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Autore: Beauty    26/01/2013    14 recensioni
Rumpelstiltskin è il dio dei morti, Belle è la figlia del dio delle messi, dolce, bella e spensierata. Rumpelstiltskin sa che non accetterebbe mai di divenire la sua sposa, così decide di rapirla...costretta a vivere in sua sola compagnia in un mondo di oscurità, come si evolveranno i sentimenti di Belle nei confronti del signore delle tenebre?
Storia ispirata al mito greco di Ade e Persefone.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Essere la dea della discordia aveva i suoi lati negativi, ma anche i suoi vantaggi. Regina questo l’aveva imparato a proprie spese a causa della faccenda della guerra di Troia: aveva sperato che la colpa di tutta la questione ricadesse interamente su Abigail, la dea dell’amore, o su quello sciocco di Frederick, il figlio perduto del re di Ilio, ma evidentemente James era meno stupido di quanto avesse pensato, e l’aveva accusata di fronte all’intero Olimpo indicandola come colei che aveva lanciato il pomo della discordia e scatenato così la guerra.
Questo le era costato l’eterno disprezzo da parte degli altri dei e l’accentuazione dell’isolamento in cui viveva da sempre. Tuttavia, un lato positivo c’era stato: un gran divertimento.
Regina si divertiva a seminare discordia fra i mortali. Non se ne vergognava, né provava rimorso: semplicemente, faceva ciò che era nella sua natura, in quanto dea della discordia. Anzi, quando uno dei suoi tiri mancini riusciva particolarmente bene, provava quasi una sorta di soddisfazione.
Ciò che meno le piaceva era scendere dall’Olimpo o uscire dal suo tempio per mescolarsi ai mortali, come quel giorno. Regina si strinse ancora di più il lungo mantello nero intorno al collo, calandosi il cappuccio e riprendendo a camminare frettolosamente lungo le affollate vie della città. Si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che stuzzicasse il suo interesse, ma quelle occupazioni quotidiane a cui i mortali si dedicavano l’avevano sempre profondamente annoiata: alla sua sinistra, un uomo stava discutendo di un affare insieme a un vicino; alla sua destra, una donna vagava per le strade reggendo un cesto colmo di frutta sul capo; proprio di fronte a lei, un gruppo di ragazzini stava giocando con una palla di cuoio.
Regina fece una piccola smorfia; non si sentiva molto in vena, quel giorno. Anche gli dei potevano annoiarsi o stancarsi delle proprie mansioni. Certo, le sarebbe bastato uno schiocco delle dita per far litigare l’uomo e il suo vicino, un cenno del capo per far inciampare la donna e rovesciare a terra il cesto di frutta, o un piccolo gesto della mano per far volare la palla dei ragazzini oltre la cancellata della casa vicina, ma sapeva che tutto ciò non l’avrebbe entusiasmata, non per quel giorno.
La dea della discordia si guardò brevemente intorno, domandandosi se guidare le lingue di quei giovani che stavano lodando la bellezza della giovane Psiche affinché aumentassero le loro manifestazioni di ammirazioni sarebbe stato sufficiente per farla divertire alla vista della rabbia delle sorelle della corteggiata o, meglio ancora, della reazione della dea dell’amore a tale affronto, quando la sua attenzione venne attirata da una giovane donna che, inginocchiata di fronte al suo tempio, stava levando alte e grida e maledizioni.
Regina le si avvicinò incuriosita; la sua espressione divenne immediatamente corrucciata non appena si rese conto di ciò che quella sciocca mortale stava facendo. Quell’inutile donna stava profanando il suo tempio con la sua empietà, accusandola rabbiosamente di essere la causa della morte del suo amato, scomparso in mare a seguito di una tempesta. La smorfia infastidita e irritata della dea si accentuò ancora di più: i mortali erano veramente stupidi. Cos’aveva quella sciocca da lamentarsi con lei? Lei era la dea della discordia, certo, ma ciò che riguardava il mare e la morte non le competeva. Perché quell’insulsa mortale non andava a lamentarsi al tempio di Killian, il dio dei mari, o ancora meglio, perché non prendeva la decisione di raggiungere il suo amato, così da poter sporgere le proprie accuse direttamente al dio dei morti in persona, Rumpelstiltskin?
Regina dimenticò per un attimo la propria irritazione contro quella donna, al pensiero di Rumpelstiltskin. Lei e il dio dei morti avevano avuto spesso a che fare l’una con l’altro, in passato, e così sarebbe stato anche in avvenire; e come sarebbe potuto essere altrimenti? La discordia e la morte spesso viaggiavano insieme; tuttavia, negli ultimi tempi Regina doveva ammettere di aver avuto non pochi screzi con Rumpelstiltskin.
Il dio dei morti era esattamente come ci si aspettava dovesse essere un dio dei morti. Cupo, malefico, un essere rivoltante dalla pelle grigio-verde e con unghie nere e affilate, occhi che sembravano volerti strappare via l’anima e in cui spesso faceva capolino un luccichio perverso, specie quando si lasciava sfuggire una delle sue solite risatine acute e rasentanti la follia, in cui vi si poteva leggere qualunque cosa, dallo scherno, alla beffa, alla derisione, alla rabbia, e alla morte.
Rumpelstiltskin non lasciava quasi mai il suo regno per mescolarsi ai mortali, come tutti gli altri dei facevano, e viveva solo nel suo mondo di oscurità, circondato da null’altri che le anime che giungevano in quel luogo.
Regina spesso era stata costretta a scendere a patti con lui, specie quando non si limitava solo a sciocchi scherzi e i suoi gesti conducevano il malcapitato fino alle sponde dello Stige, ma ultimamente Rumpelstiltskin non si accontentava più soltanto di anime da aggiungere alla sua collezione. Il dio dei morti ora pretendeva da lei compensi molto più elevati, spesso tributi destinati al suo tempio o addirittura interi sacrifici, e Regina era costretta a cedergli per ordine di James, il re dell’Olimpo, il quale temeva molto che si potessero creare delle rotture e degli screzi fra gli dei.
Ma la dea della discordia si era stancata dei giochetti che il signore degli Inferi faceva con lei, approfittandosi della benevolenza di James. Più di una volta aveva pensato a un modo per vendicarsi su di lui, ma non aveva mai trovato nulla di abbastanza efficace affinché potesse realizzare il suo obiettivo. Il dio dei morti pareva inattaccabile su tutti i fronti; ma ora, ascoltando le litanie di quella mortale e carpendo il suo dolore per la scomparsa dell’amato, Regina aveva finalmente trovato la soluzione a entrambi i suoi problemi: farla pagare a Rumpelstiltskin e dare un tocco di colore alla sua vita ultimamente divenuta alquanto noiosa.
Il suo piano era perfetto. Doveva solo fare una piccola visita a Sydney…
 

***

 
Belle guardò brevemente alle proprie spalle per accertarsi che suo padre fosse abbastanza lontano da non poterla vedere, quindi riprese a correre nell’erba, superando agilmente rocce e alberi. Le piaceva quella foresta, amava il profumo umido del muschio e della rugiada e il canto degli uccelli che si confondeva con il fruscio delle foglie. Ancora una volta, si ritrovava a essere orgogliosa di suo padre e del suo operato. Maurice era il dio delle messi, ed era solo grazie a lui se la terra abitata dai mortali era così florida e rigogliosa, e donava tanti frutti. Belle sapeva che l’opera di suo padre era importante per la sopravvivenza della stirpe mortale e affinché questa continuasse a porgere tributi agli dei, ma per quanto volesse bene a Maurice e fosse orgogliosa di lui, doveva ammettere che non sempre era felice di come si comportava con lei. Il dio delle messi non era irascibile o violento con sua figlia, tutt’altro: Maurice adorava il suo piccolo fiore, come amava spesso chiamarla, la riempiva di attenzioni, regali e tenerezze, e più di qualsiasi altra cosa voleva la sua felicità. Tuttavia, era anche molto protettivo nei suoi confronti, spesso anche troppo, dal momento che la teneva sempre sotto controllo. Raramente Belle aveva l’occasione di allontanarsi da lui, di uscire senza essere in sua compagnia o di esplorare i boschi e le città circostanti all’Olimpo da sola. Maurice la teneva quasi segregata; Belle sapeva che suo padre lo faceva per il suo bene, perché temeva di perderla, ma spesso si sentiva come un uccellino a cui erano state tagliate le ali. Si sentiva come in una prigione, da cui avrebbe solo voluto scappare.
Belle superò un’antica quercia, seguendo il rumore ritmato dell’acqua che scorreva. Sorrise, scoprendo un laghetto le cui acque limpide zampillavano dalle rocce circostanti e brillavano di un lieve luccichio causato dai raggi del sole. Poco lontano, inginocchiata sulla riva del laghetto, una giovane donna dai lunghi capelli castani e con indosso una mantella rosso con il cappuccio stava fabbricando con un coltellino delle frecce per il suo arco.
Belle sorrise nuovamente, muovendo qualche passo verso di lei; la giovane calpestò accidentalmente un ramo e quello, scricchiolando, attirò l’attenzione dell’altra, la quale scattò repentinamente in piedi brandendo il suo coltello.
- Calmati, Ruby! Sono solo io!- fece Belle, alzando le mani come per difendersi.
Ruby, la dea della caccia, sorrise e sospirò di sollievo, quindi si rimise a sedere.
- Mi spiace di averti spaventata…- disse Belle, avvicinandosi a lei.
- No, sono io a doverti chiedere scusa…Per un attimo, ho temuto che fossi un altro di quei mortali perdigiorno che ama spiarmi…- Ruby fece una piccola smorfia, a quel pensiero, ma tornò subito a sorriderle, facendole cenno di sedersi accanto a lei. Belle si pose al suo fianco, sollevando appena l’orlo dell’abito azzurro e sfilandosi le scarpe, immergendo i piedi nell’acqua fresca del ruscello.
- Non mi aspettavo d’incontrarti…- mormorò dopo qualche istante.- Non sei a caccia?
- Lo ero, ma purtroppo ho terminato le frecce…- ripose la dea, continuando a intagliare il legno con il coltello.- E tu? Come mai a zonzo per i boschi tutta sola?- ridacchiò, al che Belle fece una smorfia.- Dov’è tuo padre?
- Era impegnato con dei contadini che non riuscivano ad arare il loro campo…
- E tu naturalmente non ti sei lasciata sfuggire l’occasione e sei sgattaiolata via, dico bene?- la dea della caccia rise, dandole una piccola spintarella su un braccio. Belle sorrise, un po’ amaramente.
- Finché si ostinerà a tenermi rinchiusa, non ho molte altre alternative, non credi?
- Hai mai provato a parlargliene?
- Sì, ma non vuole sentire ragioni. Crede che senza di lui io non sia in grado di cavarmela…- Belle fece un altro sorriso amaro.
- Beh, guarda il lato positivo - Ruby sogghignò, sporgendosi verso di lei.- Grazie a lui, non dovrai mai sopportare fastidiosi pretendenti…- la dea della caccia rise nuovamente, e Belle non poté fare a meno di unirsi alla sua ilarità.
- Ruby, potresti per un attimo lasciare da parte il tuo categorico rifiuto per il vincolo matrimoniale e prendere la questione seriamente?- fece Belle, fra una risata e l’altra.
- Ma io sto prendendo la questione seriamente. Sbaglio, o il dio delle messi si rifiuta di concederti in moglie a chicchessia?- rispose Ruby. - E’ un vantaggio, a mio parere. Hai mai pensato a come potrebbe essere la vita matrimoniale? Credimi, ho visto donne mortali innamorate perse del loro uomo, sposarsi e pentirsene amaramente quando hanno scoperto che il matrimonio non è altro se non una casa da pulire, bambini urlanti e un marito a cui correre dietro.
- Non pensi di essere un po’ drastica, Ruby?- fece Belle, senza smettere di sorridere.- Non può essere veramente così! Non sempre, almeno…
- Beh, nella maggior parte dei casi lo è. E’ per questo che ho sempre rifiutato di sposarmi.
- A me non dispiacerebbe innamorarmi di qualcuno…
- …se tuo padre te lo permettesse - concluse la dea della caccia al posto suo.- Attenta a quello che cerchi, Belle…potresti trovarlo!
Belle rise brevemente, giocherellando con dei fili d’erba.
- A dire il vero, neanche a me interessa più di tanto il matrimonio - confessò dopo qualche istante.- Ciò che vorrei veramente è…essere libera. Ma mio padre non me lo permetterà mai…- concluse, con una nota di tristezza nella voce.
La dea della caccia la guardò di sottecchi, senza smettere di intagliare le sue frecce, un sorriso di comprensione dipinto sulle labbra. Ruby cercava sempre di smorzare la tristezza di Belle ironizzando sul comportamento del dio delle messi, ma sapeva quanto la sua amica soffrisse per quella situazione. Maurice era un bravo signore e un padre amorevole, ma Ruby sapeva benissimo quali fossero i suoi concetti di affetto e protezione nei confronti di sua figlia, e si rendeva conto di quanto spesso esagerasse. Comprendeva la sua preoccupazione nei riguardi di Belle, ma trovava assurdo che tentasse continuamente di tenerla reclusa lontana dal mondo affinché nulla la ferisse. Belle si sentiva come un uccellino in gabbia, una gabbia da cui cercava sempre di scappare, invano.
- Belle!
Il richiamo irruppe nell’aria annullando ogni altro suono, e Belle si alzò repentinamente in piedi, riconoscendo al volo la voce.
- Belle! Dove sei, tesoro?
- Non posso crederci, mi ha già trovata…- soffiò Belle, sistemandosi velocemente le pieghe dell’abito.
- Temo che i contadini abbiano risolto il loro problema con l’aratura…- sospirò Ruby, un poco dispiaciuta per la sua amica. Belle indossò velocemente il suo mantello.
- Mi dispiace, Ruby, ma se non ritorno immediatamente mio padre non mi farà più uscire di casa per almeno un mese…
- Non che sia un lasso di tempo così lungo, data la nostra natura immortale, ma comprendo le tue motivazioni…- sorrise la dea della caccia.
Belle le rivolse un sorriso di gratitudine e saluto insieme, quindi prese a correre in direzione della voce di suo padre.
- Belle! Figlia mia, dove sei?
- Eccomi, padre!- fece Belle, correndo incontro a Maurice.
Il volto del dio delle messi si distese immediatamente, nel veder ricomparire sua figlia, ma nel suo sguardo si leggeva ancora una nota di preoccupazione non del tutto estintasi. Belle si avvicinò a lui, un lieve e incerto sorriso di scuse dipinto sulle labbra.
Maurice le avvolse le braccia intorno alle spalle, tirando un sospiro di sollievo.
- Mi hai fatto prendere uno spavento! Ma dove eri finita?
- Mi dispiace, padre. Volevo solo fare una passeggiata…- rispose Belle, staccandosi da lui.
- Sai bene che non sono affatto tranquillo quando ti allontani da me, specialmente senza dire nulla…La terra dei mortali non è un posto sicuro per te, non voglio che girovaghi da sola…
- Vi chiedo perdono, padre, ma eravate impegnato e non volevo disturbarvi - replicò la giovane, trattenendosi a stento dal dire la verità; anche se il dio delle messi non avesse avuto degli affari da sbrigare, lei sapeva che, chiedendogli il permesso di allontanarsi, egli non gliel’avrebbe mai concesso. Suo padre la riteneva incapace di cavarsela da sola e di affrontare la vita senza il suo supporto, e lei questo non riusciva a tollerarlo. Spesso tentava di ribellarsi, fuggendo via da lui per qualche tempo, ma ben presto ritornava a casa, timorosa di aver causato troppa sofferenza a Maurice con la sua lontananza. Tutto ciò che Belle desiderava era essere libera, ma l’affetto che provava per suo padre le impediva sempre di compiere atti di ribellione che andassero oltre temporanee fughe.- E poi, non ero sola. Ero in compagnia di Ruby - aggiunse.
A quest’ultima frase, il dio delle messi parve rasserenarsi un poco.
- Sono felice che lei fosse con te, la dea della caccia è certamente in grado di proteggerti…Ma resta comunque il fatto che non voglio che ti allontani da me da sola senza permesso…
Il volto di Belle si corrucciò.
-. Non ho bisogno di protezione, padre!- protestò.- Sono in grado di difendermi, se mi dovesse accadere qualcosa! Saprei benissimo cavarmela da sola, e potrei dimostrarvelo, se solo voi me ne deste la possibilità…
Maurice fece segno di no con il capo, un gesto che Belle aveva imparato a riconoscere come il simbolo della fine di una discussione.
- Ti voglio troppo bene, Belle, per permettermi di correre questo rischio. Se ti dovesse accadere qualcosa, non so che farei…E ora andiamo, il mio compito sulla terra per oggi è terminato. Torniamo a casa.
Il dio delle messi avvolse un braccio intorno alle spalle di sua figlia, conducendola con sé verso l’Olimpo, la casa degli dei. Belle lo seguì senza profferire parola, ma il suo malumore e la sua tristezza non si erano estinti. Suo padre la considerava nient’altro più che un bel faccino, una bambolina di vetro delicata e fragile, a cui sarebbe bastato un tocco un poco brusco per andare in mille pezzi. Ma Belle non era così. Belle si sentiva forte e indipendente, in grado di compiere le proprie scelte autonomamente e di badare a se stessa senza l’aiuto di nessuno, ma a quanto pareva suo padre, e la maggior parte degli altri dei, sembrava non comprenderlo.
Chinò il capo, limitandosi a seguire Maurice in silenzio, domandandosi se mai le cose sarebbero cambiate…
 

***

 
Un forte fischio squarciò l’aria intrisa di fumo e odorante di morte, ma benché i lamenti delle anime riempissero ossessivamente il silenzio, il suono non sfuggì alle orecchie del dio dei morti. Rumpelstiltskin si voltò repentinamente, afferrando fra le mani la freccia un attimo prima che la sua punta colpisse la sua scapola. Il signore dell’Oltretomba scoprì i denti nella sua solita e agghiacciante risatina, esaminando attentamente la fattura della freccia. Non che avesse dei dubbi riguardo a chi appartenesse, dal momento che nessun mortale poteva accedere al suo regno se non dopo aver esalato l’ultimo respiro. Tutto ora stava nel comprendere perché il dio dell’amore avesse deciso di infastidirlo con la sua ridicola attività, dimenticandosi del fatto che il signore dell’Ade era molto più intelligente e scaltro di lui, e non sarebbe certamente caduto nel tranello delle sue frecce.
- Prima di domandarti a cosa devo l’onore della tua visita, Sydney, gradirei sapere come hai fatto a entrare nel mio regno. Il traghettatore delle anime non ha impedito il tuo passaggio?- domandò, noncurante.
- Non sono un mortale, Rumpelstiltskin, e non posso morire. Gli dei non devono seguire le regole degli Inferi - replicò Sydney.
- Ma devono sottostare alle mie regole!- disse Rumpelstiltskin, senza smettere il suo ghigno.- Sappi che non gradisco intrusioni nel mio regno, e spero che tu abbia una valida motivazione per spiegare sia la tua presenza qui senza essere stato invitato sia questa - il dio dei morti gli mostrò la sua stessa freccia.- Cosa speravi di fare, colpendomi con una delle tue frecce? Di farmi cadere nelle tue ridicole trappole romantiche?
- Sto facendo solo il mio lavoro, Rumpelstiltskin - replicò Sydney, con stentata spavalderia, ma il suo volto lasciava intendere fin troppo bene che ciò che aveva detto era null’altro che una menzogna. Il dio dei morti ghignò di quella patetica vista.
- Andiamo, Sydney, non sei stupido fino al punto da voler tentare di mentirmi - Rumpelstiltskin gli si avvicinò, gettando la freccia ai suoi piedi.- Con tutti i mortali che puoi far cadere nella tua rete, perché avresti dovuto scendere nell’Oltretomba a scomodare il dio dei morti? Chi ti manda qui?
Sydney deglutì, lievemente impaurito. Rumpelstiltskin era forse il dio più oscuro e temibile di tutti, e lui non era altro se non un dio minore il cui unico compito era far innamorare le persone. Non era mai stato forte o impavido, senza contare che il re dell’Ade, con il suo comportamento cupo e scostante, e il suo ghigno malvagio, l’aveva sempre terrorizzato. Temeva che lo potesse punire, in qualche modo, o fargli del male, e lui non voleva condividere le pene di Prometeo solo per colpa sua.
- E’ stata Regina - confessò infine.- E’ stata lei a ordinarmelo.
- Regina…- sussurrò Rumpelstiltskin, senza smettere di ghignare.- Avrei dovuto immaginarlo…Anche se non avrei mai creduto che la dea della discordia si abbassasse a ricorrere a metodi tanto ridicoli per vendicarsi su di me…E dimmi, Sydney, di chi esattamente Regina sperava di farmi innamorare?
Le labbra di Sydney si distesero a loro volta in un ghigno beffardo.
- Credo che la dea della discordia avesse in mente la fanciulla che stavi guardando un attimo fa dal tuo specchio…- rispose il dio dell’amore, accennando allo specchio alle spalle di Rumpelstiltskin, in cui ora si vedeva solo il comune riflesso degli oggetti nella stanza, ma che un attimo prima mostrava tutt’altra immagine.
Il ghigno di Rumpelstiltskin si trasformò in una smorfia rabbiosa. Il dio dei morti ringhiò, quindi calpestò la freccia di Sydney con uno dei suoi stivali di pelle, spezzandola a metà.
- In tal caso, ti pregherei di riferire a Regina che ha sprecato il suo tempo, inviandoti qui - sibilò, avvicinando il proprio volto a quello di Sydney, tanto che al dio dell’amore iniziarono a spuntare gocce di sudore sulla fronte.- E ora, porta immediatamente la tua inutile carcassa fuori da qui, se non vuoi che t’incateni accanto a Cerbero!
La minaccia fu sufficiente affinché Sydney scomparisse così come era arrivato.
Il dio dei morti si ritrovò nuovamente solo. Solo, come lo era stato per tutta l’eternità che aveva vissuto sino a quel momento.
Rumpelstiltskin sospirò, raccogliendo da terra una delle parti della freccia spezzata, e tornò a sedersi sulla poltrona di fronte allo specchio. Subito, il suo semplice riflesso svanì, e riapparve l’immagine di poco prima. Il dio dei morti rimase a lungo a guardare Belle, la figlia del dio delle messi, seduta sul suo letto nella sua camera sull’Olimpo, rinchiusa dal suo stesso padre.
Da anni, ormai, guardare il mondo al di fuori dell’Oltretomba era diventato l’unico modo per lui di trascorrere le sue giornate. Non usciva quasi mai dall’Ade, e le rare volte in cui si avventurava alla luce del sole era solo perché James lo richiamava a qualche dovere o riunione sull’Olimpo.
Per il resto del tempo, Rumpelstiltskin se ne stava solo, nel suo regno d’oscurità. L’Oltretomba era un luogo tanto grande quanto buio. Le tenebre avvolgevano ogni angolo della sua dimora e, fatta eccezione per i Campi Elisi, tutto era immerso nell’oscurità, dalle acque del fiume infernale fino alle sue stanze private. Non una luce, non un singolo raggio di sole filtrava attraverso la tenebra. Tutto sarebbe stato avvolto nel silenzio, se a ogni ora del giorno e della notte – benché fosse estremamente difficoltoso distinguere l’alba dal tramonto, là sotto – l’Ade non fosse stato riempito dalle grida e dai lamenti delle anime dei mortali, che erano la sua unica compagnia. Rumpelstiltskin, comunque, non parlava mai con loro: le anime non facevano altro che gemere e lamentarsi e, se dicevano qualcosa, era solo per rimpiangere la vita passata, ricordandone esclusivamente i dispiaceri, i rimorsi e i pentimenti.
Così, da secoli e secoli, Rumpelstiltskin trascorreva le sue giornate quasi interamente guardando attraverso il suo specchio il mondo al di fuori degli Inferi, il mondo a cui non poteva accedere e i suoi abitanti. Tuttavia, da alcuni anni, il dio dei morti si era reso conto di provare un particolare piacere nello spiare una persona in particolare: la figlia di Maurice, il dio delle messi.
Belle. Rumpelstiltskin non avrebbe saputo trovare un nome più appropriato per lei. Quella giovane era l’emblema della bellezza e della vitalità, benché quest’ultima venisse sempre – inconsapevolmente – fiaccata dal suo stesso padre. Maurice aveva cresciuto e allevato sua figlia come un grazioso fiore: stupendo, ma fragile. Il dio delle messi pretendeva che Belle vivesse come una reclusa, non lasciandola quasi mai uscire da sola né allontanarsi troppo dalla sua aura protettrice, tenendola chiusa in casa come un bellissimo gioiello rinchiuso in un portagioie e, benché la fanciulla avesse già ricevuto numerose proposte di matrimonio, rifiutandosi di darla in sposa a chiunque.
All’inizio, Rumpelstiltskin aveva deriso Maurice per le sue assurde manie e paranoie, giudicato sua figlia come una ragazzina debole e fragile, che non aveva il coraggio di ribellarsi, o di affrontare il mondo esterno da sola; con il trascorrere del tempo, tuttavia, aveva dovuto ricredersi.
Aveva guardato Belle per così tanti anni che alla fine era giunto a comprenderne l’indole. La figlia del dio delle messi detestava profondamente le idee e il comportamento paterni, e tentava di ribellarsi a Maurice per quanto le era concesso, ma non era mai riuscita a guadagnare la libertà che tanto bramava.
Rumpelstiltskin guardò la freccia spezzata che teneva fra le mani, tracciandone il contorno con le unghie affilate. La dea della discordia voleva che s’innamorasse di Belle, dunque; a che scopo?
Certamente, Regina voleva fare un altro dei suoi dispetti e aveva designato lui come vittima, concluse Rumpelstiltskin. Non poteva aver certo scoperto che lui era già innamorato della figlia di Maurice.
Il dio dei morti si era reso conto di amare Belle già da molto tempo, ma aveva tentato, invano, di soffocare il suo amore; era certo che la figlia del dio delle messi non avrebbe mai potuto ricambiare lui, e questo indipendentemente dalle idee di suo padre. Belle era la luce e la vita, e lui l’oscurità e la morte. C’era un motivo se Rumpelstiltskin era rimasto solo per tutto quel tempo: chi mai avrebbe accettato di vivere in quel posto tetro che emanava sentore di morte e disperazione, popolato solo da anime e spiriti di defunti? Chi mai avrebbe accettato di spartire la propria vita, mortale o immortale che fosse, con lui, il re degli Inferi, il dio dei morti e dell’Oltretomba?
Tuttavia, l’incidente avvenuto con Sydney e le sue frecce aveva in qualche modo accentuato il suo desiderio di porre fine alla sua solitudine e, ancora di più, il suo amore nei confronti di Belle. Più il dio dei morti guardava la giovane dal suo specchio, più sentiva di non poter vivere senza di lei al suo fianco.
Si alzò dalla sua poltrona, indossando un mantello nero sulle spalle. In cuor suo, sapeva di non avere alcuna speranza, ma non poteva più continuare in quel modo. Non poteva non fare un tentativo, e anche se sapeva che ciò avrebbe suscitato sorpresa e ilarità fra gli altri dei – oh, che risate si sarebbe fatta Regina! –, non poteva rinunciare ad almeno un tentativo di avere Belle con sé.
O meglio, di averla con sé in modo giusto.
 

***

 
Radunati sull’Olimpo, al palazzo del re degli dei, James, tutti gli dei abbandonarono repentinamente le loro chiacchiere e i loro compiti, lasciandosi sfuggire sguardi e mormorii di sorpresa non appena il loro messaggero, Henry, spalancò la porta del palazzo, entrando come una furia.
- Mio signore!- chiamò, rivolto a James, il quale lo squadrò con espressione di sorpresa mista a una vaga preoccupazione. Sua moglie Snow lasciò cadere il lavoro di ricamo in grembo, volgendosi a guardarlo.
- Cosa succede, Henry?- domandò James.
- Il dio dei morti, signore - rispose Henry, un po’ incerto.- E’ qui, alle porte dell’Olimpo. Chiede udienza.
In tutta la sala si levarono mormorii ed esclamazioni di sorpresa. Non accadeva spesso che Rumpelstiltskin si unisse alle loro riunioni, o anche solo si presentasse al loro cospetto. Il re dell’Oltretomba era conosciuto come un tipo solitario e per nulla incline alla vita al di fuori del suo regno, o alle questioni divine o mortali, a meno che non si trattasse di nuove anime da aggiungere alla sua collezione. Il fatto che si presentasse al cospetto loro e di James era un fatto insolito e, a tratti, anche un po’ preoccupante. Perfino Regina, seppur di malumore a causa del fallimento della missione commissionata a Sydney e della compagnia poco gradevole in cui si trovava, si fece improvvisamente attenta e interessata a quella notizia.
James fece un gesto di assenso con la mano.
- Molto bene, dunque. Fallo entrare.
Henry si congedò con un cenno del capo, e corse ad aprire il portone della sala.
- Cosa pensi che vorrà?- sussurrò Emma, la dea delle arti, sporgendosi un poco verso Graham, il dio della guerra.- Rumpelstiltskin non è il tipo da fare irruzione in mezzo a un consiglio senza un valido motivo. Pensi che abbia in mente qualcosa?
- Naturalmente ha in mente qualcosa - replicò Graham.- Ma non vedo motivo di preoccuparsi. A lui non è mai interessato altro se non le anime dei mortali, perché dovrebbe darci noie?
- Proprio per questo motivo dovrebbe darcene!- insistette la dea delle arti. - Il dio dei morti è malvagio, infido. E’ meglio stare in guardia, vorrà certamente qualcosa…
- Ma è naturale che voglio qualcosa, dearie!- proruppe una voce ridacchiante.
Emma ammutolì, mentre tutti si voltavano in direzione del portone d’ingresso. Rumpelstiltskin ghignò, squadrando di sottecchi tutti i presenti. Nella sala era piombato il silenzio. Il dio dei morti avanzò, lentamente, facendo ondeggiare il mantello, senza smettere di sogghignare. Come sempre, si compiaceva dell’effetto che aveva sugli altri dei. Sebbene nessuno di loro volesse ammetterlo, tutti avevano paura di lui. Rumpelstiltskin amava spesso giocare su questo terrore per ottenere ciò che voleva. Gli altri dei avrebbero fatto qualunque cosa, pur di tenerlo a bada.
Chissà, forse perfino…
- Mi sembra chiaro che voglio qualcosa!- ripeté, ghignando, giungendo di fronte a James.- Altrimenti, perché sarei qui? Per bearmi della vostra compagnia?- sghignazzò nuovamente, prima d’inchinarsi al cospetto del re degli dei in modo a dir poco plateale e beffardo.
James si schiarì la voce, sistemandosi meglio sul trono su cui era seduto.
- Lieto di vederti, Rumpelstiltskin.
- Non mentirmi, James, qui nessuno sarà mai lieto di vedermi, te compreso - il dio dei morti scoprì i denti in un sorriso beffardo, rialzandosi in piedi.- Sono venuto qui solo per chiederti una cortesia, nulla di più. Prima me la concederai, prima me ne andrò, lasciandovi ai vostri sciocchi affari.
- Ebbene: di che cortesia si tratta?- incalzò James, ignorando lo sguardo preoccupato di sua moglie e dicendosi che, se Rumpelstiltskin rifiutava i convenevoli e voleva venire subito al dunque, bene, sarebbero arrivati subito al dunque.
Il dio dei morti sogghignò brevemente, nascondendo dietro a quel ghigno la sua fragilità di quel momento.
- Sono qui perché voglio una sposa, James.
A quella dichiarazione, il silenzio che aveva regnato fino a poco prima si ruppe, lasciando il posto a mormorii di sorpresa e a qualche risatina soffocata. Come poteva il dio dei morti volere una sposa al suo fianco, e soprattutto, come poteva pensare che una dea volesse veramente vivere con lui in quel posto tetro, in sua compagnia?
Archie, il dio della sapienza, e Victor, il dio della medicina, si scambiarono un’occhiata perplessa; August, il dio del fuoco, si portò una mano alla bocca per soffocare una risata; Ella e Nova, due delle muse, iniziarono a parlottare fittamente fra di loro, mentre le labbra della dea della discordia si distesero in un sorriso compiaciuto. Regina ghignò, soddisfatta; in fondo, pensò, anche se Sydney aveva fallito, non poteva dire che il suo piano non fosse andato in porto.
Ci sarebbe stato sicuramente da divertirsi…
James si schiarì nuovamente la voce, tentando di riacquistare un po’ del contegno che la sorpresa aveva portato via.
- Devo dire che questa è veramente una cosa sorprendente, Rumpelstiltskin…
- Cosa c’è di tanto sorprendente, James?- domandò il dio dei morti, con il suo solito ghigno.- Quassù la maggior parte di voi ha anche più di una moglie e una gran quantità di amanti. Cosa c’è di male, se anch’io desidero una compagna?
- Nulla. Nulla, assolutamente - rispose il re degli dei, incerto.- Sono sicuro che riusciremo a trovare…
Rumpelstiltskin fece una piccola risata, facendo segno di no con un dito.
- No, no, no, dearie, troppo semplice. Io non voglio una sposa qualunque - il dio dei morti si avvicinò a James, il volto improvvisamente serio.- Io voglio Belle, la figlia del dio delle messi. O lei, o nessun’altra.
A quel punto, le risatine prima soffocate e incerte dei presenti si fecero più forti, ma sempre ben nascoste. Ciò che stava accadendo era veramente assurdo: non solo il dio dei morti voleva una sposa, ma aveva anche la pretesa che questa fosse Belle, la figlia di Maurice!
Un’occhiata truce di Rumpelstiltskin fu in grado di metterli a tacere, ma Regina continuò comunque a sogghignare nascostamente.
- Questo…questo è…- James tentò di trovare le parole adatte.- Temo che questo sia impossibile, Rumpelstiltskin…
- E per quale motivo, dal momento che lei non ne sa nulla? Come fai a esserne certo, se lei non ha ancora dato la sua risposta?
- Beh, credo che anche tu ti renda conto che…
- No, dearie, a dire il vero non mi rendo conto affatto.
- Penso che sia il caso di risolvere la questione in altri termini!- intervenne Snow nel tentativo di mettere pace, sporgendosi un poco verso i due. Tutti, James e Rumpelstiltskin compresi, si voltarono ad ascoltarla. La regina degli dei si schiarì la voce:- E’ il padre di Belle che deve decidere se darla in sposa o no, e a chi. Interpelliamo prima Maurice affinché ci dia il suo consenso. Se così sarà, allora Belle diverrà la tua sposa, Rumpelstiltskin. Se invece…
- Molto bene, allora - l’interruppe il dio dei morti, prima che potesse terminare.- Sai, James, ho sempre pensato che tua moglie avesse molto più cervello di te. Dunque, vi porgo i miei saluti - Rumpelstiltskin fece un altro inchino plateale e beffardo, quindi si voltò, avviandosi verso l’uscita.
- E ricorda, James!- aggiunse, senza voltarsi.- Io ti ho chiesto una cortesia. Se tu non avrai la bontà di farmela, allora vorrà dire che dovrò provvedere da solo.
E uscì.
 

***

 
- No! Assolutamente no!
- Ma…
- Ho detto di no!
James sospirò, abbandonandosi contro lo schienale del suo trono, mentre il dio delle messi, rosso in viso per la rabbia, digrignava i denti di fronte a lui. Non che si fosse aspettato una reazione molto differente da Maurice, e per un attimo aveva anche accarezzato l’idea di lasciar perdere e non dirgli nulla riguardo alla proposta di Rumpelstiltskin, ma sua moglie aveva insistito affinché gliene parlasse. E, esattamente come aveva previsto, si era ritrovato di fronte a un muro di mattoni.
- Non comprendo il perché di questo tuo rifiuto, amico mio - disse il re degli dei.- Tua figlia ha già ricevuto innumerevoli proposte di matrimonio, e tu hai sempre rifiutato tutti i suoi pretendenti…
- Belle è ancora una bambina!- rispose Maurice.- Non è pronta per il matrimonio, ha bisogno della mia protezione!
- Belle è una donna, ormai. E Rumpelstiltskin potrebbe essere un buon marito, per lei…
- Quel mostro!- sbottò il dio delle messi.- Quel mostro, quella bestia! Preferirei dare mia figlia in sposa a un mortale, piuttosto che a lui!
- Non vedo perché no! E’ un dio molto autorevole e rispettato, e di certo tratterà tua figlia nel migliore dei modi e non le farà mancare nulla!
- E’ il dio dei morti! James, tu mi stai chiedendo di dare mia figlia in moglie al re dell’Ade! Non potrei mai lasciare che si allontani da me, che vada in quel posto solitario e oscuro…Belle ne morirebbe. Io ne morirei!
- Sai che non possiamo morire, Maurice, e credo che queste tue idee siano solo preoccupazioni inutili…Ti prego, riconsidera…
- No, James! No! Non lascerò mai che quel mostro s’impossessi di mia figlia! Questa è la mia risposta definitiva, non riuscirai a farmi cambiare idea!
Detto questo, il dio delle messi si voltò, uscendo con furia dalla stanza. James sospirò, abbandonando il capo contro il palmo della mano.
Regina, nascosta nell’ombra, sogghignò. Presto Rumpelstiltskin avrebbe saputo del rifiuto del dio delle messi di dargli in sposa sua figlia, e allora la sua reazione non avrebbe tardato a farsi attendere…
Sì, si ripeté, ci sarebbe stato decisamente da divertirsi…
 

***

 
Belle era riuscita a sgattaiolare via dalla sua stanza anche quel giorno, ma sapeva di avere a disposizione solo due o tre ore di tempo, prima che suo padre venisse a cercarla. La giovane attraversò velocemente la foresta, diretta a quello che era il suo posto preferito: si trattava di un piccolo tempio abbandonato e pressoché caduto in rovina, situato in una delle zone più interne del bosco. Belle non sapeva a chi quel tempietto fosse stato dedicato, né perché fosse stato abbandonato, ma certo era che quelle colonne scolpite in ordine corinzio dal marmo scrostato creavano un gioco di luci e ombre che adorava, ed erano il luogo ideale per pensare, rilassarsi e isolarsi per un poco dal mondo.
Belle si sedette sui gradini, sistemandosi le pieghe dell’abito. Quando stava in quel luogo riusciva a dimenticare per qualche istante come fosse la sua vita, e con che occhi suo padre la vedesse: una bambina incapace di badare a se stessa. Belle invidiava moltissimo Ruby per la sua libertà e la sua indipendenza, e avrebbe tanto voluto essere come lei: forte e libera.
D’un tratto, la giovane udì un fruscio alle sue spalle, e scattò in piedi spaventata non appena si accorse di non essere sola. Di fronte a lei, infatti, vi era un essere dalla pelle grigio-verde, alto e magro, dalle dita lunghe e affusolate le cui unghie erano nere e affilate, i capelli castani lunghi e ondulati e un sorriso molto simile a un ghigno disegnato sulle labbra. Era avvolto in un lungo mantello nero, e indossava abiti di pelle e stivali di cuoio.
- Disturbo, dearie?- domandò, e la sua voce aveva una strana inflessione, quasi una risatina.
- Mi avete spaventata!- soffiò Belle, indietreggiando istintivamente.
- Domando perdono - fece l’individuo, con un lieve inchino.- Se posso permettermi di chiedere, come mai sei qui, tutta sola? Tuo padre potrebbe inquietarsi…
- So badare a me stessa!- rimarcò Belle.- E, per vostra informazione, mio padre non vuole che parli con voi.
- E per quale motivo?- chiese Rumpelstiltskin, nascondendo nuovamente l’ansia dietro il suo ghigno. Aveva domandato la mano di Belle a James solo quella mattina, e lei non era presente; possibile che l’avesse già saputo? Era impossibile!
Anche se, pensò, molto probabilmente il fatto che Belle non dovesse parlare con lui era dovuto alle paranoie di suo padre.
- Sai chi sono io, dearie?
- Certo che lo so. Siete Rumpelstiltskin, il dio dei morti. Mio padre mi ha parlato di voi…- rispose Belle, mantenendo un’aria sostenuta e spavalda.
- Sul serio? E cosa ti ha detto, di preciso, su di me?
- Che…che…lui dice…lui dice che siete pericoloso…- balbettò Belle, un poco imbarazzata.
- Pericoloso?- Rumpelstiltskin fece una risatina.- Pericoloso? A te sembro pericoloso, dearie?
- Beh, siete…siete il dio dei morti…- soffiò la giovane.
- E con questo? Tu sei viva, e sei una dea. Non hai nulla da temere da me - aggiunse, sottovoce, sperando che quella improvvisa serietà nel pronunciare quelle parole fosse sufficiente affinché Belle si fidasse di lui e smettesse di temerlo, almeno un poco. Lentamente, per non spaventarla, Rumpelstiltskin prese una mano della giovane fra le sue e ne baciò lievemente il dorso. Belle sentì un brivido correrle lungo la schiena, a quel contatto. Era stato un bacio casto e delicato, ma al contempo invadente. Le labbra di Rumpelstiltskin erano scivolate sulla sua mano come se la morte stessa la stesse toccando, e la giovane aveva dovuto fare uno sforzo immane per non ritrarsi. Le pareva quasi di essere stata accarezzata da un serpente.
- Io so molte cose di te, lo sai?- disse ancora Rumpelstiltskin; Belle lo guardò, perplessa.
- E cosa, esattamente?
- Oh, molte cose. Ad esempio, che odi profondamente la tua vita, e che ti senti come un uccellino in gabbia…
- Non ho idea di come facciate a sapere queste cose su di me, ma di certo io non sono un uccellino!- protestò Belle.- Sono forte e indipendente, e libera.
- Libera? A me pare che tu non sia molto libera, dearie - tornò a ghignare il dio dei morti.
- E a me pare che voi non siate molto educato!- rispose Belle.
Rumpelstiltskin smise immediatamente il suo ghigno, arretrando di un passo.
- Chiedo perdono per averti offesa. Non intendevo essere indelicato - si scusò, con un breve cenno del capo. Belle aprì la bocca per replicare, ma una voce irruppe nell’aria.
- Belle!- chiamò la voce del dio delle messi, molto vicina.
La giovane voltò il capo in direzione della voce, quindi tornò a volgersi verso il suo interlocutore, e sussultò. Il dio dei morti era sparito.
- Belle! Dove sei, raggio di sole? Belle!
- Sono qui, padre!- rispose la giovane, correndogli incontro. Maurice l’accolse a braccia aperte, ma il suo volto rimase corrucciato.
- Belle, quante volte ti devo ripetere che non voglio che ti allontani senza permesso?
- Perdonatemi, padre…- mormorò la giovane, abbassando un poco lo sguardo.
- Ti ho sentito parlare con qualcuno. Chi c’era con te?
- Ehm…no, nessuno…io…stavo solo canticchiando…- balbettò Belle, sperando che il dio delle messi credesse alla sua bugia. Maurice la guardò per qualche istante, quindi la condusse con sé senza dire una parola. Belle si voltò appena a guardare il luogo in cui Rumpelstiltskin era scomparso.
Il dio dei morti l’aveva terrorizzata. Sperava di non rivederlo mai più.
 

***

 
Il giorno dopo, Belle tornò al tempio abbandonato nella foresta. Sapeva che suo padre stavolta si sarebbe arrabbiato, se l’avesse scoperta, ma lei avrebbe fatto in modo che ciò non avvenisse. Sarebbe tornata a casa entro un’ora, ma prima aveva bisogno di un po’ di pace e calma.
Si distese nell’erba, gli occhi azzurri puntati contro le foglie degli alberi al di sopra di lei, da cui filtrava qualche raggio di sole. Quasi non si accorse di un rumore di zoccoli che si stava avvicinando velocemente, rendendosene conto solo quando ormai erano troppo vicini.
Belle si alzò velocemente in piedi, vedendo una carrozza nera trainata da quattro cavalli purosangue avvicinarsi a lei. Tentò di scappare, ma era troppo tardi. Lo sportello della carrozza si aprì, e Belle venne trascinata dentro, cadendo nell’oscurità.
 
Angolo Autrice: Va bene, sono ufficialmente da ricovero! Scusate, non so da dove mi vengano queste idee, so solo che quando arrivano iniziano a martellare furiosamente per venire fuori e…ecco il risultato! Vi prego, non linciatemi!
Anyway, questa storia è basata sul mito di Ade e Persefone (una delle poche cose buone rimastemi dopo cinque anni di liceo classico! XD), e sarà divisa in tre capitoli, più o meno di questa lunghezza.
Per chi non avesse chiare le identità dei vari dei, ecco qui un riassunto: Rumpelstiltskin è Ade, Belle è Persefone, Maurice è Demetra, James è Zeus (motivo principale per cui l’Olimpo va a catafascio XD), Snow è sua moglie Era, Henry è Ermes, Uncino è Poseidone, Regina è Eris, Sydney è Cupido (sì, lo so…), Abigail è Afrodite, Frederick è Paride, Graham è Ares, Emma è Atena, Archie è Apollo, Whale è Asclepio, August è Efesto, Ella e Nova due delle muse e Ruby è Artemide.
Dovrei pubblicare un capitolo a settimana, e tranquillizzo chi le segue che non abbandonerò né Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the BeastTitanic, di cui presto pubblicherò il nuovo capitolo!
Grazie per aver fatto un salto qui. Come sempre, le recensioni mi fanno piacere…in questo periodo mi rendo conto di non essere troppo in forma con la scrittura e le storie, quindi se questa ff fa schifo, ditelo e io la cancello subito!
Ciao, un bacio,
Dora93

  
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