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Autore: PhoenixOfLight    22/01/2013    3 recensioni
A volte Jack odiava l’inverno. Un odio che neppure il pensiero delle battaglie con le palle di neve poteva affievolire.
Poi ricordava che a sua sorella Emma piaceva tanto la neve, e sorrideva di nuovo.

[Human!Jack]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bunnymund, Jack Frost, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti :3

Questa è la mia prima storia in questo fandom e ammetto di essere molto emozionata.

Questo film ha significato molto per me e volevo dare il mio piccolo e misero contributo.

La storia è su Jack da umano e su un piccolo scorcio sulla sua vita con la madre e la sorella.

Un paio di headcanon per farvi comprendere la mia fanfiction:

- Il padre di Jack è morto. Non so come, in realtà, penso durante una sorta di battaglia (?), ma sicuramente non c’è. Jack vive con la madre e la sorella.

- Sebbene molti sostengono che il nome della sorella di Jack sia Pippa, io ho deciso di chiamarla Emma.

 

Per ora è una one-shot. Molto breve, a dire il vero.

In realtà pensavo di trasformarla in una raccolta di one-sho. Ma non so, per ora comincio a pubblicare questo, poi si vedrà :3

 

Spero che vi piaccia!

PhoenixOfLight

 

 

 

 

 

 

 

Attizzò il fuoco un ultima volta, per poi alzarsi e sgranchirsi. Si passò una mano sul volto, sbadigliando rumorosamente.

«Grazie mille, Jack».

Il ragazzo si voltò verso la donna sdraiata sul giaciglio e le sorrise. «Cerca di rimetterti presto, mamma». Si avvicinò a lei e poggiò una mano sulla tempia. Prese un fazzoletto bagnato dalla bacinella lì accanto e glielo mise sulla fronte. «Fortunatamente la febbre sta scendendo. Domani comprerò altre erbe… riposa adesso, d’accordo?».
La donna sorrise. «Sei un ragazzo d’oro, Jack. Sono fiera di averti come figlio».

Jack sorrise, accarezzandole i capelli e poi si sedette accanto a lei, su una sedia. Non voleva perderla di vista, quella notte: la madre avrebbe potuto aver bisogno di lui. Si strofinò gli occhi e fissò a lungo il fuoco. Ammalarsi non è mai facile, soprattutto in una piccola colonia come quella in cui vivevano; le uniche cure di cui potevano disporre erano erbe curative raccolte dalla foresta accanto al villaggio. Ma il gelo aveva distrutto quasi tutte le piante, e non sapevano cosa fare. A volte Jack odiava l’inverno. Un odio che neppure il pensiero delle battaglie con le palle di neve poteva affievolire.

Poi ricordava che a sua sorella Emma piaceva tanto la neve, e sorrideva di nuovo.

Si voltò verso la madre e notò che si era addormentata. Molto più tranquillo, chiuse lentamente gli occhi.

Un urlo improvviso lo fece sobbalzare. «Jack!».  Gli occhi sgranati e il cuore che batteva all’impazzata, corse nella minuscola stanza da letto; Emma era seduta sul letto, pallida e sudaticcia, gli occhi pieni di paura, il respiro accelerato e le ginocchia strette al petto.

Jack corse da lei. «Piccola, cosa succede?» chiese, sedendosi accanto a lei e togliendogli i capelli dalla fronte.

La bambina tremava tutta e dai suoi grandi occhi marroni sgorgavano lacrime. «U-un brutto s-sogno» singhiozzò.

Jack la strinse a sé, accarezzandole i capelli. «Sssh, è tutto finito. Va tutto bene, tutto bene».

Emma si aggrappò a lui disperatamente. «C-c’eravamo io… io e te. E-e la mamma, anche. Ma poi la m-m-mamma è sparita e…  e tu mi stavi guardando, sorridevi e- e dicevi “Fidati di me, la troveremo” e poi- e poi si è aperto un…» singhiozzò più forte. «U-un buco sotto i tuoi p-p-piedi e… e tu… s-sei caduto dentro… e io volevo prenderti ma non ci r-riuscivo e piangevo ma tu n-non uscivi fuori e-e…».

«Ssssh. Basta, piccola. Basta piangere. È solo un brutto sogno. Solo un brutto sogno, davvero. Non è reale, io sono qui, non me ne andrò mai, ok? Non ti lascerò mai. Non aver paura, sono qui» le ripeteva Jack, accarezzandola e cullandola.

Fortunatamente la madre non si era svegliata: non le serviva un altro motivo di stress, o sarebbe peggiorata. Poteva gestire quella situazione da solo; era l’uomo della famiglia, dopo la morte del padre. Aveva delle responsabilità.

Continuò a cullare la sorella anche dopo aver cessato di piangere, sussurrandole parole di conforto.  

«Jack?» mormorò la sorella.

«Sì?».

«Perché esistono gli incubi?».

Jack prese un respiro profondo, stringendola di più a sé. «Vedi, gli incubi… beh, sono le nostre paure più segrete. Quando sei sveglio, cerchi di superare le tue paure, di non pensarci. Ma poi la notte riescono a farti fare brutti sogni. In realtà c’è un motivo. È Pitch Black, l’Uomo Nero, che crea gli incubi». Le ombre nella stanza sembrarono farsi più cupe e Jack sentì improvvisamente freddo.

«Perché? Non ama i bambini?».

«No… non molto, in effetti. Lui vuole che tutti abbiano paura di lui. È nella sua natura, sai. Non sa fare altro».

Emma rimase in silenzio per un po’. «Quando ci sei tu, non ho paura» mormorò poi.

Jack sentì il cuore scaldarglisi e sorrise. «Non devi mai avere paura quando sei con me. Ti proteggerò io».

La bambina si districò dall’abbraccio e fissò i suoi occhi in quelli del fratello. «Promettimi…» disse. «Promettimi che sconfiggerai l’Uomo Nero. Promettimi che non lo farai mai avvicinare a me».

Jack sorrise, accarezzandole la guancia. «Lo prometto» rispose, e l’abbracciò di nuovo.

 

Jack Frost – Jack Frost il Guardiano, Jack Frost lo Spirito dell’Inverno – aprì improvvisamente gli occhi e inspirò profondamente.

La sua memoria si stava ancora abituando a diciotto anni di una vita diversa; i ricordi si stavano lentamente sistemando, e ogni tanto gli capitava di avere flash improvvisi e di rimanere paralizzato per minuti interi.

Ma quello… quello era diverso. Era speciale.

«Ehi, amico. Tutto bene?».

La voce di Calmoniglio lo riportò alla realtà; si voltò verso il suo amico Guardiano sbattendo le palpebre più volte. «Sì… sì, tutto bene. Solo un nuovo ricordo» rispose.

«Uno bello?».

Jack annuì e sorrise, guardando il cielo azzurro. «Ho appena ricordato una promessa. E ho scoperto che, senza rendermene conto, sono riuscita a mantenerla».

   
 
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