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Autore: lete89    23/08/2007    7 recensioni
Un Principe potente.
Una Principessa straniera.
Un matrimonio combinato.
Accettato e subito.
Cosa accadrà?
I pensieri lenti si trasformano in haiku.
L’ haiku rivela uno specchio vuoto: si inscrive nello spazio senza simbolizzare nulla e senza la pretesa di avere un significato. È un'immagine opaca, priva di riflessi.
Commentare un haiku è dunque impossibile. Si può solo dire che, in tutta semplicità, qualcosa avviene e basta.
Unendo i destini di un giovane guerriero e di un fiore di ciliegio.
Nell'iconografia classica del guerriero il ciliegio rappresenta insieme la bellezza e la caducità della vita: esso, durante la fioritura, mostra uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura, ma è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1

Capitolo 1

 

 

 

Luce e ombra si alternavano pigri sul vialetto sassoso.

Flebili raggi di sole al tramonto proiettavano sul terreno le sagome nere di stanche foglie.

Il suono fastidioso dei sassi sotto le eleganti calzature.

L’odore pungente di foresta vergine.

Il sapore dolce di una tarda primavera.

Camminava dentro il bosco a passo lento, ma deciso, quasi strafottente, con lo sguardo impenetrabile fisso davanti a sé.

Non abbassava mai gli occhi.

Non conosceva la paura, la sottomissione o la vergogna.

Non conosceva i sentimenti.

Affrontava di petto i problemi, senza nascondersi e senza ripensamenti. Come aveva fatto due anni prima…

Il demone si fermò, alzando lentamente il braccio sinistro finché il palmo della sua mano non arrivò all’altezza del volto. Mosse le dita pigramente, in su e in giù, finché tutti gli artigli non gli toccarono la diafona mano. Continuò a fissare freddamente il pugno chiuso. L’ultimo regalo… l’ultimo dono di quel gioiello prima di sparire per sempre, purificato.

 

“Sommo Sesshomaru!”

 

Una voce vivace,cinguettante.

Il demone spostò piano lo sguardo sulla bambina umana. Un’allegra macchia arancione sul verde dorso di Ah-Un.

 

“Padrone…”

 

Jaken.

Quel demonietto con la voce stridula e gracchiante lo chiamava. Percepì nel suo tono un po’ di preoccupazione, dovute alla sua improvvisa sosta.

Abbassò con stizza il braccio, riportandolo lungo il corpo e riprese lento a camminare.

Odiava quando i compagni di viaggio lo dovevano aspettare.

Odiava i passi per raggiungerli.

Odiava restare indietro lui, Sesshomaru, il Grande Principe delle Terre dell’Ovest, il più grande Impero dell’epoca Sengoku.

Raggiunse velocemente i compagni, superandoli a passo fermo e deciso.

Un solo ordine.

Laconico.

 

-Ci fermiamo qui.-

 

 

 


Le fiamme allegre del fuocherello proiettavano ombre vivaci sul terreno.

La piccola umana faceva delle brevi corse intorno al fuoco, impaziente di gustare quella magra cena a base di piccoli animali, mentre Jaken la richiamava, spazientito dal suo frizzante carattere.

Sesshomaru sedeva alla base del tronco lì vicino, lo sguardo rivolto all’argentea luna.

La foresta di notte aveva un aspetto diverso. Diventava un regno di paura e magia, ma non perdeva mai il suo fascino che invitava a esplorarla, continuamente, promettendo all’incauto viaggiatore sorprese sempre nuove.

La cena fu presto pronta. Totalmente disinteressato ai continui litigi dei compagni, il Principe dei demoni si alzò in piedi, voltandosi verso dei cespugli lì vicini e facendo zittire Rin e Jaken all’istante.

 

-Vieni avanti.-

 

Non era un invito. Era un ordine. Freddo e perentorio, che non accettava repliche.

Qualcosa dietro i cespugli si mosse, facendo ondeggiare le foglie. Nell’oscurità della notte comparve l’evanescente figura di un demone. Questi s’avvicinò al gruppo, lasciandosi debolmente illuminare dalla tiepida luce del fuoco. Giunto appena pochi passi da Sesshomaru, gli si inchinò devotamente davanti, dall’aspetto, era un soldato Rin indietreggiò di qualche passo, sorpresa da quell’improvvisa comparsa, mentre Jaken, dopo un attimo di smarrimento, riconosciuto l’ospite lo osservava incuriosito.

Il giovane demone indossava una leggera armatura grigio-verde da guerriero, con un elmo che copriva in parte i corti capelli argento scuro. Gli occhi, ambra molto più chiara di quella di Sesshomaru, fissavano il terreno, per timore o, forse, per rispetto. Sesshomaru, in piedi di fronte a lui, non sembrava minimamente sorpreso o preoccupato per quella figura. Rin dunque, rassicurata dal comportamento sostenuto del demone e adesso più incuriosita che altro, chiese più volte spiegazioni al demone-rospo, che la zittì malamente con la scusa di voler ascoltare.

 

-Parla.-

 

Solo allora il demone alzò il volto da terra, guardando Sesshomaru con sguardo freddo e distaccato, prerogativa dei guerrieri.

 

-Vi reco un messaggio da Palazzo, Principe.-

 

Il soldato estrasse da sotto l’armatura un’elegante pergamena con un sigillo in cera e, dopo averla consegnata al suo Signore, si rimise inginocchiato nell’identica posizione di prima.

Una falce bianca di luna in un cielo di cera rossa.

La carta gialliccia assumeva inquietanti sfumature vicino al fuoco, mentre il piccolo ed elegante cordoncino argentato dondolava impassibile.

Sesshomaru la afferrò freddamente, strappò con forza il sigillo e lesse senza entusiasmo. In fondo, se l’aspettava. Anzi, era in ritardo secondo i suoi calcoli. Però sperava ancora che non fosse giunto il momento. Gli occhi ambrati scorrevano veloci su e giù, cogliendo ogni sfumatura di quella calligrafia ben conosciuta. Finito, arrotolò nuovamente il messaggio, leggermente spiegazzato e lo restituì al soldato. Tornò quindi a sedersi alla base dell’albero mentre il messaggero, a un cenno della sua mano, si alzò in piedi.

 

-Devo riferire qualcosa?-

 

La voce seria e rispettosa del demone confermarono il profondo rispetto e anche l’immensa stima che il soldato provava nei confronti del suo Principe.

 

-Dì che verrò.-

 

Poche parole, pronunciate mentre chiudeva gli occhi per concedersi qualche ora, il minimo indispensabile di riposo, dopo una lunga giornata di cammino.

Il messaggero, accennato con il busto un altro inchino e biascicato a mezza voce un come desidera, scomparve dalla stessa parte da dove era venuto.

 

-Chi era quello Sommo Sesshomaru?-

 

La piccola Rin, più curiosa che mai, si sedette al fianco del demone, sporgendosi in avanti per afferrare ogni più piccola parola del demone.

Quella bambina era certamente fonte di vivace freschezza in quel gruppo. Sorridente e solare, trasmetteva una strana sensazione di pace.

Certe volte, però, era troppo chiaccherona per i gusti di Sesshomaru. Come in quel momento.

 

-Piantala Rin! Non vedi che il Padrone vuole riposare?-

 

Jaken rimproverava spesso Rin, certamente senza cattive intenzioni. In fondo, anche il demone-rospo si era affezionato a quella bambina. Però, sentimento superiore a questo era la venerazione nei confronti del Principe. Era certamente curioso di conoscere il contenuto di quella lettera. Aveva riconosciuto il mittente dal sigillo e la cosa non gli piaceva, non gli piaceva per niente. Intimamente sperava che, appena Rin si fosse addormentata, il Padrone lo mettesse al corrente delle sue intenzioni. Razionalmente sapeva che non sarebbe mai successo.

Sesshomaru mosse appena le labbra, senza aprire gli occhi e gustandosi quella sensazione di libertà.

 

-Và a dormire, Rin. Domani ci alzeremo presto.-

 

 


Non era cambiato nulla.

Tutto era rimasto come se lo ricordava.

Sembrava che il tempo non fosse passato in quella zona del regno.

Sesshomaru continuava a salire lenti i gradini di pietra del palazzo.

Il SUO palazzo.

Il palazzo dei Sovrani delle Terre dell’Ovest.

La figura maestosa del Principe non passò certamente inosservata in quell’enorme maniero.

Giovani soldati, vecchi servi, figli di schiavi e graziose geishe s’inchinavano devotamente al suo passaggio, salutando e onorando il loro Signore.

Molti di quei gesti erano dettati da invidia latente, altri da profondo rispetto, altri ancora da stanca consuetudine.

Sesshomaru passò altero e fiero in mezzo a questa massa multiforme di gente che si spostava ai lati della scalinata per lasciargli libero il passaggio.

Il Principe sentiva un irrefrenabile desiderio di fuggire, voltarsi per tornare a viaggiare libero, a scontrarsi, a combattere

Ma non era possibile.

Lo sapeva.

E poi, scappare non era nel suo stile.

Qualunque fosse l’ostacolo, lo avrebbe affrontato e abbattuto.

Sarebbe andato avanti per la sua strada.

Anche se sapeva di essersi lasciato alle spalle un pezzo prezioso della sua vita.

Un brandello importante, che non avrebbe mai più recuperato e che sperava di aver sfruttato al massimo i quegli anni di libertà.

Sperava di aver affrontato abbastanza sfide e di aver vissuto abbastanza avventure da soddisfare la sua memoria.

Non aveva ricordi su quelle scale.

Non aveva ricordi in quel palazzo.

Per anni aveva creduto di aver iniziato a vivere quando era uscito dalla sua Dimora.

 

Gabbiani volteggiano attorno al sole

attimi di libertà

la mia vita...

 

Vicino a lui, la gracchiante voce di Jaken gli confondeva i pensieri, mentre il piccolo rospo era intento a salutare scherzosamente quei pochi amici che aveva lasciato nella dimora del Padrone, dopo l’ultima visita.

Rin invece, stranamente più silenziosa del compagno, regalava sorrisi a tutti i volti che riusciva confusamente a riconoscere e che la degnavano di un’espressione festosa.

C’era stata poche volte a Palazzo Rin.

Ma le era piaciuto.

Quella dimora era enorme e circondata da giardini immensi.

Era divertente tornare, ogni tanto, per riposarsi e riprendere fiato.

Per poi ripartire.

Sempre a fianco del Signor Sesshomaru.

Tutti in quell’antico Castello la trattavano bene, con rispetto.

Sesshomaru li aveva istruiti a dovere sul come comportarsi con Rin.

E nessuno trasgredisce agli ordini del Principe Erede.

Nessuno.

 

-Sommo Sesshomaru…-

 

Il Principe, ormai giunto in cima alle scalinate, era stato velocemente attorniato dai servitori che gli davano il benvenuto a casa.

 

-Dov’è?-

 

Non aveva tempo da perdere.

L aveva fatto chiamare a palazzo con tanta fretta, che adesso lo ricevesse subito.

Voleva solo sentire cosa aveva da dirgli per poi andarsene, tornarsene nella libertà dei boschi e nella violenza degli scontri.

Quello era il suo mondo, il suo habitat.

Nessun’altro.

 

-Vi… vi sta attendendo nei suoi alloggi…-

 

Era stata una giovane demone a parlare, una di quelle che avevano circondato Rin iniziando a farle strani complimenti e curiose domande sul viaggio.

Sesshomaru, con il tono di comando che lo caratterizza, ordinò di far sistemare Rin nelle sue stanze e di farla riposare.

Jaken sarebbe invece dovuto andare nelle stalle a controllare che Ah-Un fosse rifocillato e preparato per la prossima partenza.

Partenza che sarebbe stata molto vicina.

Almeno così sperava.

 

 

 


Sesshomaru attraversò velocemente un dedalo di corridoi in legno chiaro.

Era stato poche volte in quell’area del palazzo.

Lui aveva le sue stanze, i sui alloggi nell’area ovest del castello, perché mai avrebbe dovuto andare nella zona nord?

Strani disegni sulle pareti di carta di riso si alternavano al suo passaggio.

Attraversava spavaldo i corridoi, mentre le serve e gli eunuchi che incontrava si prosternavano al suo passaggio, sorpresi nel vederlo.

Probabilmente non avevano sentito del suo arrivo.

Probabilmente non si aspettavano di trovarlo lì.

O forse era la sua immagine, così sovrapponibile a quella di qualcun altro vivo nella mente dei servi, a spaventarli.

Sesshomaru non rispondeva, passava superiore lasciandosi alle spalle solo un cupo mormorio.

Eccola, la porta.

Da là dietro proveniva l’odore che aveva seguito.

Odore di rosa.

Elegante, aristocratico.

Pungente.

Quell’odore aveva accompagnato i suoi primi passi in questa vita, innonndando le stanze del bambino che tutti veneravano come erede.

Però, ricordava ben poco oltre all’odore.

Secondo consuetudine, aveva visto la sua figura solo tre volte alla settimana, o in eventi della mondanità.

Non che ne sentisse la mancanza.

Lui aveva le armi, gli allenamenti, un esempio da seguire…

Lentamente fece scorrere la parete leggera e ruvida, permettendo che il suono cristallino di quella voce lo raggiungesse.

 

-Bentornato, Figlio.-

 

Una demone, bellissima, sedeva composta su un zafu, un cuscino dalle pieghe armoniose, mentre un gruppo di suonatrici intrattenevano l’ambiente.

Con un veloce cenno della mano, la musica fu presto interrotta e i demoni-suonatori furono presto allontanati, mentre l’elegante figura si alzava in piedi.

Era ancora bellissima, come se la ricordava.

Soffici capelli argentati, sguardo ambrato indagatore e certezza del volto.

Sicurezza tipica di chi governa, di chi ha da anni il potere alle spalle.

Il lussuoso kimono di seta viola frusciò vicino all’armatura da guerriero del principe, mentre la demone chinava un po’ il capo in segno di rispetto per il futuro sovrano.

 

-Perché mi avete chiamato?-

 

Una risata riecheggiò nella stanza.

Elegantemente, la demone aprì il ventaglio intarsiato che teneva in mano, coprendosi il volto.

Non stava bene che un uomo vedesse una donna ridere.

Neanche se l’uomo in questione era suo figlio.

Osservò fiera con gli occhi luccicanti il demone.

Era diventato un bellissimo demone, come d’altronde era stato il padre.

Da quanti anni non lo rivedeva più? 100? 150 forse?

La Regina riuscì facilmente ad avvertire l’odore di liberà, di campi di battaglia e di scontri che ornavano le vesti e l’anima del figlio.

 

-Siete sempre gentile… è questo il modo di rivolgervi a vostra Madre dopo tutti questi anni che non la vedete?-

 

Lo sguardo indifferente del Principe riportò alla mente della demone occhi ai quali era meglio non pensare.

Come assomigliava nell’aspetto al padre…

 

Tu mi manchi...fragili altalene di ricordi

poi quel volto...quella rosa che non ha colto

il mio urlo d'amore...silenzioso

 

Scosse più volte la testa, ricacciando indietro i brevi versi di una poesiola che aveva letto poco prima.

Non era il momento adatto per lasciarsi andare a i ricordi, quello.

Ormai il passato non si poteva cambiare.

Ora bisognava pensare al futuro e quel prestante demone, suo Figlio, quello era il futuro.

E proprio per questo futuro era stato chiamato.

 

-Sarete stanco per il viaggio, Nobile Sesshomaru, prego, venite a riposarvi…-

 

Un basso tavolino era già stato preparato per il suo arrivo.

Sue tazza di the, della ceramica più pregiata, con delicati arabeschi rosati, e qualche dolce, giusto per rovinare l’appetito.

Sesshomaru si lasciò convincere, sedendosi scomposto appoggiato alla parete vicina.

Avrebbero parlato tanto.

Questo lo aveva capito.

E, forse, aveva capito anche l’argomento.

La demone versò aggraziata e elegante un liquido verdognolo nelle due tazze, sorridendo.

Incominciò lenta a sorseggiare la sua: andava vuotata con tre piccoli sorsi, senza far rumore.

Questo imponeva l’etichetta.

Sesshomaru, ben lungi dal pensare di imitare il comportamento della madre, sedeva in attesa, fissando un punto non definito fuori dalle sojhio aperte verso l’esterno, oltre i giardini in fiore, oltre il muro di cinta, verso la foresta vergine e inesplorata.

 

-Penso che abbiate capito il motivo per cui vi ho mandato quella lettera…-

 

Appoggiò la tazza sul suo piattino, allontanandola un po’ da sé e chiamando con un elegante gesto della mano un serva che, fino a quel momento, era rimasta in trepida attesa in un angolino appartato della stanza.

La giovane demone raccolse diligente il servizio, sostituendo sul tavolo carte e lettere con sigilli strappati.

Sesshomaru osservò il movimento al suo lato e, dopo aver riconosciuto alcuni dei sigilli strappati, capì che la sua intuizione era stata, sfortunatamente, quella giusta.

Negli occhi ambrati perennemente inespressivi passò per un attimo un brivido di repulsione.

Era stato solo un momento, certo, ma la Sovrana, abituata a decifrare i pensieri del figlio solo attraverso quello sguardo, riuscì a coglierlo.

 

-Sommo Sesshomaru, ormai avete 500 anni, il periodo della Vostra formazione attraverso viaggi e avventura volge ormai a termine. E’ finalmente giunto il momento che assumiate il ruolo che Vi spetta in quanto erede dei Territori dell’Ovest. Le esperienze vissute durante questi anni di vagabondaggio Vi avrebbero dovuto far crescere e istruire, come in precedenza hanno fatto con Vosto padre e, prima ancora, con tutti i Vostri antenati. La tradizione della nostra stirpe detta la legge da rispettare, ed è consuetudine che, un Principe, raggiunta le Vostrà età, si assuma le responsabilità che il suo titolo impone.-

 

Sesshomaru osservava impassibile le agili mani della madre che srotolavano carte e aprivano buste, impilandone in due differenti colonne instabili di sottile carta giallastra.

Sapeva dove sarebbe arrivato quel discorso, e aspettava paziente che la madre finisse di tergiversare e giungesse direttamente al punto della situazione.

La demone si era accorta di aver catturato, anche se solo di poco, l’attenzione del Principe e decise che quello era il momento opportuno per mostrargli le proposte.

 

-Come saprete, il titolo di Sovrano delle Terre dell’Ovest Vi spetta di diritto, in quanto primogenito maschio legittimo e puro del potente Inutaisho, Vostro padre, ma saprete anche che il titolo viene consegnato dai vecchi del clan solo dopo la cerimonia del matrimonio. Per mantenere il potere su un territorio così vasto come le Terre dell’Ovest, la Vostra famiglia ha bisogno di certezze, in modo che sia scongiurata la possibilità che si creino pericolosi vuoti di potere che porterebbero a guerre intestine e a una conseguente perdita di influenza del Vostro clan. Per questo è necessario che sia assicurata la discendenza del Sovrano. Discendenza che deve essere pura, sana e forte. Per garantire questo, oltre alla sicura nobiltà che deriva dal Principe, è necessario che anche la futura Regina possegga un liniaggio puro, un’educazione adeguata e altre caratteristiche che non Vi elencherò per non annoiarvi, Principe.-

 

La demone osservò soddisfatta le poche lettere che stringeva fra le mani, mentre le altre ordinò alla serva di riporle in un legante mobile della stanza.

 

-Ed è proprio per questo, Madre, che Vi avevo chiesto di assolvere al compito della ricerca della mia futura consorte-

 

Sesshomaru sembrava annoiato.

La madre si stava dilungando troppo sui dettagli, fin troppo ben conosciuti dal Principe e che non necessitavano quindi di essere ripetuti.

La demone di accorse del tono di stizza usato dal giovane, e si preparò a continuare il discorso.

 

-La notizia della mia ricerca di una consorte per il futuro Sovrano delle Terre dell’Ovest ha portato un grande scompiglio nei palazzi nobiliari di tutto il regno, come potrete immaginare. Molte giovani fanciulle, figlie di comandanti del Vostro esercito, di daymo locali, o di grandi aristocratici erano le candidate a questo ruolo. Le loro famiglie hanno risposto a questa mia ricerca spedendo qui a palazzo la descrizione della figlia e la storia illustre degli antenati, sperando che un’illustre discendenza da qualche nobile antenato aumentasse le loro possibilità di entrare a far parte della famiglia reale. Non Vi nasconderò, Principe, che la scelta si è rivelata piuttosto ardua per me: molte erano le giovani demoni candidate, ma poche corrispondevano a pieno alle caratteristiche descritte. Con l’ingrandirsi delle Terre dell’Ovest il Vostro popolo ha incominciato a fondersi e mescolarsi con quello autoctono, dando origine sì a demoni puri, ma non puramente della nostra stirpe canina. Altre famiglie invece, con un liniaggio puro e invidiabile, sono invece cadute in rovina, o hanno poche ricchezze se paragonate a quelle del Vostro Palazzo, e non sia mai che il Principe delle Terre dell’Ovest sposi una poveretta che viene da una famiglia nemmeno in grado di pagarle la dote…!-

 

Un sorriso di scherno increspò le labbra della bella Regina, mentre stava srotolando agilmente con le mani una pergamena.

 

-Così, dopo lunghe riflessioni, ho stabilito che nessun matrimonio contratto con giovani nobili di queste terre Vi avrebbe portato vantaggio, Principe. Però, una lettera del mucchio ha attirato la mia attenzione.-

 

La demone estrasse dalle pieghe dell’elegante kimono una lettera chiusa ma con i sigillo strappato e la porse al Principe.

 

-E’ della Hime delle Terre di Haru-

 

Sesshomaru storse la bocca in un’espressione infantile, iniziando a leggere la lettera dai caratteri eleganti e raffinati.

 

-Haru avete detto…?-

 

La demone sorrise, aveva immaginato quell’osservazione da parte del figlio, e aveva anche immaginato quel broncio infantile sul suo volto.

 

-Sì Sommo Sesshomaru, Haru.-

 

La demone gli indicò una piccola macchiolina sulla cartina che teneva srotolata sul tavolino.

Fece scorrere le sottili dita artigliate sulla fine carta marroncino, cerchiando un piccolo territorio confinante con quello di Sesshomaru.

 

-Credevo che steste cercando un matrimonio favorevole per me, non per la sposa…-

 

Sorrise la bella demone, con uno sguardo di soddisfazione.

Sperava in quella domanda per poter così svelare al figlio il suo piano, la sua idea.

 

-Non sottovalutate quei territori, Principe. Il Territorio di Haru è molto ricco di miniere preziose, legname pregiato e l’attività del commercio è la più fiorente conosciuta grazie al porto indirizzato verso il continente. Certo, Haru non potrebbe essere una importante conquista a livello territoriale, ma lo è certamente a livello economico.-

-Per questo basterebbe attaccare e conquistarlo con il nostro esercito-

 

Che bisogno c’era di sacrificare un’importante possibilità di ricchezza e guadagno, come il matrimonio del Principe, per un minuscolo lotto di terra come Haru?

Sesshomaru era a capo del più potente esercito che la terra avesse mai conosciuto, sarebbe bastata una, forse due settimana per sottomettere quel popolo e conquistare l’importante porto.

Si chiese più volte il perché quel territorio non fosse già in suo potere.

 

-Sapete bene che non è possibile. Vostro padre durante il suo viaggio prima di diventare Sovrano capitò proprio in quei territori e insistette per entrare in quell’esercito. Vi raccontava spesso di quelle terre…-

 

Sesshomaru sbuffò impercettibilmente.

Già, adesso si ricordava il motivo per cui Haru non era stato ancora annesso alle terre dell’Ovest.

 

-Vostro padre, finiti gli anni di viaggio, prima di partire contrasse un patto con il Sovrano di quelle terre, il potente Kamigawa per ringraziarlo dell’ospitalità e dell’istruzione accordatagli. Inutaisho promise che mai le sue truppe avrebbero invaso quei territori, assicurando così l’indipendenza di Haru dai territori dell’ Ovest.-

 

Già, suo padre gli aveva spesso parlato di quella figura, di quel sovrano cui doveva gran parte della sua abilità di guerriero.

Però, continuava a ritenere stupido quel patto.

Era un vero peccato sprecare così una possibilità di guadagno per non rompere uno stupido patto contratto anni prima.

 

-Haru non ha quindi motivo per accettare il matrimonio.-

-Sbagliate. I mercanti che vengono da Haru parlano di gravi problemi con delle isole vicine. Sembra che i sudditi di Kamigawa siano spesso attaccati da eserciti di queste isole che vogliono incominciare la dominazione su terra, e questo, capirete, sarebbe un problema anche per noi, unici confinanti con questo regno. Invece, per il territori dell’Est sarebbe la salvezza entrare a far parte dei nostri domini.-

 

Eppure c’era qualcosa che doveva ricordare… aveva sentito parlare da poco di quel territorio, sì, era già stato menzionato in una lettera che la madre gli aveva spedito precedentemente, per chiedere il permesso di una manovra militare.

 

-Avevo accordato il permesso di disporre un considerevole numero di truppe al confine con la terra di Haru, ma perché me lo avete chiesto se siamo impossibilitati ad attaccarli?-

 

Tutte le azioni militari era necessario che fossero appoggiate del Principe per essere attuate, nonostante fosse la Regina in quel momento a gestire il potere in vece del figlio.

 

-Avevo pensato che i Regnanti potessero rifiutare la nostra proposta di matrimonio, conoscendo poi Kamigawa, sembrava la scelta loro più indicata. Quel vecchio… La costante pressione delle nostre truppe ai confini li avrebbe spaventati, senza venir meno al trattato stipulato con tuo padre. Poi, oltre al problema di essere soggetti ad attacchi sia sul confine di terra, sia via mare, devi sapere che Kamigawa è molto vecchio e malato. Una malattia lo sta consumando e in poco tempo morirà, senza lasciare alla guida del regno neanche un erede maschio. La giovane figlia del re non potrà certo prendere le redini del territorio e scendere in battaglia contro due eserciti, soprattutto se uno di questi è potente e ricco come il nostro sarebbe un suicidio. Conquisteremo così le miniere, il legname e il commercio di Haru senza venir meno ai patti e senza un attacco che comporterebbe la perdita di energie dell’esercito, energie che potremmo invece usare sul fronte sud del paese, per far fronte ai continui attacchi dei ribelli.-

 

Tutto quadrava.

Certo, oggettivamente sarebbe stato un matrimonio vantaggiosissimo per le Terre dell’Ovest…

 

-E la volontà di non contaminare la stirpe, Madre? Questo sarebbe il primo matrimonio nella storia del clan ad essere contratto con una Principessa straniera… generalmente le future regine venivano scelte all’interno dei confini del territorio, in modo che conoscessero le nostre usanze e fossero demmoni pure. I territori sono sempre stati conquistati con la forza, perché dovremmo cambiare e compromettere tutta la stirpe?-

 

La Regina riarrotolò la carta e riprese la lettera che Sesshomaru le porgeva.

Ormai era quasi del tutto convinto.

Bastava qualche altra spiegazione e avrebbe dato il suo consenso a quelle nozze.

 

-Per questo non avete nulla da temere Sommo Sesshomaru. Ho controllato personalmente la discendenza della principessa, e posso assicurarvi con certezza che i suoi antenati sono tutti demoni completi che si sono distinti nell’uso delle armi e nell’abilità mercantile. Nonostante lo stile rozzo e liberale della loro vita, i membri della famiglia reale di Haru sono demoni-cane completi e corrispondono pienamente alle nostre richieste anche di ricchezza. La giovane principessa, Sakura, non è certo una Hime dei Territori dell’Ovest, sarà necessario rivedere i suoi modi e darle un’adeguata istruzione per il ruolo che dovrà occupare all’interno dell’intero panorama politico delle terre conosciute. Ritengo comunque che sia il matrimonio più vantaggioso mia contratto nella storia del Vostro clan, Altezza. Un’occasione unica. Potrebbe sembrarvi insolito, certo, sposare una giovane di usanze così diverse dalle Vostre, ma i soldati che ho mandato in quei territori con la risposta alla loro lettera mi hanno fatto un resoconto dettagliato della giovane.

Bellissima.

Anche i mercanti che passano a palazzo tessono le lodi della ragazza, “una demone dai capelli di seta e dallo sguardo di giada” hanno detto. Sapete bene come è importante la bellezza come criterio di valutazione per la vostra futura moglie. Sarà lei a rappresentarvi a palazzo durante le Vostre assenze e se per un uomo il valore è dato dall’abilità in guerra, la nobiltà di una ragazza viene segnata dal suo aspetto. Ha da poco compiuto i 360 anni, è molto giovane, certo, quindi da maggiori certezze sulla nascita dell’erede. Vi prego di ricordare, Altezza, che io in qualità di Vostra Madre ho il compito di formare la futura Regina: posso insegnare a qualunque ragazza la nostra tradizione, ma non posso insegnare a nessuna di queste a essere bella.-

 

Sesshomaru si alzò, incamminandosi verso la porta.

 

-Così è deciso, riconvocatemi a palazzo quando sarà arrivata.-

 

Scappare.

Uscire veloce dalla stanza, percorrere i lunghi corridoi di legno chiaro, giù per le scale, oltre le mura e di nuovo libero.

La notizia dell’impellente matrimonio sconcertò non poco Sesshomaru.

Odiava la vita di corte.

Odiava le trattative politiche e i discorsi di finanza.

Odiava le udienze concesse e le feste in onore.

Odiava quella vita.

Lui era un condottiero, un soldato, uno spirito della foresta, non un burattino di palazzo.

Certo, sapeva che presto sarebbe dovuto tornare stabilmente a palazzo e assumersi le sue responsabilità, ma adesso gli sembrava troppo presto.

Per fortuna i territori di Haru erano molto lontani dal Palazzo di Sesshomaru.

Considerando che era una Principessa in viaggio, le tappe sarebbero state molte e con un veloce calcolo si poteva sperare che arrivasse lì in due mesi.

Aveva ancora tempo, tempo per avere un’ultima boccata di vita selvaggia e giovinezza.

 

-Non sarà necessario Principe. Ho già avvertito la Vostra futura Sposa, sarà qui domani.-

 

Sesshomaru uscì impassibile dalla stanza.

In fondo lui era il futuro Sovrano delle Terre dell’Ovest.

Lui non aveva sentimenti.

Neanche il rimpianto.

 

 

 


Un paio di occhi di giada facevano capolino nello spiraglio scostato della finestra.

La mano, diafana, spostò ancor un po’ la pregiata tenda rosso scuro, lasciando che un’impertinente raggio di sole penetrasse con prepotenza nell’abitacolo del palanchino.

Un territorio sconfinato, verde e rigoglioso diede il suo caldo benvenuto alla Principessa straniera.

Con un gridolino, una figura bionda si precipito sulla demone, spalancando le tende e sporgendosi il più possibile dall’apertura, comodamente sdravaccata sull’amica.

 

-Sembra una terra bellissima!!! Guarda quanti campi… qui è tutto pianura a perdita d’occhio!!! Riesci a immaginare quante corse per questi campi potrai fare?! Ah, quanto ti invidio! Guarda!!! Delle lepri!!! Potrai spiarle tutti i giorni e poi alla sera…-

-Ami! Mettiti seduta composta! Se ti agiti così rischi di cadere!-

 

La giovane mezzo-demone riprese il suo posto, seduta davanti all’amica, ancora sorridendole, mentre lei, invece, preoccupata in volto, risistemò la tenda attraverso la quale curiose contadine sbirciavano per vedere chi fosse l’importante personaggio con una scorta così numerosa.

 

-Sei preoccupata?-

 

Una demone bellissima, con lunghi capelli neri e piccoli occhi grigi sfiorò una mano alla Principessa.

Accarezzava con l’altra mano con eleganti disegni tribali, simboli di purezza di demone, un piccolo fiore che teneva fra le mani.

 

-E perché mai dovrebbe essere preoccupata? Ho sentito dire dai mercanti che questo Principe dell’Ovest sia proprio un bellissimo demone oltre che un valente guerriero! Alto, lunghi capelli argentati, seducenti occhi ambrati, fisico prestante…-

 

La giovane Ami muoveva esagerata la chioma bionda elencando sulle dita le varie qualità che aveva sentito elogiare da giramondo o marinai di navi che avevano attraccato nel loro porto.

 

-…e un assassino che non si fa scrupoli nell’uccidere umani indifesi, nell’impiccare fuoco a interi villaggi e nello sterminare ogni forma di vita che non sia, a suo modo di vedere “pura”… nel suo palazzo non possono entrare né umani né mezzi-demone, non li ritiene degni di lui, “il grande demone”… ah, dimenticavo, non conosce legge ed è disposto a tutto pur di ingrandire il suo territorio, perfino a venir meno a patti e giuramenti…!-

 

La Principessa aveva alzato un po’ troppo la voce verso l’amica, tenendo gli occhi verdi fissi in quelli nocciola di lei.

Ami si sedette, con le orecchiette e la coda feline abbassate, mogie.

 

-Sakura…-

 

Izumy si rimise il fiore fra i capelli corvini, accarezzando con una mano la sottile seta del kimono della Principessa.

Sakura si voltò di scatto, come se svegliata nel sonno.

La demone le indicò con un cenno del capo la biondina, incredibilmente zitta e silenziosa al suo posto.

La Hime di Haru si sistemò veloce una ciocca di capelli violetti dietro all’orecchio a punta.

Aveva alzato la voce, ma non voleva farlo.

Certo, non contro l’amica.

Prese con le dita sottili la mano titubante della mezzo-demone, convincendola così ad alzare lo sguardo.

 

-Perdonami Ami, non volevo aggredirti. Ma…-

 

Un sospiro.

Erano in viaggio da quasi due mesi, e le amiche avevano tanto insistito per accompagnarla nonostante la lunghezza del tragitto che non se l’era proprio sentita di dir loro di no.

Certo, appena partite da Palazzo tutto sembrava lontano e indistinto, il clima formatosi fra le tre giovani era simile a quello di un’allegra gita in montagna, ma adesso, adesso che mancavano poche ore all’incontro con il Principe delle Terre dell’Ovest, Sakura sentiva pesare sul cuore la nostalgia della patria e degli affetti che fra poco le sarebbero stati difficili da vedere.

 

-… ma, vedi…

Da che sento parlare di lui soltanto

La notte veglio e il giorno

Per l’ardore mi sento morire,

come labile rugiada

sul fior di grisantemo.-

 

Ami sorrise all’amica.

Quei versi, quelle poesie le avevano imparate assieme a palazzo, prima che Sakura avesse tutti quegli obblighi dinastici e quei pensieri politici.

Già… allora, quando erano solo due ragazzine che giocavano, credevano che nulla le avrebbe mai divise, non le malattie, non i doveri, non un Principe dell’Ovest…

 

-Perdonami, ho esagerato…ma non posso credere che sia poi così malvagio! Non esistono persone del genere! E poi Kamigawa dice sempre che suo padre era un demone come si deve e…-

-Spesso i figli non assomigliano ai padri…-

 

Izumy si era intromessa furtiva nella discussione, lanciando piccole occhiate grigio-lucenti verso Sakura. La Hime, accortasi del suo atteggiamento provocatorio, scambiò un’occhiata complice con la mezzo-demone, per poi scoppiare in una fragorosa risata con Ami.

 

-Io proprio non capisco cosa avete da ridere…-

-Non stavi forse alludendo a me?-

 

La demone mora finse un’aria imbronciata, sciolta subito dallo sguardo allegro e dolce della Principessa.

 

-Quando tuo padre leggerà quel biglietto…-

-Gli verrà un colpo!-

 

Ami si sdraiò sui piccoli sedili della portantina, facendo paurosamente ondeggiare il piccolo abitacolo.

Sakura seguì subito l’esempio dell’amica, nascondendo il volto nella spalla di Izumy che sospirò sconsolata, immaginando la reazione del re alla vista del biglietto lasciatogli dalla figlia.

 

-Va tutto bene?-

 

Un paio di leggeri picchiettii anticiparono un leggero movimento della tenda.

Un giovane umano, dai capelli neri raccolti in una lunga treccia e con gli occhi tenebrosi scostò la tenda, strabuzzando gli occhi alla vista delle tre ragazze.

 

-Sakura, tutto bene?-

 

La Principessa gli fece un cenno di assenso con la mano, mentre Ami recuperava la posizione seduta, sistemandosi il kimono per non mostrare al giovane cose sconvenienti.

 

-Stavamo immaginando la faccia di Kamigawa quando scoprirà la lettera…gli verrà un colpo!!!-

 

La biondina a quelle parole ricominciò a ridere, torturando il kimono di seta pregiata che stava inutilmente cercando di sistemare.

Il ragazzo scambiò uno sguardo interrogativo con Izumy che gli fece cenno di lasciar perdere.

 

-Mi mancherà molto…-

 

Sakura, perdendo improvvisamente il sorriso, si sedette composta, sistemando i lunghi capelli violetto.

 

-Mi mancherete tutti voi…-

 

Il ragazzo allungò una mano dentro la cabina, giusto il necessario per accarezzare una guancia rosata della demone.

A causa di un movimento brusco fu però obbligato a ritirarla subito per riprendere a due mani le briglie del draghetto bipede che stava cavalcando.

 

-Avresti dovuto parlarne con tuo padre prima di prendere questa decisione, un matrimonio non è cosa di tutti i giorni!-

 

Izumy si voltò di più verso la ragazza mentre Ami le prendeva calorosamente entrambe le mani.

 

-Gliene ho parlato… ma lui si era opposto. Sapete bene cosa pensa dei matrimoni combinati…-

 

Sakura fissò un angolino della portantina, incapace di incrociare gli occhi degli amici.

 

-Però questo era l’unico modo per lasciare Haru libera. Con l’esercito che le Terre dell’Ovest possiedono, saremmo stati sconfitti al primo attacco. La mia famiglia si è sempre sacrificata per salvare il mio popolo, adesso tocca a me. Se poi il sacrificio è quello di sposare un affascinante straniero… vorrà dire che mi adatterò…-

 

Nessuno rise alla battuta.

Ami continuava a stringere forte le mani dell’amica che, finalmente si era voltata verso Izumy, sorridendo.

 

-Forse avresti fatto meglio a salutare tuo padre…-

 

La voce di Ami, sempre allegra e chiassosa, era stata poco più che in uno squittio nel silenzio sovrannaturale che era calato fra i presenti.

 

-No, no. Sarebbe stato peggio, non sarei più riuscita ad andarmene. E poi, Izumy, tu sei la sua infermiera, no? Sai bene che un dolore del genere nelle sue condizioni non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose…-

 

Izumy affermò con il capo, muovendolo dolcemente.

Da diversi anni era sbarcata nel porto di Haru, venendo da chissà dove, ed era stata subito festosamente accolta a palazzo.

Grazie soprattutto alle sue abilità curative, dovute alla sua origine di demone-fiore, era diventata presto curatrice del sovrano e amica della Principessa.

 

-Già, ma indovinate un po’ chi si subirà una lavata di capo appena torneremo a casa?-

 

La voce maschile dell’umano che galoppava al fianco della portantina attirò su di sé tutta l’attenzione.

 

-Ma guarda te cosa mi avete convinto a fare! Kamigawa mi nomina capitano delle guardie tre mesi fa, e trenta giorni dopo aiuto sua figlia a fuggire! Già mi sembra di sentire le sue grida! Qualcuno di voi mi vuole spiegare perché ogni volta che decidete qualcosa vado a finirci di mezzo sempre io? Come minimo mi toglierà cinque gradi dopo questa vostra trovata!-

 

Il tono era allegro, usato per sdrammatizzare la situazione.

Le allusioni alle pene che il sovrano gli aveva inflitto al posto delle vere colpevoli strappò una risatina a Sakura e Ami.

Erano stati inseparabili da bambini, loro tre.

Ogni nuova scoperta, ogni nuova avventura, ogni nuovo guaio lo avevano vissuto assieme, dandosi coraggio nei momenti difficili e congratulandosi in quelli di gioia.

Sakura e Ami, però, più scapestrate del diligente ragazzo, finivano sempre per cacciarsi in qualche guaio e l’umano era costretto ad aiutarle, finendo poi nei guai a causa loro.

 

-Dai Toryu, non te la prendere! In fondo sei un guerriero! E’ tuo compito difendere le fanciulle indifese! E poi, quante storie per qualche piastrina! Non sei per forse il più abile “cacciatore di draghi” di Haru? Bene, allora non ti servirà molto tempo per tornare in questo ruolo!-

 

Amy si era avvicinata all’apertura della finestra, con lo sguardo maligno e le movenze strafottenti.

 

-Non intendevo dire che mi dispiace essere qui! Ami, non capisci mai niente! Io volevo sdrammatizzare la situazione…-

-E non c’era un modo migliore per farlo?-

-E allora potevi pensarci tu!-

-Io per tua informazione…-

 

Sakura scosse la testa ridendo insieme a Izumy.

Quei due non sarebbero cambiati mai!

Fin da piccoli adoravano punzecchiarsi e prendersi bonariamente in giro.

Quando però uno dei due aveva bisogno di aiuto, l’altro era sempre presente.

Così era stato quando Amy si era ferita nel bosco ad una spalla, dove adesso c’era una cicatrice, mentre raccoglieva fragole per fare una sorpresa a Sakura, impegnata in trattative per il regno.

Così era stato pochi mesi prima, quando Toryu era stato nominato Capitano delle Guardie per l’onore dimostrato nella caccia ai draghi che infestavano i boschi di Haru.

Crescendo, il carattere di Toryu si era fatto misterioso ed affascinante, mentre Amy era diventata una simpatica mezzo-demone sempre bisognosa di attenzioni.

Nell’aria si poteva già respirare il cambiamento della loro amicizia in qualcosa di più profondo.

Una stretta di Izumy fece perdere il filo dei ricordi a Sakura che prestò attenzione alle parole della curatrice.

 

-La scia perdere quei due perditempo! Dimmi piuttosto: come ti senti? Sei ancora sicura della tua decisione? Se vuoi, basta poco per girare la portantina, ordinare alle guardie di voltarsi e tornare a casa…-

 

Amy e Toryu ammutolirono a quelle parole, prestando attenzione alla risposta dell’amica che, con un sorriso rilassato, sistemava alcune pieghe del kimono.

 

-

Il sentiero che seguo

Non è esile filo

Da intrecciare, eppure

Lontano e insicuro mi appare.

Nonostante questo, non preoccupatevi, me la caverò vedrete. Questo è l’unica possibilità che ho per salvare Haru e, credetemi, non la sprecherò, potete starne certi. Non permetterò che i sacrifici compiuti dalla mia famiglia fino a questo momento siano vani. Sposerò il Principe delle Terre dell’Ovest portando in dote il mio Regno. Haru entrerà così a far parte di un regno molto vasto e potente non con il titolo di sottomesso, ma di pari. Il mio popolo sarà pari a quello del Principe e nessuno di voi rischierà di subire schiavitù o saccheggi. Inoltre, questo matrimonio scoraggerà anche le invasioni che subiamo dalle isole. Ci penseranno due volte prima di attaccare una parte dei Territori dell’Ovest. Sì, questa è politicamente la scelta migliore…-

-…ma non lo è per il tuo cuore-

 

La voce flebile della biondina arrivò dritta al cuore di Sakura che però, abituata a comandare da troppo presto, ovvero da quando la malattia il padre era diventata critica. Inghiottì a fatica il timore e la paura, esternando sicurezza e decisione.

-No Ami, hai ragione. Ma è giusto così. In fondo

La vita è mutamento, quindi le scelte perfette non esistono. -

-Siamo in vista del Palazzo.-

 

L’avvertimento di Toryu provocò un leggerò fremito all’interno dell’abitacolo.

Ami chiuse violentemente le tende, intimando a Toryu di non sbirciare promettendogli severe punizioni in caso contrario, mentre Izumy aiutava Sakura togliere il kimono da viaggio per indossarne uno più consono con l’incontro con il futuro sposo.

Toryu, da fuori la cabina, sistemava le guardie in ordine davanti, a fianco e dietro la portantina, mentre si preparava a prendere il suo posto in cima al corteo.

 

-Toryu!-

 

La voce di Sakura uscì acuta dalla cabina, facendo tirare le briglie del draghetto al ragazzo.

 

-Qualche problema?-

-Ricordati, e anche voi ragazze: dovrete darmi del Voi alla presenza del Principe… a corte tengono molto a cose di questo genere!-

 

Le risate dell’una e dell’altro confusero le obiezioni e le battutine di rimando, mentre Toryu prendeva il suo posto in prima fila e Sakura si sistemava un’ultima volta i capelli, in vista dell’imminente incontro.

Tutto doveva essere perfetto.

 

 

 


Il leggero dondolio del palanchino l’avvertì che si erano fermati.

Un sospiro.

Un respiro profondo.

Per ricacciare indietro la paura.

Per confermare la sua scelta.

Coraggio.

Ami e Izumy scesero veloci dalla cabina, mentre la mora pose una mano in aiuto della Principessa per farla scendere.

Sakura l’accettò, scendendo agitata dalla portantina.

Si trovava in un cortile, immenso.

Davanti a lei, a pochi metri di distanza, due figure bianche.

Attorno, una folla strepitante di demoni che lavoravano a palazzo curiosi di assistere alla venuta della nuova Regina.

Sakura si guardò intorno stordita.

Toryu aveva disposto i soldati in schieramento, mentre Ami tremava al suo fianco, cingendo un braccio ad a Izumy che cercava inutilmente di calmarla.

A passi lenti, Sakura s’incamminò verso la figura con lunghi capelli argentati e il kimono scuro, blu notte.

Doveva essere lui il Principe delle Terre dell’Ovest.

Suo… suo futuro marito.

Cercò di calmarsi.

Il cuore sembrava impazzito.

Ogni passo, la folla ammutoliva ammirando la bellezza della giovane, chi lodando e chi criticando il suo portamento.

Ma ogni passo la conduceva a lui.

Ogni passo l’avvicinava all’avvererarsi di quel destino che aveva scelto.

Quei passi la stavano conducendo nelle sue braccia.

Ormai, era molto vicina.

Respirò più volte a fondo, cercando di calmarsi.

Il cuore le batteva così forte in petto che temeva fosse percettibile.

E non doveva.

Non doveva capire che aveva paura, che era agitata.

Tutto doveva essere perfetto.

Si fermò.

Gli occhi, chinati devotamente verso terra, potevano scorgere i lembi inferiori del suo sontuoso kimono.

Blu scuro e bianco, con delicati ricami.

Sospirò.

Lei era la Principessa delle Terre di Haru, i Territori dell’Est, la sua… la sua futura sposa.

Fissò questi ultimi pensieri a fuoco nella mente.

Doveva sposare quel Principe.

Doveva.

Era l’unico modo per salvare Haru.

Piano, alzò il volto per guardarlo in viso.

Occhi ambrati, freddi.

Fluenti capelli argentati.

Era… bellissimo.

Semplicemente.

E freddo.

Semplicemente.

Glielo vedeva negli occhi, nella loro inespressività.

La scrutavano con freddezza, quasi con astio, non ostante fosse il loro primo incontro.

Era facile pensare che quegli occhi fossero in grado di uccidere, che quella chioma si fosse tinta di rosso.

Aveva un buon profumo… di libertà, di durezza, di forza.

Paura.

Voleva scappare, tornare sulle colline di Haru, vicino al porto, lontano da quel gelo.

Voleva risentire la freschezza delle colline, la libertà dei monti, il grido dei gabbiani….

Scosse la testa, scacciando quei pensieri e sbirciando l’inespressività del Principe.

Sentì un brivido lungo la schiena.

Quel demone… si capiva al primo sguardo che era un guerriero.

Ma… possibile che fosse realmente solo questo?

Ripensò alle parole di Ami.

Non esistono persone così malvagie…

Anche lei lo credeva.

Ma dopo aver visto l’indifferenza di quegli occhi, non le sembrò più impossibile.

E dunque… quello sarebbe stato … suo marito?

L’uomo al quale presto avrebbe dedicato tutta la sua vita, il suo amore, se stessa?

L’uomo che presto sarebbe stato il padrone del suo pensiero, del suo cuore, del suo corpo?

 

No no no! Non… non può essere in fondo così freddo!

Non posso sposarmi con una persona simile!

Non… non andremo mai d’accordo…

Siamo… troppo diversi…

L’incontrarci è meta

irraggiungibile come le nuvole

Dove romba il dio del tuono,

e da sì lontano sentendo parlare

di lui, continuo ad anelare

 

 

La voce della guardia si affievolì piano nella mente del demone.

Sesshomaru osservò da lontano l’agile figura scendere dalla portantina a passi incerti verso di lui.

Altre figure poco chiare la stavano aiutando.

Sakura, la Principessa dell’Est, era arrivata.

La futura Regina delle Terre dell’Ovest.

Sua futura moglie.

Sarebbe stata come tutte le altre demoni?

Vezzosa e sciocca?

Oppure, con una saggezza sicura, tipica degli stranieri?

O forse ancora, immatura e prepotente?

Egocentrica e presuntuosa?

Si separò dai compagni di viaggio, incamminandosi.

Vorrei rivolgere una domanda

A voi, che vedo là

In lontananza:

Quel fiore bianco, lì

Sbocciato, ecco, vicino a voi,

che fiore è?

Una indistinta chiazza rosso-bianca che si avvicinava lenta.

Presto riacquistò i contorni.

Il kimono portato era strano, con la parte bassa del vestito rosso accesso e la parte superiore bianca.

Lasciva vedere ben poco delle forme del corpo e l’abbondanza della stoffa non permetteva neanche di immaginarle.

Però, quel volto magro e disteso facevano ben sperare.

Una cascata di capelli violetto le incorniciavano il volto diafono.

Un abbinamento e un costume originali per quell’occasione.

Probabilmente un’usanza del suo paese.

Probabilmente i colori tipici di quel paese.

Non riuscì però a vederle gli occhi.

Li teneva bassi, quasi timorosi…

Strano.

Stava procedendo a passo sicuro, senza accelerare né rallentare.

Orami gli era vicino.

Tutti tacquero.

Sua Madre, ritta al suo fianco, gli lanciò un’occhiata eloquente.

Persino Rin era ammutolita, nascosta dietro una vaporosa gonna di una vecchia inserviente, diversi passi dietro il Sommo Sesshomaru.

Lo aveva visto poco da quando erano arrivati.

Ma qualcosa avevano capito.

Doveva arrivare qualcuno a palazzo, qualcuno di importante.

Jaken era stato vago nel darle spiegazioni, ma si vedeva che quella notizia lo aveva esaltato.

Adesso, insieme a tutti gli altri servi del palazzo, si era accalcato ai bordi del cortile interno, cercando di guadagnarsi il posto migliore per osservare la nuova venuta.

Ormai era arrivata.

Lentamente, alzò il suo sguardo su di lui.

Verde scuro.

Profondo.

Indagatore.

Sua Madre aveva visto giusto, anche quella volta.

Era bellissima, doveva ammetterlo.

Una bellissima demone.

I capelli violetti le arrivavano fino a terra nonostante i molteplici giri di nastro fatti per bloccarli.

La bocca, piccola e sottile, era ferma in un’espressione di sconcerto con le labbra tremanti.

Gli occhi invece erano grandi e contornati da sottili sopracciglia e da due piccole strisce nere.

La prova della sua purezza demoniaca.

Profumava di fiori.

E di corse nei campi.

E di freschezza.

Era giovane, molto giovane.

Glielo aveva detto il giorno prima la Madre, ma dimostrava meno della sua età.

Sarà a causa dello strano abbigliamento.

O della mancanza di trucco.

Ma era ugualmente bellissima.

Ma non gli interessava.

Un’altra scocciatura.

Una moglie, da sposare e lasciare incinta il prima possibile, per poter poi ripartire.

Sesshomaru non seppe per quanto rimase a fissarla negli occhi.

Non sembrava timorosa come il primo momento, anzi.

Risultava sconveniente che una ragazza da maritare restasse a fissare così tanto negli occhi un giovane.

Con quello sguardo strafottente poi.

 

-Vi diamo il benvenuto nelle terre dell’Ovest, Principessa di Haru-

 

La voce calda della Regina li risvegliò dai loro pensieri, facendo voltare Sesshomaru e abbassare in capo della giovane.

Abbassò un po’ il capo verso la Demone, in segno di saluto, per poi voltarsi verso il ragazzo e abbassarsi nuovamente, piegando anche le spalle, in segno di onore e rispetto per il Principe Ereditario.

 

-Vi ringrazio per l’accoglienza, regnanti dell’Ovest. Spero che la mia venuta qui sia portatrice di pace e unione per i nostri due regni…-

 

Parlava con calma, lentamente, ma senza scandire le parole.

Il suono della sua voce giunse chiaro alle orecchie di Sesshomaru.

Una voce allegra e fresca, abituata a ridere e scherzare.

Però… c’era qualcosa nel timbro, nell’intonazione delle parole che gli fece credere che quella giovane sapesse anche comandare.

 

-E vostro padre, il Nobile Kamigawa, dov’è Principessa di Haru?-

 

La mancanza del padre era stata subito notata dalla Madre, fredda spettatrice dell’evento, mentre era stata completamente dimenticata dai diretti interessati e da tutti i servitori, certo non avvezzi a tutte le regole del protocollo regale.

 

-Non è potuto venire. In questo ultimo periodo la malattia lo ha dilaniato a lungo e i curatori hanno detto che non era in grado di affrontare un viaggio così lungo. Era molto dispiaciuto per questo inconveniente e mi ha pregato di porgere i suoi più cari saluti alla bellissima Regina dell’Ovest e di porgere i suoi doverosi omaggi al figlio di un caro amico, il Principe-

 

Sakura parlava a voce controllata, guardando alternativamente Sesshomaru e sua Madre negli occhi.

Non muoveva però la testa, lentamente faceva passare lo sguardo da uno all’altro.

Non era elegante scuotere il capo alla presenza di un Principe.

 

-Spero che ci raggiungerà presto per le trattative.-

 

Fredda.

Possibile che anche la sua voce fosse così fredda e determinata.

Sakura fissò l’inespressività ambrata di Sesshomaru, quasi contrariata dal tono di comando che aveva usato.

 

-Mi piacerebbe, ma temo che sia impossibile. Quando sono partita era costretto a letto e durante questi momenti di crisi acuta è obbligato a restarvi per molto, molto tempo…-

 

Il Principe notò come il tono si addolcisse impercettibilmente quando la ragazza parlava del Padre.

Ma la situazione lo stizzì.

Avanzò superando di poco la ragazza.

 

-Non si possono trattare questioni matrimoniali con una donna-

 

Astio.

Ne era certa.

In quella voce nemica e sconosciuta c’era dell’odio.

 

-E’ quello che avete fatto finora, Principe. Mio padre è incapace di comandare il Regno da diversi anni ormai e i momenti di salute sono ben rari purtroppo. Sono stata io, dopo essermi a lungo consultata con i Saggi di Haru, a decidere di rispondere alla ricerca di Vostra Madre.-

 

Cosa credeva quel demone?

Era da quando era poco più che un cucciolo che trattava questioni diplomatiche con mercanti e militari, e mai nessuno le si era rivolto con un tono del genere!

Certo, c’erano stati più di una volta sguardi perplessi, ma mai nessuno aveva osato tanto!

 

-Non avevate un fratello che vi potesse accompagnare e prendere vece di Vostro Padre?-

-Se avessi un fratello ora non sarei certo qui, ma nel mio palazzo ad Haru mentre voi, Principe, lo stareste fronteggiando in duello su un campo di battaglia al confine dei nostri due regni.-

 

Adesso anche Sakura si era voltata e fissava con uno sguardo di puro odio il futuro sposo.

Si morse la lingua, temendo di aver esagerato.

 

-Vedete Principe, la Hime non ha alcun parente in vita, oltre a l padre…-

 

La Regina si pose fra le scintille che i due giovani si stavano mandando, cercando così di sedare disperatamente gli animi

Per fortuna Kamigawa non era venuto.

Odiava quell’uomo.

Dal profondo.

I due cercarono di trattenersi, la l’esperienza della Regina le suggerì di cambiare presto argomento.

 

-Siete stata molto coraggiosa a intraprendere un viaggio così lungo da sola…-

 

La Regina aveva una voce leggermente acuta, ma piacevole da ascoltare.

Doveva essere stata addestrata a lungo…

 

-Grazie Altezza, ma non ero sola. Una cospicua scorta delle guardie di Palazzo mi ha accompagnata e …-

-Lasciateci passare!-

 

L’urlo del ragazzo distrasse i tre regnanti bloccando la conversazione.

Sakura stentava di credere ai suoi occhi: Toryu era circondato da soldati dell’Ovest che gli impedivano di avanzare.

Ami era nascosta tremante dietro di lui, mentre Izumy restava in disparte.

Sakura avanzò veloce, raggiungendo presto gli amici, pochi passi davanti a Sesshomaru.

 

-Credevo di essere giunta in queste terre come alleata, non come Prigioniera. Principe dell’Ovest, vi chiedo di lasciar andare i miei soldati.-

 

La voce era leggermente allarmata.

Già la conversazione di prima non procedeva nel verso giusto, se poi veniva anche quest’altro contrattempo…

Sesshomaru scambiò un’occhiata chiarificatrice con il capo delle guardie che non diminuì l’opposizione.

 

-I Vostri servitori sono umani, Principessa.-

 

Sakura rabbrividì: possibile che l’odio di quella gente verso chi non fosse puro fosse così esagerato?

 

-Sì Principe, e conosco le regole in vigore nei Territori dell’Ovest, ma non credevo che sareste stato così fiscale anche nei confronti dei miei soldati…-

 

Era comprensibile che, per una questione a lei sconosciuta, Sesshomaru non volesse che umani e mezzi-demoni entrassero nel suo palazzo, ma Toryu e Ami erano solo degli accompagnatori di passaggio!

 

-Se volevate che gli accogliessi dentro le mie mura, avreste dovuto portarvi una scorta di demoni. Loro non sono accetti.-

 

Toryu con uno scatto estrasse la spada, brandendola pericolosamente contro una guardia in direzione di Sesshomaru che, impassibile lo osservava freddamente.

Sakura si pose fra i due, cercando di calmare l’amico.

 

-Toryu, riponi la tua arma. Non ci saranno spargimenti di sangue fra i nostri due regni. Questa mia visita è proprio nel tentativo di evitarli…-

 

Sakura si volse verso il Demone, inchinandosi devotamente.

 

-Mi spiace che i miei servitori vi abbiano causato fastidi, Altezza, sono certa che non accadrà più. Spero vogliate accettare le mie scuse. Vi assicuro che nessuno di loro cercherà più di entrare nel Vostro Palazzo. Vi chiedo comunque il permesso di farli accampare fuori dai confini delle Vostre mura, almeno fino a domani, quando ripartiranno per Haru.-

 

Sesshomaru si voltò, dando il suo consenso e incamminandosi verso la Madre.

 

-Che cooosa?!? Sakura, tu non permetterai certo che noi…-

 

Un lampo di rabbia balenò dagli occhi verdi della Principessa a quelli neri dell’umano.

 

-Soldato, esegui gli ordini.-

 

Accortosi del clamoroso errore compiuto, Toryu ripose la satana nel fodero, inchinandosi alla Principessa in segno di scusa e dando disposizioni al corte che, pian piano, senza distinzione fra demoni, umani e mezzi-demoni, lasciò il cortile.

Non era ancora del tutto convinto però.

Toryu aveva visto nello sguardo del Principe la volontà annoiata di ucciderlo.

E aveva visto negli occhi verdi della sua Principessa la falsità delle scuse.

Sakura raggiunse la Madre di Sesshomaru, sperando in un miglioramento della discussione.

 

-Lasciate che i vostri sottoposti vi diano del tu, Altezza?-

 

Sesshomaru, con un ghigno divertito sul volto, scrutava la faccia imbarazzata della giovane.

 

-Le nostre usanze sono diverse dalle Vostre Altezza, ma non per questo inferiori. Spero che ve ne ricorderete.-

 

La Regina sospirò sconsolata.

Sarebbe stato un importante matrimonio, ma avrebbe avuto molto da fare per curare i molteplici difetti della ragazza.

 

-Sarete stanca Sakura. Venite, lasciate che vi accompagni nelle stanze che sono state allestite per il Vostro arrivo. Potrete riposare fino a questo pomeriggio, quando sarete gradita ospite mia e del Principe a cena, dove discuteremo degli ultimi affari.-

 

La Demone accompagnò Sakura verso il castello, dopo che la giovane ebbe salutato con qualche frase di circostanze il Principe.

Il primo incontro era avvenuto.

E non era certo stato molto positivo.

Sakura sentiva l’impellente bisogno di sdraiarsi e di chiudere gli occhi, anche solo per qualche minuto.

Quell’incontro se non era stato gravoso a livello intellettuale, lo era certamente stato per i suoi nervi.

 

 

 

   
 
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