardo.»
«Tornerai,
questa sera?»
Le
dita sciupate del capitano grattarono la pancia rotonda
della pipa, dandogli qualche secondo per riflettere sulla risposta.
«Forse»
dichiarò, prima di uscire.
Francis
passò una mano sul collo, e da lì procedette a
massaggiare le spalle indolenzite.
Ormai
conosceva le consuetudini di quella loro relazione:
non vi era mai nulla di certo, e tutto si perdeva
nell’indistinto di un “forse”
o di un’intuizione. Sapeva che innamorarsi di un capitano
senza avere la minima
intenzione di solcare i mari equivaleva a condannarsi ad uno
stillicidio
continuo. Sapeva che l’attesa della Queen
of Pirates sarebbe stata sfibrante ogni volta, e che
l’aspettativa di una
parola dolce si sarebbe rivelata ancor più lacerante.
Ma
quella mattina, per la prima volta, si sentì veramente
stanco.
Invidiavo
Antonio
e Lovino.
Invidiavo
il
loro rapporto: ognuno dei due era ormai una parte indissolubile
dell’altro.
Vorrei
avere una
penna migliore per descrivervi cosa si provava, in loro presenza.
Immaginate
un
cieco, cui viene donata la vista per un giorno; immaginate come
guarderebbe il
mondo. Quello era il modo in cui Antonio guardava Lovino.
Ed
immaginate il
modo in cui respirate l’aria: sapete che è sempre
lì, intorno a voi, ma se
dovessero togliervela, anche solo per un momento, vi sentireste morire.
Quello
era il modo in cui Lovino percepiva Antonio.
Io
non ero
l’aria, e non ero il mondo che torna alla luce.
Ma,
in tutta
onestà, non mi importava di essere né
l’uno né l’altro.
Mi
sarebbe
bastato essere un motivo sufficiente per scendere dal galeone e vivere
a Marsiglia.
E
poi arrivò la
stagione successiva.
Terza,
nonché ultima
side-story della serie “Rosa de los Vientos”.
Sarà
una fic in cinque
capitoli, e si alterneranno Spamano e FrUk.
Ciò
detto… mi
mancava Francis xD Avevo voglia di scrivere un po’ su di
lui<3 Ed eccoci
qui, in questa storia xD
Non
ho altro da
aggiungere, a parte un sentito “grazie” a tutti voi
che avete deciso di imbarcarvi
in questa nuova avventura con i pirati hetaliani<3
A
presto<3
Red
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