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Autore: fumiko    24/08/2007    2 recensioni
Ambientata nei tre anni precedenti allo shippuden.
Due ragazze, abbandonate da coloro che amano, lottano per raggiungere i loro obiettivi.
Troveranno una nell’altra la forza per combattere l’insicurezza e la solitudine.
Addirittura a me, che non sono un’amante delle yaoi o delle yuri, piace questa idea.
Spero piaccia anche a voi.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sakura Haruno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il secondo capitolo. Non mi aspetto molto da questa storia, ma voglio comunque concluderla…la dovrete sopportare ancora per un po’…XD…
Buona lettura.






Il povero pesce agonizzante, davanti a me, non sembrava riprendersi. Nonostante concentrassi il chakra nelle mani, non riuscivo a curarlo.
Solo avantieri ne ero stata capace! Ma la verità è che non riuscivo a stare tranquilla: sentivo lo sguardo gelido della mia insegnante, puntato sulle mie spalle. Per non parlare del sonno arretrato! Avevo passato la notte a studiare, ma Tsunade-sama non doveva venire a conoscenza di questo particolare per nessuna ragione al mondo.

Le braccia mi tremavano, gli occhi mi si chiudevano da soli, le gambe stanche avrebbero ceduto tra non molto.
Ad un tratto mi sentii scaraventare al suolo e vidi Godaime, che prendeva il mio posto e “rimetteva a nuovo” quel povero animale, che aveva sofferto più del dovuto, solo perché era capitato nelle mani sbagliate, ossia in quelle di una stupida, incapace e stanca ragazzina, che vuole giocare a fare il medico.

Tsunade non guardava nella mia direzione. Perché? Aveva lo sguardo fisso davanti a sé.
- Va a casa a dormire. Torna domani, riposata, o non ti farò proseguire l’addestramento- disse apatica.

La preferivo quando urlava.

- Credi davvero che un medico possa prendersi il privilegio di non dormire? E se al posto di questo pesce ci fossero stati degli esseri umani, oppure dei tuoi amici, cosa sarebbe successo?-

A questo punto mi guardò, gelida.
Sapevo la risposta, ma non la volevo né dire né sentire. Non l’avrei mai sopportato!
La fissavo tremante.
La mia mente si riempì improvvisamente di tetre immagini. C’erano Sasuke, Naruto…

- Sarebbero morti, Sakura,…-

…immersi nel loro stesso sangue.

- …e sarebbe stata soltanto colpa tua-

Le lacrime cominciarono a scendermi lungo le guance. Dovevo andarmene. Dovevo riuscire ad allontanare quelle immagini.

Chissà dov’erano, loro, in quel momento. Speravo solo che non fossero morti.

- Ora va, Sakura, e non presentarti qui prima di domani mattina-

Mi alzai, con grande sforzo, ed uscii da quel palazzo, che era ormai diventato per me fonte d’incubi e di dolore.

Non potevo andare a casa, nella mia camera. Là c’era la loro foto, le lettere scritte e mai spedite.

Dovevo andare in un altro luogo, un luogo che non mi facesse ricordare i loro volti, le loro voci, e che non mi facesse immaginare i loro corpi privi di vita.

Pensai ad un unico porto sicuro, dove potersi recare: Hinata.
Forse era stupido. Non la conoscevo per niente e già mi fidavo così tanto di lei, da poterle piangere innanzi.
Mi recai al campo d’allenamento numero 8. Lì, sola, ad allenarsi, c’era la mia nuova amica. Arrivai da lei in lacrime, singhiozzando.
Mi arrivò al fianco e mi aiutò a sedermi.
Rimase poco distante, ferma, a guardarmi piangere e ad ascoltare, dispiaciuta, le mie confessioni.

Le raccontai di come mi sentissi sola, abbandonata, senza appoggio. Dell’addestramento con Tsunade-sama.

- Se dormo troppo…non va bene, se non dormo…neanche- dissi tra i singhiozzi – Che devo fare, mi chiedo. Che devo fare, per essere apprezzata da lei?-

Lei non rispondeva.
Cosa avrebbe dovuto rispondere, d’altronde?
Inoltre, secondo me, l’eccessiva timidezza la bloccava, oltre che renderla troppo gentile e disponibile.

Quando smisi di piangere, finalmente parlò.

- N-Naruto…non può essere morto. E non può di certo morire prima di tornare e di riportare Sasuke a Konoha!- disse, guardandomi – Sasuke è forte. No-n si lascerà abbattere. E loro due, s-se fossero qui…non apprezzerebbero di…di vederti piangere- e, dicendo ciò, abbassò la testa, imbarazzata. Forse aveva paura di avermi offesa. Le persone troppo timide, a volte, non dicono ciò che pensano, mentono a chi gli sta di fronte, forse perché hanno timore di inimicarsi qualcuno.
Lei aveva espresso il suo giudizio, che non mi dava ragione.

Lei, la ragazza più insicura e debole del villaggio della Foglia, si stava comportando in maniera determinata, e aspettava speranzosa il ritorno del ragazzo che amava.

Non era facile.
Io per prima sapevo quanto fosse ardua una cosa del genere.
Doveva aver pianto e vacillato innumerevoli volte.
Le sorrisi, abbassando le spalle ed inclinando la testa.

- Hai ragione-
Hinata rialzò lo sguardo su di me e mi fissò, allibita.

Risi a quell’espressione, insieme sconvolta e buffa, facendola arrossire totalmente.

Rimasi al campo d’addestramento numero 8, a dormire, all’ombra di un alto albero, posata sull’erba fresca.
La presenza rassicurante di Hinata, a poca distanza, mi permise di dormire profondamente e tranquillamente.
Sarei diventata un medico, e non potevo permettermi il lusso di non riposare.
Un giorno, avrei salvato la vita a coloro che mi erano cari, proprio come loro l’avevano salvata, in precedenza, a me.

È per questo che facevo tutto questo.
Quante volte ancora me lo sarei dovuto ripetere?
Era solo per loro.
  
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