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Autore: JulietAndRomeo    27/01/2013    2 recensioni
Dalla storia:
Poco prima di varcare la soglia di casa sua, la signorina Cullen parlò con me per la prima volta.
-Accetto- mi disse. -Ci rivedremo- proseguì.
Questa è la seconda storia che pubblico in questa sezione. I personaggi sono gli stessi della scorsa storia e visto che era da un po' che ci pensavo ho detto "perché non pubblicare di nuovo?".
E così eccomi qui, spero vi piaccia anche se l'introduzione è un po' breve.
Genere: Avventura, Commedia, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Primo giorno: Mercoledì.

Parte I





Il volo di Nick atterrò ad LAX alla mezzanotte di quello stesso giorno.
Quando mi vide, all’uscita del gate d’arrivo, mi venne incontro e mi abbracciò stretta, come se non ci vedessimo da una vita.
-Mi stai soffocando- dissi con voce strozzata.
-Oh, scusa- rispose lasciandomi andare.
Io portai una mano al petto e ripresi fiato, poi ci muovemmo per raggiungere il parcheggio nord, in cui avevo parcheggiato il SUV.
Lungo la strada per casa, gli chiesi cosa aveva fatto in Italia dai suoi, lui di tutta risposta mi liquidò con un “niente d’importante. E adesso sputa il rospo: che cos’è questa storia?”.
Ripetei quindi per una seconda volta quello che era successo il giorno prima e aggiunsi che durante tutta la giornata avevo tentato di ridurre il campo delle persone scomparse in città negli ultimi due anni.
-Hai trovato qualcosa?-.
-Solo un gran mal di testa che mi aspettava al varco. Dobbiamo trovare quella ragazza. La domanda che mi sta torturando è “Come fa a tenerle in vita per una settimana?”-.
-Si procurano il cibo da sole?-.
-Dovrebbero essere in un luogo aperto per farlo e non è possibile, primo perché potrebbero scappare o chiedere aiuto, secondo perché lui non potrebbe né controllarle, né ucciderle, allo scadere del tempo… soprattutto adesso che è lontano. Deve avere un qualche modo per farle rimanere in vita-.
-Una flebo?-.
-Può darsi, ma non ci conterei troppo. Gli piace vederle soffrire, è ovvio, attaccarle ad una flebo e costringerle a star ferme, senza dare loro l’illusione di poter far qualcosa per liberarsi, non è da lui-.
-Hai scambiato solo qualche parola con lui, come fai a dire che gli piace farle soffrire?-.
-I suoi occhi… avevano un che di sadico. E poi mi ha guardata in un modo strano la prima volta che l’ho visto. Siamo arrivati… la signora Smith ti ha preparato una cena che potrebbe sfamare un esercito. È convinta che non mangi da quando sei partito-.
-Veramente l’unica cosa che ho fatto in queste due settimane è stato mangiare… mia madre ha un po’ esagerato- disse scendendo dall’auto e andando a prendere le valigie.
Io nel frattempo aprii la porta e posai le chiavi nella ciotola che stava lì accanto. Nick entrò subito dopo di me.
-Oh, Nick, tesoro! Come è andato il viaggio? Hai mangiato? Hai fame? Non sai quanto ci sei mancato! Vieni con me, lascia le valigie qui, ci pensa Macy a portarle di sopra- disse la signora Smith appena lo vide.
Io spalancai la bocca e sgranai gli occhi, Nick stava andando con la signora Smith in cucina e io dovevo portare di sopra le sue maledette valigie.
-Mi ha palesemente ignorata! Come… come fossi stata trasparente!- dissi indicando la porta della cucina. Charles mi si era avvicinato silenzioso, ma altrettanto silenziosa non era stata la mia protesta.
-Che vuoi farci? È come un figlio per lei- disse lui calmo.
-Mi ha ignorata! E quell’idiota mi ha mollato le sue valigie senza preoccuparsi!- risposi.
Lui rise sommessamente, poi mi passò un braccio sulle spalle e mi pressò leggermente la spalla destra. –Andiamo, ti aiuto a portarle di sopra-.
-Grazie- borbottai, afferrando una delle due valigie e gettando un’ultima occhiata al corridoio.
 
Un lieve bussare alla porta della stanza, mi fece rigirare nel sonno.
-Macy!-.
Un bisbiglio appena accennato.
-Mmmh, che ore sono? È già ora di alzarsi?- chiesi a nessuno, aprendo un occhio.
-Fammi entrare, sono qui fuori!-.
Un nuovo bisbiglio.
Mi rizzai a sedere sul letto e ancora mezza intontita mi infilai le ciabatte. Quindi, strofinandomi gli occhi, andai ad aprire la porta della mia stanza.
Nick stava sulla soglia, bello che sorridente, a guardarmi strano, con un cuscino in mano.
-Che vuoi?- grugnii. Svegliarmi ad orari improponibili non era mai una grande idea.
-Stare un po’ con la mia ragazza che non vedo da due settimane- disse diplomatico.
Lo squadrai per bene. –Sparisci- dissi dopo qualche secondo di pausa, chiudendo la porta.
Lui infilò il piede tra il muro e il legno della porta, per evitare che questa si chiudesse.
-Non accetterò un no come risposta… stavi dormendo, per caso?- chiese quando notò il mio sguardo assassino.
-No, certo che no… stavo pensando di adottare un cucciolo di orso polare, non avendo niente di meglio da fare alle…- guardai l’orologio sulla scrivania. -… 3 di notte-.
-Vedo che il tuo sarcasmo non è sparito-.
-In realtà stava dormendo anche lui, proprio come i miei istinti omicidi, ma tu riesci a farli destare entrambi-.
Lui rise e si avvicinò. –Mi sei mancata-.
-Tu non molto invece- dissi ghignando.
Posò le labbra sulle mie e mi spinse a socchiuderle. Continuammo a baciarci per quelli che a me parvero minuti, ma che forse furono solo secondi. Nick mi faceva girare la testa e anche le palle di tanto in tanto, ma senza di lui non riuscivo ad immaginarmi.
-Che dici, vuoi dormire in piedi?- chiese quando si allontanò.
-Che?- chiesi presa alla sprovvista.
-Non è meglio il letto? Guarda ho portato anche il mio cuscino, così domani, niente irritazioni cutanee- disse buttandosi sul mio letto e infilandosi il cuscino sotto la testa in un gesto fluido.
Scossi la testa rassegnata: neanche io potevo combatterci.
-Bene, ma se stasera provi ad allungare le mani, te le spezzo, chiaro?-.
-Charles e la signora Smith si insospettiranno, quando mi vedranno con le dita spezzate-.
-So come farlo passare per un incidente-.
-Ricordami di non farti arrabbiare mai-.
-Lo fai già- dissi stendendomi accanto a lui.
-Più del dovuto intendo- rispose abbracciandomi. –Credi che riusciremo a trovarla? La ragazza, intendo-.
-Non lo so. Non sarà per niente facile-.
Lo sentii annuire contro la mia testa e poi disse: -Buonanotte, Babù-.
-Buonanotte, Nick- risposi, prima di chiudere gli occhi.
 
Quella mattina, mi svegliai con una sensazione strana, come se avessi avuto un peso di dieci chili nello stomaco.
Mi rizzai a sedere sul letto e mi strofinai gli occhi velocemente. Nick doveva essersi già alzato perché il letto era totalmente sfatto dall’altro lato e di lui neanche l’ombra.
Buttai le gambe giù dal letto e andai in bagno per un incontro ravvicinato con l’acqua fredda della doccia. Passai circa mezzora sotto l’acqua domandandomi il perché di quella fastidiosa sensazione, ma nonostante tutto non ne venni a capo. Quando finii chiusi l’acqua e presi l’asciugamano. Poi mi vestii e mi asciugai i capelli con calma, fin quando il mio cellulare non cominciò a squillare.
Con delle imprecazioni degne di uno scaricatore di porto, presi il telefono dal comodino, dopo aver bagnato con i capelli tutta la stanza.
-Cullen!- esclamò la voce di Lewis dall’altro lato della cornetta, prima ancora che potessi dire qualsiasi cosa.
-Ispettore!- risposi facendogli il verso.
Ero di pessimo umore e la sensazione allo stomaco si stava ingigantendo.
-Deve venire subito qui- rispose lapidario.
-I suoi dipendenti non riescono a mettere una firma nel posto giusto e le serve chi glielo spieghi? Mi dispiace, non sono all’altezza di questo compito-.
-Faccia poco la spiritosa, William Turner vuole parlare con lei. Solo e soltanto con lei- rispose Lewis.
-E perché mai?- chiesi sospettosa.
-Non lo sappiamo. A suo dire, lei è l’unica che potrebbe capirlo-.
-Glielo ha detto che non sono un’assassina e che non posso capire le sue motivazioni da folle, giusto?-.
-Non mi riferivo a questo. Dice che lei è l’unica persona in grado di capire ciò che intende-.
-E che intende?-.
-Non ne ho idea, parla per indovinelli. È tutta la notte che i miei agenti gli stanno con il fiato sul collo, ma non ha spiccicato una parola, oltre gli indovinelli ovviamente, se non “Voglio vedere la signorina Cullen”. Siccome sono stanco di andargli dietro e di tentare di farlo parlare con le buone, la pregherei di venire qui-.
-Lo sa, ispettore? Dato che mi fa una gran pena, verrò. Deve darmi il tempo di vestirmi però perché al momento non sono presentabile-.
-Si muova- disse prima di attaccare.
Sospirai e buttai il telefono sul letto. Il più in fretta possibile mi asciugai i capelli e mi vestii, poi scesi al piano di sotto.
-Oh, Macy, c’è la colazione, vieni- disse la signora Smith.
-Mi dispiace, non ho tempo, devo volare al distretto, Lewis mi ha appena chiamata… dov’è Nick?- chiesi quando notai la sua assenza.
-Non lo so, dev’essere uscito… neanche lui ha fatto colazione-.
-Non ha fatto colazione? Stiamo parlando della stessa persona che divora quintali di cibo?-.
-Strano, eh?-.
-Più che strano… beh vado, a più tardi!- dissi inforcando la porta.
Uscii nell’aria fresca di Settembre e presi la macchina, parcheggiata nel vialetto. Salii e accesi la radio. Trasmetteva “Superbass” la canzone di quella… Nicki Minaj.
-Detesto questa canzone- borbottai storcendo la bocca in una smorfia.
Pigiai un altro pulsante e una nuova canzone invase l’aria, ma continuai a premere il pulsante fin quando un radiocronista non catturò la mia attenzione.
-… come crede si possa arrivare ad un compromesso tra la sua azienda e quella del signor Cullen? Ripetiamo, per chi si è appena sintonizzato, che le trattative per la fusione delle società, sono appena state avviate, la “Fremont Electronic Agency” della signora Hannah Morgan in Collins e la “Werner Technology Interprise” del signor Theodore Cullen-.
-Io e Theodore eravamo compagni di liceo a New York e ci conosciamo da tanto. Non credo sarà difficile riuscire a fondere le nostre società. Molti di sicuro hanno pensato che una delle due imprese stia fallendo, in realtà crediamo che fonderle sia semplicemente più vantaggioso. Manterremo comunque una certa dose di indipendenza, anche se ci uniremo sotto certi punti di vista, in modo da non tagliare il personale e avere l’opportunità di gestire alcuni aspetti del marketing in modo più efficiente- concluse la madre di Jack.
-Beh, allora ci auguriamo che…-.
Spensi la radio prima che il conduttore potesse finire di parlare.
“Adesso capisco che ci faceva in casa nostra… chissà perché Theo non me lo ha detto” pensavo mentre parcheggiavo l’auto, nel cortile del distretto.
Scesi dall’auto e inserii l’allarme, avviandomi verso l’ingresso.
Le porte automatiche dell’edificio si aprirono al mio passaggio e io chiesi alla receptionist di indicarmi dove si trovava l’ispettore Lewis. La donna non arrivò neanche ad emettere un fiato, che la voce di Lewis la interruppe.
-Grazie, Nancy, penso io alla signorina Cullen-.
Poi l’ispettore mi batté un colpo sulla spalla e mi fece segno di seguirlo. Mi fece passare da corridoi che non avevo mai percorso prima d’ora, ma che supposi portassero alle sale interrogatori.
-Allora, come ve la siete cavata fino ad adesso? Ha detto qualcosa in più?-.
-Neanche una sillaba. Se cerchiamo di farlo parlare risponde con “Parlerò solo con la signorina Cullen”, ed ha già messo a dura prova la mia pazienza per oggi. È qui dentro, con te entrerà anche un agente, non sappiamo se sia violento o meno, ma ha ucciso 13 ragazze e non voglio correre rischi-.
Poi aprì la porta e mi fece cenno d’entrare. Lo feci, seguita un istante dopo dall’agente che mi aveva assegnato.
-Finalmente, credevo fossero completamente tonti, da non capire che volevo parlare con lei- esordì Turner, appena mi vide.
-Non si preoccupi, ci sentono e ragionano benissimo, ma sono convinti di essere onnipotenti. Allora, di che voleva parlarmi?- dissi sedendomi davanti a lui, dando le spalle al vetro della stanza.
-Sono convinto che lei abbia tante domande da farmi, signorina Cullen. Le voglio quindi dare l’opportunità di porle-.
-Bene… dove sono le ragazze morte?-.
-Se avesse perquisito casa mia lo saprebbe- disse l’uomo prendendo a tamburellare con le dita sul tavolo.
Il suo non era un movimento nervoso, anzi era quasi rilassato. Il ticchettio proseguiva ritmato, scandito da alcune pause: un battito, una pausa, un battito, una pausa, due battiti, una pausa, tre battiti. E poi di nuovo: un battito, una pausa, un battito, una pausa, due battiti, una pausa, tre battiti.
-Non ho ancora avuto il dispiacere di farlo, quindi perché non mi risparmia del tempo e non me lo dice lei?- risposi distogliendo lo sguardo dalle sue dita.
-Lei è sempre troppo diretta-.
-Credo che girare intorno alle cose sia alquanto stupido. Risponda, adesso-.
-No, non risponderò, voglio che sia lei a scoprirlo, le ho lanciato una sfida apposta per questo-.
-Allora, tenendomi chiusa qui a parlare con un reietto come lei, mi sta facendo perdere semplicemente tempo, motivo per il quale, io leverei le tende- dissi alzandomi dalla sedia.
-Ma poi non potrebbe farmi il resto delle domande-.
-Lo scoprirò, sono abbastanza intelligente per farlo. L’unica che vorrei porle adesso, e a cui non credo potrò mai rispondere da sola, è: perché? Che le avevano fatto quelle ragazze?-.
Turner smise di tamburellare con le dita, sul tavolo, e incrociò le braccia al petto, appoggiandosi allo schienale della sedia e mi rispose, guardandomi negli occhi dal basso verso l’alto.
-Loro erano perfette. Perfette per quello che voglio-.
Sembrava agitato, ma un lampo nei suoi occhi, mi suggerii che tutta quella agitazione era soltanto frenesia. Era come se, mentre parlava con me, stesse rivivendo gli omicidi.
-E cos’è che vuole?-.
-Che tutti conoscano il mio operato-.
-Io le consiglio vivamente di licenziare il suo pusher, se e quando uscirà di galera, quello che ha adesso le ha venduto della roba tagliata male… ma potrebbe anche essere semplicemente pazzo e io sto dando la colpa al suo spacciatore. Ci si vede, Turner- dissi uscendo dalla porta, seguita a ruota dall’agente.
Appena fui fuori, Lewis si affacciò dalla stanza adiacente a quella in cui si trovava Turner e mi fece segno di raggiungerlo.
Mossi quei pochi passi che mi separavano da lui ed entrai nella stanza completamente buia.
-Che gliene pare?- mi chiese osservando il detenuto che adesso, con i gomiti appoggiati al tavolo e le mani unite, ci stava fissando attraverso il vetro.
-Ovviamente è uno psicopatico, la sua forma di delirio però è alquanto strana, è lucido, ma allo stesso tempo, sembra che riviva ogni secondo quello che ha fatto. In ogni caso devo muovermi e andare a casa sua-.
-Ho detto agli agenti di rimettere tutto, anche quello che hanno imbustato ed etichettato al loro posto, in modo che ti potessi fare un’idea. Non so se può servirti, ma…-.
-Ha fatto benissimo, ispettore, adesso vado. Se le chiede di parlare ancora con me, lei glielo neghi, lo lasci cuocere nel suo brodo, magari la prossima volta sarà più loquace-.
L’ispettore annuì e poi mi accompagnò all’uscita, porgendomi un foglietto con l’indirizzo di Turner, scritto sopra.
Appena salii in macchina, il mio telefono cominciò a squillare.
-Cullen-.
-Macy, dove sei?- disse Nick.
-Sono appena uscita dal distretto, tu piuttosto, dove diavolo sei finito? Stamattina, quando sono scesa di sotto, la signora Smith mi ha detto che eri già uscito-.
-Si, è vero, sono andato da una mia amica. L’ho incontrata mentre ero in Italia e ho deciso di passare a trovarla-.
-Un’amica a cui devo spezzare le gambe in più punti o un’amica brutta, bassa, coi baffi?-.
-Anche tu sei bassa, Babù- mi fece notare lui.
-Io non ho i baffi, però. E adesso rispondi- dissi secca.
-Una via di mezzo-.
-Allora è palesemente ovvio che devo spezzarle le gambe, dammi il suo indirizzo-.
-Neanche per scherzo, io non la odio. Dove stai andando, così ti raggiungo?-.
-A casa di William Turner, lo psicopatico. Abita al 7706 di Luxor Street, a Downey. Tanto per la cronaca, riuscirò ad estorcerti quell’indirizzo, Nick, sappilo- dissi prima di riagganciare.
“Gliela faccio vedere io l’amica” pensai mentre pigiavo sul pedale dell’acceleratore.
 
Arrivai a casa di Turner in meno di dieci minuti, dato che per fortuna ero riuscita ad evitare il traffico.
Parcheggiai l’auto davanti al giardino della casa e scesi, avviandomi verso la porta. Sul vialetto era parcheggiata un’auto, una vecchia Ford Taunus azzurra, che ad occhio e croce sarebbe potuta partire solo con un miracolo.
La superai senza soffermarmi a guardarla e salii i gradini di legno della veranda anteriore.
Stavo per rimuovere i sigilli, posti dagli agenti di polizia, quando il rombo di un motore mi vece voltare. La macchina di Nick si era appena fermata davanti alla mia, e il suo proprietario mi stava venendo incontro sorridendo.
-Hey, tesoro, sei arrivata da molto?-.
-Chiamami ancora tesoro e ti strappo la lingua a morsi, chiaro?-.
-Sai che non è una pessima idea?- disse lui.
-Ma sta’ zitto! Piuttosto, come è andata con la tua “amica”? Le è piaciuta la visita?- risposi acida.
-Oh, si, quando me ne sono andato era davvero dispiaciuta-.
A quel punto ebbi l’inspiegabile impulso di mollargli un gancio destro sul naso, ma mi ricordai che eravamo nel bel mezzo di una perquisizione e che inquinare la scena con il suo sangue non era una bella idea.
Borbottai un “sono contenta per lei” e varcai la soglia della porta.
La casa di Turner era… strana. Ancora oggi, l’aggettivo “strana” è l’unico che mi sento di utilizzare per descrivere quella casa.
Arricciai il naso e Nick se ne accorse.
-Che c’è? Hai sentito qualche odore?- chiese cominciando ad annusare intorno.
-No, questa casa è troppo strana-.
-Che intendi per “strana”? A me sembra tutto in ordine- disse lui.
-Appunto! È questo la parte strana. Quale uomo che uccide 13 persone ha una casa così immacolata? Non c’è neanche un oggetto fuori posto, o almeno non c’è in questa stanza. Il soggiorno di casa nostra è uno schifo a volte e noi abbiamo più di una domestica. Sto cominciando a pensare sia un robot- dissi infine.
-Non potrebbe essere solamente molto ordinato?-.
-Se lo dici tu… Cominciamo da qui e poi ci spostiamo nelle altre stanze- risposi.
Nick annuì e cominciammo a guardarci in giro. Tutti i soprammobili, o gli oggetti che potevano essere considerati al fine delle indagini, erano tutti nelle buste di catalogazione, rimessi ai loro posti, dopo essere stati etichettati.
Guardammo ovunque e più di una volta Nick mi fece notare che gli oggetti erano disposti a forma di spirale.
-Anche qui, un quadro con un'altra spirale- disse lui. –Sono tutte particolari, però- continuò poi.
-Cos’hanno di particolare?- chiesi io, senza guardare l’ennesima spirale.
-Beh, tu come la disegneresti una spirale, Babù?-.
Io mi voltai e con l’indice tracciai un disegno nell’aria.
-Esatto, la disegneresti concentrica. Queste sono così- rispose facendo il mio stesso movimento, ma andando ad allargare sempre di più verso l’esterno.
-Hai ragione, sono un po’ storte e allora?-.
-Beh, non sono spirali normali… io vado a controllare da questa parte, tu vieni o vai di sopra?-.
-Vado di sopra, riferiscimi tutto quello che trovi-.
-Sissignora!- disse marciando nell’altra stanza.
-Sei un idiota!- urlai quando ormai era andato via.
Imboccai poi le scale e, ignorando i quadri disposti lungo la parete, salii in fretta i gradini. Controllai in tutte le stanze, ma lassù, niente di niente.
“Eppure ha detto che dovevo perquisire casa sua per trovare il posto in cui sono i corpi” pensai, con un diavolo per capello.
Tornai di sotto e mi misi alla ricerca di Nick. Vagai a vuoto per cinque minuti buoni, finché non mi decisi a telefonargli.
Quando la voce pre-registrata mi disse che dovevo lasciare un messaggio, chiusi il telefono con stizza e andai alla finestra. La sua macchina era ancora lì, ma il suo telefono evidentemente no, dato che il mio aveva segnale. Pensai lo avesse spento e quindi ricominciai a cercarlo in lungo e in largo in quella maledetta casa, fin quando non arrivai in cucina.
Mi appoggiai al bancone in granito nel mezzo della stanza e presi a fissare un punto indefinito vicino al frigorifero, a quel punto, però, un rumore proveniente dal salotto non mi mise sull’attenti.
Presi un coltello, da uno dei cassetti della cucina e tornai in salotto, lentamente. Quello che vidi però, arrivata nella stanza sopracitata, mi lasciò un attimo interdetta.
Nick stava sbucando fuori dalla parete, adiacente al caminetto, con un attizzatoio in mano.
-Fortissimo!- esclamò quando fu completamente fuori.
Nel frattempo la parete girevole stava tornando al suo posto.
-Che cosa diavolo era quella?- chiesi, facendolo voltare.
-Là dietro c’è una stanza segreta, dovresti vederla è inquietante… però il trucco per nasconderla è mitico! Credevo esistessero solo nei castelli antichi queste cose!- disse felice come una pasqua, indicando il passaggio.
-Come lo hai sbloccato?-.
-Ho preso l’attizzatoio ed ha cominciato a muoversi, così mi sono messo qui, vicino al muro, e mi sono ritrovato dall’altro lato-.
-Perché avresti preso l’attizzatoio?- chiesi dubbiosa.
-Perché credevo ci fosse qualcosa nel camino, prima è caduta della cenere-.
-Diamo un’occhiata a questa stanza segreta- risposi riattaccando l’attizzatoio al gancio e togliendovelo di nuovo.
Il muro cominciò a girare su se stesso nello stesso istante e in pochi secondi mi ritrovai in una camera non molto grande, ma anche questa ben ordinata e… strana.
Non c’erano spirali o cose che si attribuiscono in genere a un pluri-assassino, in realtà c’era solo una libreria, una poltrona e quello che osai catalogare come la copia speculare del caminetto del salotto, solo leggermente più piccolo. Nick arrivò qualche minuto dopo di me.
-Allora? Che ne pensi?-.
-Io penso che questo tizio ci sta prendendo in giro. Aveva detto che avrei trovato l’ubicazione dei corpi delle ragazze in casa sua e invece niente. A me questa sembra una semplicissima biblioteca, con dei normalissimi scaffali pieni di libri, con un regolarissimo camino e con una comunissima poltrona! Accidenti!- dissi alzando man mano la voce fino ad urlare.
-Calmati, Babù, vedrai che qualcosa troveremo-.
-Calmarmi? Quel tizio, anche se lontano e rinchiuso dietro le sbarre, mi sta facendo incazzare. E chiedermi di calmarmi adesso, è come spararmi e chiedermi di non sanguinare! Impossibile!- strillai isterica dando un pugno ad uno degli scaffali della libreria.
Ignorando qualche libro che cadde dall’alto, mi andai a sedere sulla poltrona. Era di comodo velluto, ideale per riposarsi cinque minuti e riprendere fiato. Purtroppo per me, il pensiero che prima di me ci si fosse seduto quell’animale, mi fece scattare in piedi come una molla.
-Che succede?- disse Nick vedendomi balzare in piedi.
-Niente. Raccogliamo tutto e andiamocene, devo andare a strappare le dita a quel bastardo, per avermi mentito-.
Lui non rispose e si chinò a raccogliere i libri, seguito a ruota da me.
-Hey, Macy, forse non c’è bisogno che gli strappi le dita- disse Nick, con un filo di voce alle mie spalle, dopo qualche minuto.
-Che diavolo vuoi dire?- dissi voltandomi spazientita.
-Guarda qui- rispose passandomi uno dei libri.
Aprii il libro dalla copertina blu notte, quasi nero e rimasi per un attimo quasi fulminata.
Le immagini delle ragazze erano davanti i miei occhi.













Lo so che sono in ritardo di una vita (e se fosse possibile anche di più) ma sono successe un sacco di cose e non ho avuto né il tempo per scrivere, né tanto meno per aggiornare.
Mi dispiace una cifra avervi fatti aspettare, non mi merito neanche la più piccola considerazione, ma sto sperando nella bontà di voi buoni, perfetti, intelligentissimi, bellissimi, simpaticissimi e gentilissimi lettori...
...
...
Ok, sto cercando di adularvi, ma era ovvio, no?
Spero di aggiornare il più presto possibile (magari evitando di farvi aspettare un mese), quindi spero che a quelli che non hanno ancora imbracciato il fucile per spararmi, e a quelli che invece lo hanno fatto (non posso biasimarvi), sia piaciuto il capitolo.
Comunicazione di servizio:
la storia sarà divisa per giorni della settimana, e ogni giorno verrà diviso in due parti, dato che se no verrebbe un poema di proporzioni bibliche.
Adesso vi saluto, un bacio a tutti :D
Juliet.
   
 
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