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Autore: Kuroi    22/01/2013    8 recensioni
[Akemi Roppongi - Yotsuya]
Missing Moment!
Dopo la proposta di matrimonio del capo del Chachamaru, Akemi torna all'Ikkoku-kan.
Trova solo Yotsuya all'ingresso. E gli comunica la bella notizia.
[...] Yotsuya prese due bicchieri.
Si infilò delle bacchette nel naso e, mentre la donna versava la birra, asserì: “Sono un tricheco.”
Akemi sorrise. "Dove avrà preso quelle bacchette…" Levò in alto il bicchiere e brindò con il suo strano coinquilino: “Allegria, Yotsuya. Anche io ho messo la testa a posto!”[...]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Places

 

 

“We chase misprinted lies
We face the path of time
And yet I fight, and yet I fight
This battle all alone
No one to cry to
No place to call home

 

My gift of self is raped
My privacy is raked
And yet I find, yet I find
Repeating in my head
If I can't be my own …

[Nutshell – Alice in Chains]



 

“Mi annoio.” Sentenziò Yotsuya, accarezzando svogliatamente Soichiro. Si sedette a terra, guardando il cielo. La giornata era calda e primaverile e la Maison Ikkoku era deserta. Guardò al bicchiere accanto a sé e con la punta delle dita ne tratteggiò indolente il contorno.

“Yotsuya, sempre a ciondolare, eh?”
 
“Akemi.” Rispose, inespressivo. E inespressiva era anche la donna dalla chioma fulva che gli si era parata innanzi. Rimase per un po’ a fissarle gli occhi enigmatici e perennemente socchiusi. “Sei vestita, ecco perché stentavo nel riconoscerti.”  
Akemi si sedette, bofonchiando. Era stranamente ben vestita. Sembrava cresciuta d’un colpo.  
“È tutto così silenzioso oggi.” Sentenziò, piatta. “Deduco che ci sia solo tu in casa.”
“Ottima osservazione,” rispose Yotsuya, “anche Ichinose è uscita.”
“Le cose cambiano anche qui…” Disse la donna. “Da quando Godai e Kyoko hanno messo la testa a posto non c’è più gusto nel prenderli in giro.”
“Tu non corri questo rischio.” Affermò l’uomo. “Di mettere la testa a posto, intendo. Solo un pazzo potrebbe sposarsi con te!” E rise sguaiato, forzatamente.
Akemi si irrigidì. Un brivido le percorse la schiena e quasi spalancò gli occhi.
Vide una bottiglia di birra alle spalle di Yotsuya. La prese e la stappò.
Yotsuya prese due bicchieri. Si infilò delle bacchette nel naso e, mentre la donna versava la birra, asserì: “Sono un tricheco.”
 
Akemi sorrise. Dove avrà preso quelle bacchette… Levò in alto il bicchiere e brindò con il suo strano coinquilino: “Allegria, Yotsuya. Anche io ho messo la testa a posto!”
Yotsuya digrignò i denti, ma non parlò. Abbassò per un attimo lo sguardo e poggiò il bicchiere per terra.
“Il capo del Chachamaru…” Soffiò, fissando Akemi dritta negli occhi.
“Sì. Mi ha chiesto di sposarlo. Andrò a vivere lì, infatti. Non nel bar, eh. Al piano di sopra, nel suo appartamento…”
“Perché.” Chiese l’uomo, senza intonazione.
“Perché non posso vivere in un bar, Yotsuya. Va bene, non sono moralmente irreprensibile, ma…”
“No, Akemi.” Yotsuya scosse la testa e sfilò le bacchette dal naso. “Non intendevo questo. Perché… Lui. Perché lo sposi.”
 
La donna si alzò in piedi, il bicchiere stretto in una mano. L’altra era in tasca e il vento le scompigliò i capelli.
Bevve un sorso, guardando il cielo: le nuvole erano poche e bianchissime. I panni stesi da Kyoko erano asciutti e si gonfiavano a causa della brezza come vele di una nave.
 
Yotsuya bevve d’un sorso la sua birra e si alzò. Stette in silenzio vicino ad Akemi.
“Siamo qui da tanti anni e non abbiamo mai parlato seriamente. Tante feste, tanti scherzi, tante bevute. Eppure… Non so nulla di te. E tu… Tu cosa sai? Che ho avuto molti uomini e molte delusioni? Che sono una sgualdrina che lavora in un bar?”
“NO!” Yotsuya quasi urlò.”No.” Abbassò la testa. “Non ho mai pensato che tu sia una sgualdrina. E anche se non abbiamo mai parlato, come dici tu, in te non ho visto solo quello che mi dicevi o quello che facevi…”
 
Akemi sospirò.
 
Poggiò il bicchiere ormai vuoto e si parò dinanzi quell’uomo enigmatico.
“Tu non troverai mai il coraggio di fermarmi. Hai criticato Godai per così tanto tempo, eppure i suoi vizi non sono così lontani dai tuoi. Chi sei? Cosa vuoi da me ora? Forza, rispondimi.”
 
Yotsuya strinse i pugni, violentemente. Strizzò gli occhi e desiderò che tutto ciò che gli stava inaspettatamente accadendo fosse un brutto incubo dovuto al sake. Guardò dinanzi a sé e scoprì invece che era tutto vero. Si sentiva bloccato da un anestetico potente.
 
Akemi avvicinò le labbra al viso di Yotsuya. Sfiorò col naso le sue guance.
Stette lì per molti secondi, pensando ai tanti anni vissuti nell’Ikkoku-kan.  
 
Mi sveglierò di mattina e non sarò più nella mia stanza… Nella stanza numero sei. E non vedrò Ichinose, né prenderò in giro Godai. Non sarò rimproverata da Kyoko per il mio abbigliamento. Non berrò più all’ingresso, né architetterò più scherzi sadici con…
 
Poggiò infine un piccolo bacio all’angolo della bocca di Yotsuya e sorrise amaramente.
L’uomo era rimasto fermo per tutto il tempo, le braccia rigide lungo i fianchi e lo sguardo fisso davanti a sé.
La fulva cameriera si allontanò di poco e prese a fissarlo di sottecchi. Si accese una sigaretta, lentamente.
 
“Se è questo che hai scelto… Buona fortuna, Akemi.”
“Grazie, Yotsuya. Buona fortuna anche a te. Ci vedremo spesso, però. Non cadiamo nella trappola di quei patetici addii, ti prego.” Eppure Akemi sentiva di non credere del tutto alle parole che aveva appena pronunciato.
L’uomo sorrise a bocca chiusa. Riprese le bacchette e, senza infilarle nel naso, disse: “Sono un tricheco…”
Le fece cadere a terra.
“Versiamoci da bere, sono sicura che Ichinose stia tornando.”
Yotsuya si infilò il cappello. “Mi dispiace. Devo andare a lavorare… Ci vediamo.”
E si incamminò.
“Yotsuya, aspetta!”
“Dimenticavo. Hai ragione su tutto quello che hai detto. Credo. Ti bacerei ancora, probabilmente, ma non posso. Non si può.” Non si voltò mentre parlava. Akemi rimase a fissargli la schiena e si sentì minuscola. La sigaretta si stava consumando a causa del vento.
“Sarai felice, Akemi. Quell’uomo ti ha sempre voluto bene.”
Quando voltò l’angolo, Akemi si sedette vicino a Soichiro e iniziò ad accarezzarlo. Il cane guaì.
“E tu sarai felice?”
Sbuffò, alzandosi e sistemandosi la gonna. Buttò la cicca a terra e la calpestò.
 
“Aspetterò che rientrino tutti.”  Rassettò l’ingresso raccogliendo la bottiglia e i bicchieri.
“Chi se la sente Kyoko, altrimenti.” La sua bocca si piegò in un sorriso stentato.
C’erano anche due bacchette. “Che schifo.” Rise. E rimase a guardarle per un po’, prima di dirigersi nella sua stanza per impacchettare le sue cose.
Fu avvolta da un insolito silenzio. Quando inserì la chiave nella toppa, la serratura della sua stanza scattò, risuonando metallica.
 
 
 
***
 
 
 
 
Qualche piccola nota su questa One Shot.
 
Ho sempre sognato di scrivere qualcosa su Maison Ikkoku. È un manga che adoro e avrò riletto non so quante volte. *__*
E gli inquilini strampalati dell’Ikkoku-kan hanno sempre destato in me una curiosità infinita!
 
Partiamo dal presupposto che il capo del Chachamaru è per me grandioso, e che quindi non ho nulla contro lui. Partiamo poi dal presupposto che credo che Akemi dopotutto gli voglia un gran bene.
Ma… Ho provato a scribacchiare qualcosa sul momento in cui Akemi avrebbe annunciato questo matrimonio. E non riuscivo ad immaginare altro interlocutore al di fuori di Yotsuya.
Akemi, così disinibita e complessa. Yotsuya, così misterioso e scroccone.
Ho rischiato l’OoC? Non lo so, probabilissimo. Ma io questi due li vedo così…
 
A un certo punto faccio dire ad Akemi “Allegria!”. Non è per darle un tono da presentatrice televisiva xD, ma perché adoravo come la seconda doppiatrice della signorina Roppongi lo diceva nell’anime.
Era così mellifluo e cantilenante!
 
Grazie a chiunque abbia letto!
Buon tutto,
 
Kuroi
  
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