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Autore: _World_    06/02/2013    0 recensioni
"Quindi…volevo ricordarti che ti amo. Che a prescindere se il mio cuore si fermerà o meno ti apparterrà per sempre."
"Sarò io a trasformarti. Sarò io a farti innamorare di me ancora se te ne dovessi dimenticare."
"Promesso?"
"Promesso"
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: La storia è ispirata a una carta di Magic che si chiama appunto "La prescelta di Markov". Non c'è bisogno che conosciate il gioco, o la sua storia, perché sarà appena accennata e lo capirete leggendo. Detto ciò, spero che questa FF sia di vostro gradimento. ^^


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Markov, la stirpe di vampiri più prestigiosa come linea di sangue in tutta Innistrad. Fondata da Edgar Markov.
Ogni componente, anche quello più insignificante viene rispettato, trattato come il più regale dei nobili. Persino una come me, che di vampiresco non ho quasi nulla.
Guance rosee, capelli castano chiaro, un carattere apparentemente gentile. Molti mi osservavano con timore e rispetto, ma la mia stirpe mi vedeva solo come una disgrazia.
Destinata ad essere una nullità per le mie virtù incompatibili ai loro ideali.
Eppure, qualcosa cambiò. Forse qualcosa che già c’era e che tutti, - me compresa – si rifiutavano di vedere, di accettare.
Qualcosa. Qualcuno.
Una presenza assopita nel mio animo, che lottava per uscire, per farsi strada fino in superfice, per mostrarsi in tutta la sua crudeltà.
Ogni giorno diventava sempre più difficile gestirla, sempre più faticoso reprimerla.
Io non sono così.
Non voglio esserlo.
Quando lei s’impadronisce di me, io non ricordo più chi sono. La sete di sangue, il desiderio di uccidere diventano l’unico obbiettivo. Mi risveglio come da un incubo ad occhi aperti, coperta di sangue, e quel sapore ferroso.
Questo è bastato per far si che i Markov mi considerassero la prescelta. Colei che diventerà la loro servitrice.
Quel giorno mi tremarono le gambe, e avrei voluto fuggire, scappare, non importava dove. Probabilmente finito il rituale, la me che conoscevo scomparirà.
Non sapevo se considerarlo una liberazione o una condanna.
Si dice che i vampiri non possono amare, non SANNO amare. La cosa mi spaventa. Vivere una vita senza amore, è come vivere a metà. Vuota.
<< E’ possibile…anzi, è certo. >> dissi prendendo coraggio davanti a lui. << Che una volta trasformata, io non ricordi più nulla di chi ero, né di te. Di noi. Sicuramente dimenticherò cosa significa amare, cos’è l’amore. Perderò ogni sentimento. >> continuai comprendendo che forse era proprio quello, ciò che mi spaventava di più. E non il dolore che avrei patito nella trasformazione definitiva. << Quindi…volevo ricordarti che ti amo. Che a prescindere se il mio cuore si fermerà o meno ti apparterrà per sempre. >> conclusi osservando il pavimento mentre da parte sua vi era solo silenzio.
<< Anche io sono un vampiro. Eppure sei riuscita a farmi innamorare. Sarò io a trasformarti. Sarò io a farti innamorare di me ancora se te ne dovessi dimenticare. >> mi disse rassicurandomi con una serietà che non gli apparteneva.
<< Promesso? >> insistetti speranzosa.
<< Promesso. >> ripeté inchiodando i suoi occhi d’onice nei miei.


Quelle parole bastarono a tranquillizzarmi, almeno in parte.
La notte era scesa velocemente, osservai furtivamente fuori abbandonando anche l’ultimo malsano pensiero di libertà.
La mia vita era già stata decisa, o condannata - dipende dai punti di vista -, nel momento stesso in cui nacqui.
Eppure, il pensiero di lui in quella sala, mi rassicurava.
Mi vestii con quell’abito nero in pelle troppo provocante, e lentamente, come se dovessi morire, entrai nella stanza rettangolare.
Feci volare lo sguardo tra i presenti, cercandolo. I personaggi più importanti della nostra stirpe di tutta Innistrad si erano riuniti per assistere.
Mi sentii quasi come un fenomeno da baraccone, ma sotterrando l’irritazione avanzai fino al centro, dove lui mi venne incontro.
Ci inchinammo l’uno davanti all’altro seguendo la proforma, e ci avvicinammo.
Così stretti che riuscivo quasi a toccarlo, delicatamente mi tolse il nastro che avvolgeva il mio collo vergine.
Chiusi gli occhi respirando per l’ultima volta.
Mi bacio il collo, dolcemente. << Sei pronta? >> mi sussurrò vicino l’orecchio.
Annuii debolmente serrando maggiormente gli occhi. Non volevo guardare, non volevo guardare tutti quei presenti. Mi estraniai, e in quel momenti diventammo solo io e lui.
Lui che per anni è stato il mio amore più ardente.
Lui che per anni mi è stato vicino, e lo rimarrà anche dopo la mia morte.
Sentii i suoi canini terribilmente appuntiti spingersi oltre la carne, perforandola.
Mi morsi le labbra,
Non volevo gridare,
Non volevo mostrarmi debole.
Gli afferrai le spalle sotterrando il volto nell’incavo del suo collo, mentre sentivo il sangue affluire via da me. Cominciai a sentire ancora quella presenza uscire prepotente,
Assediare la mia mente,
Corrompere il mio cuore.
Non volevo diventare un mostro.
Mi cedettero le gambe, e gridai.
Sentii il suo braccio reggermi per i fianchi, mentre staccandosi appena si asciugava un rivolto di sangue dall’angolo del labbro.
Persino nel momento stesso che i miei capelli si tinsero di nero,
Le iridi luccicarono di rosso,
E la sete mi inaridiva la gola,
Riuscii a sentire quel piccolo legame unire ancora quel poco di umanità a lui.
Forse non avrei dimenticato,
Forse non sarebbe cambiato molto,
Anzi, forse sarebbe rimasto tutto com’era se accanto a me lui fosse rimasto.
  
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