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Autore: Blzbp91    03/02/2013    1 recensioni
A distanza di anni, in quella che sembra un'ordinaria e normalissima giornata, Ayumu Shiba incontra una persona che in passato era per lei di fondamentale importanza ... ritrovarsi, stupirsi e forse capirsi. Piccolo tributo alla mia mangaka preferita: Keiko Suenobu.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“ Giuro che ti starò sempre vicina e se la promessa non manterrò, mille aghi ingoierò! “
 
“ Voglio davvero che tu ingoia questi aghi. Almeno uno … lo ingoierai. “
 
Ayumu Shiba si svegliò improvvisamente, vittima del suo stesso fiatone affannato; alcune gocce di sudore le solcarono il viso, fino a esaurirsi all’estremità del mento; la ragazza diede un’occhiata all’orologio e constatò che erano ancora le due e venti del mattino. 
 
Sospirò: non ce la faceva più. Quell’incubo, ormai, era parecchio ricorrente. Non vi era notte in cui non le venisse in mente, nel suo subconscio, il volto di Manami Anzai.
 
-
 
La mattina non tardò a arrivare: Ayumu era ormai una studentessa universitaria della facoltà di scienze dell’educazione; durante quel periodo, Ayumu stava vivendo momenti felici e spensierati in un contesto totalmente diverso da quello liceale: l’ambiente universitario le aveva dato la possibilità di conoscere persone gentili e disponibili e aveva mantenuto buoni rapporti con i componenti della sua vecchia classe, nonostante in passato fossero stati terribilmente omertosi nel nascondere le angherie e i soprusi che la povera ragazza era stata costretta a subire; inoltre Ayumu si era fidanzata con Sonoda, suo ex compagno di classe. Purtroppo, però, la famiglia di Sonoda, per motivi economici, era stata obbligata a trasferirsi in Cina e quindi, per Ayumu, le occasioni per incontrare la sua dolce metà diventavano sempre più esigue; ciò nonostante, lei non accennava a demordere: voleva davvero tanto bene a Sonoda e per il momento aveva deciso di accontentarsi delle telefonate e delle e-mail.
 
Ayumu, dopo essersi preparata, uscì di casa e si diresse verso la fermata della metropolitana più vicina: la sede universitaria distava un bel po’ da casa sua.
 
In realtà la ragazza non amava particolarmente quel mezzo di trasporto: era così caotico, così affollato, così fugace; la metropolitana, secondo Ayumu, era una sorta di emblema della distrazione e della superficialità delle persone: tutti si trovano su quel treno perché sono diretti in un determinato posto a fare una determinata cosa e sono così impegnati a focalizzare l’attenzione sulle loro faccende che finiscono per dimenticare il resto, che magari è anche più importante.
 
Stranamente Ayumu riuscì a trovare un posto libero; non scorse alcun vecchietto bisognoso di un appoggio, quindi, comodamente, si sedette.
 
Durante la corsa, Ayumu leggeva un libro, oppure ascoltava musica; insomma, si dilettava nel fare cose che le piacevano; quella mattina, però, a causa della fretta, aveva dimenticato a casa sia il libro che il lettore mp3. Sbuffò: non voleva stare a osservare tutti quei burattini che non se ne fregavano di niente e di nessuno, se non di loro stessi. Si rendeva perfettamente conto di essere cinica e forse anche troppo estremista, ma le sue esperienze passate, per quanto trascorse e metabolizzate, continuavano comunque a lasciare il segno.
 
L’attenzione di Ayumu fu catturata dal pianto continuo di un bambino, probabilmente un neonato; nonostante quelle urla, stridule e penetranti, avessero pervaso l’intera area ferroviaria, la ragazza non riuscì a visualizzarne la fonte. Gli altri, presenti in metropolitana, sembravano infastiditi da quelle lamentele continue; in realtà, la stessa Ayumu stava iniziando a provare fastidio: chiuse gli occhi, cercando di estraniarsi da quella situazione così rumorosa e assordante.
 
Dopo qualche minuto, Ayumu fu costretta ad aprire gli occhi: non solo perché quel rumore spacca timpani si era avvicinato ancora di più, ma anche perché qualcuno si rivolse a lei: 
 
- Mi scusi … è libero questo posto? -
- Certo, faccia pure … - Rispose Ayumu, non guardando la persona che le aveva parlato.
- Grazie. - Concluse l’altra in maniera calorosa.
 
Ayumu si voltò: il bambino era proprio accanto a lei, in braccio a sua madre, ma pareva essersi calmato. La donna, piuttosto dimessa e insignificante, aveva dei capelli castani e lisci, così lunghi e folti che, a guardarla di lato, le coprivano il volto. 
 
- Chiedo scusa se vi ho dato fastidio … adesso risolverò il problema … - La donna, con la massima discrezione possibile, iniziò ad allattare il bambino.
 
Ayumu fissò quella scena; non che le sembrasse strano che una donna nutrisse il proprio figlio … ma c’era qualcosa che l’attirava … qualcosa di conosciuto, di già provato … quella donna aveva una voce familiare, troppo familiare.
 
“ Sarebbe stato meglio se non ti avessi mai conosciuta! “
 
Ayumu sgranò gli occhi; una strana sensazione le contrasse tutti i muscoli del corpo.
 
- Qualcosa non va? - La donna, ancora impegnata a far mangiare il bambino, finalmente mostrò i suoi lineamenti. In quel momento ogni dubbio fu dissipato.
 
Entrambe, faccia a faccia, assunsero un’espressione di sorpresa, di meraviglia, ma anche di tensione e di imbarazzo.
 
- Non … non posso crederci … - Sussurrò Ayumu. - Yuko … sei tu … -
- Sì … Ayumu. -
 
Un tuffo nel passato.
 
Yuko Shinozuka, ex compagna di classe delle medie, nonché ex migliore amica di Ayumu. Le due, durante la prima fase della loro adolescenza, erano state inseparabili. Il loro rapporto poteva essere accostato a quello che può instaurare una madre con una propria figlia: Yuko era la prima della classe, bravissima ed eccellente in ogni materia, sempre disponibile, gentile, modesta e umile con tutti; Ayumu, invece, che a scuola non era tanto brillante, veniva comunque apprezzata per quello che era, ovvero una ragazza dolce, sensibile, spigliata, sincera ed estremamente altruista. Ayumu e Yuko, nonostante le incredibili differenze caratteriali, erano sempre andate d’amore e d’accordo, almeno fino alla fine della terza media. Fu proprio in quel periodo che Ayumu, impaurita dall’idea di separarsi dalla sua amica di sempre, decise di tentare i test d’ammissione nel liceo a cui Yuko puntava da sempre: il Nishidate. Ayumu sapeva bene che sarebbe stato molto difficile, anzi, molto probabilmente impossibile, ma voleva comunque provare, perché non voleva prendere una strada diversa da Yuko, era troppo dipendente da quest’ultima. Con una volontà al di fuori di ogni immaginazione, Ayumu studiò duramente: la sua media salì vertiginosamente, fino a superare quella di Yuko, la quale, in fondo al cuore, cominciò a nutrire una qual sorta di gelosia nei confronti della sua migliore amica. Purtroppo le cose non si conclusero nel migliore dei modi: Ayumu superò il test d’ammissione al Nishidate, Yuko no; quest’ultima, avendo visto il proprio sogno infrangersi davanti ai suoi occhi, scaricò la sua rabbia e la sua frustrazione proprio sulla povera Ayumu, dicendole di non voler esserle più amica. Dopo quel giorno, l’amicizia tra Ayumu e Yuko terminò, dando inizio a un vortice di disperazione, di sofferenza e di umiliazioni nel quale Ayumu era destinata a rimanere intrappolata.
 
- E’ … è incredibile … non ti avevo riconosciuto … - Mormorò Ayumu, imbarazzata più che mai: non aveva mai avuto modo di incontrare Yuko, aveva perso ogni sua traccia. Non si sarebbe mai aspettata di trovarla a distanza di così tanto tempo.
- Tu dici? - Yuko sembrava più distesa, infatti accennò un sorriso. - Immagino che tu, invece, abbia riconosciuto la mia voce … -
- Sì, in effetti sì … non subito, ma … avevo captato qualcosa di familiare … -
- In realtà anche io ho avuto qualche dubbio … appena ti ho vista, con gli occhi chiusi, non ho capito subito che fossi tu … anche perché hai uno stile molto diverso, d’altra parte sono trascorsi tanti di quegli anni … -
- Beh, sì … come puoi vedere ho iniziato a truccarmi … -
- Già … sei diventata molto carina, complimenti. -
- Grazie. - Ayumu arrossì.
- Dimmi. - Yuko riprese subito il discorso, mentre continuava a sfamare il figlio. - Cosa stai facendo ora? -
- Io frequento … la facoltà di scienze dell’educazione … tu? -
- Non si vede? - Yuko sorrise, voltandosi verso il bambino. - Faccio la mamma a tempo pieno. -
- Stento a crederci … - Sussurrò Ayumu. - Una persona intelligente come te che non frequenta l’università? E’ impossibile … -
- Ma fino a prova contraria non sono stata così intelligente da superare i test di ammissione al Nishidate … - Yuko si incupì e non poco.
- Ah … beh … non significa nulla … il fatto che una persona non superi dei test d’ammissione non vuol dire che non sia intelligente … non credi? -
- Non sei proprio cambiata, eh? - Domandò Yuko, sempre con quel sorriso bonario stampato sul volto. - Non sei in grado di opporti, come sempre … -
- Invece ti sbagli … - Rispose Ayumu. - Credimi, Yuko. Sono diventata un’altra persona. Molto più forte, molto più determinata. E questo lo devo soprattutto al Nishidate … -
- Perché? Fanno dei corsi di auto rafforzamento o di autostima? -
- Ma no … - Ayumu sorrise ironicamente. - ti dico solo che … sono contenta che tu non sia entrata lì. Ma non fraintendermi. E’ un ambiente orribile, da evitare. -
- Lo so, Ayumu. So quello che ti è accaduto. -
- Cosa? - Ayumu rimase impietrita. - Ma … -
- Le voci girano, sai? E’ vero, io non sono entrata al Nishidate, però avevo parecchie conoscenze lì … molti della nostra scuola, la Sakura, sono riusciti nell’impresa e quindi chiedevo loro delle informazioni su di te … -
- Ma … perché? -
- Avevo capito di aver sbagliato. - La voce di Yuko divenne più grave. - Forse adesso è un po’ tardi, ma volevo comunque chiederti scusa per come mi sono comportata all’epoca. Non ce l’avevo con te, Ayumu. -
- In che senso, Yuko? -
- Beh, vedi … quando non sono entrata al Nishidate, ero molto arrabbiata. Ma non con te, bensì con me stessa. In quel periodo la mia media era calata, ma non perché la tua avesse superato la mia. Stavo trascorrendo un brutto momento, ma non mi andava di chiedere aiuto a nessuno … nemmeno a te, Ayumu. Quindi, scusami se ti ho fatto del male. Immagino che il tuo crollo sia stato dovuto soprattutto alla rottura della nostra amicizia. -
- Sì … soprattutto per quello … -
- Adesso non c’è niente che io possa fare … se non chiederti scusa … -
- Ormai è acqua passata … - Disse Ayumu, guardando il pavimento. - Però quell’inferno non mi ha portato solo cose negative: ho conosciuto il mio ragazzo, la mia attuale migliore amica e grazie a ciò che ho subito sono diventata una persona migliore … -
- Le tue parole mi rincuorano, Ayumu. - Disse Yuko. - Ma nel contempo mi riempiono il cuore di tristezza. -
- Perché? - Domandò Ayumu, non comprendendo il significato delle parole dell’altra ragazza.
- Perché io stessa mi sono resa conto al cento per cento del male che ti ho fatto … mi sono messa nei tuoi panni … e mi rendo conto che deve essere stato terribile … quindi non accetto che una persona, per diventare migliore, debba subire soprusi di quel genere … soprattutto per quel che è accaduto con  Katsumi Sako … in quel periodo i giornali non parlavano d’altro. -
- Sì, adesso lui è in prigione, non c’è voluto tanto tempo per incastrarlo. -
 
Ci fu qualche attimo di silenzio. 
 
- Yuko … tu durante questi anni … che hai fatto? - Ayumu le porse una domanda.
- Credo che non riuscirei a raccontartelo in poco tempo … - Rispose Yuko, con un velo di tristezza. - Sintetizzando … ho frequentato il liceo Sujimori, dove ho conosciuto Ryu, il mio ragazzo, e ho interrotto gli studi al secondo anno … perché ero incinta di Satoshi. -
- E’ questo bel bambino? - Domandò Ayumu, notando quanto fosse tenero e morbido quel fagottino.
- No, questo è il mio secondo figlio, Ayumu. Si chiama Naki. Ha appena tre mesi. -
- Ah … capisco. -
- Immagina la reazione dei miei … volevano cacciarmi di casa … e mi chiesero esplicitamente di abortire … ma io non volli … amavo così tanto Ryu … -
- Quando c’è l’amore, c’è tutto, Yuko. -
- Già … ma è da giorni che non sento Ryu. -
- Cosa? -
- Sì … - Rispose Yuko, mantenendo sempre e comunque la calma. - Eravamo dei ragazzini quando abbiamo deciso di metterci assieme; lui è bello e affascinante, ma anche parecchio trasgressivo e indipendente … gli piace infrangere le regole … e credimi, stare con lui mi fece guadagnare parecchia notorietà a scuola … molte ragazze mi invidiavano … -
- Sì, capisco, il classico figo popolare. -
- Esatto. - Rispose Yuko. - Mai e poi mai avrei immaginato che un tipo del genere si sarebbe interessato a me. Diceva di amarvi e quando scoprii di essere incinta, fu il primo a sostenermi, ad assecondarmi … cosa che i miei non avevano fatto. -
- Ma … allora perché … vi siete lasciati? -
- Non so se ci siamo lasciati, è che lui è così. In alcuni periodi scompare e poi torna come se non fosse successo nulla … ma io, Ayumu … mi sono davvero stancata … -
- Mi dispiace, Yuko … -
- Ma figurati, ormai ci ho fatto l’abitudine … e poi, domani … si cambia vita. -
- Uh? Che intendi dire? -
- Mi trasferisco, Ayumu. In Italia. - 
- Cosa? In Italia? - Ayumu non poteva credere alle sue orecchie.
- Sì. Ricordi mia nonna? La madre di mia madre. Lei è italiana e attualmente vive lì. Dopo parecchie discussioni, ho deciso di raggiungerla … negli ultimi anni la mia vita è stata così caotica, così frenetica … ma non mi ha portato felicità. -
- Ma, Yuko … i tuoi figli … -
- Sì, certo … - Yuko accarezzò il proprio bimbo, che nel frattempo si era addormentato. - loro sono la mia gioia. Ma vedi, Ayumu, io ero una ragazza con sogni e ambizioni … è stato difficile rinunciarvi … purtroppo, però, la vita va così. Non ci si può sempre aspettare ciò che realmente si vuole. E credo che tu lo sappia bene, no? -
- Sì … -
- Alla prossima fermata devo scendere. - Disse Yuko, alzandosi.
- Anche io. - Ayumu la seguì a ruota. 
- Sono felice di averti incontrata, sai? Durante questi anni ti ho pensata molto. -
- Lo stesso vale per me. Penso spesso al mio passato. - Rispose Ayumu.
- Il passato è il trampolino di lancio del presente. -
- E’ proprio vero … -
 
Il treno arrivò a destinazione: Yuko e Ayumu scesero alla stessa fermata.
 
- Dov’è che devi andare? - Domandò Ayumu.
- Devo fare gli ultimi acquisti prima della partenza. -
- Ah … capisco … -
Yuko non parlò per qualche secondo, ma riprese a farlo subito dopo: - E così ti manca poco alla laurea? -
- Circa sei mesi. -
- Caspita, sei agli sgoccioli, allora. -
- Ebbene sì … -
- Capisco … beh … in bocca al lupo per tutto, Ayumu. -
- Anche a te, Yuko … -
- Dubito che ci vedremo ancora una volta … credo che oggi sarà la mia ultima giornata in Giappone … non voglio che i miei figli vivano qui … -
- Oh … va bene … -
- Ti rinnovo i miei auguri, allora! - 
 
Yuko girò le spalle e prese la sua direzione, mentre si dissolveva tra la folla.
 
Spinta da un impulso istintivo, Ayumu la chiamò a gran voce:
 
- Yuko! Ricorda che, nonostante tutto, sei sempre stata la mia prima migliore amica! -
 
Ayumu non ricevette alcuna risposta; aveva deciso di fare quella confessione troppo tardi. Delusa, ma nel contempo felice e ritemprata di aver rivisto Yuko per l’ultima volta, si avviò verso l’università, dove c’era Miki, la sua più grande amica, ad attenderla.
 
Nel frattempo, Yuko aveva sentito eccome quello che aveva detto Ayumu: ciò le provocò delle forti emozioni, che sfociarono in un pianto sommesso e silenzioso. D’altra parte, in mezzo a quella mandria di persone distratte ed egoiste, nessuno l’avrebbe notata. O forse no … 
 
- Perché piangi? - Una voce, squillante e prorompente, fu in grado di imporsi sul vocio emesso da più di cento persone che camminavano attorno a Yuko. Quest’ultima si fermò e notò che a parlare fu una ragazza, molto carina e sorridente, che, seduta a terra, chiedeva l’elemosina.
- Oh … io non sto piangendo … - Rispose Yuko, cercando di ricomporsi.
- Non ci crederò mai … e poi se piangi, anche tuo figlio sarà triste! -
Yuko guardò il bambino e sorrise: - Hai ragione. -
- Per curiosità, posso sapere perché stai piangendo? -
- Beh … prima, sulla metropolitana, ho incontrato una mia vecchia amica che in passato ho trattato male … sono molto triste perché lei è davvero una bravissima persona e io ho fatto schifo a maledirla in quel modo … fra l‘altro, anche in quest‘occasione, le ho mostrato un‘immagine falsa di me … io sono tremendamente debole, ma voglio mostrarmi forte a tutti i costi … -
La mendicante rifletté per qualche secondo, poi iniziò a parlare: - Posso capirti. E’ capitato anche a me. -
- Dici davvero? - Domandò Yuko.
- Sì … a dire il vero la mia vita è costellata da eventi spiacevoli … pensa che la mia famiglia è andata in rovina, mio padre si è suicidato e mia madre è scappata con un altro … eppure, nonostante queste siano tragedie senza precedenti, c’è un’altra cosa che mi turba al di sopra di tutte … -
- Cosa? -
- La mia ex compagna di classe che ho trattato male. Io sono sempre stata circondata da persone false e effimere, addirittura i miei genitori mi hanno tradito … l’unica che davvero si è interessata a me l’ho maltrattata … e non ti nego che mi sento in colpa per questo … -
- Sì, ma io … le ho fatto e detto cose orribili! - Esclamò Yuko.
- Fidati, io non sono stata da meno. - La ragazza sorrise. - E ti dirò, è stata anche la persona che più in assoluto mi ha insegnato qualcosa di concreto … come dire? Mi ha aperto gli occhi. E mi ha dato la forza di andare avanti. Probabilmente, in altri tempi, anche io, davanti a una piccola difficoltà, l’avrei fatta finita … ma … la vita deve essere vissuta, no? Anche se sei destinata a diventare una barbona. In fondo io sto bene così … sto molto meglio di prima … e tutto ciò lo devo a lei, la stessa persona che è stata oggetto dei miei capricci e delle mie frustrazioni. -
 
Yuko non fiatò: rimase incredibilmente colpita dai discorsi di quella ragazza; avrebbe potuto pronunciarli lei.
 
- Grazie mille … - Yuko cacciò delle monete dalla tasta dei jeans e le versò nel bicchiere della mendicante, dove erano presenti altri spiccioli.
- Grazie a te! Dai, stai su! -
- Sì … seguirò il tuo consiglio … e farò tesoro delle tue parole … -
- Purtroppo non possiamo tornare indietro nel tempo … ma possiamo trarre dei vantaggi dai nostri sbagli, no? -
- Sì … è vero … - Le due si sorrisero.
- Comunque, sai? Hai un viso conosciuto … -
- Anche tu … - Rispose Yuko. - Chissà … forse ci siamo viste da qualche parte. -
- E’ probabile … - Ribatté la ragazza sbadigliando. - Passerai qualche altro giorno? -
- A dire il vero domani parto … -
- Ah, sì? E dove vai? -
- In Italia. -
- Caspita! Ma l’Italia è stupenda! Periodo di vacanze? -
- No … mi trasferisco definitivamente lì. -
- Cavoli, che fortuna … e non tornerai mai più? -
- No, mai più. -
- Allora questo è il nostro primo e ultimo incontro, che peccato … potevamo diventare amiche, non so perché ma abbiamo qualcosa di simile! - Esclamò la ragazza, mentre sorseggiava della birra giapponese.
- Già … -
- Però, anche se vai via, non dimenticare i miei insegnamenti, ok? -
- Certo … non li dimenticherò … ma qual è il tuo nome? -
- Io sono Manami … e tu? -
- Io Yuko … Yuko Shinozuka. -
- Che bel nome … beh, io non dico il mio cognome perché è una vera e propria vergogna … ma Manami è un bel nome, no? -
- Sì. - Il bambino di Yuko cominciò nuovamente a piangere. - Adesso vado. -
- Ok, Yuko. Spero che un giorno racconterai questo incontro ai tuoi figli! -
- Sicuramente … -
 
Manami e Yuko si separarono. Non si sarebbero mai più riviste.
 
- Sembrava quasi che quella Yuko conoscesse Ayumu … -
 
- Sembrava quasi che quella Manami conoscesse Ayumu … -
 
-
 
- Ehi, Ayumu! - La ragazza, arrivata a destinazione, fu chiamata da Miki, la sua migliore amica.
- Ciao, Miki! Come va? -
- Bene! Tu, piuttosto … qualcosa non va? Sembri afflitta … -
- Per niente! - Rispose Ayumu, sprizzando felicità da tutti i pori. - Dai, andiamo, le lezioni stanno per cominciare. -
- Ayumu Shiba! - Miki richiamò la sua attenzione. - Ti conosco bene. Avanti, spara il rospo. -
 
Ayumu era sempre più stupita di come Miki la capisse al volo. 
 
- Ho incontrato Yuko. -
- Chi? -
- Yuko Shinozuka … la mia ex migliore amica … -
- Ah … quella Yuko … -
- Sì … mi ha chiesto scusa dopo non so quanti anni … è praticamente una ragazza madre senza né arte, né parte e domani parte per l’Italia … -
- Cavoli! - Esclamò Miki, a braccia conserte. - Ma non era una cervellona o qualcosa del genere? -
- Sì … ma la vita è imprevedibile. Nonostante sia stata lei a introdurmi nella strada dell’autolesionismo, mi ha fatto piacere rivederla. E’ stata un punto di riferimento importante per me. -
 
Miki sorrise: - Sono contenta per te. -
 
Ayumu, insieme all’amica, si diresse verso l’aula: quella mattinata era stata davvero piena di sorprese; e, stranamente, la ragazza pensò al suo incubo ricorrente: se, a distanza di tempo, avesse incontrato di nuovo Manami, non l’avrebbe detestata. Perché Ayumu, delle persone, non ricordava il marcio, ma solo il bene. Ed era quello che la rendeva una persona incredibilmente straordinaria.
 
“ Ciao, sono Manami Anzai. Vuoi essere mia amica? “
 
Fine.
  
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