Questa one- shot la dedico a Larab, che mi ha inspirato involontariamente a scriverla. Quindi
larab ti addosso metà della
colpa J
Lo so che dovevo finire
l’ultimo capitolo di Ferite del cuore, ma questa mi ha completamente preso.
Spero di averla pubblicata
con coscienza e impegno…
Stesi al sole
guardavamo il cielo terso
non potendo immaginare
immensità più grande.
Solo i nostri sogni
avrebbero celato
quegli ultimi attimi assieme.
Oltre le nubi del tempo….
L’aria piacevolmente fredda del mattino gli
scompigliò le corte ciocche nere. Se le sistemò
automaticamente dietro le orecchie nonostante le lunghe unghie gli dessero
fastidio. Raccolse tre orecchini gettati per terra e se li mise. Per un
attimo il mondo attorno a lui barcollò, poi tutto si assestò
mostrando un paesaggio opprimente e saturo di sangue.
Si
sforzò di guardarlo. Perché si ritrovava da solo? Non
ricordava. Inspirò aria fresca per poi ricacciarla subito fuori con una morsa
al petto. Faceva male, ma non seppe se fosse dolore o paura. Il suo sguardo
cadde su una bandana marrone per terra. Fissando quella fascia sporca di fango,
ricordi confusi di quella che doveva essere l’ultima ora o gli ultimi giorni, si affollarono nella sua mente soffocandola.
Un
refolo di vento freddo e mortale annunciava a tutti che la guerra era finita. Ciò nonostante davanti a suoi occhi caddero tutte le sue precedenti
illusioni di pace.
Nonostante il turbamento del suo animo, si sistemò gli occhiali con
assoluta calma, come se quel gesto ordinato gli desse sicurezza in quel mondo
caotico.
Inspirò forte e poi si diresse verso il luogo dove lo aveva visto cadere.
Camminò,
ricordando sempre che doveva mettere un piede davanti all’altro, come se gli risultasse troppo faticoso riuscirci. Aveva paura che, se
avesse smesso di muoversi, non avrebbe più potuto continuare). Chissà se lui stava bene. No, non poteva pensare a questo
adesso. Lo avrebbe trovato e si sarebbe preso cura di lui per tutta la vita. Così
si erano promessi. Se solo… se solo non facesse già così male.
La vista gli si offuscava e faceva fatica a tenersi in piedi. Non poteva
pensare neanche a questo. Non era importante, solo lui
contava. Poco prima gli aveva salvato la vita, a scapito della sua, e così
facendo si era portato inevitabilmente via una parte della sua anima.
Si
mosse in quella terra smossa e distrutta dalla battaglia, in quello che doveva
esser stato prato fiorito un tempo. Il terreno brullo e freddo faceva uno sgradevole contrasto con il cielo limpido sopra
di lui. Oltre a questo, si estendeva una foresta centenaria rimasta
apparentemente intatta. Il sole spuntava appena sopra l’orizzonte e gli uccelli
cantavano talmente forte da ferirgli l’udito finissimo. A dispetto di quello
che aveva sempre pensato, non desiderava la luce del giorno in questo momento. Forse perché non voleva vedere la moltitudine di corpi attorno a sé
o forse solo perché aveva paura di scorgere quello di lui buttato fra i tanti.
All’improvviso
gli sembrò di aver consumato tutti i desideri che si potessero
esprimere in una vita. Lui non c’era e non lo avrebbe mai
trovato in tempo. Se lui stava davvero per… voleva davvero vedere un ultima volta il suo sorriso.
Superò
un masso particolarmente grosso e, rimettendo i piedi sulla strada, avvertì un
dolore tanto forte all’addome da farlo gemere e ansimare. Si guardò le mani bagnate
da un rosso liquido vischioso. Non aveva più tempo ormai.
Alzando
lo sguardo, vide finalmente l’oggetto della sua ricerca; una figura distesa fra
i sassi guardava le nuvole passare sopra lui, come se non
si trovasse su quel terreno brullo, ma sul giaciglio più comodo del mondo. Era perfettamente e dolorosamente immobile.
“Ciao,
Hakkai.” Mormorò questa.
“Ciao,
Gojyo.”
“Sei vivo.” Sorrise piano Gojyo.
Avrebbe
voluto dirlo lui, ma non gli portava rancore per
averlo anticipato.
Lo
guardò. I lunghi capelli erano miracolosamente rimasti legati in una coda che gli
aveva fatto solo poche ore prima. Il vento muoveva distrattamente una ciocca
rossa, creando un netto contrasto con il viso pallido e fisso davanti a sé. La
sua connota era risalita di un po’ mostrando la pelle
nuda dal torace. I suoi occhi da gatto puntavano ancora sfacciatamente il cielo,
impedendogli di scorgerne la bellezza.
“Che vergogna. Sono stato il primo a lasciare la battaglia a quanto pare.”
Hakkai
sorrise a sua volta, pur non volendolo realmente. “Sanzo
ti ha seguito subito dopo, se ti può far star meglio. Ha fatto un bel volo.”
“Sì.
Mi fa sentire meglio, in effetti. Gyumao?”
Lo disse con fatica. Fissando attentamente il suo viso, si accorse che gli era
difficile tenere gli occhi aperti a lungo.
“Morto.
Goku gli ha dato il colpo finale, subito dopo aver
visto Sanzo volare via. Era piuttosto arrabbiato. Sai
come è fatto, non bisogna mai toccagli Sanzo.”
“Quindi non mi sono perso molto. La scimmia
dov’è adesso?”
“È
andato a cercare Sanzo. Temo sia ridotto molto male.”
Si
mise seduto accanto al suo corpo. Il profumo di terra si mischiò al forte odore
di sangue non suo. Sfiorò con le dita il braccio sanguinolento accanto a lui.
Seguiva una strana piega e da esso spuntava un osso bianco
deturpando la bellezza della sua pelle.
“Sei ferito.” Constatò.
“Non
lo so Hakkai.” Assunse una strana espressione.
Divertita? Arrabbiata? Triste? Non fu capace di decifrarla e non era convinto
di volerlo. “Non riesco a sentire molto bene il mio corpo. Credo di non potermi
più a muovermi.” Abbozzò un sorriso infelice. “Il che è un vero dramma, contando
che volevo fumarmi una sigaretta.”
Paralizzato,
dunque. Fissò il suo bel viso immobile sperando che giocasse, ma mai si era rifiutato prima d’ora di rivolgergli lo sguardo. E quando non lo faceva, faceva tremendamente male al cuore. Dov’erano
quei suoi bei occhi rossi, quando li cercava? Dov’erano adesso?
Posò delicatamente una mano sul collo, valutandone con trepidante
calma le
lesioni.
“Forse
è rotto.” Ansimò, mentre avvertiva il nodo al cuore espandersi troppo
dolorosamente.
“Già.
Come immaginavo. Che fine misera.”
“Non
ci sarà nessuna fine, Gojyo. Smettila di dire così.
Lascia fare a me. Proverò a guarirti.” Disse,
mettendosi in posizione.
A
quelle parole, Gojyo cercò per la prima volta di
guardarlo negli occhi, non riuscendoci. Prima che ci riprovasse,
l’amico si sporse verso di lui, permettendo ai loro sguardi di toccarsi. Il
mezzodemone sbattè più volte le palpebre nel intento
di metter a fuoco il viso che aveva davanti a sé.
“Non
usare il tuo potere su di me. Non ti resteranno forze sufficienti per sopravvivere.”
“Io
sto bene.”
“Non
stai bene, Hakkai. Sento l’odore del sangue arrivare
fin qui. Sei ferito. E
piuttosto gravemente.”
Il
demone si toccò automaticamente la pancia con la mano, per ritrarla gocciolante
di sangue. La sua mente ritornò al momento in cui la spada lo aveva trapassato
da parte a parte. Si era lanciato sul quel gigante demone, mosso solo dal
desiderio di vendicarlo, ma aveva miseramente fallito. In
effetti poteva aver più cura della vita che Gojyo
si era dato tanta pena di salvare. Scosse la testa. Faceva male, vero, ma non
contava in questo momento.
“Sarei
un maledetto egoista, se non facessi nulla per aiutarti.”
“Ormai
non c’è più niente che puoi fare, Hakkai. Risparmia
le forze. Stai già perdendo molto sangue. Non sprecare le tue energie per me. Lasciami
qua.” Biascicò, chiudendo di nuovo gli occhi per un
attimo. Lo stava perdendo? Stava realmente morendo sotto i suoi occhi?
“Gojyo! stupido! Non posso vederti morire senza far niente.”
“Io
non voglio che mi aiuti. Lasciami morire per primo.”
Il
demone scoppiò a ridere sul suo petto, inspirando l’aria satura di sangue.
“Non è
una gara a chi muore prima, Gojyo.”
“Ah,
no?” Rise a sua volta. Non era buffo, non era buffo
per niente. “Se vuoi solo morire qui, dillo, ma non usarmi come scusa per
suicidarti.”
Hakkai
sorrise a quelle parole. Morire su quella terra brulla insieme a lui, non era molto allettante, ma se non poteva farne proprio
a meno…
Hakkai
gli sorrise, per la prima volta da quando lo rivide. I
suoi occhi verdi lo fissavano, riflettendo un corpo inerme e deturpato. In quei attimi di agonia, in cui si era ritrovato solo, aveva così
tanto desiderato poterlo avere vicino incurante delle sue ferite, ma adesso che
lo stava finalmente guardando, se ne vergognava.
Lui gli
appariva sempre bello, invece. Soprattutto ora che era così
ansioso e preoccupato per lui. Questo calore che sentiva, solo lui era
stato capace di risvegliarlo, con le sue attenzioni, con le sue cure e il suo
amore, che non credeva affatto di meritare.
Immaginò
come sarebbe stato poter allungare una mano per accarezzare quel dolce viso, ma
il suo corpo non rispondeva e la consapevolezza di non poterci neanche provare,
gli spezzava il cuore nel petto. I suoi occhi verdi lo fissarono, incatenandolo
ancora una volta in un dolore, che solo per lui aveva provato.
“Lasciami
provare a salvarti la vita, Gojyo.”
“Non
voglio che tu..”
Gli
perse una mano fra le sue. Probabilmente stava stringendo
forte, non poteva saperlo. “Ti prego. Come tu hai fatto per me.”
Posò
le sue iridi rosse sul volto chino del compagno, alla ricerca delle sue verdi. Lo
stava prendendo in contropiede. Poteva negargli qualcosa con ostinazione?
Finora non ne era mai stato capace. “Stupido. Non devi
chiedermi il permesso. Anche volendo non potrei fermarti.”
Alzò
la testa e Gojyo vide una lacrima cadere sul suo
sorriso. “Questo è vero.”
Rilasciò
il suo potere, creando una luce soffusa e illuminando
il volto sporco di Gojyo, che a poco a poco si fece dolorante.
Comprendeva che fosse un buon segno, ma era decisamente
impossibile da sopportare. “Hakkai, insomma. Mi fai
più male che altro. Se devo morire, voglio soffrire il meno possibile.”
Il
compagno non rispose. Gojyo sforzò appena la testa,
accorgendosi di poterla finalmente muovere. Stanco pose lo sguardo sul volto
del suo compagno. Era estremamente affaticato, anche
se cercava di nasconderlo. Inspirava a fondo, cercando di riempire i suoi
polmoni, ma ormai lo faceva con fatica. Quando un rivolo di sudore scese dalla sua
fronte per cadere sul terreno ai suoi piedi, non ci fece neanche caso e
continuò ad emanare energia dalle mani. Le braccia gli
tremavano per lo sforzo di tenerle ferme e man mano
che l’energia fluiva da Hakkai, Gojyo
sentiva il suo corpo riacquistare forza e quello dell’amico indebolirsi.
“Basta,
Hakkai. Mi sento già meglio.”
Non
ascoltò, continuando a dispensare a lui la sue ultime forze
con il respiro faticoso, ormai allo stremo.
“Adesso
fermati! Stai perdendo troppe energie.”
Il
moro continuava, indolente dei suoi tentativi di dissuaderlo. Gojyo alzò automaticamente il braccio, scoprendo di poterlo
muovere. Chiuse il polso di Hakkai nella sua mano, che
solo allora si riscosse, fissandolo madido di sudore.
“Pazzo,
volevi ucciderti.”
Lui
sorrise appena, prima di buttarsi esausto sul suo petto. “Sono
solo un po’ stanco. Riposo un attimo e riprendo fiato.”
Parlare
gli era faticoso. Fissando il corpo esausto sopra di lui, si chiese se sarebbe realmente
sopravissuto, dopo aver perso tante preziose energie.
Dannazione
Hakkai! Dannazione! Tanto valeva non salvarti, se
dovevi morire fra le mie braccia. “Sei proprio uno… scemo.”
“Riesci
a muoverti adesso?” Ansimò buttandosi sul terreno accanto a lui per respirare
meglio.
Gojyo
constatò che riusciva a tenere gli occhi aperti adesso e muoveva entrambe le braccia,
nonostante l’osso rotto sulla’arto destro. “Sì, non preoccuparti.”
“Dappertutto?”
Gojyo
cercò di alzare una gamba poi l’altra, ma senza riuscirci. Gli arti inferiori e
la schiena non rispondevano.
“Sì.” Mentì.“Sono a posto. Riposa adesso. Hai fatto un buon
lavoro.” Sussurrò tendendogli una mano, che il moro raccolse subito
portandosela alla bocca.
Il
moro rimase zitto con occhi chiusi, inspirando disperatamente aria sulla sua pelle.
“Non sai mentire, Gojyo. Non a me.”
“Adesso
sei tu quello che non può muoversi, quindi taci. Il
problema qui è che io non sono capace di far niente per farti star meglio.”
“Tu mi
hai salvato la vita poco fa, Gojyo.
Non puoi dire questo.” Disse, il respiro era quasi
regolare. I suoi capelli scomposti gli solleticavano le nocche, mentre lui
stringeva a sé la sua mano. “Se non fosse stata per la mia disattenzione, non
ti saresti buttato per coprirmi.”
“Ma
quello sono capaci di farlo tutti.”
Alzò
appena la testa per fissarlo negli occhi. “Non tutti Gojyo,
non tutti. Inoltre tu lo hai fatto per me.”
Lo
ricacciò subito giù con la mano, non potendo sostenere il suo sguardo per un
secondo di più.
Restarono così per un po’, osservando in silenzio come la natura si
riappropriava
di quello spazio ormai devastato. Grosse nuvole passavano indisturbate sopra di
loro, occupando le loro menti con qualcosa che non
fosse morte per qualche istante. Il tempo scorreva, smosso solo dal respiro di
entrambi e dal vento che portava la primavera. Non avvertirono niente intorno a
loro se non la quiete e la pace del dopo battaglia. L’agitazione dei loro
pensieri fu abbandonata, permettendo di inspirare quella libertà tanto
agognata, ma che giungeva lo stesso alla sua fine.
Quanti
progetti avevano fatto per la fine della guerra? Tanti.
Quanti
ricordi aveva di loro insieme e quante volte si erano
stretti senza alcune preoccupazioni? Sempre troppo poco..
Se
questa fosse la loro fine, sarebbe stata miseramente
triste... Troppo poco tempo gli avevano concesso gli dei.
“Mi
ricordo una giornata simile a questa, Gojyo.”
La sua
fresca voce lo riscosse, facendolo voltare verso di lui. Fissava il cielo con
un dolce sorriso sulle labbra.
“Sì,
anch’io.”
“Abbiamo
dovuto inventarci una scusa pazzesca per fuggire dal gruppo.”
“Ma
alla fine ce l’abbiamo fatta e siamo andati in riva allago.”
“Dove
tu hai perso i panini.”
“Mamma
mia, per quanto tempo me lo vuoi….” Gojyo non finì la frase perché tossi forte, dissipando
piccole goccioline rosse sul proprio petto. Si voltò di scatto, ritenendo non
consono sporcarlo di sangue. Quando ritornò davanti ai suoi occhi un rivolo di sangue fuoriuscì dalle sue labbra, ornandogliele
grottescamente.
“Mi sa
che ho anche delle lesioni interne.”
Miseramente
triste…
Hakkai
alzò il busto, sostenendosi solo con i gomiti. Sentendo quella frase tornò ad
ansimare forte, forse per l’emozione, forse perché stava male e per la prima
volta ebbe paura di morire dopo di lui, imponendo ai suoi occhi di vederlo spegnersi
pian piano, senza potervi porre rimedio.
Un
urlo poco lontano zittì tutti i loro pensieri.
“NOOOOOO
SANZOOOOO NO TI PREGO. Ti prego Sanzo ti prego……” Urla inascoltabili si rovesciarono per la valle,
facendo sussultare tutti quelli che le udirono. “SANZOOOOOOO, SVEGLIATI! Ti
prego…. Ti prego….”
Ad un
ascoltatore occasionale poterono sembrare urla non umane e un dolore
impossibile da sopportare per una persona sola.
Eppure
era così: Sanzo era morto e Goku stava scontando il
suo dolore solitario...
Nessuno
disse niente e stettero a sentire quelle urla di dolore
per un tempo infinito.
Il
rosso sospirò infine, riportandolo alla sua attenzione. “Almeno non sono morto prima di quel monaco corrotto. Un punto per me.”
Hakkai
non rispose. Si chiese se era di cattivo gusto da
parte sua, non sentirsi triste per la sua morte. Forse che la loro morte imminente
non fosse più grave ai loro occhi? Non voleva pensarci adesso. Diavolo, anche
volendo non riusciva a farlo lo stesso. I suoi pensieri tornavano
inevitabilmente sulla persona che aveva affianco. Credeva
che in una situazione come questa avrebbe avuto tante cose da dire alla persona
che amava, ma in quel momento la sua testa rimase insistentemente vuota.
“Gojyo?” Pronunciò il suo nome, sperando che il suono della sua voce apparisse ferma e impassibile come
sempre, ma era rotta da qualcosa di troppo grande e potente per dargli un nome.
“No, Hakkai. Non voglio vederti piangere. Non voglio che sia l’ultima cosa che vedono i miei occhi.” Disse, non guardandolo
in faccia.
“Ti
amo.”
Gojyo
girò la testa di scatto, catturando dolosamente il suo sguardo. I suoi occhi rossi,
apparivano sempre fieri, orgogliosi forse di aver combattuto fino alla fine, ma
irrimediabilmente toccati dalla tristezza.
“Lo
so. Ti amo anch’io.” La sua voce vacillò leggermente, pronunciando quelle
semplici parole.
“Lo
sai?” Che domanda stupida, non era da lui.
“Certo
che lo so.”
Una
mano tremante si avvicinò al suo viso, asciugandogli delle lacrime che
vollero cadere in quel momento. Il suo gesto non aiutava a fermarle, non aiutava per niente, ma non desiderava interrompere quel
contatto, trovandone conforto. Chiuse gli occhi in quel attimo.
Possibile che un momento come questo si vergognasse di piangere? Voleva dirgli
qualcosa come “Ci salveremo” o “Andrà tutto bene”, ma
sembrava una bugia troppo grande da raccontare.
Raccolse
la sua mano fra le sue, baciandola sul dorso e assaporando il suo profumo. Quel
filo di sangue sembrava così scomodo sul suo bel viso. Lo raccolse con il
pollice, ma fu inutile perché altro liquido cremisi ne prese
il posto, facendo salire la sua frustrazione. Si sentiva così inutile ed
impotente. Non poteva fare nulla per salvarlo. Era troppo debole per farcela da solo, come durante tutta la sua vita.
Avevano
commesso davvero troppi peccati per meritarsi questo? Sicuramente sì, ma non
riusciva a smetter di sperare in un'altra fine, in un'altra
sorte.
“Non
piangere, Hakkai. Per favore…”
“Scusami,
non c’è la faccio.” Cercò disperatamente di trattenere
il suo dolore dentro di sé, ma sanguinava da troppo
tempo per riuscirci. La vista gli si offuscava di continuo, sia per la
stanchezza, sia per il dolore.
Probabilmente
trovava la forza di vivere solo per lui.
“Quando
mi sono svegliato qui, volevo disperatamente vedere i tuoi bei
occhi verdi ancora una volta, ma non volevo che mi trovassi così debole e malridotto.”
“Perché
ti preoccupi sempre di queste sciocchezze?” Gojyo
parve lievemente stupito come se volesse dirgli che non
erano sciocchezze. Hakkai lo trovò adorabile, riempendosi all’istante di tutto l’affetto che provava per
lui. “Sai, ho sempre detestato questo tuo difetto. Ma adesso credo che di amarti solo per questo. Sei
irrimediabilmente stupido.”
Invece
di arrabbiarsi, come credeva, il rosso sorrise,
rafforzando la stretta alla sua mano. “E io credo di
amarti solo perché ti da fastidio. Sei irrimediabilmente fastidioso.”
Hakkai
cercò di sorridere, ma durò troppo poco e tornò a singhiozzare, stringendo la sua
mano, che teneva premuta sulla fronte.
Cercare
di fermare ogni momento che disperatamente passava, poteva rivelarsi inutile,
ma pregava con tutte le sue forze che qualcuno lo ascoltasse.
“È
così ingiusto..” Mormorò a se stesso.
“Hakkai?” La sua bella voce lo richiamò. “Promettimi che mi
cercherai di nuovo. Non voglio perdere tempo a cercarti io la prossima volta.” Gojyo gli sorrise,
cercando di sembrare rassicurante. Sicuramente era più facile lasciare questo
mondo, sapendo di potersi rincontrare un giorno.
Il
moro avvicinò alla bocca dell’amante. “Ti cercherò per sempre, amore mio.” Scese a baciare le sue labbra. Le proprie lacrime si
mischiarono al suo sangue, suggellando l’ultimo bacio che si scambiarono. Sotto qualsiasi forma e aspetto, lo avrebbe trovato. Gojyo rappresentava l’anima, che sarebbe stata per tutta l’eternità la sua metà. “Passare anche solo la prossima vita
senza di te, sarebbe insopportabile.”
Si staccò
per primo da lui, cercando il suo petto per riposare, troppo stanco per sostenersi sui gomiti. Un fitta
al ventre lo lasciò senza fiato. Inalò disperatamente aria calda, stringendo
forte la sua maglietta in una mano. Il dolore si diramava dallo stomaco e gli
mozzava il fiato in gola. Perché doveva esser così estenuante
morire? Dovette ricorrere a tutte le sue forze per restare cosciente, pur
desiderando intensamente addormentarsi. Il dolore era troppo forte. Chiudere
gli occhi e sentire la vita che gli fluiva via, per non soffrire più, sembrava molto
allettante.
“Poi…”
Sussurrò il demone, sperando di esser sentito da Gojyo.
“...io ti ho trovato in questa vita. Toccherebbe a te nella prossima.”
“Io ti
ho trovato sotto la pioggia.”
“Ma tu
non hai fatto altro che uscire di casa. Io ho camminato
per chilometri, svenendo vicino a casa tua.”
“Ahh, wakatta. Ti cercherò io, va bene?”
“Niente
va bene in questo momento, Gojyo.”
Anaspò.
La
voce dolorante quasi troppo flebile per raggiungerlo,
lo sguardo assente e penoso, non annunciavano niente di buono. Il rosso capì,
ma non disse niente, visto che non c’era niente da dire. Il liquido caldo di Hakkai gli inzuppava quasi tutta la parte sinistra della
maglietta. Il sangue fluiva dal suo corpo, portandosi via la
sua vita pian piano.
Il
mezzodemone premette un bacio sulla sua nuca, prima di tornare a fissare il
cielo terso. Non riusciva a staccare gli occhi dall’ immensità
sopra di lui, come se qualcuno lo stesse guardando. Sperò che non fosse quella
vecchia di Kannon e mandò
una preghiera agli dei affinché, nella loro prossima vita, si potessero
incontrare di nuovo.
Sembrava
estremamente semplice. Morire e trovarsi ancora. Ma nulla era così facile. Lui lo sapeva e pensare di dover
vivere un'altra vita come questa, lo scoraggiò non poco.
Il
tempo passò veloce, come le nuvole sopra di loro, lasciando che il silenzio lo
riempisse di nuovo. Il dolore stava sparendo a poco a poco, ma Gojyo non credette che fosse un buon segno.
Dopo
un tempo interminabile avvertì il corpo del suo compagno accasciarsi fra le sue braccia.
“Hakkai?”
Il
moro socchiuse gli occhi per aprirgli sui suoi un’ ultima
volta. Mostrò il suo bellissimo sorriso e tornò ad
espirare più veloce, ma solo per pochi istanti. Non aveva più forze.
“Ho molto
sonno, Gojyo. Forse ho perso troppo sangue.” Chiuse gli occhi verdi, smorzando lo splendore che
emanavano.
Si
stava addormentando di nuovo. Avvertiva il suo corpo premuto addosso ancora
così caldo. Il sangue scorreva ancora in lui e riusciva ancora a parlare con
lui, ma la morte stava giungendo. L’avvento del sole e del vento
preannunciavano il suo arrivo per portarlo via.
Gojyo
si sentì soffocato. Non voleva vederlo morire, un dolore così
forte gli avrebbe straziato l’anima. Qualcuno lo voleva morto? Non
poteva succedere a lui. Non era abbastanza forte per
sopportarlo come Hakkai.
“Beh,
dormi.” La voce gli traballò. Lo strinse a sé, scoprendo di tremare. Aveva
sperato di sembrare più forte alla fine, ma forse sentire il corpo del proprio
amante farsi debole e freddo fra le braccia era una vista insopportabile per
chiunque.
“Scusami,
Gojyo, ma
credo che ti precederò. Non ce la faccio più. Mi
dispiace lasciarti solo proprio adesso.”
Non
riuscì a dire nulla, scosse la testa e lo avvicinò a sé come per scaldarlo, mentre
altre lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Ti prego, piccolo Hakkai.
Non parlare, mi fai troppo male al cuore. Ti prego.. Hakkai, non mi costringere a vedere i tuoi occhi spegnersi.
“Gojyo?”
“Dimmi.”
In quel momento gli vennero in mente tante cose, affollando gli ultimi istanti
insieme. Perché non era andato a cercare aiuto? Perchè
aveva consumato le ultime energie per lui? Perché
aveva voluto trascorrere le sue ultime ore a parlargli? Gli sembrava tutto così
assurdo, tutto così stupido. Non doveva consumarsi per lui. Era la persona più
indegna a contenere la sua pura energia, ma non dubitava che lui avrebbe dato la sua vita per salvarlo altre mille volte. Anche lui era irrimediabilmente stupido.
“Manco
della promessa che ci scambiammo ieri. Non riesco a prendermi cura di te,
neanche in questi ultimi attimi di vita.”
“Lo
farò io per te, Hakkai.”
“Sei
sempre stato capace di grande cose, amore mio.”
Strascicava
le parole ormai. Lo aveva visto migliaia di volte in vita sua e adesso lo
osservava impotente nella persona che amava più della sua stessa vita. La sua
eterna forza si stava spegnendo e lui ne sarebbe stato
solo uno scomodo spettatore.
“Hakkai?” Singhiozzò. “Hakkai.”
Non
rispose più.
Avvinto
come era al suo corpo, il demone lasciò cadere dolcemente
la presa su questo, accasciandosi semplicemente al suo fianco.
Gojyo
si avvicinò al suo viso, non sentendo pulsare il suo cuore
e il rumore del suo respiro. Non c’era più.
Avvicinò
una mano tremante al suo viso, osservando i suoi occhi
vuoti orribilmente fissi sui suoi. “Non puoi farmi questo. Non puoi farmi
assistere a ciò, Hakkai. Perché
sei così cattivo alla fine della tua vita? Perché? Hakkai.. Hakkai…”
Pianse
sui suoi capelli e invocò il suo nome finché la gola
gli resse. Quella forza che lui aveva perso per darla a lui, ora gli permetteva
solo di vegliare sul suo cadavere, aspettando che la morte lo prendesse allo
stesso modo. Era ingiusto. Aveva ragione lui.
Gli
chiuse gli occhi con una mano, non volendo più osservare il vuoto che ci
scorgeva attraverso, e come se avesse paura di svegliarlo, gli sussurrò dolcemente
“Oltre le nubi del tempo, oltre l’orizzonte dei cieli, io ti troverò,
amore mio, per stare di nuovo insieme. Ti troverò e allora potremmo fare tutto
quello che non abbiamo fatto in questa vita.”
Glielo
aveva promesso, non lo avrebbe deluso.
Cullò
il suo corpo per tantissimo tempo, cantando una canzoncina che aveva sentito da
piccolo da sua madre. Non mollò mai la presa dal suo cadavere, continuando a
parlargli come se fosse ancora lì.
Quando
tutto il dolore si esaurì, quando tutte le lacrime finirono di cadere, solo
allora avvicinò la mano alla taschina della canotta ed estrasse un pacchetto di
sigarette. Se ne sistemò una sulle labbra e la accese. Gojyo
aspirò il fumo, ricacciandolo subito fuori senza dover staccare le labbra dalla
sigaretta. L’ultima sigaretta. Molto ironico.
Si
asciugò le ultime lacrime restanti con il dorso della mano. Moriva così da
solo, alla fine. Infondo come aveva sempre vissuto. Se
non fosse stato per lui… senza di lui non avrebbe mai
conosciuto l’amore…
Aveva
sempre sperato di morire durante un combattimento, ma questo
finale era dannatamente triste. Chissà cosa desiderava Hakkai
per la sua morte? Di morire fra le sue braccia, come aveva fatto? Possibile e
infondo lo invidiava un pochino.
Per
questa vita aveva dato tutto quello che poteva, ora voleva solo riposare… riposare forse per la prima volta dopo tanto tempo.
Una
sensazione nostalgica lo avvolse. Tutto intorno a lui si fece sordo. I suoi
occhi smisero di vedere e avvertì il mondo intorno a lui farsi indolore e
informe. Inalò aria, non sapendo se lo stesse facendo davvero e scoprì che
odorava di ciliegi in fiore. Un buon profumo.
Strinse
il corpo fra le sue braccia e, con un po’ di paura di cosa sarebbe successo, semplicemente
morì.
Così li
trovò Goku.
Pianse quando scavò la loro tomba e pianse quando seppellì i loro
corpi. Tre semplici lapidi sistemate vicino ad un fiume
anonimo.
Goku
si recò tutto da solo nella sua prigione sul monte, senza parlare con nessuno e
senza mangiare nulla per tre giorni. Arrivato al monte, lo scalò e in cima,
dopo aver trovato le sbarre divine che lo trattenevano, vi entrò e vi si chiuse
dentro, sigillandosi nuovamente.
Poi aspettò
a lungo, altri 500 anni che Sanzo lo trovasse di nuovo.
Fine..
Se sono riuscita a strapparvi
qualche lacrima ho raggiunto il mio scopo. Io ho
pianto tanto pensandola. Con questo non voglio dire
che vi volevo tristi, ma solo coinvolti!!!!
Commentate… e abbiate pietà della mia prima fiction drammatica. Sono
veramente difficili…
Vorrei farne una anche su Goku e Sanzo..
Credo dipenderà da questa..
Un bacione.
Vege!