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Autore: Montana    20/01/2013    1 recensioni
Kalòs kaì agathòs. Letteralmente, “bello e buono”.
Una delle prime cose che insegnano al Liceo Classico è questa, la teoria del bello e buono che gli antichi Greci avevano tanto a cuore.
Il tutto è riconducibile nelle due parole greche καλὸς κἀγαθός, la kalokagathia. I miti greci ne sono pieni.
Nell’Iliade tutti danno ragione ad Achille perché è bello e buono, e picchiano Tersite perché è brutto, zoppo e storpio.
Nonostante tutto, anche al giorno d’oggi è rimasta nel nostro subconscio la convinzione che se una persona è bella esternamente dev’esserlo anche all’interno.
A questo Zoe non credeva affatto.
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Ritornando alla sua posizione vegetativa iniziale, Marco registrò il pensiero che doveva chiederle cos’avesse contro la kalokagathia.
Avevano quattordici anni, e quella fu solo la prima volta che le vite di Zoe e Marco si scontravano bruscamente.
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"Quando due forze così grandi si scontrano non possono non lasciare segni su ciò che le circonda, Léon."
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Marco, ragazzo normale, vita normale, amici normali, fino al Liceo.
Léon, padre francese, famiglia rovinata, riflessivo e protettivo.
Zoe, genitori francesi, un passato misterioso, un segreto che non ha mai detto a nessuno.
Destinati ad incontrarsi, destinati a cambiarsi le vite.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le loro vite con Zoe'
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La nostra vita con Zoe

16. Eiffel

Zoe passò l’esame del patentino al primo tentativo e con un solo errore, e la pratica senza neanche uno, grazie alle settimanali lezioni di Marco. Purtroppo però Fed, apprensiva come ogni madre, le disse chiaramente che non le avrebbe comprato una moto, almeno non in un futuri prossimo. Zoe accettò di buon grado, era troppo eccitata per protestare.
La sfortuna volle che Marco si fosse ammalato qualche giorno prima dell’esame, e a causa della convalescenza e della gita imminente sua madre non gli diede il permesso di uscire con i due amici per festeggiare.
Non che avessero intenzione di fare chissà cosa, si limitarono a passare la serata in un bar (non il solito bar, senza Marco sarebbe stata un’eresia) che aveva aperto da poco e attirava molti ragazzi.
Il post era bello, la musica non troppo alta, le luci non troppo abbaglianti né troppo soffuse.
«Cosa prendi?» chiese Léon all’amica, avvicinandosi al bancone.
«Una Coca Cola con ghiaccio. Sì, ho deciso di non bere più, in nessuna circostanza. Dopo la Festa ho capito... i rischi, sì.»
Léon sorrise, comprensivo, e ordino la Coca e una birra per sé.
«Allora, come ci si sente ad essere idonei alla guida di un ciclomotore?» le chiese, ammirando il foglietto verde che Zoe aveva già messo nel portafoglio.
«Bene, mi sentirei ancora meglio se mia madre avesse deciso di prendermi la moto... Ma non si può avere tutto dalla vita! Magari se continuo ad andare bene a scuola me la prende a giugno.»
«Non impegnarti troppo, che diventi più brava di me!»
«Non mi impegno, ho una cosa che si chiama memoria fotografica!»
Chiacchierarono del più e del meno per tutta la sera, ridendo e scherzando e sorseggiando le loro bibite.
«Zoe, posso farti una domanda... strana?» tentò Léon ad un tratto.
La ragazza si irrigidì immediatamente «Strana in che senso?»
«Nel senso che la birra mi fa un po’ straparlare, ma niente di grave. Non fare quella faccia, no voglio chiederti di sposarmi!»
Zoe parve rilassarsi un po’ «Dai, dì questa cazzata!»
«Sei innamorata, Zoe?»
Lei sentì di nuovo il respiro bloccarsi in gola e la temperatura corporea aumentare improvvisamente, tanto che le guance cominciarono a bruciarle e, poteva saperlo, a diventare sempre più rosse.
A Léon sarebbe bastata questa reazione come risposta, ma lei si affrettò a rispondere «Innamorata? Oh, no. Non direi.»
«Come non direi?! Zoe, uno sa se è innamorato!» rise Léon, pensando poi però al povero marco che aveva impiegato quasi due anni a rendersene conto.
«Beh, allora no. Perché?»
«Boh, ho notato che in questi giorni sei sempre molto allegra, sorridi spesso, non ti sei neanche incazzata con Marc quando si è offerto al tuo posto!»
Zoe sospirò mescolando i cubetti di ghiaccio «Sto semplicemente cercando di godermi la vita nonostante tutto. Mi aiuta, e aiuta anche Fed.»
«Ah, scusa, hai ragione. Come sta?»
«Lei dice che sta bene, ma lo fa solo per non farmi preoccupare. Ci stiamo accanto, è l’unica cosa che possiamo fare no?»
«Dille che un giorno veniamo io e Marco a pranzo, o a cena! Ci manca la sua cucina.»
«Dice sempre che le mancate anche voi, quindi direi proprio che...»
«Ehi, Eiffel.»
Léon non aveva quasi sentito quella voce alle sue spalle, quindi impiegò qualche secondo a capire perché Zoe, passata dal rossore al pallore in un istante, stesse fissando con occhi sbarrati un punto impreciso dietro di lui.
Si voltò.
Dietro di loro c’era un ragazzo, presumibilmente della loro età, piuttosto alto e slanciato, con le spalle larghe e la schiena stranamente rigida. Aveva i lineamenti un po’ irregolari, il naso piuttosto grande, la mascella non molto marcata, gli occhi grandi e scuri, i capelli pettinati in un ciuffo forse un po’ troppo lungo.
«Eiffel.» ripeté questo, con una voce assurdamente stridula, mentre negli occhi gli si accendeva una scintilla di cattiveria che rispecchiava perfettamente il sorrisetto cattivo che gli segnava il viso.
«Da quanto tempo. Cosa ci fai qui? Credevo fossi partita per dove cazzo volevi andare, tipo a Fanculo.»
Léon spostò lo sguardo dal ragazzo a Zoe, aspettandosi una delle sue solite risposte a tono: la ragazza però sembrava paralizzata, gli occhi sbarrati, la bocca semiaperta e il viso pallido come quello di un cadavere.
«Beh? Hai perso la parola? Strano, mi sembrava che sapessi ancora parlare, visto che sei venuta fino a casa mia ad implorare il mio perdono, dopo l’incidente.»
Incidente? Di cosa diavolo stava parlando quel ragazzo?
«Scusa, sei sicuro di non aver sbagliato persona?» s’intromise Léon, dubbioso.
Il ragazzo parve notarlo solo in quel momento «Oh, guarda un po’ Eiffel, fai conquiste! Chi è questo ragazzo, un’altra delle tue vittime? Dimmi un po’, sa tutto di te?»
«Cosimo, sta’ zitto.» disse a quel punto Zoe, con voce tremante.
Cosimo accentuò il sorrisetto cattivo «Ah, quindi non lo sa! Dopo di me hai deciso di non dirlo più a nessuno, eh Eiffel? Mi sembra una grande idea, senza dubbio! Ma cosa succederà se un giorno ti ricapiterà quello che è successo quella volta? Non ti basta avere mio fratello sulla coscienza?»
«Tuo fratello sta benissimo, razza di stronzo.»
«Sta’ zitta, Eiffel! Non è di sicuro grazie a te che si è ripreso!»
«Beh, neanche grazie alla tua stronzaggine.»
«Ti ho detto di stare zitta!»
Come per magia Zoe chiuse la bocca e abbassò lo sguardo.
A quel punto Léon, che non accettava che la sua migliore amica venisse trattata così male dal primo che passava, si alzò in piedi e si piantò davanti al ragazzo «Hai qualche problema con Zoe? Perché sei hai un problema con lei ce l’hai anche con me. Vuoi discuterne?»
La mole di Léon dissuase Cosimo dall’andare avanti a discutere, quindi si limitò a lanciare un’ultima occhiata a Zoe e a dirle con tono di scherno «Ciao ciao, Eiffel, è stato proprio un piacere.»
Appena fu scomparso tra la gente Léon si voltò di nuovo verso Zoe, alla ricerca di una spiegazione. Lei però non sembrava volergliene dare, fissava il vuoto davanti a sé con aria assente, e spaventata.
«Léon... c’è un’altra uscita?» mormorò, così piano che il ragazzo dovette sporgersi verso di lei per sentire.
«Credo che quella porta dia sulla strada, ma non so se si può uscire... freghiamocene, mi sembra meglio.»
Prese l’amica per un braccio e la trascinò in strada; faceva quasi impressione, sembrava di trasportare una bambola o qualcosa del genere.
Quando furono abbastanza lontani dal locale, in una strada dove c’era poca gente, Léon prese Zoe per le spalle e la fece girare perché lo guardasse negli occhi.
«Ora Zoe tu ti calmi, fai un respiro profondo e mi spieghi cosa diavolo è successo là dentro. Chi cazzo era quello?!»
«Cosimo...»
«Questo mi sembrava di averlo capito, grazie! Quello che intendevo era, perché quel ragazzo ti ha aggredita in quel modo? Cosa gli hai fatto?»
Zoe stava tremando, ma cercò di fare un respiro profondo per calmarsi e disse «È una storia lunga... lunga e complicata. Delle medie.»
«Zoe, ti ha detto delle cose strane e brutte, posso sapere a cosa si riferiva oppure no?»
Lei stava per mettersi a piangere «Léon, ha ragione, ho fatto delle cose orribili alla sua famiglia... Non farmelo dire, ti prego! Mi odierai!»
Léon l’abbracciò piano «Zoe, sei la mia migliore amica, non posso odiarti. E ti giuro che non lo dirò a nessuno, se è questo che ti preoccupa.»
Zoe cercò di nuovo di calmarsi il più possibile, poi cominciò a raccontare.
 
«Le medie sono gli anni dei primi amori, no? Di quelli che il cuore comincia a batterti furiosamente, le farfalle ti volteggiano nello stomaco, le mani sudano, le ginocchia tremano, perdi la capacità di articolare una frase sensata e scoppi a ridere istericamente, e non hai idea del perché. Di quelli che ci rimani scottato, anzi bruciato fino all’osso.
O almeno è quello che successe a me. Credo sia stato quello che la gente definisce colpo di fulmine, di quelli che t’impalano lì dove sei e puzzi metaforicamente di bruciato per dei giorni. Eravamo in seconda media, e un giorno mentre stavo parlando con una mia compagna di classe vidi lui, Cosimo. Era stato nella classe accanto alla nostra anche l’anno precedente, ma non l’avevo mai notato. Strana la vita, eh? Stai chissà quanto accanto ad una persona senza notarla, poi un giorno puf! quella persona diventa tutto.
Dunque, mi presi questa cotta spaventosa per Cosimo. Ma tu mi conosci, sai quanto sono timida in realtà. Quindi non feci assolutamente niente, se non informarmi su come si chiamava e cominciare a riempire libri e quaderni di cuoricini.
Poi, un bellissimo giorno, una mia amica diventò la ragazza di un suo amico e finalmente riuscimmo a conoscerci. A quei tempi non ero ancora così... strana come adesso, stavo appena iniziando. Ero estremamente taciturna, ma con un’immaginazione fuori dal comune, e non mi divertivo a fare quelle cazzate che facevano loro, come andare al cinema tanto per passare il tempo o trascorrere intere serate in sala giochi. Sai, quelle sono stranezze che a quell’età rischiano di farti appiccicare addosso l’etichetta di “diversa”, che è anche un segnale di pericolo per quelli “normali”.
Fu più o meno quello che successe a me. Eravamo abbastanza amici, io e Cosimo, ma continuavo ad avere l’impressione, giusta, di non piacergli affatto. Capii che era per le mie stranezze, quindi cercai di adeguarmi alla massa. No, non fare quella faccia: so che suona strano, io che difendo sempre a spada tratta le mie idee, spontaneamente omologata alla massa. Ma dopotutto, cosa non si fa per amore?
Funzionò, per certi versi. Cosimo sembrava vedermi con occhi diversi, uscivamo insieme più spesso, passammo quasi tutta l’estate vedendoci ogni giorno, a settembre la nostra scuola organizzò un viaggio studio in Inghilterra e ci andammo assieme. Fu una cosa splendida: avevo già una passione per l’Inghilterra, ma se devo essere sincera fu lì che sbocciò l’amore. In ogni senso. Sì, siamo stati assieme per quei dieci giorni, forse grazie alla lontananza da casa, forse perché stavamo crescendo, forse perché i soliti amici non c’erano, forse perché lui era più se stesso.
E io, da inguaribile romantica quale sai che sono, credetti davvero che tutti sarebbe stato così anche una volta tornati in Italia. Ovviamente non successe, appena tornammo Cosimo cominciò a comportarsi come se non fosse successo nulla, e quando gli chiesi perché rispose che non era mai stato niente di serio. Finsi di essere d’accordo. Ma potevo mentire a tutti, tranne che a me stessa: smisi di mangiare, quasi completamente, e spesso ero colta da crisi di nervi. Fed era preoccupatissima, ma io continuavo a dirle che era tutto stress per la terza, l’esame e la scelta della scuola. Volevo andare allo Scientifico, sai? Cosimo sarebbe andato lì, tutto il nostro gruppo ci sarebbe andato. Fu lui stesso a chiedermelo, in uno di quegli assurdi momenti di incoerente dolcezza, quando eravamo tutti assieme a casa di qualcuno e lui ricominciava a comportarsi quasi come quando eravamo in Inghilterra.
Poi una sera avemmo l’incidente. Suo fratello Leonardo aveva diciotto anni a quel tempo, e i suoi gli avevano appena preso la macchina. Così una sera che dovevamo uscire gli chiedemmo un passaggio. Era una persona adorabile, simpatica e gentile, e ci capivamo alla perfezione, tanto che volle me davanti con lui al posto del fratello. Solo che quel giorno io e Cosimo avevamo litigato, anche per questo motivo, quindi io non avevo mangiato nulla e avevo i nervi a pezzi. E quindi niente, ebbi una crisi di nervi, di quelle in grande stile. Cosimo era l’unico che sapeva che ne soffrivo, Leonardo si spaventò e, cercando di capire cos’avessi, perse il controllo dell’auto e uscì di strada. Prese in pieno il guardrail. Ne uscimmo vivi tutti, stranamente, ma non illesi: Cosimo si ruppe un sopracciglio e si slogò una spalla, niente di grave, come i nostri amici seduti dietro con lui. A me e Leonardo andò molto peggio.
Io mi ero slacciata la cintura, cercavo aria, quindi mi ritrovai sbalzata fuori dal finestrino. Ho ancora le cicatrici, sulle braccia. Mi ruppi un braccio, e successe qualcosa alle mie terminazioni nervose per cui da quel giorno non sento più il caldo e il freddo, a meno che non siano esagerati. È per quello che quando tu, Marco e gli altri vi mettete il piumino io continuo a mettermi il cappotto, sì.
Leonardo la cintura l’aveva allacciata ma si sa, chi guida è sempre chi si fa più male. L’airbag fece il suo dovere, ma lui si ruppe due costole e per non so quale motivo entrò in coma. Ci rimase per più di un mese, sembrava irrecuperabile, credevamo tutti che sarebbe morto. È per questo che Cosimo mi odia, perché pensava che avessi ucciso suo fratello, ed è per questo che tutti quelli del nostro gruppo cominciarono ad evitarmi. Tutti cominciarono a farlo, in verità.
Ero quella pazza, nonché autolesionista e anoressica, che aveva quasi ucciso Leonardo, che era conosciuto da tutti perché fratello di Cosimo.
Cambiai decisioni, mi iscrissi al Classico proprio l’ultimo giorno possibile. Ho rischiato di non essere accettata, sai? Per fortuna ce l’ho fatta.
Non parlai più con nessuno, neanche con lo psicologo da cui mi mandarono i miei. Nei momenti più cupi penso ancora di essere stata io una delle cause della loro separazione, anche se riflettendoci mio padre aveva già l’altra donna.
Comunque, dopo le medie non vidi più nessuno di loro. Tranne Leonardo, che appena fu di nuovo in grado di muoversi picchiò suo fratello per quello che mi aveva detto e fatto e venne a scusarsi da parte sua. Non credo proprio che Cosimo volesse scusarsi, ma è stato un pensiero gentile. Ogni tanto ci sentiamo ancora, io e Leonardo.
È per questo che ero così... strana e scostante, all’inizio della scuola. Continuavo a colpevolizzarmi per quello che era successo, non volevo legarmi a nessuno per evitare di far male a qualcun altro. Poi però siete arrivati tu e Marco, e Adele, e tutti gli altri. Non sapevate nulla di me e siete voluti diventare miei amici. Ma se adesso che sai che razza di persona sono ti è passata la voglia di essere mio amico, ti capisco.»
«Zoe, che cazzo stai dicendo?»
La ragazza alzò gli occhi lucidi verso l’amico «Cosa?»
Léon la prese per le spalle «Zoe, tu non hai fatto niente. È stata tutta colpa di Cosimo, è a causa sua che hai avuto quella crisi e distratto Leonardo. Non è colpa tua, ed io continuerò ad essere tuo amico. Tutti noi continueremo a farlo, se...»
«No! Non lo dire a nessuno! Lo sapete solo tu e Adele.»
«Ok, va bene. Marco?»
Zoe restò zitta per qualche secondo «No, lui è meglio se non lo sa. Non so come reagirebbe e non voglio... che lo faccia troppo male.»
Il quel silenzio prima, e poi in quella risposta sospesa, Zoe mise più di quanto avrebbe voluto. Léon se ne accorse, ma era un buon amico e rimase zitto. Tuttavia era felice che Zoe si fosse finalmente aperta del tutto con lui.
O almeno così credeva.

--
No, non sono morta. A meno che voi non mi stiate lanciando oggetti contundenti, ma spero di no!
Ho solo avuto qualche problema, qualcosa tipo "occupazione", "fine del pentamestre" e canonico "blocco dello scrittore."
Ma mi auguro che questa botta vi risollevi! Alla prossima ;)

  
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