Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: DarkSide_of_TheRunes    03/02/2013    1 recensioni
«La Punta di Lancia!» esclama Fionn «guarda come brilla forte stasera. Quando la stella della tua casata brilla così, sta per avvicinarsi la fortuna».
All’udire quel nome, Erech non può che richiamare lo sguardo verso la stella, sollevando appena il capo per poter incontrare quella luce così alta e luminosa nel cielo, più bella tra tutte. La osserva in un silenzio prolungato, prima di chinare lo sguardo, quasi vergognoso di appartenere ad una Stirpe di cui non si sente più degno. 

«Brillava così anche quella notte, Fionn. Brillava anche quando i miei uomini furono trucidati, quando mio padre soccombette sotto la lama dell’Usurpatore. Ho timore delle stelle, soprattutto quando emanano una luce così forte».

Erech Carandir è un fuggiasco, ultimo superstite di una dinastia distrutta diciotto anni fa. Gli dèi gli hanno mandato un sogno profetico: se la Lancia Spezzata della sua stirpe sarà ricomposta, allora potrà tornare a regnare su Garth, come i suoi avi prima di lui. Con un giovane convinto di parlare con l'Unico come solo alleato e due principesse recalcitranti come ostaggi, riuscirà Erech a tornare sul trono che gli spetta di diritto?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3

Il sogno della Lancia
Da quando ha indossato la tunica di tessuto grezzo color ocra, Fionn non fa che grattarsi. Non che sia abituato ad abiti molto più raffinati, ma accidenti, il Vecchio non gli aveva detto che sarebbe stata una penitenza del genere. I capelli lunghi, accuratamente intrecciati, sono stati nascosti sotto il cappuccio da monaco. E' stato difficile convincere Erech a fare altrettanto: ma l'Unico dice che le Stelle di Luce tra i suoi capelli sono un marchio fin troppo evidente della sua ascendenza, e se le folle lo riconoscessero fin da subito potrebbe non essere un bene per la loro causa di predicazione. Per ora, è meglio non provocare troppo scompiglio. Mentre guida il carro, con lo sguardo perso all'orizzonte, mormora:
«Quanto ci vorrà ancora, per Rua?»
Non lo sta chiedendo a Erech, che ancora sbuffa seduto nel carro insieme alle provviste e all'attrezzatura da accampamento. Eppure, il suo signore gli risponde comunque:
«Questa volta hai scelto di prendere in considerazione anche le mie opinioni, decisioni e tutto ciò che potrebbe riguardare il nostro viaggio?»

Fionn quasi non lo sente, ancora in attesa di una risposta divina che non arriva. Sospira. Sa che il suo compagno di viaggio mal tollera di indossare gli abiti dei devoti di una Divinità che non solo non è la sua, ma per la quale prova anche una perversa antipatia. Dopo tutto, l'Unico è il Dio dell'Usurpatore, ai suoi occhi. In segno di protesta per quella piega inaspettata degli eventi, è rimasto chiuso in un mutismo altezzoso e fiero, fino a questo momento.

Dopo un attimo di silenzio, spezzato dal rumore cigolante delle ruote su un dislivello sassoso del terreno, Erech prosegue:
«Ormai dovremmo essere quasi arrivati, ricordo bene questa strada, è sempre stato un tormento doverla percorrere.»

Solo allora, Fionn realizza pienamente che Erech sta parlando con lui. Si volta a guardarlo con aria stranita. «Io prendo sempre in considerazione le tue opinioni, mio signore.» Punta un dito verso il cielo e aggiunge «Solo che poi seguo le Sue.»

«Esattamente per questo detesto quando impone le Sue decisioni.»
Fionn vorrebbe replicare, davvero: ma n
on fa in tempo ad aggiungere altro, che avverte come un trillo prolungato nella mente. Ogni altro suono si annulla. Porta la mano alla tempia: mille aghi ghiacciati si stanno schiantando contro la sua fronte. La vista si appanna.
«Siamo...vicini a...»
Ci sono voci che fluttuano in quel trillo, ma non riesce a distinguerle: sono così sfuggenti, lame di luce che gli attraversano nel contempo la vista e l'udito.

Le parole preoccupate di Erech a malapena lo raggiungono. «Fionn, che succede?»
Che succede? Vorrebbe saperlo anche lui, ma a malapena lo sente. Come fosse sott'acqua. Come fosse al di là di un vetro infrangibile...
D'improvviso, i suoni cessano, la vista torna chiara. Gli occhi di Fionn si sono soffermati sulla collina che stanno aggirando. C'è la secca sagoma di un patibolo, lassù; voci concitate stanno risalendo il sentiero che porta alla vetta.
Senza una parola di spiegazione al suo signore, Fionn sprona il cavallo ad andare più veloce, e devia dal sentiero per Rua a quello che porta sulla collina. Il carro sobbalza rudemente fuori dal sentiero, tanto che Erech si deve aggrappare con forza per non rischiare di scivolar via.
«Dove accidenti stiamo andando?! Se questo è uno scherzo dell'Unico giuro che non mi dimenticherò!»
Erech alza la voce con furore, ma Fionn tiene strette le redini. La sua mente è lucida e determinata. Deve fermare quell'impiccagione. Deve farlo, ne va della loro missione!

«Fidati di me, mio signore!» urla contro il rumore dannato delle ruote del carro sul sentiero sassoso. «Il destino mi ha appena parlato.»

«Per tutti gli Dèi del cielo, giuro che appena avremo concluso questo viaggio ti striglierò così bene che dimenticherai il tuo Unico Dio, il tuo nome e il destino che ti parla!»

Fionn non ascolta le rimostranze del suo signore: le orecchie sono tese a cercare di trattenere l'eco di quelle voci che gli sono risuonate nella mente. Deve fare presto, potrebbe essere questione di istanti.

Quando è costretto ad arrestare bruscamente il carro perché il sentiero si è fatto troppo ripido, salta agilmente giù di cassetta, senza curarsi di vedere se Erech lo segue oppure no.
Eccoli lì. C'è una piccola folla intorno al patibolo, che tira verdure marce addosso a un uomo secco e diafano. Dalla forca pende un cappio. E' per lui, lo sa. E la voce dell'Unico gli sussurra: se lui muore, tutto sarà perduto...
«Ehi, voi!» la folla non sembra sentirlo, troppo impegnata a vituperare il condannato che sta salendo alla forca. Fionn non trova niente di meglio che raccogliere tutta la sua voce e gridare, con le braccia spalancate. «Fermi! In nome dell'Unico Signore Altissimo del Cielo e della Luce, fermatevi!»

Il condannato alza gli occhi, infossati per l'avvilimento, su di lui. Il suo volto magro si illumina, acceso d'improvviso di una scintilla violenta di vita.
«Che l'Unico ti abbia in gloria, giovane ministro di Dio!» Con aria di sfida, si volta verso i due uomini che lo stanno conducendo al patibolo, strattonandoli. «Non avete sentito? Lasciatemi andare!»

«Perché dovremmo lasciarlo?» borbotta di rimando uno dei due, trattenendo il condannato con più energia e soffocando ogni suo tentativo di strapparsi alla presa. «Quest'uomo non può pagare i suoi debiti, e per legge chi non può pagare i debiti deve essere impiccato!»
Fionn incrocia le braccia al petto. «Che sciocchezza inaudita. Se qualcuno ha dei debiti come può ripagarli con la sua morte? Fatelo lavorare, piuttosto!»
Una puntura acuta di spillo gli trapassa le tempie con un sottile suono metallico. Strizza appena gli occhi.
«...al servizio di Dio Misericordioso e Unico, naturalmente! Siamo pronti a prenderlo sotto la nostra custodia di monaci.»
Il giovane futuro pendaglio da forca sembra completamente rianimato dalla possibilità che per lui non sia ancora finita, e grida a gran voce:

«Proprio così, il ragazzo ha ragione da vendere!» Lancia uno sguardo di sfida al cappio che pende a pochi passi da lui, scatenando lo sdegno dei creditori, che non smettono di vociare. Uno di loro, un omone tarchiato dai lineamenti duri, urla di rimando:
«Lavorare? Non è questa la legge del Regno, vogliamo Giustizia e quest'uomo deve pagare per le ingiurie!»
Un'altra voce emerge dal coro indistinto. «E poi cosa vorreste garantire? Prenderlo con voi e far rimanere noi senza nemmeno la soddisfazione di aver estirpato una radice velenosa dal terreno?»

Fionn avverte al suo fianco la presenza imponente di Erech, che gli sussurra con il capo basso:

«Sei forse uscito fuori di testa! Non possiamo permetterci carichi inutili, inoltre non voglio che un debitore si unisca alla nostra missione.»

«E' l'Unico che lo vuole. Proprio per la nostra missione» gli risponde quietamente; poi, con voce più possente apostrofa la folla:

«La Giustizia terrena, è quella che volete? La stessa Giustizia che vi costringe a versare tre quarti del vostro raccolto al vostro feudatario come tributo, e vi impedisce di rivendere i prodotti della vostra stessa terra. La stessa Giustizia che vi tiene schiavi di signori che non hanno altro merito se non quello di aver appoggiato il vincitore, quando si insediò impropriamente nelle terre che sono vostre, vent'anni fa!»

Fa un passo avanti, mettendo gli occhi scuri in quelli di uno dei creditori che più alacremente chiede la morte del condannato. Quietamente, quasi accorato quanto un fratello maggiore, dice:

«Tu la ricordi, la notte della presa di Garth? Io la ricordo. Ero solo un bambino, ma ricordo il giorno in cui siamo caduti prigionieri di quella che oggi tu chiami Giustizia.»

Sente appena il borbottio infastidito di Erech: Fionn apprezza troppo il suo sforzo di non intervenire nella faccenda per potersi lagnare di quel piccolo segno di fastidio. Eppure, lo avverte irrigidirsi quando nomina la presa di Garth. E' una notte che lui, più degli altri, non potrà scordare facilmente.

A spezzare quel clima di empatica tensione, giunge la voce squillante del condannato.

«Io la ricordo!»
Il giovane debitore si fa avanti, sciogliendo finalmente la presa dei due uomini che sembrano colpiti dalle parole di Fionn. I suoi movimenti non sono del tutto equilibrati, con le mani ancora strette tra le corde, eppure declama con grande passione:
«Io la ricordo quella notte di dolore, ci strapparono via la casa. Sì, non posso dimenticare. Portarono via tutti i ricordi che possedevo, tolsero la dignità a mio padre, uomo di valore che aveva deciso di rimanere dalla parte del Vero Re! Non vedete quello che sta accadendo? Hanno preso il Regno con la forza e con la forza hanno tentato di prendere parte delle vostre anime!»
Compie ancora un passo avanti, superando il cappio.
«Signori, Dame e bambini...questo monaco è Saggio quanto lo è la voce dell'Unico. Voi sapete dove si trova la verità, non punite un vostro fratello che è soggiogato alle dure leggi del Nuovo Re, dei nobilastri che tentano di portare via tutto ciò per cui lavoriamo!»

Fionn annuisce profondamente alle parole del condannato, ma non capisce perché l'Unico stia ridendo forte nella sua testa in questo momento. Deciso a sfruttare la scia di quella stessa emozione su cui il condannato ha giocato, si rivolge a tutti, spalancando le braccia. «Se vi mettete una mano sulla coscienza, saprete che colui che vi è davvero debitore non è questo pover'uomo...è l'Usurpatore! Quinn, il falso re di Garth!»

C'è un mormorio che si alza dalla folla tutta intorno; quasi tutti sono sconcertati dalle parole audaci di questo monaco, ma qualcuno borbotta dubbi: e se avesse ragione?
«E chi sarebbe il vero Re?» sbotta una voce di vecchio, rammaricata. «La stirpe della lancia ormai è estinta, e non può tornare!»
A quel punto, Fionn stringe la bocca in uno spasmo: ecco, quello è il punto difficile. Offrire il nome e il vero lignaggio di Erech in pasto alla curiosità del popolo può essere controproducente, in questa fase: se la voce si spargesse troppo presto, re Quinn potrebbe annientarlo prima che riesca anche solo a piantare il seme della ribellione. Prendendo un grande respiro, inizia con cautela:
«Il mio confratello, che sta silente qui accanto a me, ha fatto un sogno, ispiratogli direttamente da Dio.» Poggia la mano sul braccio di Erech, ma senza guardarlo in viso: sa bene che non sarà felice di essere stato tirato in ballo nella predica in questo modo. «Racconta, ti prego. Fa' che i nostri fratelli sappiano.»

In quest'ultima frase mette una preghiera sincera.

Erech alza leggermente lo sguardo su di lui, corrugando la fronte all'ombra del cappuccio color ocra. In quel breve momento, Fionn può vedere il suo scorno; tuttavia, dopo qualche istante lo sente pronunciare parole sicure, anche se cupe. Come se gli salissero dal fondo dell'anima.
«La Stirpe delle Lancia è estinta, qualcuno di voi ha detto.» Erech alza appena il mento, l'unico elemento del viso non in ombra. «Posso assicurarvi, che non è così. C'è ancora qualcuno, che vaga libero tra queste terre, che ha con sé il Sangue della Lancia, che porta il marchio della propria famiglia. Ho avuto un sogno, tempo fa, un sogno che ha fatto rinascere in me la speranza.»

Fionn lo guarda con un vago sorriso: chissà se il suo signore si è accorto che sta iniziando a usare un tono di voce più alto, di comando...quello che lui ricorda ancora, dalla notte della caduta, quando incitava i suoi fedelissimi a non crollare per la disperazione mentre li guidava verso la salvezza. E' nato per essere un capo, e lui sarà orgoglioso di essere al suo fianco quando anche il resto del mondo sarà pronto a riconoscerlo.

Con quel tono forte e sicuro, Erech prosegue: «"Sovvertire gli ordini del mondo, far tornare l'antica pace, restaurare la Giustizia vera della famiglia che per secoli aveva proseguito in questo intento", mi disse una voce in sogno.
Impossibile! Fu quello che pensai. Davanti agli occhi dormienti vidi scorrere la notte della presa di Garth, fioche luci del mattino che albeggiavano di fronte al Lago Sacro dove fu benedetta la Lancia dei Carandir. Proprio lì, su quelle sponde, vidi un uomo intingersi d'acqua fino alle caviglie e d'improvviso il cielo si aprì a metà, mentre un fulmine scagliava una lancia argentea che andava conficcandosi tra le sponde del lago. Ed è lì, che vidi quell'uomo gettarsi tra le acque e risorgere assieme alla Lancia. Egli era Erech, della Stirpe di Carandir.
"Quando la lancia verrà di nuovo forgiata con gli antichi resti, allora la Stirpe di Carandir risogerà"
Questo mi disse la voce.»
Il silenzio torna di nuovo tra le sue labbra, e Fionn comprende facilmente perché. Raccontare i sogni non è mai impresa facile, e ancora di più non deve esserlo condividere un sogno così determinante per il destino di un uomo, forse di un popolo intero.

Se il capannello di creditori e boia improvvisati si sta chiedendo come mai i monaci dell'Unico vogliano riportare allo splendore i Carandir, non è chiaro. Sembrano semplicemente attoniti: un sogno divino, soprattutto uno che profetizza il ritorno di un'antica stipe, non è cosa da prendere alla leggera. Soprattutto se è un monaco – o un uomo che ne indossa le vesti – ad annunciarlo.

A quel punto, il quasi ex impiccato sorride lievemente.
«Un sogno premonitore, io chiamo, quello di un Servo di Dio!»

Fionn si trova a pensare che quello strambo giovane non riesce proprio a stare zitto. Interroga il cielo con gli occhi: perché ci hai portati da lui? Volevi solo un giullare per farti divertire?

Un raggio di luce gli danza sulla fronte: da tempo Fionn ha imparato a riconoscere in quel segno il sorriso di Dio.

La folla, però, è ancora piena di domande.

"I Carandir adoravano tanti Dèi! Perché l'Unico dovrebbe volerli di nuovo sul trono di Garth?"
Questa è una bella domanda. Guarda di nuovo verso l'alto, in attesa di una risposta che non gli arriva. Oh, accidenti, ma perché quando si trova nelle situazioni più difficili è sempre da solo? E dire che sta agendo per Lui - e per Erech, ovviamente.

Se Tu mi mettessi a parte dei Tuoi piani sarebbe tutto molto più semplice, lo sai, Vecchio?
«Perché, chiedete.» lo dice in tono basso e roco, come se la domanda lo deludesse. «Perché l'Unico vuole il bene dei Suoi figli, e soffre nel vederli soffrire. Perché Egli, nella Sua infinita comprensione che va oltre quella umana, sa quali uomini sono davvero giusti, al di là della loro ascendenza o delle scelte dei loro padri. Perché l'Unico ci ha promesso un futuro migliore, quando la Lancia di Carandir sarà di nuovo integra e quello che un tempo avevamo sarà di nuovo nostro.»

Poggia la mano sulla spalla del condannato. Il suo tono si fa più forte, sicuro.

«Perciò, liberate questo povero demonio che non è il vostro vero nemico. Tornate nelle vostre case, e riflettete. Pregando, la sera, domandatevi: da che parte starò, quando l'Unico mi chiederà di scegliere? Perché è questo ciò che accadrà. Ai Suoi piani non si può sfuggire. E quando questi inizieranno a compiersi, vi nasconderete nelle vostre case come pecore impaurite o sarete parte di coloro che opereranno la Sua Volontà? Resterete a tremare come foglie in attesa che tutto sia finito o aiuterete il disegno divino a farsi realtà?»

Segue un vociare: li ha colpiti, lo sa. Non necessariamente in bene. Ha fatto leva sulle loro coscienze, sfidandoli a dimostrare che non sono codardi. Questa è un'arma a doppio taglio, ma che valeva la pena tentare. In quel mormorio lievemente ostile, si alza, lamentosa, la voce di un uomo tra i più anziani.

«L'erede dei Carandir è morto vent'anni fa, altrimenti sarebbe tornato a riprendere il proprio trono molto tempo prima di ora. Sono troppo vecchio per affrontare una nuova guerra, sono a stento riuscito a sopravvivere ad una.»
Si umetta le labbra, pronto a rispondere, quando sente Erech intervenire al suo posto.

«Certi sogni non sono menzogneri. Erech Carandir o chi per lui risorgeranno assieme alla Lama dell'Antica Stirpe! Non rifugiatevi tra le vostre paure, non abbiate timore della vostra ombra! La Luce tornerà presto a splendere tra le terre di Garth, ma avverrà solo se lo desidererete.»

Il suo signore si volge a guardarlo, gli occhi azzurri brillanti di rinnovato orgoglio. Palpitanti, anche, di un dolore mai sopito. Rimettere in gioco se stesso deve costargli uno sforzo più grande di quanto avesse immaginato: segretamente, Fionn è fiero di lui.
E' allora che il condannato si unisce a loro per l'arringa finale.

«I veri eroi siete voi, popolo di Garth! Nessuno nasce con il Coraggio che scorre tra le vene, nessuno è pronto ad affrontare il proprio destino, ma la volontà che ogni uomo possiede lo rende Grande! Come si può raggiungere l'Unico e la beatitudine se non cerchiamo di assomigliargli? Basta con i tremori, basta con i timori inutili, non dobbiamo più rimanere chiusi in casa nella speranza che la morte non sopraggiunga. La morte cadrà su ognuno di noi, prima o poi, ma spetta solo a voi di scegliere come morire! E dunque, morire con onore, conservando i propri valori, o nel proprio letto senza aver lasciato nulla ai propri figli?»

«Popolo di Garth, ascolt- »

Fionn non riesce a finire la frase, che una delle verdure marce prima lanciate contro il condannato gli arriva in pieno viso.
«Buuuuuuu!» urla una vecchia sdentata «Impostori! Sovversivi! impicchiamo anche loro con il lestofante!»
Getta un'occhiata preoccupata ad Erech, ma la voce resta salda mentre dice:

«In nome dell'Unico, volete macchiarvi le mani non di una, ma di tre morti?»

Spalanca le braccia, cercando di riguadagnare disperatamente terreno con le parole. Non vuole arrivare alle maniere forti con queste persone innocenti...che, certo, li battono decisamente in quanto a numero...nemmeno le maniere forti potrebbero bastare per tenerli a bada.

La vecchia sembra aver rotto l'argine su cui si tenevano disperatamente in equilibrio. Li hanno persi. Una pioggia di verdure incalza; Fionn si ripara con il braccio, ma può vedere lo scorno di Erech quando viene colpito. Il suo signore sta per mettere mano alla spada nascosta, ma l'arrivo di altre verdure lo costringe a retrocedere.
«Prendiamoli, impicchiamoli tutti! Impostori, sono amici di Godfrey, volevi farla franca topo di fogna?»
L'uomo che ha appena gridato mette mano ad un bastone. Accidenti. Le cose stanno decisamente precipitando.

 «Topo di fogna?»
Godfrey, il condannato, digrigna i denti, prima di innalzare la schiena in posizione eretta, gettandogli uno sguardo di sfida che al momento non sarebbe affatto consono. «Hai idea dell'offesa che mi hai appena arrecato? Io sono Godfrey, figlio di Godrik, il più illuminato tra gli scrittori, tra i bardi, i contastorie di questo regno! E non ho paura di questi insulti!»
Un momento di silenzio giunge subito dopo le sue parole.
«...forza, prima che arrivi la fine della giornata, ne abbiamo tre da impiccare!»
Quando si avvede che gli uomini iniziano ad avanzare minacciosi, Godfrey corre via, rifugiandosi alle spalle di Fionn.
«Signore, servo vostro, indicatemi la via per la salvezza!»

Fionn raramente impreca, ma questa è una di quelle occasioni in cui non riesce a trattenersi. Non voleva arrivare a questo. Guarda il condannato sulla propria spalla.

«Io speravo che me la indicassi tu.»
Rivolge di nuovo lo sguardo alla folla che inizia a incalzare, poi afferra con una mano lo scollo della tunica del condannato, con l'altra la manica di Erech, e li trascina correndo verso il carro.
«Giuro che questa non l'ho capita, Vecchio mio! Non l'ho capita proprio!» sbraita, furioso verso l'Unico che l'ha trascinato in quella situazione senza dargli uno straccio di spiegazione, una minima prova da opporre ai popolani né una vaghissima difesa. Ciò che gli fa ancora più dispetto è che, nel fondo della sua mente, può avvertire ancora l'eco di una risata lontana e dorata, come l'esplosione di certi tramonti dietro le nubi.
«Maledetto sia il giorno in cui ho deciso di portarti con me!» gli grida contro Erech, liberandosi dalla sua stretta per continuare a correre, mentre altra frutta marcia viene lanciata contro di loro. Il principe spodestato continua a brontolare furiosamente, finché non monta in cassetta, tira su il condannato afferrando per un braccio e gettandolo dietro di lui con forza. Fionn salta sul retro del carro con un balzo agile, e scopre arco e frecce nascosti sotto i cenci. Erech afferra in fretta le redini e lancia i cavalli alla corsa per sfuggire alla folla inferocita.

Per poco, Godfrey non batte la testa sulle assi di legno.
«Che modi!» brontola mentre cerca di sedersi, ma viene gettato indietro dallo slancio dei cavalli. «Correte miei Signori, correte! Questi uomini sono in grado di esser veloci come delle linci!»

Fiornn tira indietro il cappuccio che l'aria battente gli ha già strappato per metà, incorda più rapidamente che può e incocca una freccia: non ha alcuna intenzione di fare del male, ma solo di rallentare la corsa dei loro inseguitori. Mira al cappellaccio di uno di loro, come avvertimento. Nella sua mente, l'Unico sussurra con la sua voce che somiglia a mille cristalli. Chiude gli occhi un istante: poi, volta di scatto la testa verso Erech.
«Mio signore, prendi la strada verso la scogliera! E' l'unica opportunità di seminarli!»
«Ora sono diventato io il tuo Signore?»
La replica di Erech gli arriva smorzata dal vento battente: dice qualcos'altro, che Fionn non riesce a sentire. Si concentra, incocca di nuovo. E' difficile mantenere l'equilibrio, a quella velocità: può solo sperare che la sua mira lo assista. Vede un uomo che regge un forcone, e carica il braccio all'indietro prima di scagliarlo su di loro. La sua freccia gli trapassa la mano prima che possa farlo. Lo vede accasciarsi con un gemito di dolore. Ora i loro inseguitori sono ancora più inferociti.

Fortunatamente, Erech l'ha ascoltato. Stanno deviando verso la scogliera. Un sospiro di sollievo fa gocciolare la sua fronte di sudore freddo.

Godfrey, al suo fianco, non sembra altrettanto consapevole del pericolo corso. Appena nota che stanno distanziando gli inseguitori, il sedicente cantastorie urla:

«Ah! E adesso chi è il topo di fogna?»

 Poi si volta immediatamente, appoggiando una mano sulla spalla di Erech.
«Ottimo mezzo, quello del sogno, per convincerli di qualcosa di così impossibile. Ma si può sapere chi diavolo siete? Di certo non sembrate due monaci, nonostante i vostri abiti dicano altro.»

Scoppia in una gran risata, prima che uno scossone lo faccia ribaltare dall'altra parte.

Fionn abbassa l'arco quando vede che stanno distanziando i paesani; quindi, aiuta l'ex condannato a morte a tirarsi su, prima che rotoli giù dal carro in corsa. Si prende l'onere di rispondere per il suo signore.
«Non era un mezzo, era una cosa reale. E anche se dubito che il Vecchio avrà la bontà di spiegarmi perché, siamo stati mandati per salvarti, Godfrey figlio di Godrik.»
Poi, Fionn si sporge sulla spalla di Erech, dicendo a mo' di scusa:
«Lo sai che hai la mia cieca lealtà, ma Lui è onnisciente. E, tra l'altro, dice che una volta imboccato il Sentiero delle Vergini Suicide saremo al sicuro.»

 «Il Sentiero delle Vergini Suicide!» L'erede della lancia continua a lamentarsi, prima di far aumentare ancora il passo ai due cavallo, imboccando la strada della Scogliera che si rivela frastagliata e sconnessa, e costringe il carro a violenti scossoni.
«Certo, dove altro vuole condurci il tuo vecchio? Rechiamoci anche al Fosso di Hilm, per farci trucidare dalla via che solo i Morti possono attraversare. Di certo arriveremo prima, è una scorciatoia!»

 «La gente di qui è superstiziosa» spiega Fionn con la pazienza che riserverebbe a un bambino «non si inoltra mai nel Sentiero delle Vergini Suicide. Invece si inoltrano nel Fosso di Hilm, almeno per tentare di cacciare di frodo...però i più non fanno una bella fine, o così dice Lui.»
Si siede, un po' più tranquillo, tenendosi alle paratie del carro mentre i lunghi capelli gli frustano il viso. Mezzo convinto, Erech replica:

«Giocare sulle superstizioni, potrebbe tornarci utile in futuro, in effetti.»

 Godfrey li ascolta con le sopracciglia aggrottate: Fionn non ha idea se li abbia presi sul serio o meno. Tuttavia, sembra sincero quando gli dice:

 «Questo Vecchio, come lo chiami tu... potresti ringraziarlo per avervi condotto da me?» Alza le mani al cielo in segno di devozione. «Vi devo la vita, Grande Vecchio!» Si volta poi di nuovo verso Fionn. «E' così che ci si rivolge al tuo amico?»
Fionn scrolla le spalle, divertito. «Non proprio così, ma apprezza comunque. Dice che lo diverti, tra l'altro.»

 «Io lo diverto? Questo ed altro per l'Unico e Grande!»
Godfrey scoppia a ridere vigorosamente, e Fionn non è certo che l'abbia preso sul serio. Tuttavia, sembra un uomo di buon cuore. E' contento di avergli salvato la vita.

 «Dimenticavo» aggiunge poi, come cadendo dalle nuvole. «Il mio nome è Fionn Adhmaid. E non avere paura...possiamo sembrarti un po' pazzi, ma è il Grande Vecchio che ci guida. Siamo nelle Sue mani.»

Godfrey replica con un ghigno divertito, ma sincero.

 «Ebbene, vi ringrazio Fionn Adhmaid per aver eseguito il volere del Grande Vecchio, senza di voi probabilmente a quest'ora penzolerei dalla forca e il mondo avrebbe perso il miglior bardo di sempre.»
Nel frattempo, Erech ha rallentato leggermente l'andatura dei cavalli, il sentiero scosceso non permette una corsa adeguata, rischiano di non arrivare nemmeno alla fine. Ormai il pericolo sembra passato, comunque.

«Io ho una gran paura del tuo Vecchio» sussurra l'erede della Lancia, prima di rimanere qualche istante in silenzio. Nel momento in cui l'ex condannato chiede anche il suo nome, volge un'occhiata a Fionn di sfuggita, prima di decidersi a dire:
«Sono Erech, della Stirpe di Carandir, il legittimo erede al trono di Garth.»
Così facendo abbassa il cappuccio sulle spalle, facendo scivolare i capelli incolti e striati dalle Stelle di Luce.

All'udire quel nome, Godfrey sfodera un'altra risata.
«Ah! Erech Carandir, questa proprio non me l'aspettavo! Un uomo che parla con Dio e un altro che sembra esser resuscitato, un morto vivente!» Appoggia le mani sulle spalle di entrambi. «Voi due, miei signori e salvatori, vi siete guadagnati l'onore di esser i nuovi protagonisti di una mia prossima storia.»

 Un grande sorriso si allarga sul viso di Fionn: l'idea di far parte della canzone di un bardo è per lui un premio sufficientemente allettante per averlo salvato. Chissà quali sono i piani dell'Unico su di lui? Fosse anche solo per cantare quella storia, ne sarebbe felice.
«Signore, hai sentito? La nostra impresa avrà pur bisogno di un bardo. In più, sarà bravo con le parole, sicuramente più di me. Potrà aiutarci a predicare!»

«Un altro predicatore...»
Erech mastica qualche altra parola come ha fatto fino ad ora, mormorare tra sé e sé è stato il gioco di tutto il giorno. Fionn sorride: sa che non è del tutto convinto, ma gli è grato di averlo ascoltato comunque. Di averlo ascoltato sempre. Erech è forse l'unica persona al mondo che non lo consideri davvero pazzo. Certo, a volte gli dice il contrario; ma quando si tratta di avere fiducia in lui, non si tira mai indietro.

«Mi auguro che la nostra storia sia degna della azioni che compiremo.» aggiunge Erech, e sembra già più rilassato. O rassegnato. A volte, Fionn non sa distinguere le due emozioni nella sua voce.

Godfrey è subito pronto ad avallare, entusiasta:

«Due uomini che vanno incontro al proprio Destino, contro un intero Regno! I bambini impazziranno e le donne vi cadranno ai piedi.» Sospira, come cercando nell'aria sottile i versi che sta per enunciare. Fionn gli dà un'amichevole pacca sulla spalla, come a dirgli: benvenuto in questa pazza impresa. Godfrey ricambia con un sorriso soddisfatto.

«Che l'Unico illumini la mia e la vostra strada, miei Signori!»

«Che l'Unico ci illumini sempre» risponde Fionn, con devozione.

E, soprattutto, che inizi a dare loro qualche spiegazione dei suoi piani: perché perfino a lui, che crede ferventemente e seguirebbe la Sua voce fino agli inferi e ritorno, a volte risulta molto, molto difficile intuire il percorso che la Sua volontà ha tracciato.

Il carro, lentamente, torna sul sentiero disertato, quello che conduce al villaggio di Rua. Le nuvole incitano il cielo a scatenare un temporale in lontananza. Un segnale che gli antichi dèi sono arrabbiati con loro? Forse. O forse soltanto un segno della stagione che avanza. O un'eco del sogno di Erech sul ritorno della Lancia di Carandir tra loro.

Note delle Autrici
Eccoci di nuovo qui, a seguire le avventure dei nostri due pazzi errabondi...sembra che l'Unico abbia piani per Erech, anche se la simpatia non è reciproca. Perché la vita del bardo Godfrey è tanto importante per la missione del principe esiliato? E soprattutto, che fine hanno fatto le due principesse che abbiamo lasciato nel loro palazzo, e come rientrano in questo disegno divino? Ma siamo sicuri sicuri che Fionn non sia pazzo davvero?
Tutto - o quasi - troverà risposta strada facendo...stay tuned! ^_^

Saluti e Ossequi!

DarkSide&Runa


 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: DarkSide_of_TheRunes