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Autore: Milla Chan    29/01/2013    4 recensioni
[ Sesto episodio della serie di Buret ]
Il clangore del ferro che si scontrava fece volare via terrorizzati gli uccelli dai rami.
Berwald se la cavava ottimamente con le armi. Tanto quanto Danimarca.
Combattere con lui non era mai stata una guerra vinta o persa in partenza.
Sapeva gestire le situazioni, era equilibrato.
Lui usciva a testa alta, a prescindere dall’esito e questo Mathias lo detestava, perché non desiderava nient’altro che vederlo distrutto.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Danimarca, Norvegia, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Vores historie.'
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Nota:
Questo è il sesto episodio della serie Vores Historie.
Se non avete letto le altre storie, difficilmente capirete il senso di questa.
Buona lettura!

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Mathias camminava svelto tra gli alberi, il passo sicuro e gli occhi socchiusi, infastiditi dalle fronde che lo ostacolavano.
Con il respiro ormai affannato, si guardò cauto attorno e rallentò vedendo la radura farsi più vicina.
Si fermò definitivamente quando una figura familiare lo colse di sorpresa, entrando nel suo campo visivo, là accovacciata vicino al laghetto.
 
Mathias si abbassò un poco, facendo frusciare appena le foglie e nascondendosi, osservando la scena con la bocca socchiusa e lo sguardo attento come un animale selvatico.
 
Berwald?
 
Sgranò gli occhi, arretrando di un mezzo passo.
 
                                                                                                                                                            
-... Ed ecco perché io diventerò il re del Nord!-
Il piccolo Danimarca, con un sorriso enorme dipinto in volto, lanciò verso il laghetto un altro sasso e questi rimbalzò un paio di volte prima di affondare nell’acqua.
L’altro bambino fece un debole verso in risposta, non sapendo affatto cosa dire e chiedendosi se mai sarebbe riuscito a parlare tanto forte quanto lui.
- Sve, tu puoi aiutarmi, se vuoi.- continuò l’altro, poggiando le mani sui fianchi con fare fiero. –Ti concedo questo onore!-
Lui alzò gli occhietti su di lui, annuendo. Era contento, anche se non lo dava poi così tanto a vedere.
Era contento perché, a quanto pareva, a Danimarca non importava affatto della sua timidezza e continuava a parlargli come se niente fosse.
Dal canto suo, Dan era enormemente felice che qualcuno lo ascoltasse con tanta attenzione. Il fatto che Svezia parlasse poco era del tutto irrilevante; vedeva nei suoi occhi chiari una luce di interesse che lo faceva sorridere.
L’uno si sentiva accettato, l’altro apprezzato. Quella radura silenziosa era il loro piccolo posticino al riparo dal mondo e il laghetto dall’acqua tanto fresca e calma era il loro specchio.

 
 
Mathias deglutì e portò la mano malferma sull’elsa della spada.
La sua mente vacillò. Per un breve, brevissimo attimo, lui esitò ad andare avanti.
In un qualsiasi altro momento non avrebbe aspettato un attimo ma, dannazione, perché Berwald aveva deciso di andare lì?
Era convinto che non se la ricordasse, la loro radura, che l’avesse dimenticata o che perlomeno avesse smesso di andarci, dopo così tanti secoli.
Ma, dopotutto, se non lo aveva fatto lui, come poteva pretendere che avrebbe potuto farlo lo svedese?
Cosa stava facendo là, seduto a fissare l’acqua?

Quasi senza che se ne accorgesse, sospinto da una forza invisibile, fece il primo passo sull’erba morbida del prato, uscendo dal suo nascondiglio.

-Chi si vede.-
 
Berwald riconobbe la voce, voltò lentamente il capo e tutto attorno a loro rimase immobile.
I loro occhi si scontrarono e si agganciarono, due figure di pietra che si limitavano a fissarsi e studiarsi.
Mathias non sapeva cosa ci stesse vedendo, in quelle iridi. Era odio? Era affetto? Rimpianto?
Forse compassione, oppure scherno, paura?
 
Socchiuse le palpebre e, in un gesto involontario, inclinò appena il capo da una parte, cercando di capire.
Non era nulla di tutto ciò.
Era soltanto quel brillio di interesse che vedeva splendere da sempre in quell’azzurro marino.
Non era vero che gli occhi di Berwald fossero gelidi e Mathias aveva quindi imparato a non fidarsi delle espressioni, specialmente le sue, perché non significavano mai del tutto ciò che davvero pensava.
Lo sguardo, lo sguardo era l’importante, il colore, la luce, i fremiti. Spiegava tutto, più delle parole che non diceva, era sempre stato così.
 
-Dammi un motivo per non ucciderti ora.-
 
La voce del danese raspò contro gli alberi attorno, velenosa, le fiamme negli occhi.
Era un impulso, un istinto animale che gli bruciava nel petto e che non sapeva spiegare né fermare.
Berwald corrugò le sopracciglia e aspettò qualche attimo prima di alzarsi in piedi, senza fretta, passandosi le mani sulle gambe per pulirsi.
 
-... Temo che non riuscirei comunque a convincerti.- disse dopo un lungo silenzio passato a riflettere, raddrizzandosi per bene. Sostenne il suo sguardo, lo vide avvicinarsi a grandi passi e sguainare la spada.

Sospirò, fece lo stesso e si accigliò quando un sorriso tremendo si scolpì sul volto di Danimarca.


Il bambino con gli occhi blu rise allegro, continuando ad agitare il piccolo bastone di legno per contrastare quello dello svedese.
- No, no, no! Guarda... - sospirò ad un certo punto, appoggiando il bastone per terra ed affiancandosi a Svezia.
-Non devi tenerlo così, rischi davvero di tirartelo in faccia!- strepitò sconvolto, spostando le sue manine in una posizione più consona.
L’altro bimbo lo ascoltava attento, davvero concentrato su ciò che gli stava spiegando e cercando di assimilare tutte quelle informazioni, le guance paffute e rosse per lo sforzo.
Dopotutto era parecchio divertente, giocare con Danimarca.
–...Non stringerlo così forte, che poi inizi a tremare, sta’ tranquillo che non scappa via! Ecco. Prova adess... Uah!-
Il piccolo svedese agitò di nuovo il bastone, ma gli sfuggì dalle mani e Danimarca si abbassò appena in tempo per non essere investito da quell’arma volante, per poi vederla cadere nel laghetto e affondare.
-...Come non detto, stringilo forte!- esclamò, scoppiando improvvisamente a ridere assieme a Svezia, che però aveva una risata molto più tranquilla e pacata della sua.
Il danese continuò a sorridergli e corse a prendergli un altro pezzo di legno.

 
Il clangore del ferro che si scontrava fece volare via terrorizzati gli uccelli dai rami.
 
Berwald se la cavava ottimamente con le armi. Tanto quanto Danimarca.
Combattere con lui non era mai stata una guerra vinta o persa in partenza.
Sapeva gestire le situazioni, era equilibrato.
Lui usciva a testa alta, a prescindere dall’esito e questo Mathias lo detestava, perché non desiderava nient’altro che vederlo distrutto.

Secoli di odio non si erano affievoliti neanche per un attimo, le guerre combattute fino allo stremo pur di vedere l’altro cedere sembravano esplodere all’improvviso.
 
Danimarca ringhiò, fendendo l’aria e facendo poi stridere le spade ancora e ancora.
Divertente come, in un tempo lontano un’eternità, non fosse neanche passata per le loro teste l’idea che un giorno non sarebbero più stati dalla stessa parte, ma uno contro l’altro.
Quando entrambi iniziarono ad ansimare, il sudore che colava lungo le tempie e neanche una goccia di sangue versata, capirono che non sarebbero potuti andare avanti all’infinito.
Si guardarono negli occhi, vicinissimi, le spade altrettanto vicine e il respiro che bruciava.
 
Svezia represse un fugace sorriso, il ferro che vibrava vicino alla guancia, e Danimarca non capì finché non si ritrovò a sbattere la schiena per terra con violenza, la sua arma caduta troppo lontano per raggiungerla.
 
Ansimò senza fiato, il volto accartocciato per la rabbia e lo sfinimento.
 
-È stato un piacere.- sussurrò roco e soddisfatto Svezia, un piede sul suo petto e la spada alzata in aria.
 
Danimarca aprì faticosamente gli occhi e sentì il cuore esplodergli nel petto.
Non un’umiliazione del genere, non ora, non poteva...
 
Sentì un lamento soffocato e vide  la spada di Berwald cadere a terra.
Svezia abbassò il braccio con una smorfia e Mathias rimase a guardare ad occhi spalancati la freccia nella sua spalla.
 
-Una presa per nulla salda. Pessimo, non sei cambiato.- disse una voce calma e dura, facendo poi schioccare la lingua con disapprovazione.
 
-... Tu hai sempre un’ottima mira, invece.- ansimò Svezia mentre si girava, afferrando il dardo e strappandoselo via con un debole verso.
 
-Stai lontano da Mathias.-
 
Lukas teneva ancora l’arco teso verso di lui, con l’espressione più astiosa che lo svedese gli avesse mai visto addosso.
 
 
-Ora smettetela!- una vocina seria e autoritaria li interruppe.
Non appena vide il piccolo Norvegia venir loro incontro nella sua veste bianca e leggera, il cuoricino di Svezia si riempì di sollievo e corse tra le sue braccia, mentre i suoi occhi lucidi diventavano grosse lacrime sulle guance.
-Dan, te l’ho detto che non devi fargli male.- disse il norvegese, guardando malissimo il diretto interessato e passando la manina tra i capelli corti del bambino che gli stava appiccicato, singhiozzante.
-Ma io non l'ho fatto apposta!- si giustificò Danimarca, con il magone e le braccia larghe.
-Ma tu devi fare piano, sei manesco.- lo rimbeccò l’altro, accarezzando la schiena che gli sussultava davanti agli occhi.
-Lo difendi sempre!-
-Lui è più piccolo. Chiedigli scusa.-
Svezia venne girato forzatamente verso il danese, mentre continuava a coprirsi il faccino con le mani e a piangere.
Dan si imbronciò e, un po’ imbarazzato, gli spostò le manine dal viso.
-...Scusami, Sverige.- disse in tono candido a mo’ di cantilena, guardando dritto i suoi occhi grandi e lucidi.
Svezia singhiozzò un paio di volte e gli buttò le braccia al collo, stringendolo forte forte per dirgli che accettava le sue scuse.
Il piccolo Norvegia tirò un lungo sospiro soddisfatto e si sedette, osservando con il naso per aria le fatine che svolazzavano attorno con un piacevole brusio di voci. Ce n’erano un sacco, ma chissà perché nessuno le notava.

 

-Di questi tempi usi ancora arco e frecce?- chiese Svezia, rispettando però l’avvertimento del norvegese, rimanendo immobile e stringendosi la spalla ferita con la mano.

-Così pare.-

La voce non gli vibrava solo grazie al suo grande autocontrollo.
Lukas credeva sarebbe stato in grado di reprimerli, quei sentimenti contrastanti, ma amare e odiare una persona (era Mathias o era Berwald?) era tremendamente esasperante e distruttivo e proprio non riusciva a darsi pace, perché era un’emozione per lui fin troppo familiare e ingombrante al contempo.

Perché vi fate del male.

Nella mente rimbombava quella voce fastidiosa e insistente che tante volte avrebbe voluto estirpare.
Perché, chiedeva disperata mentre lui faticava a non far tremare le mani, perché hai fatto del male a me.
Norvegia abbassò piano il suo arco e attraversò il prato, senza fretta ma con passi lunghi.
Raccolse la spada dello svedese e la scagliò nel lago con un ringhio represso, sotto i volti attoniti di entrambi gli uomini.
Mi fidavo, continuava straziante, come hai potuto.
Guardò Berwald dritto negli occhi per un attimo, come se avesse davvero potuto trovare la forza di parlare, prima di piazzarsi tra lui e Mathias e aiutare il danese a rialzarsi, silenzioso.
 
Lukas nascondeva negli occhi socchiusi la rabbia che gli stava staccando il cuore a morsi.

Non importava che Svezia fosse attualmente un nemico, la sua persona era sempre più forte di Norvegia e non riusciva a volergli veramente male.
Nonostante la cicatrice lungo il fianco in quel momento si facesse sentire più che mai, non sarebbe stato in grado di ucciderlo.
Lui non era affatto come Mathias e il rancore se lo trascinava dietro in maniera differente, devastante per se stesso piuttosto che per gli altri.
Questo lo sapeva anche Berwald.

-Sei un ingrato.- sputò Danimarca quando fu di nuovo in piedi, ostile, guardando negli occhi lo svedese e sentendo la mano di Norvegia premergli sul petto per allontanarlo. –Io volevo proteggervi, tu...-
-Volevi un regno!- lo corresse Berwald, acre,stringendo i denti e facendo un passo avanti –Non hai fatto altro che massacrare.-
 
Lukas se ne stava lì in mezzo, cercando di dividerli per quanto possibile, strattonandoli quando si avvicinavano troppo, ma loro sembravano non accorgersene e continuavano a discutere.
Gli faceva male ascoltare quei discorsi, tutti quegli episodi rispolverati che affioravano da un passato che lo distruggeva, non sopportava di vederli così vicini e sentirli così distanti, di vedere che non gli stavano dando attenzione.
-Basta.-
Si sentiva soffocare, tra quei due corpi che sembrava conoscere così bene e che erano fastidiosamente più grandi, in confronto al suo.
 
-Eravamo una famiglia!-
-Non te n’è importato quando era il momento!-
 
-Ho detto basta!-
 
Lukas alzò la voce e il suo volto si irrigidì più di quanto già non fosse.
Non urlò, ma si sentì forte e chiaro, abbastanza da far sembrare ai due che stesse gridando a pieni polmoni.
Era veramente raro che i suoi rimproveri non si limitassero ad un sussurro. Loro lo sapevano bene, anche per esperienza.
Si zittirono, le labbra che ancora tremavano e la voce che rimbombava contro il torace.
 
-Tu non devi parlare... - disse rivolto a Mathias, stringendogli la stoffa al collo.
-... E tu devi andartene.- continuò, girando la testa verso l’altro e distanziandolo malamente con l’avambraccio.
Berwald fece un veloce passo indietro, guardandolo con un’ombra di dispiacere negli occhi.
 
-Ho detto vattene.- ripeté con un cenno del capo, impaziente, continuando a tenere sotto controllo Danimarca con le sue semplici dita.

Svezia continuò a fissarlo, prima di abbassare la testa e sforzarsi di dire ai suoi piedi di andare via da quel posto prima che Lukas si ricredesse e uno dei due lo uccidesse sul serio.
Con la spada sul fondo del lago e una spalla ferita, non aveva poi molte possibilità.

Sapeva che se al posto di Norvegia ci fosse stato qualcun altro, a quel punto non sarebbe stato ancora vivo.
Aprì e richiuse la bocca più volte, tentando di dirgli così tante cose per tutto quello che gli aveva fatto, senza volerlo, senza che fosse stato lui a deciderlo, perché lui non aveva mai davvero voluto fargli del male, non a lui, e sentiva un enorme senso di colpa opprimerlo.
Mille altre parole gli scorrevano veloci nella mente, ma non trovava la forza di dar suono alla voce, vergognandosi a guardarlo negli occhi e avendo il timore di sembrare patetico a cercare il suo perdono in quel modo.
Indietreggiò piano, fino a voltarsi e sparire tra gli alberi, combattuto tra l’imbarazzo di essersi fatto vedere sotto quella luce da Norvegia, la rabbia al pensiero che stesse con Danimarca e il dolore della spalla che in quel momento gli bruciava come la peggiore delle ferite, non tanto concretamente –non faceva poi tanto male, in realtà- quanto per il pensiero che fosse stato Lukas a scoccare quella freccia. Per Mathias. E non capiva perché continuasse ad essergli tanto legato.
 
 
-Grazie, Norge...-

Norvegia guardò l’uomo con le labbra che tremavano e le sue orecchie non recepirono il ringraziamento. Era stato un gesto naturale, salvarlo, era felice di vederlo ancora vivo ma si sentiva anche fastidiosamente in colpa per aver ferito Berwald.
 
–Se non mi fossi chiesto dov’eri finito, se non fossi stato in pensiero per te e non ti avessi cercato, ora starei guardando un cadavere.- disse con un dolore velato, raccogliendo la sua spada e il proprio arco, che aveva lasciato cadere a terra per evitare che i due si saltassero addosso. -... Che cosa ti salta in mente.-
Mathias lo guardò a bocca aperta, sconvolto, l’espressione di chi non capisce.

-Anzi, no. Non una parola.- Lukas interruppe ciò che era sul punto di dire alzando una mano e porgendogli la spada. –Andiamo a casa e non torniamo più qui, per favore.-
 
Danimarca respirò pesantemente e guardò il suo riflesso nella lama, vedendoci per un attimo un bambino con gli occhi blu e un sorriso allegro.
Quel posto significava tante cose, prima tra tutte la felicità di anni che tutti temevano di dimenticare, in qualche modo, tanto lontani da non sembrare neanche realmente esistiti.

-... Era bello tornare un po’ al passato.- biascicò.

Lukas stava già camminando verso il bosco per tornare indietro, ma si fermò bruscamente. Strinse i pugni e chiuse gli occhi.
-Pensa al presente, piuttosto.- gli rispose gelido, tornando a camminare e turbato dalla consapevolezza che neanche lui sarebbe stato in grado di fare ciò che aveva appena detto.
 
-Norge... - Mathias affrettò il passo per stargli dietro ed affiancarglisi. –... Io, te e Eirik stiamo bene, non pensare a quel...-
Norvegia gli afferrò la mano prima che si appoggiasse sul proprio braccio, assicurandosi di avere tutta la sua attenzione concentrata negli occhi.

-Io non sto affatto bene.- sibilò, duro e intenso, stringendogli forte il polso e sentendo all’improvviso, senza un vero motivo scatenante, tutte le urla di un popolo sottomesso esplodergli dentro e serpeggiargli tra le dita, l’amore stupido che non avrebbe dovuto provare che non si conciliava affatto con tutto quello che stava sentendo.
Si rese conto di tutto questo e ritrasse la mano, spaventato da se stesso ma inspiegabilmente felice di aver finalmente esternato qualcosa.

Mathias sentì il cuore precipitargli sul fondo dello stomaco, vedendolo andare avanti senza aspettarlo.


I bambini si erano detti “per sempre” alla luce del fuoco.
Perché insieme, no, non c’era assolutamente niente a spaventarli.

 
 
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Angolo autrice.
Ma tipo eccomi! *rolls*
Avrei voluto pubblicarla un po’ più tardi ma oggi è il compleanno di Adrienne e, dopo aver regalato un capitolo alla Happy qualche giorno fa, mi sembrava ingiusto non dare qualcosa alla zia Adri (soprattutto perché me l’aveva anche chiesto)! ;*; Tanti auguri, un bacione <3
Però ora vi chiedo, care scrittrici mie amiche, smettete di nascere una vicina all’altra, non ho fan fiction per accontentarvi tutte! XD
Ma tornando alla serie...
Non avrete un attimo di respiro, qui c’è angst, c’è sempre stato angst e sempre ci sarà angst, vi avviso prima che qualche voce gentile nella vostra mente vi dica che tutto si metterà a posto. No! Qui soffrono tutti come poveri dannati! Non sperate in allegria o amori semplici o in un Danimarca felice, il trattato di Kiel si avvicina inesorabilmente! *si getta nel camino e piange*
E niente, spero tanto che vi sia piaciuta e che vi abbia soddisfatto!
Alla prossima, grazie a tutte per aver letto...
 

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