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Autore: Ale_xandra    04/02/2013    2 recensioni
Ho appena finito di scrivere la cosa più assurda della mia vita, ispirata dalla mente malata di Gatto Magro che a quest'ora mi fa proposte indecenti XD
Genere: Dark, Demenziale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blu. Verde. Acqua. Oh quant'erano piccole le sue mani di cristallo!

Uno. Due. Tre. Per i piedi, a testa in giù.

Goccia. Brivido. Stivale. Ma dove si nasconde il ragnetto colorato?

Un borbottio liquido di sostanze dense squittisce tra le pareti. Plop, polp, plop.

Il mio bel capitano. Mi sollevo e accosto al laghetto blu. Plop, plob, plop. Che ne dice se ci facciamo cadere qualcosa, mio bel capitano? Fa così freddo qua dentro, non crede?

Mi sfilo i suoi stivali e immergo i piedi nell'acqua elettrica. Plop, plop, plop: sostanze in movimento.

E scivolano rincorrendosi le gambe, prima dei fianchi, dopo delle caviglie. Finché non annega l'ombelico, allora salvo tutto il resto...

Fa più freddo, capitano. Mi chiedo se le sue labbra sappiano ancora riscaldare come una volta. Raggiungo le mani ghiacciate e accarezzo la corda che ne tiene legati i polsi. Mi dirigo con lo guardo più su, verso la sua testa a penzoloni nel vuoto: ghiaccio anche lì. Come pensa di riscaldarmi, signor capitano, con un tale comportamento?

Poi le labbra di granito azzurro si sfaldano sanguinando ai lati e intravedo una morbida lingua rossa emergere per ustionarsi sul fuoco freddo della sua pelle.

“Shh! Faccia silenzio” O mio capitano, non le hanno forse insegnato il rispetto per i luoghi sacri? Lei, profanatore, come osa violare ciò che la nutre.

Mi ergo su col corpo e arrivo alla caviglie. Stringo i lacci di corda che penetrano sempre più nelle ossa ormai scoperte. Temo che prima o poi i suoi piedi possano staccarsi dal resto, ma vorrei sbagliarmi. In quel caso finirebbe dritto giù nell'acqua blu.

Poi un calcio, un colpo. Si dimena!

Ritraggo le labbra dietro i denti aguzzi e la richiamo all'ordine. Mio crudele capitano, non bisogna esser ingrati. Ebbene mi tocca uscire, prendere il suo cappello e tirarvi fuori il vasetto.

Ahi, mio capitano! Il barattolo è quasi finito. Ne manca giusto una cucchiaiata, lì sul fondo. Lei sa cosa significa, mio povero amico? Ma certo che lo sa.

Cerco il cucchiaio tra i nodi dei capelli e ve lo trovo al quinto tentativo. Cigola il barattolo svitato per l'ultima volta, graffia il vetro il metallo in cerca di morbida, calda, succosa cera.

Ha fame il mio bambino? Certo che ha fame!
E allora perché di colpo scuote il collo di ghiaccio crepato? Sa che mi avvicinerò lo stesso. E penetrerò ancora le sue labbra disgraziate. E la inseminerò col suo stesso veleno.

Su, sì, da bravo! Su per la gola capovolta: non sprechi nemmeno una goccia del nettare colloso.

Plop, plob, plob. Ha ingoiato? Certo che ha ingoiato: la cera ora scende giù dal naso e dalle orecchie. Dalle orbite oculari.
Non era ciò che voleva? Ah no? Non lo voleva? Come dice? Lei non si era fatto spargere di cera i padiglioni auricolari?

Ma lei è vivo, mio caro! Non ha importanza. Lei è vivo e io sono morta. Capisce l'ingiustizia?

Uno strappo, uno stridore. Plop, plob, plob. Se guardo su, le sue caviglie, capitano, sono ancora attaccate alla parete della grotta. Le ossa smaciullate fissano il vuoto blu in cui il resto è precipitato.  

  
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