CAPITOLO QUARTO: LA PURA VERITA’
La ragazza si alzò.
Aveva sentito il suo nome e aveva riconosciuto la voce che l’aveva pronunciato.
Suzuno allegra trotterellò
verso la ragazza con sguardo interrogativo. Era sempre stata una gran curiosona. E Takiko
aveva suscitato tutta la sua curiosità.
Takao era pietrificato.
Vide sua figlia scambiare qualche parola con la fanciulla.
Takiko stava sorridendo. Era viva! Era davvero lei. Eppure il suo sorriso aveva qualcosa di diverso. Non l’aveva
mai vista sorridere così.
Si avvicinò piano.
Voleva mettere a posto i pensieri prima di esserle davanti. Voleva avere la
mente sgombra per poter capire e accettare la sua spiegazione.
“Suzuno”
disse cercando di fingere una calma non presente nel suo
animo, “la mamma dovrebbe essere vicina. Corri da lei e torna a casa!”.
La bambina parve un
po’ contrariata, ma obbedì. Volse per l’ultima volta il viso verso Takiko.
“E’ stato un piacere”
disse con un inchino e un sorriso.
“Anche
per me!” rispose Takiko anch’essa con un inchino e un
sorriso.
Takao ebbe un brivido. Era
la sua voce. Era la sua voce. In quel momento iniziò a ringraziare il cielo. Anche se non sapeva cosa era successo, era felice che lei
fosse viva.
Suzuno si allontanò
soddisfatta. In cuor suo voleva conoscere quella ragazza. Non sapeva bene il
perché, non era semplice curiosità. Quando aveva visto la sua foto era rimasta molto colpita dal volto di Takiko.
Erano rimasti soli. Si
guardarono senza dire nulla. Una lieve brezza accarezzò i loro visi. I ciliegi,
anch’essi sfiorati, fecero cadere qualche petalo profumato. Sembrava una
gioiosa pioggia primaverile.
“Sei
viva.” Fu tutto quello che lui riuscì a dire. Takiko
sorrise e annuì.
“Viva e vegeta come
puoi vedere.”.
Com’era strano il suo
sorriso. Takao non capiva niente. “Suo padre è morto…
come posso pretendere che abbia un sorriso felice?” si chiese tra sé, come per
darsi dello stupido.
“Ho paura di
chiedertelo… ma vorrei sapere la verità! Takiko ne ho bisogno.” Era quasi una supplica.
Takiko non disse nulla. Si
passò una mano tra i capelli corvini per spostarli dal viso. Chiuse gli occhi,
come per cercare di mettere in piedi un discorso sensato e capibile.
“Mio… mio padre cosa
ti ha detto?”. Il sorriso era scomparso, lasciano il posto a
uno sguardo vagamente spento. Takao prese la lettera.
La teneva sempre in tasca per paura che qualcuno la trovasse e la leggesse. La porse con la mano tremante alla ragazza.
Il tempo di leggerla e
Takiko tornò a guardarlo.
“Ti ricordi il giorno
in cui sparii?”
“Sì… ma non capisco…”
“Aspetta!” disse lei
per fermarlo. Era un discorso complesso, non voleva
essere interrotta. “Quel giorno io entrai in quel libro. Diventai la
sacerdotessa di Genbu e iniziò il mio viaggio per
trovare le sette stelle…. Conosci la storia?”.
Takao si era documentato in
merito. Dopo aver ricevuto la lettera, aveva voluto scoprire di cosa si trattasse questo famoso libro.
“Sì. Conosco la
leggenda…”
“No!” Lo interruppe Takiko. “Non è una leggenda! Io ne sono la prova vivente.”
Takao era incredulo. Voleva
crederle, ma non ci riusciva. Probabilmente quando pensava ancora che lei fosse
morta, ci credeva. Ma ora lei era lì, di fronte a lui,
e la razionalità aveva per forza di cose il sopravvento.
“Non ho tempo Takao…” sorrise… “ti sto dando del tu e non me ne sono
nemmeno accorta… mi dispiace…”
“F-figurati…
ma perché dici che non hai tempo? Dove devi andare? Cosa devi fare?”.
“Mi aspettano”. Fu tutto quello che disse, e
dal suo sguardo Takao capì che non era il caso di
chiedere oltre.
“Quindi
sei entrata nel libro… hai trovato le stelle… e hai evocato Genbu,
vero?”.
“Sì!”.
“E
lui… tuo padre parlava di Genbu che ti divorava….Takiko, tu sei qui…. Cosa è successo?”.
“Quando
finalmente mi dissero che Genbu avrebbe potuto
divorarmi, capii in che guaio mi ero cacciata. Ma non mi importava.
Quella era la strada che avevo scelto. L’avevo fatto per chi mi aveva protetta… se anche fossi morta… non importava. Avrei comunque svolto il mio compito. Usai il mio primo desiderio
per aiutare una persona. Il secondo per Hokkan. Il
terzo…” si fermò. Guardò in alto e poi riprese. “Il terzo non lo espressi
subito. Le cose andarono per le lunghe… e accadde qualcosa che non avevo
previsto.”. Sorrise… come felice… Takao non capiva
più niente, ma in quel sorriso non potè fare a meno
di riconoscere una genuina felicità.
“Avrei voluto spendere
il desiderio diversamente… ma c’era in gioco una nuova….”
Fece un’altra pausa, scosse la testa. “Non potevo fare altrimenti”.
“Taki,
cos’hai desiderato?”. Takao
era sconvolto, e temeva che la risposta alla sua domanda lo avrebbe fatto
cadere ancora di più nello sconforto.
“Ho chiesto di tornare
qui, per l’ultima volta… e poi tornare per sempre nel libro…”. Takiko lo disse quasi con un sussurro.
“Cosa?... Ma come hai potuto! Qui c’era tuo padre!!”
“Non capisci, non
capisci” la ragazza scuoteva la testa. “Ho dovuto!” disse con un gemito.
“Takiko,
non ti capisco.”
La ragazza fece finta
di non sentirlo. “Quando tornai qui, dissi tutto a mio
padre. Anche lui non capì all’inizio… ma poi mi comprese.”
“E
si è ucciso per questo?” Takao era furibondo. Sapeva
che lei non c’entrava, ma in quel frangente non poteva fare a meno di dare la
colpa alla ragazza del suicidio di Okuda.
“No… Tu non potrai mai
capire… cosa vuol dire amare qualcuno che non è nel nostro mondo!” Lo disse con
una fermezza che colpì Takao, il quale non ebbe
nemmeno il coraggio di replicare. Era la prima volta che la vedeva come una
donna.
“Per la prima volta”
continuò con foga “per la prima volta io e mio padre avevamo
qualcosa che ci univa. Qualcosa che ci rendeva simili… molto
più di un banale rapporto di sangue. Capì che quella era l’unica
soluzione. Che io non avrei accettato di tornare qui… non
dopo che ero rimasta incinta!”.
Takao era allibito.