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Autore: Lena Mason    23/01/2013    5 recensioni
“Era una fredda giornata di fine Ottobre, all’incirca verso mezzogiorno, quando una ragazza varcò le soglie dell’aeroporto di Narita, Tokyo, Giappone.”
L’arrivo di questa nuova ragazza all’accademia Ouran porterà parecchio scompiglio. Nuove amicizie, nuovi interessi e nuovi problemi colpiranno l’amato Host Club.
Riusciranno a salvarsi anche questa volta?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haruhi Fujioka, Kyoya Ohtori, Nuovo personaggio, Tamaki Suoh, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo I

 

Era una fredda giornata di fine Ottobre, all’incirca verso mezzogiorno, quando una ragazza varcò le soglie dell’aeroporto di Narita, Tokyo, Giappone seguita da tre donne intorno ai ventisette anni e da altrettanti uomini, vestiti con giacca e cravatta, un po’ più in là con l’età: i passanti fissavano con insistenza il gruppo di stranieri, cercando di capire che fossero. 

La ragazza che accompagnavano era, evidentemente, straniera: lunghi capelli di un rosso accesso le scendevano dritti fino a sfiorarle il fondoschiena mentre il viso era per lo più nascosto da grandi occhiali da sole. 

I presenti erano sicuri fosse una sorta di celebrità o comunque qualcuno di importante dato che all’esterno vi erano due limousine ad attendere il gruppo di stranieri.

 

 

 

*

 

Nel centro della città di Tokyo, intanto, nella prestigiosa scuola Ouran un gruppo di esageratamente affascinanti ragazzi, si trovava in mensa: Tamaki Suou, ragazzo dai capelli biondi e occhi di un particolare blu violaceo, irritava come al solito i suoi compagni di classe e amici.

Infatti continuava a parlare a vanvera di figlie ribelli e si rivolgeva al suo amico Kyoya Ootori con il termine “Okasan”: la figlia ribelle invece era una ragazzetta, vestita da maschio, molto piccola e minuta con grandi occhi cioccolato e capelli castani corti.

«Senpai, la devi piantare di dire che sei mio padre! Io ce l’ho e me ne basta uno. E poi non voglio un padre come te» disse per l’appunto la ragazzetta.

 

«Haruhi odia il suo papà» disse Tamaki, piagnucolando, venendo avvolto dalla solita aura nera, mentre i due gemelli Hikaru e Kaoru Hitachiin lo prendevano in giro.

Il resto del gruppo era formato dai due diplomandi Mitsukuni Haninozuka e Takashi Morinozuka, cugini e completamente diversi: il primo era un piccoletto biondo con occhi nocciola che veniva spesso scambiato per un bambino delle elementari, mentre l’altro era alto, molto alto, con occhi e capelli scuri. 

L’ultimo membro del gruppo era un ragazzo dall’aspetto per lo più ordinario, con capelli corvini e occhi ardesia, scuri e penetranti, nascosti dietro un paio di occhiali dalla montatura leggera, che rispondeva al nome di Kyoya Ootori.

 

Erano tutti, eccetto Haruhi Fujioka, schifosamente ricchi, inutile negarlo: chi aveva come padre un ricco imprenditore nel campo medico come Kyoya o come madre una famosa stilista come i due gemelli.

Dopotutto l’accademia Ouran era riconosciuta per due cose: il prestigio e la ricchezza di chi vi studiava.

 

Una volta che le lezioni furono terminate, il gruppo eterogeneo di ragazzi si riunì nell’aula di musica al terzo piano: l’aula era inutilizzata e quindi vi avevano fondato un club. Un host club per la precisione, dove le ragazze dell’alta borghesia, che avevano un sacco di tempo libero, venivano intrattenute da questi affascinanti ragazzi. 

L’idea era nata niente di meno che dalla zucca vuota, meglio come conosciuta come Tamaki : aveva egli stesso reclutato tutti i membri, ad eccezione di Haruhi, povera ragazza costretta a fingersi maschio per saldare un debito milionario, causato dall’accidentale rottura di un costoso vaso all’inizio dell’anno accademico. 

Molte delle ospiti del club erano probabilmente innamorate seriamente di alcuni degli host e, inutile dirlo, quello con più ammiratrici era proprio Tamaki con il suo fascino da mezzo straniero e la dolcezza di un principe delle favole. 

Il resto degli Host avevano comunque un bel gruppo di ammiratrici, anche Kyoya nonostante il suo carattere freddo e calcolatore, che faceva di lui l’elemento perfetto per tenere sott’occhio le finanze del club.

Era infatti il vice presidente, o Lord dell’ombra, mentre Tamaki, nonostante fosse un idiota sotto molti aspetti, ne era il vero Lord. Tutti i suoi compagni di club consideravano Tamaki ancor più idiota dall’arrivo di Haruhi poiché fu l’ultimo a capire che questi era in realtà una lei. 

Quando i battenti dell’Host Club furono chiusi, Kyoya chiamò tutti all’ordine avendo delle informazioni importanti da dare loro. 

«Dovete sapere che a partire da lunedì avremo una nuova arrivata, straniera. Il suo nome è Rossana Crowe e arriva dall’Irlanda. La sua famiglia gestisce parecchi affari in diversi campi, ma è molto potente in quello della musica di cui lei fa parte. Insomma avremo a che fare con una cantante».

 

«Aspetta un attimo Kyoya-senpai…tu intendi quella Rossana?» chiese Haruhi, vedendo che il ragazzo si sistemava gli occhi e annuiva. 

 

«Oh avremo una vera star nella nostra scuola» esordirono all’unisono i due gemelli.

 

«Vi conviene trattarla bene perché so da fonti attendibili che cerca una nuova stilista per i suoi abiti di scena…» li informò Kyoya, appoggiando delle foto della ragazza sul tavolo.

 

«Ehi è carina!» disse Haruhi, guardando le foto, frutto di evidenti scatti rubati, di una Rossana vestita normalmente con jeans e maglione.

 

«Queste le hanno recuperate i miei informatori: è arrivata questa mattina all’aeroporto di Narita e verrà qui per sbrigare le ultime pratiche. Il preside ha incaricato noi di accoglierla e accompagnarla in segreteria». 

 

«Bene, allora dobbiamo farla sentire a casa!» esordì Tamaki, oltremodo eccitato dai nuovi arrivi, causando un’irritazione a Kyoya che, comunque, non perse il suo autocontrollo limitandosi a sospirare.

 

L’oggetto del loro discutere, nel mentre, era giunta a casa: era una palazzina di tre piani, né troppo grande né troppo piccola con una ventina di stanze. 

Detestava il lusso sfrenato a cui suo padre era invece tanto affezionato: il suo vecchio adorava tutto ciò che era costoso e prezioso e, infatti, si divertiva a riempirla di regali che lei non usava.

Infatti collane, braccialetti, orecchini e altri monili di quella risma non suscitavano in lei alcun interesse, nemmeno se regalati da qualcuno che le piaceva, proprio come era successo durante il suo compleanno quando un suo amico, di cui era segretamente cotta, le aveva regalato una collana decretando la fine del suo invaghimento: se le aveva regalato un gioiello l’unica motivazione era che non la conosceva per niente e, quindi, le era amico solo per la fama. Ed questa era una cosa che l’accompagnava da quando era diventata una cosiddetta star: a lei piaceva cantare e ballare così suo padre, famoso nel campo musicale e proprietario di una sua etichetta discografica, l’aveva posta sotto le luci della ribalta. 

Non aveva mai cercato nulla di tutto quello, ma finché la lasciavano cantare quello che le piaceva a lei andava bene: era una persona per lo più distaccata e indifferente anche verso i suoi fan che, inutile dirlo, l’adoravano ancora di più per questo suo carattere freddo, insondabile, cinico e sarcastico. 

Quando entrò nella camera assegnatale, rimase piacevolmente sorpresa nel vederla arredata secondo il suo gusto: aveva un che di antico, proprio come i castelli irlandesi che tanto adorava, ma era piena di ogni confort moderno, dalla tv enorme al bagno con doccia e vasca principeschi. 

Era tinteggiata con colori caldi che variavano dall’arancio delle pareti al rosso della biancheria del sontuoso letto a baldacchino, alle tende di un giallo chiaro: sembrava di trovarsi immersi nel tramonto.

Vide che le sue cose, vestiti e scarpe, erano già stati sistemati nell’armadio a tre ante alla sua destra da qualche cameriera efficiente e decise quindi di farsi una doccia prima di recarsi all’accademia Ouran per sbrigare le ultime pratiche di amministrazione.

Mise un comodo paio di jeans neri e belli caldi, un maglione panna con il collo alto di soffice lana, scarpe sportive e un bel cappotto nero: indossò i suoi enormi occhiali scuri –per fortuna anche a novembre c’era il sole- ed uscì trovando la macchina pronta, in attesa.

Raggiunse l’accademia in un quarto d’ora e rimase a bocca aperta quando ne vide la grandezza, non solo del palazzo principale, ma anche del parco che lo circondava: gli studenti rimasti erano molto pochi, poiché la maggior parte era già andata a casa. Avevano appositamente scelto quell’orario per evitare, se qualcuno l’avesse riconosciuta, assalti vari ed eventuali.

Voleva davvero che nessuno la riconoscesse, ma quando vide che ad attenderla vi erano sei ragazzi inspiegabilmente belli da far schifo, capì che il suo arrivo, grazie a quell’idiota di suo padre probabilmente, non era passato per niente in sordina.

 

Si ritrovò quindi davanti ad un ragazzo biondo con occhi viola – cosa alquanto strana per lei che conosceva solo Elizabeth Taylor con quel colore delle iridi- che la salutò con un baciamano, causandole il sollevamento delle sopracciglia in segno di sorpresa.

 

«Posso sapere cosa stai facendo?» chiese al ragazzo, usando l’inglese, dato che il Giapponese era per lei una lingua ancora quasi completamente sconosciuta, eccezion fatta per le parole che conoscevano anche le capre: kawai, arigatou, gommenasai e via dicendo.

  

«Ti do il benvenuto nella nostra Accademia da parte di tutto l’Host club» le disse il biondo che fece poi le presentazione, facendo si che si accorgesse di un settimo componente del gruppo, la cui presenza le causò un’altra alzata di sopracciglia.

 

«Se siete un Host Club, perché c’è una ragazza tra di voi? Non ditemi che la sfruttate, dannati pervertiti» gli disse, puntando il dito contro Haruhi che, in sincrono con gli altri, Kyoya “il cyborg” escluso, sentì la sua bocca aprirsi per lo stupore: era la prima, dopo i membri del club ad accorgersi che lei era una ragazza. Ed era stata più veloce di Tamaki che lo aveva capito solo perché l’aveva vista in intimo.

 

«Come fai a sapere che sono una ragazza?».

 

«Mica sono scema o cieca. I ragazzi qui sono molto femminei nei lineamenti, ma non così tanto!» spiegò la straniera.

 

«Non parli nemmeno un po’ il Giapponese?» chiese uno dei gemelli dalla capigliatura fulva.

 

«No, Hitachiin-kun. E mi pare che voi ve la caviate con l’inglese, quindi non dovrebbero esserci problemi. Potrei sempre parlare in irlandese…».

 

«Come sai il mio cognome?».


«Conosco i lavori di vostra madre e ne ho indossato qualcuno in alcuni concerti»

 

«Davvero?» chiesero i due all’unisono «quella strega non ci ha detto nulla».

 

«Non usate Youtube? Se cercate il mio nome, che sapete sicuramente dato che il minore degli Ootori sa tutto, troverete sicuramente qualcosa».

 

«Sai che sono un Ootori?» le chiese Kyoya, specchiandosi nei suoi occhiali da sole.

 

«Il padre del fesso biondo con manie di protagonismo mi ha parlato molto di voi quando è venuto a trovarmi a Singapore dopo un concerto al quale lo avevo invitato».

 

«Non mi ha detto nulla!» piagnucolò Tamaki, rinchiudendosi nella sua aura di negatività.

 

«Quindi ci conosci…» le disse Kyoya.

 

«Non quanto tu conosci me, dannato stalker» gli rispose,ghignando e vedendo che il ragazzo non si scomponeva minimamente per l’appellativo poco carino: peccato che Rossana non poteva sapere che da quel momento era entrata nella lista nera di Kyoya Ootori. 

Dopo aver sbrigato le pratiche di ammissione Rossana, scortata ancora dai ragazzi fece il giro dell’accademia cercando di mandare a memoria la posizione della sua classe, del bagno più vicino, della mensa e dell’aula di musica.

 

Mentre camminavano per il cortile interno sentì di bisbigli poco raccomandabili giungere dalla sua destra e vide un gruppo di dieci ragazzi intenti a fissarla. Sapeva cosa stava per succedere e si limitò a sbuffare prima di mettersi alle spalle di Morinozuka Takashi la cui statura fuori dal comune in Giappone le avrebbe dato il riparo necessario.

 

«Ma cosa stai…?» iniziò a dire Kyoya, stupito dallo strano comportamento della ragazza, quando sentì dei passi di corsa alle sue spalle e vide un gruppo di ragazzi affannarsi nella loro direzione: avevano capito che quella strana ragazza dai capelli rossi era proprio Rossana Crowe e si erano preparati all’assalto.

 

Kyoya, spostandosi quel poco che gli consentì di non essere travolto come i suoi compagni, scrisse, sulla scheda identificativa della ragazza che si portava appresso per studiarla, alcuni aggettivi come “sveglia” e “sarcastica”.

 

Si sarebbe rivelato un trimestre alquanto movimentato.

 

 

 

Rossana si ritrovò nella camera vuota, intenta a cercare qualcosa da indossare per la cena di quella sera che suo padre aveva indetto per conoscere gli affaristi più influenti del Giappone: sapeva per certo che ci sarebbe stato il preside della sua scuola che, come il figlio, era completamente fuori di testa e anche la madre dei due gemelli.

Suo padre non aveva detto nulla degli Ootori: dopo tutto era una famiglia potente nel campo medico che aveva poco a che fare con quello della musica, mentre il direttore di una scuola era interessato a fare la conoscenza di suo padre perché voleva istituire una borsa di studio per ragazzi musicalmente dotati che non avevano i fondi necessari.

La cena sarebbe iniziata alle otto in punto: Rossana aveva optato per un abito nero, lungo fino sopra al ginocchio con uno scollo a barca e maniche corte. I capelli erano raccolti una coda particolare con le punte arricciate e il make up leggero: ovviamente erano entrambe frutto del lavoro del suo parrucchiere e truccatore, tanto bravo quanto gay.

Si ritrovò all’ingresso per dare il benvenuto agli ospiti al fianco di suo padre, vestito elegante in un abito nero: era uno uomo nei tardi quaranta, alto e affascinante con capelli neri e occhi verdi. 

I primi ad arrivare furono niente di meno che Tamaki accompagnato da suo padre, seguito dai gemelli assieme alla madre e da un uomo intorno ai cinquanta con capelli ed occhi neri, accompagnato da tre figure maschili.

 

«Ootori-san, sono contento di vedere che è riuscito a venire» disse Thomas, il padre di Rossana in perfetto Giapponese «e questi sono i suoi tre figli?».

 

« È un piacere fare la sua conoscenza. Questi sono Yuuchi, il mio figlio maggiore, Akito il secondo genito e Kyoya il terzo» spiegò il padre presentando i figli che si inchinarono ai due padroni di casa in segno di rispetto.

 

Una volta che tutti si furono accomodati, iniziarono a cenare.

 

 

 

Nda: Benvenuto a chi è arrivato alla fine! Sono nuova del fandom quindi abbiate pietà di me. Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e vi invogli a continuare nella lettura dei prossimi. Penso di aggiornare con cadenza regolare, in base ai miei impegni, poichè la storia è già conclusa. Ovviamente in base al gradimento della stessa. Se non piace a nessuno non impesterò di certo il fandom!

Attendo le vostre recensioni

 

Elena

 

   
 
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