We
can be winged heroes
(just
for one day).
I, I will be king
And you, you will be queen
Though nothing will
drive them away
We can beat them, just for one day
We can be heroes, just for one day
Heroes. David
Bowie
“Mase?”
L’esclamazione di un
ragazzino di sette anni echeggiò per il cortiletto. Oliver si mise a quattro zampe
sul tappato d’erba e sbirciò sotto una delle panchine affiancate al muro di
casa. Ignorò gli schiamazzi degli altri bambini che giocavano appena oltre il
muretto di cinta.
“Mase?” ripeté,
tornando ad alzarsi in piedi e spolverandosi i jeans all’altezza delle
ginocchia: il bambino di nome Mase non rispose nemmeno a quel secondo richiamo.
Oliver aveva attraversato il cortile dei Lockwood in lungo e in largo alla
ricerca del suo migliore amico: con pazienza e accuratezza aveva scandagliato
ogni angolo, dai nascondigli più azzardati fino a ai più banali, come i sedili
posteriori della jeep del padre. Tuttavia,
non vi era traccia dell’altro ragazzino. Non era preoccupato – lo trovava
sempre, alla fine - ma stava
incominciando ad esaurire le idee per i nascondigli. Infine, ebbe
un’illuminazione. Attraversò il praticello di corsa, restituì a Ricki e Jeff il
pallone finito a pochi metri di distanza da lui e sbucò nel giardino sul fronte della tenuta.
Individuò in fretta il gigantesco tappeto di plastica a forma di scacchiera che
ricopriva un generoso quadrato d’erba; lo raggiunse di corsa. Lì, sdraiato a
pancia in giù, e circondato da una decina di pedine grandi quanto nani da
giardino, un ragazzino stava sfogliando un libro. Solo quando Oliver si sedette
di fianco a Mase, si accorse dell’espressione triste dell’amico. Spostò ancora
una volta lo sguardo in direzione del libro e si accorse che la copertina era
interamente fradicia, così come gran parte delle pagine.
“Chi è stato?”
domandò, assumendo un’espressione preoccupata. Mason si strinse nelle spalle e
non disse nulla, facendo bene attenzione a non ricambiare lo sguardo dell’altro
bambino. Infine, tirò su col naso, e prese a stuzzicarsi una crosticina sul
ginocchio.
“C-co-come va c-con l’aaereo che stai,
stai costruendo?” balbettò infine, continuando a mantenere lo sguardo basso.
Oliver lo guardò con aria triste per un po’. Infine, prese il libro dell’amico
e se lo appoggiò sulle ginocchia.
“Così così.” rispose,
incominciando a tamponare le pagine con un lembo della sua maglietta. “Ma ci
sto lavorando, perché?”
Ancora una volta Mase si strinse nelle spalle. In quel momento gli schiamazzi
dei bambini fuori dal giardino si fecero ancora più forti. Oliver si accorse
che i ragazzini si erano spostati di fronte al cancello della tenuta e stavano
ridacchiando per qualcosa: un paio di loro tenevano in mano delle pistole ad
acqua giocattolo. Uno dei bambini si issò sul bordino di ferro ai piedi del
cancello e sbirciò nel cortile. Oliver notò che Mason aveva preso ad
appiattirsi ulteriormente a terra, quasi temesse che i ragazzini potessero
notarlo.
“Sono stati loro,
vero?” domandò a quel punto, alludendo al libro rovinato. Mase arrossì; si
passò bruscamente una mano sugli occhi e si voltò in direzione opposta a
Oliver, tirando su col naso.
“V-vo-voglio andare
via d-di qui.” mormorò infine, appoggiando le mani sul tappeto di plastica,
cercando di farle coincidere ai bordi di una delle caselle nere. “N-no non
voglio più sentirli.”
Ancora una volta,
Oliver sbirciò oltre le pedine giocattolo giganti, osservando i ragazzini fuori
dal cancello: ne riconobbe due o tre. Erano i soliti bulletti che si
divertivano a prendere di mira qualcuno per ridere alle loro spalle, e
nell’ultimo periodo avevano sviluppato una sorta di accanimento contro Mase e
la sua balbuzie. Oliver lo sapeva, ma l’amico si era fatto promettere di non
parlarne con nessuno e lui aveva accettato, anche se le parole minacciavano di
scivolargli di bocca ogni volta che vedeva uno dei signori Lockwood. O Ricki. O
Caroline. O chiunque. Inoltre, quei ragazzini erano furbi; facevano comparsa
solo quando erano sicuri che non ci fossero adulti nei dintorni: come quel
pomeriggio.
“Ehy, de-deficiente!”
stava urlando in quel momento il bambino che si era arrampicato sul cancello.
“Sappiamo che sei lì, deficiente!”
“Sì, deficiente” gli
fece eco un secondo ragazzino, uno di quelli con i super liquidator in mano.
“Vu-vuoi ve-ve-venire a gio-gio-giocare con noi?”
Gli altri ragazzini
risero. Mason aggrottò le sopracciglia, gli occhi grigi luccicanti di collera.
Si curvò su se stesso e si strinse le braccia al petto, come a volersi
proteggere dalle loro parole. Oliver rinunciò al suo tentativo di salvataggio
del libro e gli posò una mano sulla spalla.
“Non ascoltarli,
Mase.” cercò di consolarlo, dandogli un
po’ di colpetti sulla schiena. “Sono
solo degli stupidi.”
Mason annuì, prendendo
un profondo respiro. Infine, si decise a ricambiare lo sguardo dell’amico.
“Oliver?”
“Sì?”
Mason riprese a stuzzicarsi il ginocchio.
“T-tu n-non hai mai p-pa-paura?”
Oliver fece spallucce, incominciando poi a inseguire con il dito i contorni
delle caselline bianche e nere.
“Qualche volta sì.” rispose.
“Ti-Tipo quando?”
Il bambino assunse
un’espressione pensierosa per un po’. Infine, riprese a tracciare i bordi dei
riquadri con il dito.
“Non lo so.” ammise
infine, “Tipo quando ci sono i temporali forti. O quando faccio dei brutti
sogni che sembrano veri. O quando vedo le foto degli assassini al
telegiornale.”
Mason annuì con fare
comprensivo.
“E, e cosa fai
qu-quando hai pa-paura?” chiese infine, rivolgendogli
un’occhiata attenta; Oliver sorrise.
“Ogni tanto faccio
finta di avere le ali e di volare via.” rivelò, appoggiandosi le mani sulle
ginocchia. “Se ho paura…O se non voglio stare più in un posto. Faccio finta di
volare molto in alto: e quando sono lassù, sembra tutto piccolissimo. Sai le
case,i grattacieli. Anche le montagne. È tutto così piccolo che non ho nemmeno
più paura. E penso che forse, una volta, gli uomini avevano le ali. Sai, tipo
gli uccelli.” ammise infine, portandosi le mani dietro la schiena e toccandosi
le scapole.
“Proprio qui, sulla schiena. Forse è per questo che
adesso si costruiscono gli aerei. Forse agli uomini mancano le loro ali.”
“Se-se-secondo me io s-sa-sarei stato l-l’unico
senza ali.” ammise tristemente l’amico, dando un calcetto a uno degli alfieri
di plastica e facendolo rotolare a terra. Oliver fece spallucce.
“Magari ne avevi una sola.” osservò, aggrottando le
sopracciglia “Poi però te ne facevi
costruire un’altra e così potevi volare via. E non avevi più paura nemmeno tu.
Qual è il tuo uccello preferito?”
esclamò a quel punto, rivolgendogli un’occhiata incuriosita.
Mason esitò: gli tornò alla mente il piccolo corvo che aveva trovato qualche
settimana prima nel cortiletto dietro casa. Sua sorella Caroline gli aveva
detto che non era possibile: che i corvi vivevano in Europa e non negli Stati
Uniti. Ma a lui piaceva credere il contrario.
“Il corvo.” rispose, senza alcun difetto di pronuncia.
“E, e il tuo?”
Oliver estese il suo sorriso, “è il falco!” dichiarò,
rizzando la schiena e mettendosi in ginocchio. “Beh, senti qui, adesso.” richiamò
infine la sua attenzione, facendo cenno di avvicinarsi ulteriormente. Mason lo
fece, incuriosito dalla sua espressione improvvisamente ravvivata: intuì
all’istante che aveva avuto una delle sue idee fantasiose.
“Facciamo un gioco.” propose infine Oliver, abbassando il
tono di voce. “Io mi chiamo Hawk: come il falco. E tu
sei Crow, come il corvo. E Siamo gli unici esseri umani alati rimasti sulla
Terra…”
“Gli-gli, gli unici che? Mason gli rivolse un’occhiata
disorientata.
“Abbiamo le ali, ma solo noi due.”
“Ma, ma p-prima hai d-detto che io n-non
le avevo le ali…”
“Ce ne hai una.” gli
ricordò l’amico, estendendo il suo sorriso. “E se trovi l’altra, puoi volare.
Loro lo sanno…” aggiunse poi, indicando con il dito i ragazzini fuori dal
cancello. “Non vogliono fartela prendere, perché poi non potrebbero più
prenderti in giro: non avresti più paura.”
“A-a-allora mi serve
p-proprio l’altra ala…” osservò Mason, tirandosi su a sedere, e rivolgendo
un’occhiata preoccupata alle inferriate del cancello. Oliver annuì.
“So dove trovarla.”
rivelò con aria sicura di sé. “I
custodi delle ali l’hanno appena costruita.”
“C-co-cosa dobbiamo
fare, Hawk?” sussurrò l’altro bambino, sforzandosi di
apparire il più determinato possibile. Oliver indicò la porzione di prato che portava
al cortiletto sul retro. Di tanto in tanto, un paio di “Goal!” e “Calcio
d’angolo!” risuonavano da quella zona del cortile, in aperto contrasto con i
bisbigli di Mase e Oliver e con gli schiamazzi dei ragazzini fuori casa.
“Li senti Ricki e Jeff
che giocano a calcio?”
Mason annuì.
“Sì.”
“Ecco, loro sono i nostri soldati alleati. Ce l’hanno loro la tua ala. Dobbiamo
solo passare per di lì e andare sul retro.” spiegò Oliver, indicandogli la
striscia di prato di fronte al cancello. Da determinata, l’espressione di Mase,
si fece d’un tratto apprensiva.
“Ma…” mormorò, tirando la manica dell’amico, che era già sul punto di alzarsi.
“Ma, ma così Liam e gli a-a-altri ragazzi mi, mi vedranno…” osservò, rivolgendo un’occhiata titubante al
gruppetto di bambini.
Ancora una volta
Oliver gli posò una mano sulla spalla. “Non fa niente.” Lo rassicurò, abbozzando un sorriso
incoraggiante. “Possiamo batterli, Crow.”
“Ma…”
“Abbiamo le ali.” gli ricordò, indicandosi la schiena con il pollice. “Voleremo
così in fretta che non potranno nemmeno colpirci con i Super-liquidator.”
“E, e se ci
colpiscono?”
“Possiamo batterli.” ribadì ancora una volta Oliver. Come al solito, sembrava talmente tranquillo
e deciso, che anche Mason finì per convincersi. “Proviamoci. Solo per oggi. Va
bene?” domandò, tendendo il palmo della
mano in direzione di Mase. Il bambino esitò, ma alla fine trasse un profondo
respiro e gli diede il cinque.
“…Va bene.”
acconsentì, preparandosi ad alzarsi in piedi.
“Che cosa vedi?”
domandò a bassa voce Oliver, acquattandosi di fianco a un cavallo e una torre
di plastica: fortunatamente c’era la jeep del signor Lockwood a coprirli. Essendo
nascosti avevano più possibilità di cogliere di sorpresa i ragazzini e di sfuggire
alle loro pistole ad acqua. Mason si sollevò leggermente e sbirciò oltre il
muso della jeep.
“Pro-pro-proiettili, Hawk!” balbettò Mason, osservando il gruppetto di bambini
attraverso il vetro dell’auto.
“Proiettili di, di, di fuoco!”
“Possiamo comunque
batterli!” sussurrò ancora una volta Oliver,
stringendosi nelle braccia, come a voler ritirare le sue ali da falco. “Stammi
vicino, Crow! ”
“D-dobbiamo correre?”
mormorò l’altro bambino, strisciando via dalla scacchiera di plastica e
seguendo l’amico, che si era rannicchiato dietro la macchina. Oliver scosse il
capo.
“No, dobbiamo volare.”
Mase si toccò una scapola
con fare sconsolato.
“C-c-come fa-faccio a
volare con un’ala sola?” sussurrò, esponendo il suo problema. Oliver si
appoggiò le mani sulle ginocchia e cercò di riflettere: a quello non ci aveva
proprio pensato.
“Puoi usare la mia!” esordì
infine, distendendo il braccio destro e piegando il braccio sinistro
all’altezza del gomito “Stringi qui e muovi l’altra più forte che puoi.” gli
consigliò infine, mentre l’altro bambino si aggrappava al suo braccio.
“Sei pronto?”
Mason non sembrava per
nulla convinto; tuttavia, annuì.
“…Sì.”
I due bambini si
sorrisero. Mase strinse più forte la mano attorno al gomito di Oliver.
“Al mio ‘via’ .”
Sussurrò l’altro bambino, estendendo il suo sorriso. “Pronti…Partenza…Via!”
Mason chiuse gli
occhi, il braccio sinistro steso e il cuore che gli batteva all’impazzata nel
petto. Quando incominciò a muoversi lo
fece così di scatto che pensò di non aver mai corso così forte in vita
sua. Ma lui non stava correndo: stava volando. Strinse più forte gli occhi e immaginò
di avere le ali; o meglio, immaginò di averne una sola. Era nera e piumata,
come quella di un corvo. Immaginò di agitarla più forte che poteva e di librarsi
in volo, mentre le risate e le urla dei bulletti echeggiavano in lontananza: ma
erano lontane; sempre più lontane, man mano che saliva. Immaginò di planare fra
le nuvole e di guardare verso il basso, scoprendo che ogni cosa era diventata
piccolissima: le case, i grattacieli. Le montagne. Perfino la jeep del suo
papà. E infine, immaginò di virare leggermente verso terra, per poi aprire gli
occhi: ed era vero, Oliver aveva ragione. Adesso lo sentiva anche lui: non
c’era più nulla di cui avere paura.
I, I can remember
Standing, by the wall
And the guns, shot above our
heads
And the shame,
was on the other side
Oh we can beat them, for ever and ever
Then we could
be heroes, just for one day
Heroes. David
Bowie
Quando Mason e Oliver
raggiunsero ridendo il retro del cortiletto, non avevano quasi più fiato. Si
lasciarono cadere in mezzo al prato, stendendo le braccia sull’erba, ancora
piegati in due dalle risate.
“Tutto bene,
piccoletti?” domandò Ricki, avendo notato le loro corse. Quando capì che
stavano ridendo, sorrise divertito e tornò a passare il pallone a Jeffrey.
“Hai visto? Ce
l’abbiamo fatta!” dichiarò un’entusiasta Oliver, stropicciandosi i capelli con una mano. “E adesso hai due
ali!” aggiunse, strisciando fino a raggiungere Mase e spiegandogli il braccio
destro sull’erba. L’amico osservò quell’operazione con un sorriso.
“N-no-non non ci, non
ci hanno nemmeno…” si fermò, per riprendere fiato, completamente stravolto.
“N-Non ci hanno beccato c-co-con i Su-super-liquidator.” annunciò, soddisfatto della loro sveltezza.
“E non hai più paura,
vero?” domandò Oliver, appoggiandosi su un gomito e voltandosi su un fianco per
poter osservare l’amico. Mase sorrise e chinò il capo verso il basso, prendendo
a giocherellare con i filetti d’erba.
“Non più.” ammise,
strappandone due o tre e prendendo ad annodarli tra loro. “N-non più tanta.”
Oliver annuì.
“Siamo stati un po’
degli eroi, vero?” domandò infine, estendendo il suo sorriso e girandosi sulla
schiena. Si schermò gli occhi con una mano, per poi spostare lo sguardo verso
il cielo: un uccello stava planando a un’altezza piuttosto elevata sulle loro
teste. Il bimbo lo osservò con attenzione, fino a quando non lo perse di vista.
A quel punto, scattò in piedi.
“Do-dove vai?” gli gridò dietro l’altro bambino,
quando Oliver incominciò a correre verso
casa.
“A prendere delle matite!” gli rispose, senza nemmeno fermarsi. “Poi ti spiego!”
Mason fece spallucce, per poi tornare a distendersi sul prato. Il sole prese a
picchiettargli con insistenza sugli occhi, così li chiuse, schermandoseli
ulteriormente con le mani. Poco dopo, tuttavia, se le sfilò da davanti al capo
e tornò a stendere le braccia sul prato. Ad occhi chiusi, disegnò nel cielo le
acrobazie di due uccelli in planata. Immaginò un uomo-falco con le ali distese
e un ragazzo-corvo che non poteva volare, perché gliene mancava una. Sorrise,
portandosi le mani di fronte agli occhi e agitandole entrambe: lui adesso, le
ali, le aveva entrambe.
I, I won't be king
And you, you won't be queen
Though nothing will
drive them away
We can be heroes, just for one day
We can be us, just for one day
Heroes. David Bowie
18 anni dopo.
Mase appoggiò la
schiena al muro e si infilò le mani in tasca, attendendo con pazienza che il
semaforo dall’altro lato della strada si facesse verde. Un gruppetto esagitato
di ragazzini gli passò davanti, fermandosi di fronte all’edicola.
“è uscito, è uscito!”
esclamò a quel punto uno dei bambini più piccoli, spiaccicando le mani sul
vetro. Mason aggrottò le sopracciglia e si sporse lievemente in avanti, per scoprire
il motivo di tutta quella agitazione. Esaminò con fare quasi distratto i
cartelloni pubblicitari di fianco all’edicola. Un paio di volantini mezzi
stracciati erano sopravvissuti alle intemperie e ai pennarelli indelebili dei
ragazzini più grandi: uno di questi raffigurava l’eroe del fumetto più in voga
del periodo, specialmente fra i bambini della sua cittadina. La scritta
scarabocchiata al fondo del volantino, figurava anche sul volumetto che aveva
catturato l’attenzione di quei ragazzini: ‘Winged’.
“Ehi,
mi presti un dollaro?” stava domandando uno
dei bambini, dopo aver pungolato il fianco del vicino con una gomitata.
“Aspettavo il nuovo numero da una vita!”
Il più piccolo dei ragazzini, quello che aveva schiacciato le mani contro la
vetrina, incominciò a saltellare sul posto, in prenda all’agitazione. Infine,
distese il braccio destro e piegò il sinistro, lasciando sporgere il gomito.
“Voglio sapere se Crow
alla fine riesce a trovare la famiglia dei corvi!” dichiarò, tirando con
impazienza la giacca di quello che sembrava essere il più grande dei ragazzini.
“Alec, mi compri il nuovo fumetto e me lo leggi? Per favore!”
“A quanto pare abbiamo
una celebrità a Mystic Falls.” una voce
colse Mase di sorpresa, istigandolo a inarcare un sopracciglio. Oliver gli
sorrise, appoggiando a sua volta la schiena contro il muro. L’amico esordì in
un ghigno.
“E che celebrità!” esordì, appoggiando il
gomito sulla spalla dell’altro ragazzo.
“Oliver Grayson Gilbert: pilota d’aereo, fumettista, e probabile futuro
sceneggiatore! Mi fai l’autografo?”
“Cretino…” commentò
Oliver, dandogli una gomitata. Mason si mise a ridere.
“…Premettendo che non ho ancora venduto a
nessuno i diritti cinematografici di ‘Winged’…E che puoi depennare ‘sceneggiatore’
dalla lista….” proseguì poi, portandosi le braccia sul petto e osservando i
ragazzini che stavano ancora discutendo di fronte alla vetrina dell’edicola.
“…In realtà non mi stavo riferendo a me.” concluse, voltandosi in direzione dell’amico.
“Sembra che tu sia l’eroe di qualcuno.” aggiunse infine, accennando con il capo
al bambino che ancora stava cercando di convincere l’altro a comprargli il
nuovo fumetto. “Crow sta spopolando fra i più piccoli.”
Ancora una volta, Mase
spostò lo sguardo ad analizzare la vecchia locandina di ‘Winged’: aveva come
protagonista un ragazzo accovacciato su un muretto, visto di schiena: una sola
ala nera spuntava poco sopra la scapola sinistra. Mason scosse il capo, per poi
incrociare le braccia sul petto.
“Non sono un eroe.” commentò
asciutto, passandosi una mano dietro la nuca. Oliver fece spallucce.
“Per quel bambino lo
sei…” osservò, indicando il ragazzino. Infine sorrise. “E anche per me.”
We can beat them, just for one day
We can be heroes, just for one day
Heroes. David Bowie
Nota dell’autrice.
Emh…
*scappa via, poi torna indietro.*
La
mia ennesima idea strampalata, sì. No, ma c’è un motivo. Qualche giorno fa,
osservando un gabbiano volare – concessione del mio dolce, simpatico e piovoso/ventoso/nuvoloso,
amatissimo Galles – ho avuto un’ illuminazione come il piccolo Oliver e ho
incominciato a scribacchiare e a disegnare (disegnare io? Bah…) a proposito di
Crow, di Hawk e del popolo dei Winged. Mi sono resa
conto che l’idea del racconto era perfettamente in linea con la
caratterizzazione di Oliver. E, visto che so da sempre che prima o poi oltre
che pilota tenterà di scarabocchiare qualche vignetta, ho pensato che Winged avrebbe potuto perfettamente
essere il suo jackpot alla lotteria dei fumetti. Logicamente, l’ispirazione per
uno dei suoi lavori migliori doveva nascere proprio dall’amico Mason –
altrimenti non sarebbe Oliver – e così, eccoci qui. A Crow e Hawk - il corvetto e il piccolo falco. Per quanto riguarda
il corvo c’è un riferimento alla one-shot Blackbird nella
quale il piccolo Mason scova un piccolo corvo dietro casa e dove per la prima
volta viene paragonato dal padre a un piccolo corvo. È proprio in quella one-shot che stringe amicizia con Oliver, tra l’altro.
Altre
piccoli appunti per chi non segue History Repeating:
-
Mase e Oliver fanno di cognome Lockwood e Gilbert, perché sono prelevati da
una mia long fiction che vede come protagonista un’ipotetica
Next Generation di The Vampire Diaries.
Mase è il figlio di Tyler e Oliver il figlio di Jeremy. I citati Ricki,
Caroline e Jeff sono rispettivamente i due fratelli di Mase e il figlioletto di
Matt Donovan e Elena Gilbert.
-
A Mase piace nascondersi. E scompare sempre. È famoso in particolare per
sparire ogni anno al momento della torta il giorno del suo compleanno, ma anche
in quelle occasioni, è sempre Oliver che
riesce a trovarlo. (Ogni riferimento a A Very Lockwood Christmas
è puramente casuale *smirks* )
-
La scacchiera gigante da giardino. Mase è un appassionato di scacchi, penso
di aver anche disseminato qualche indizio in alcuni spin off. Ed è anche molto
bravo; la scacchiera giocattolo di plastica era stata un regalo di mamma e papà
e del padrino Dylan.
-
Oliver ha tre passioni: il cielo, il disegno e gli aerei. Oh, e il volo
ovviamente. (in realtà potrei anche aggiungere “Mason” -w-) Ho cercato di
sommare tutto in questa storia.
-
Mase balbettava da bambino, ma crescendo, come spesso accade, ha risolto il
difetto di pronuncia quasi completamente. Balbetta ancora quando è nervoso,
spaventato o agitato.
Basta, penso di aver detto tutto. Un grazie di cuore a chiunque si sia
soffermato a leggere questa storia, perché anche se non ne sono completamente
soddisfatta, ha un significato davvero speciale per me.
Un abbraccio!
Laura